Nello Rubattu: Per Michela Murgia

| 9 Maggio 2023 | Comments (0)

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In molti abbiamo letto in questi giorni l’intervista sul Corriere della Sera in cui Michela Murgia parla della sua malattia. Un’intervista pesante da leggere, dove Michela senza tanti fronzoli parla di malattia e di morte. Personalmente mi ha messo addosso una grande tristezza. 

Michela Murgia, senza indorare la pillola, ricorda che è stata colpita da un tumore di quelli pesanti. Sa come andrà a finire e annuncia di avere ancora pochi mesi di vita. Quel male che si trova in corpo è davvero di quelli che non perdonano.

Personalmente so che sta dicendo la verità e anche io sono cosciente come va a finire. La cosa umanamente mi addolora e mi viene solo ricordare che anche ad alcuni miei amici è andata così.

Mi dispiace. Davvero non so cosa altro dire.

Come tutte le persone che coltivano un minimo di realismo so che la vita finisce e questo lo accetto; ma mi viene in salita accettare il fatto che duri meno di quanto dovrebbe.

Da parte mia posso solo dire di avere una malattia debilitante e quindi che i miei tempi vitali sono inferiori a quelli di altri. La cosa in chi legge queste due righe potrebbe fare un certo effetto sentirla annunciare, ma allo stesso tempo dovrebbe far ricordare che la cosa migliore da fare sempre e comunque, è di vivere la vita che ancora abbiamo nel migliore dei modi e in pace con se stessi. Ben coscienti del fatto che i tempi e la durata della vita sono valori importanti, rifiutarsi di parlarne non è un bene per nessuno.

Per questo umanamente apprezzo quell’articolo e condivido buona parte del modo attraverso il quale Michela Murgia interpreta il significato della morte.

Una persona anziana, un vecchio capraio, di un paese dove andavo spesso d’estate a trovare una parte della mia famiglia, una volta, parlando della sua età e di quanto gli rimaneva, non si trattenne di dirmi come la pensava: “Fizzu meu, sa vida nos che l’ant dada a su bonu coro e nos c’ant nadu de la isfruttare a su menzus. Pero pro custu a s’accabu bisonzat che la torramos a su mere sou. Figlio mio, la vita ce l’hanno data come un regalo e si sono raccomandati di usarla al meglio. Per questo alla fine dobbiamo restituirla al suo padrone”.

Di Michela Murgia forse non ho apprezzato alcune cose che ha scritto, ma io la considero una delle più belle figure di donna che la Sardegna ha prodotto in questi ultimi cinquant’anni. Di lei ho apprezzato in passato il tentativo politico di presentarsi alle elezioni in Sardegna, prendere veramente un incredibile numero di voti (ottantamila, un decimo pieno dei votanti!) e non riuscire a mettere neanche un consigliere. La nostra legge elettorale sarda è infatti un brutto e squallido trabocchetto che garantisce le sole coalizioni di centro destra e di centro sinistra ed elimina il resto dei possibili competitori.

Sta di fatto che è andata male, purtroppo. Ma io, forse ingenuamente, spero che da quella pianta nei prossimi anni qualcosa di positivo ne venga fuori. In Sardegna ne abbiamo bisogno.

Per questo, lo dico con serenità, Chelledda, come chiamiamo noi Michela Murgia, in politica ha collezionato i suoi errori.Ma sono anche cosciente del fatto che in Sardegna trovarsi dalla parte degli sconfitti è abbastanza facile. Noi sardi, in genere, siamo abituati a vedere naufragare le migliori opportunità politiche nell’arco di poco tempo. Pensate alla parabola di Soru, che almeno una buona legge sulla salvaguardia delle coste è riuscita a metterla in pratica. Tutto il resto, il rinnovo del sistema dei trasporti, la gestione della tassazione e via di seguito sono però andati a finire assorbiti nell’oblio dei soliti giochini di palazzo.

Ma lui e Michela Murgia sono stati indubbiamente degli innovatori, gli unici che hanno cercato di cambiare il corso della nostra storia politica, quella della nostra isola intendo.  Seppure con molte ingenuità, bisogna però aggiungere.

Purtroppo, come capita dalle nostre parti, i nostri leader, nonostante abbiano preso coscienza dei nostri diritti di popolo, compreso quello di pensare alla migliore forma di autodeterminazione, si vanno a scontrare con la complessità della realtà e finiscono in disastri elettorali.

Gli storici, in genere, ricordano che i leader rivoluzionari sono coloro che riescono a spezzare la catena degli opportunismi. Ma la rivoluzione è un atto violento che non ha bisogno di mediazioni: o si vince o si perde, questa è la sua essenza. La stessa determinazione, però, in un contesto democratico, rischia di diventare pericolosa e porta spesso solo a pesanti sconfitte.

Ma questo è una considerazione sulla quale al momento è meglio non star troppo a strologare.

Io penso che Michela Murgia rappresenta, più di altre donne sarde, la voglia di liberarsi da cliché in cui troppo spesso “gli altri” hanno rinchiuso la nostra isola, la nostra patria, la nostra cultura.

Lei ha avuto il coraggio di dire le sue verità in maniera chiara. Utilizzando modalità che a molti sono risultate indigeste. Anche perché la verità spesso lo è.

“La verità non sempre è un bene, ma è comunque una virtù.”, ricordava un logico e io la penso così.

Perché la chiarezza è una virtù rara che normalmente precede la volontà di schierarsi. E’ la virtù di coloro i quali, con forza, si pongono in contrasto con le untuose cortesie di certa borghesia, e non ne apprezzano i sottovoce maligni, i bisbigli, l’uso continuo delle mezze verità proprio di chi passa buona parte della propria vita a parlare male degli altri … alle spalle, ovviamente. Spesso di coloro a cui cinque minuti prima si è stretta la mano.

Queste “non virtù civili”, poi, colpiscono più di altri chi ha avuto successo e ha visto le sue fatiche apprezzate da molti. Inutile dire che il successo di una persona o di una idea difficilmente ha una sola lettura, bisognerebbe leggerne tutti i risvolti per capirlo; però basare quello che rappresenta solo su un’analisi malevola non solo è sbagliato, ma stupido.

Michela Murgia è una donna intelligente, per certi versi contraddittoria, ma di successo e per questo invidiata. Questa è la verità.

Se fossi cattolico le augurerei un miracolo, ma sono ateo o agnostico, fate voi. Per questo non mi permetto neanche di pensarlo, un miracolo.

Auguro a Michela Murgia che passi bene il tempo che le rimane, che goda di quello che ha saputo realizzare e che il suo esempio di donna venga apprezzato da altre donne.

Ne abbiamo bisogno. Tutti.

Category: Dibattiti

About Nello Rubattu: Nello Rubattu è nato a Sassari. Dopo gli studi a Bologna ha lavorato come addetto stampa per importanti organizzazioni e aziende italiane. Ha vissuto buona parte della sua vita all'estero ed è presidente di Su Disterru-Onlus che sta dando vita ad Asuni, un piccolo centro della Sardegna, ad un centro di documentazione sulle culture migranti. Ha scritto alcuni romanzi e un libro sul mondo delle cooperative agricole europee. Attualmente vive a Bologna

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