Luisa Muraro: Che ne è della nostra esperienza?

| 23 Febbraio 2020 | Comments (0)

 

Diffondiamo da La libreria delle donne di Milano del 25 Febbraio 2020

Tra le cose che sono state dette, mi ha colpito la domanda che Chiara Zamboni ha riportato qui tra noi. In un dibattito ad un certo punto una tale (una studentessa?) le ha chiesto: ma allora che ne sarà della (mia) esperienza?

Prima di me, la domanda ha colpito Chiara e giustamente, c’è infatti da preoccuparsi per la sorte della nostra esperienza… nostra? Pare invece che sia sempre meno nostra e quindi sempre meno esperienza. In un libro ormai celebre, Il capitalismo della sorveglianza (Luiss U.P., 2019)di cui si è cominciato a ragionare qui in Libreria su iniziativa di Laura Colombo, l’autrice Shoshana Zuboff ha illustrato in maniera convincente il processo di formazione di un nuovo capitalismo che trae i suoi profitti dall’appropriazione della nostra stessa esperienza, esproprio reso possibile dai prodigiosi progressi dell’informatica. Quest’ultima, che sembrava dover essere un benefico fattore nell’ambito dell’informazione e della comunicazione globali, sta diventando, come dimostra Zuboff, una tecnologia che impoverisce gli umani della loro vita interiore e relazionale (rendendoli prevedibili) a vantaggio di minoranze privilegiate (i “nuovi poteri”) che non rendono conto di sé a nessuno.

Attenzione, non parlo del futuro; questo è quello che capita. A noi in Libreria è già capitato di dover soffrire delle perdite nei nostri rapporti.         

Il femminismo è un campo di battaglia, mi piaceva dire una volta. Lo è ancora un campo di battaglia, ma con il sistematico ricorso ai mezzi digitali rimodellati secondo gli interessi del grande capitale, il campo di battaglia rischia di diventare come i campi trattati con i diserbanti della Monsanto, o come le trincee della prima guerra mondiale quando si usavano i gas nervini. Inquinato, tossico. La realtà virtuale prende il posto del tempo e dello spazio. La presenza altrui perde di significato, come anche l’assenza; nel vuoto subentrano sigle e schieramenti che possono cambiare, gonfiarsi, sparire e ricomparire, non si sa come. I nomi delle persone diventano dei segnali, le parole vanno a una velocità che non lascia il tempo di pensare né di vivere l’esperienza relazionale, che è indispensabile per avere un felice rapporto intimo tra sé e sé.

Il movimento femminista ha preso lo slancio proprio da un’esperienza di questo tipo, insieme relazionale e intima. E si è sviluppata quella che possiamo considerare una rivoluzione simbolica e sociale, la prima senza morti e senza condanne a morte.

E adesso? Adesso ci troviamo in un nuovo campo di battaglia con una posta in gioco altissima. Io dico: stiamoci (ci sono forse delle alternative?) con tutta la necessaria consapevolezza. Ma con quali armi per combattere? Se è vero, come temo, che i mezzi che un avversario strapotente lascia nella nostra disponibilità, sono trappole?  

La mia risposta è relativamente semplice: vinceremo con l’autenticità della presa di coscienza, con la ricerca della verità soggettiva, con la pratica delle relazioni, con la fiducia nelle altre donne, insomma con tutte le armi che sono la posta in gioco, il tesoro stesso che non vogliamo perdere, senza il quale saremmo perdute in partenza. Non ho detto che sia facile.

Category: Culture e Religioni

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

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