Bruno Giorgini: Bergoglio a Bologna: mai più contro gli altri, mai più senza gli altri

| 2 Ottobre 2017 | Comments (0)

 

 

Quando ascolto il Papa pronunciare: mai più contro gli altri, mai più senza gli altri, mi viene in mente per assonanza un’altra frase che fu un intero programma umano e politico di civiltà dopo la sconfitta del nazifascismo e la fine della seconda guerra mondiale: mai più Auschwitz, mai più guerra. Bergoglio sta parlando ai giovani studenti e ai lavoratori della conoscenza dell’ Alma Mater bolognese, la più antica Università. Dall’indicazione mai più guerra mai più Auschwitz nacque anche l’idea dell’Europa unita. Il Papa struttura il suo discorso attorno a tre diritti fondamentali: alla cultura, alla speranza, alla pace. Il diritto alla cultura si dipana attorno a alcune parole chiave, ricerca, conoscenza, sapienza, condivisione. Il diritto alla speranza per non essere invasi dalla paura e dall’odio dei populismi, invitando soprattutto i giovani a farsi artigiani di speranza. E infine il diritto alla pace, lo Ius Pacis.

C’è bisogno di un nuovo umanesimo europeo per assolvere il compito proprio dell’Europa Unita: tutelare il diritto alla pace, farsi scudo e baluardo contro la guerra. Francesco invita a dissociarsi in tutto dalle ragioni della guerra, la guerra è solo e sempre una inutile strage. Invita i ragazzi a sognare in grande, e sembra evocare il bisogno di utopia cui si era riferito in Piazza Maggiore parlando ai lavoratori e imprenditori, nonchè ai disoccupati. Un discorso denso, di grande slancio umano e tensione ethica, cui purtroppo non corrispondono gli interventi del Rettore e dello studente delegato a parlare. Sono retorici e formali, conformisti, spero non per insipienza ma per ritrosia e timidezza, trattandosi in fondo solo di un saluto d’accoglienza. Avrebbe potuto essere invece occasione per un incontro autentico questa venuta del Papa nell’Università di Bologna, che i rapporti non furono sempre buoni, anzi. Qui studiò Copernico, qui lo Stato Pontificio di cui Bologna era parte tentò di inaridire L’Alma Mater sperando di ridurla al servile encomio, se non di estinguerla. Questo vuoto delle istituzioni laiche politiche e culturali della città era palpabile, e un poco disperante. Niente più che fantasmi apparivano a partire dal Sindaco, a fronte della corposità del discorso che il Papa veniva svolgendo tappa dopo tappa. Non so se per scelta di lasciare l’intero spazio pubblico alla Chiesa, oppure ripeto, per insipienza intellettuale, politica, morale. Perchè all’inverso il Papa, e con lui in modo primario l’arcivescovo Matteo Zuppi, riempiva la città di persone, di simboli e di parole significanti sul piano politico, sul piano sociale, sul piano ethico. Oltreché evidentemente religioso.

Comincia da Cesena in terra di Romagna il viaggio del Papa. Là dove nell’800 avvennero rivolte contro lo Stato Pontificio una dopo l’altra un anno dopo l’altro, e dove il popolo era repubblicano mazziniano, oppure anarchico, quindi socialista e poi comunista. Dove Bergoglio affronta la questione dello spazio pubblico alla sua maniera, più o meno dicendo che i cittadini devono riprendersi la vita politica stando in piazza, concetto che in contrappunto a Bologna riprenderà Zuppi affermando che la Chiesa vuole vivere nella piazza. Quindi Francesco entra a Bologna dalla porta di servizio, per così dire, laddove vivono ristretti i migranti, circa mille cui egli stringe le mani uno ad uno, portando un bracciale identificativo come ogni “ospite”, profugo, rifugiato, migrante “economico” e quant’altro che queste divisioni sono piuttosto pretesto per l’esclusione che reale differenza di condizione. Un messaggio netto, io sono uno di voi, certo simbolica la appartenenza di Bergoglio a quella comunità, però non appare simbolica la sua evidente simpatia per loro, il suo richiamo continuo, insistente, sul dovere cristiano dell’accoglienza. Ma non solo, egli definisce i migranti lottatori della speranza, in una società dove speranza ce ne è pochina, e il tema della speranza come abbiamo visto ritorna dialogando con gli universitari, non a caso credo.

Gira e s’aggira il Santo Padre con il fedele Arcivescovo che lo scorta, precede e segue, sorride, lo osserva all’opera con lo sguardo tenero, si capisce che nutre una grande amicizia per il suo Papa. In Piazza Maggiore prima del pranzo coi circa mille poveri in San Petronio, parla ai lavoratori, ai disoccupati, agli imprenditori: uguaglianza e fraternità col richiamo all’indispensabile welfare. Inoltre certamente bisogna togliere centralità alla legge del profitto e darla alla persona e al bene comune. Anche qui stringe molte mani di gente importante in città; è cordiale ma non empatico, una sensazione di estraneità emana dalle immagini che la televisione trasmette in diretta. Ma forse mi sbaglio. Forse è solo stanco. Forse non vede semplicemente l’ora di raggiungere i poveri, laddove la televisione non entra.

Per la prima volta San Petronio, una delle basiliche più grandi e belle del mondo, alberga una mensa dei poveri, e credo per la prima volta questo avviene in presenza di un Papa. Lo chiedo a un giovane prete, ma non sa darmi risposta, salvo che gli appare del tutto naturale che il Pontefice della Chiesa Cattolica Apostolica Romana abbia allestito una mensa per i più poveri dei poveri in una grande basilica. Si percepisce la sua adesione totale alla parola e alla pratica di Francesco, che non è scontata nel corpo degli uomini e donne di Chiesa. Bergoglio a Bologna parla innanzi tutto al popolo dei cattolici, ha scelto questa città un tempo comunista, ma anche percorsa da un cattolicesimo democratico vivace, dalla rivista Il Regno, al circolo del Mulino, agli eredi di Dossetti, per manifestare non solo la forza innovativa del suo pensiero politico sociale, e religioso, ma pure la forza e l’affetto dei suoi fedeli ed estimatori. Preceduto dal suo messaggero, Matteo Zuppi Arcivescovo, che ha dissodato il terreno, laddove si era inaridito lo ha irrorato rendendolo di nuovo fecondo, e ha innestato nuove piante. Da cui il tripudio dei quarantamila che erano allo stadio, partecipanti alla messa, il culmine di questa straordinaria giornata.

Al mattino di sabato, quando fervono i preparativi per la giornata di domenica, vado a dare un’occhiata nel cortile dell’Arcivescovado, dove molte persone lavorano a chiudere varchi in nome della sicurezza sotto l’occhio benevolo di Zuppi che, scuotendo il capo dice sottovoce quasi a se stesso: capisco la sicurezza ma il fatto è che noi le porte dobbiamo aprirle, non chiuderle. Come è almeno per un giorno, e almeno in parte, accaduto. A chi osa mi dice il giovane prete mio amico: questo Papa non dobbiamo sprecarlo.

 

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Category: Culture e Religioni

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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