Vincenzo Comito: La Cina e il vecchio impero mongolo
I rapporti tra Cina, Russia e Asia centrale riproducono un conglomerato di interessi che sembra ricalcare grosso modo il vecchio impero mongolo nei periodi del suo massimo splendore
Il grande storico Fernand Braudel aveva elaborato molti decenni fa l’idea della “lunga durata”, concetto poi destinato ad un rilevante successo; egli faceva, a tale proposito, il caso dello scisma protestante che, pur avendo avuto luogo mille anni dopo la caduta dell’impero romano, vedeva però la divisione geografica tra cattolici e protestanti ricalcare la antica separazione tra impero romano e domini barbari segnata a suo tempo dal limes.
Analogamente si potrebbe almeno come ipotesi sottolineare che alcune vicende attuali vedono in qualche modo la ricostituzione, soprattutto sul terreno economico, del vecchio impero mongolo. Avvertiamo preliminarmente che non vogliamo dare alcuna notazione negativa a tale ipotesi.
Le vicende di cui vogliamo riferire riguardano in specifico lo sviluppo recente e quello ulteriore possibile dei rapporti non solo economici tra Cina, Russia e Asia Centrale, con degli spunti che possono far anche pensare ad un coinvolgimento più o meno intenso nella partita di Turchia, Iran, India e di diversi altri paesi asiatici, africani e del Medio Oriente. Ci troveremmo allora proprio di fronte ad un conglomerato di interessi che ricalcherebbe grosso modo il vecchio impero mongolo nei periodi del suo massimo splendore, anche se la nuova configurazione andrebbe per qualche aspetto anche oltre i suoi vecchi confini.
Oggi si sono alcune delle condizioni perché la costruzione sopra ipotizzata vada avanti, anche se non è possibile indicare sin dove essa si spingerà e quanto solida e solidale essa possa risultare alla fine.
I punti di partenza di tali sviluppi fanno riferimento da una parte al recente tentativo occidentale di isolamento della Russia, unito alla caduta del prezzo del petrolio e delle altre materie prime, dall’altra all’attuale spinta cinese verso la riproposizione, sotto ovviamente nuove forme, della antica via della seta (si tratterebbe di un altro caso di scuola dell’ipotesi di lunga durata); infine, va considerato l’inevitabile coinvolgimento nella partita dei paesi dell’Asia Centrale, per essi la sola plausibile risposta sul piano strategico alle evoluzioni sopra indicate.
gli sviluppi dalla parte della Russia
Le misure di embargo contro la Russia da parte dell’occidente, la caduta dei prezzi dell’energia, la cattiva congiuntura europea, stanno avendo delle conseguenze forse non previste dagli strateghi statunitensi.
Esse pongono il paese di fronte alla necessità di articolare una adeguata strategia di risposta. In tale ambito si rende inevitabile la ricerca di una maggiore diversificazione delle relazioni economiche e politiche del paese; tale ricerca si va indirizzando verso paesi quali Iran, Turchia, Egitto, America Latina.
Così ad esempio, caduta, per il boicottaggio dell’Unione Europea, l’ipotesi della costruzione del gasdotto South Stream secondo il tracciato originario, ecco delinearsi rapidamente un percorso alternativo, coinvolgendo questa volta la Turchia e la Grecia. Il primo paese potrebbe anche assorbire rilevanti quantità di gas e petrolio russo.
Le sanzioni spingono poi soprattutto in direzione dello sviluppo con la Cina di relazioni molto strette su diversi fronti, nel campo delle fonti di energia, del nucleare, delle infrastrutture, delle tecnologie, dello sviluppo industriale. Solo tale paese possiede, più in generale, risorse finanziarie, tecnologiche, di mercato tali da fornire un adeguata nuova sponda alla Russia.
I vari progetti che stanno andando avanti, mentre hanno bisogno di tempi lunghi per manifestare la loro efficacia, sono caratterizzati da una dimensione attuale e potenziale veramente imponente. Appare difficile ormai, per molti aspetti, un ritorno all’indietro.
Da questo punto di vista si deve considerare che le tradizionali e forti diffidenze politiche, ma anche persino razziali, tra i due paesi, sulle quali forse gli occidentali contavano, stanno venendo meno.
la crisi degli attuali assetti degli stati dell’Asia Centrale
la seconda pedina dello scenario fa riferimento ai paesi dell’Asia Centrale già parte dell’Unione Sovietica.
Le difficoltà dell’economia russa stanno provocando effetti abbastanza pesanti nella regione, mentre le prospettive che sembrano molto concrete dello sviluppo del progetto della cosiddetta nuova via della seta – si veda in proposito più avanti- costituisce un polo di attrazione molto forte.
Persino un paese come l’Azeirbajan, che, dopo la caduta dell’URSS, si era rivolto soprattutto verso l’occidente e in particolare verso l’Europa, ora sembra essere un sostenitore entusiasta dell’idea, nella quale sembra contare moltissimo per gli sviluppi futuri del paese. Storicamente sempre l’Azeirbajan era un punto di passaggio ineludibile sia nel commercio tra la Cina e l’Europa, sia nelle strade che portavano alla Russia e all’Iran.
Per altro verso, la regione dell’Asia Centrale ha nel suo complesso un alto livello di integrazione con la Russia e ora essa risente delle sue difficoltà; le monete locali stanno perdendo fortemente valore e si riducono le rimesse dei lavoratori espatriati, mentre, per altro verso, anche la caduta dei corsi delle materie prime e dell’energia li sta danneggiando in misura rilevante (Gapak ed altri, 2015).
le strategie cinesi
La Cina renderà presto noto il suo piano generale per lo sviluppo della nuova via della seta, che avrà diversi tracciati sia terrestri che marittimi. I responsabili politici usano anche l’espressione di Belt & Road initiatives.
La via di terra andrebbe in linea di massima dalle aree costiere cinesi attraverso l’Asia Centrale, il Medio Oriente, sino all’Europa; intanto una transiberiana rinnovata renderebbe possibile un viaggio da Vladivostok sino alla Germania in due giorni. La via marittima andrebbe dalla Cina del Sud all’Asia del Sud-Est, passerebbe dall’India sino all’Africa e poi all’Europa, eventualmente sino a Venezia (Escobar, 2015).
Naturalmente sarebbe prevista la costruzione di nuova linee ferroviarie ed infrastrutture di supporto, di condutture energetiche, così come di porti ed altri centri logistici. Un lavoro immenso.
L’iniziativa è stata per la prima volta annunciata da Xi Jinping nel settembre 2013 e da allora essa sta marciando rapidamente. La varie iniziative intraprese sino ad oggi sono elencate ad esempio in Xinua, 2015. Nel frattempo, tra l’altro, è stato costituito un fondo speciale di 40 miliardi di dollari per avviare i progetti. Anche la nuova banca asiatica di sviluppo, sempre sponsorizzata dalla Cina e a cui hanno ormai aderito più di trenta paesi, compresi India, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Nuova Zelanda e presto probabilmente anche Indonesia, Australia e Corea del Sud, potrebbe dedicare una parte delle sue risorse a tale iniziativa; infine anche la banca dei Brics, anch’essa sulla pista di lancio, potrebbe fare la stessa cosa.
conclusioni
Il progetto della nuova via della seta potrebbe contribuire a riconfigurare su nuove basi la mappa commerciale e in parte anche produttiva del mondo- si veda anche a questo proposito il secondo articolo di questa serie-, a rendere più sicure le linee di rifornimento cinesi di energia e di materie prime, ad aumentare in maniera molto forte l’influenza e la capacità di attrazione del paese, oltre che a fornire nuove piste di sviluppo per lo stesso, contribuendo a farne il centro economico del mondo; l’iniziativa risponderebbe anche, in qualche modo, ai progetti Usa per i trattati TTIP e TPP, nonché a quelli più generali di fare dell’Asia, chiaramente in funzione anticinese, il perno delle sue strategie militari.
In ogni caso appare ormai chiaro che in particolare la vicenda della nuova banca di sviluppo asiatica promossa dalla Cina mostra come essa sia diventata anche un attore importante nella lotta di potere tra le superpotenze; essa si chiude per il momento con una rilevante sconfitta diplomatica degli Stati Uniti, che avevano fatto di tutto per spingere i propri alleati a non aderire all’iniziativa. La stessa vicenda manda così un segnale rilevante per quanto riguarda la tendenza al cambiamento nel sistema di potere e di influenza nel XXI secolo; il mondo sembra guardare sempre di più verso il renmimbi (Rachman, 2015).
In effetti, comunque, la forza di attrazione del progetto sta molto nel fatto che praticamente tutti i paesi- e sono molti- toccati dai tracciati, anche quelli più diffidenti nei confronti della Cina, potrebbero avere molto da guadagnare dalla loro adesione all’idea, mentre la promessa sempre cinese di farsi carico della parte più rilevante delle enormi spese in gioco aumenta ancora la forza dello stesso.
Il presente articolo è il primo di una serie di tre testi che cercano di indagare su alcuni aspetti di particolare interesse nell’evoluzione recente e prospettica dell’economia cinese
Testi citati nell’articolo
-Escobar P., la lunga marcia verso occidente, Internazionale, n. 1093, 13 marzo 2015
-Gapak D., Kosnazarov D., Bowring G., China and Russia –allies not frenemies in central Asia, www.ft.com, 11 marzo 2015
-Rachman G., China’s money magnet pulls in US allies, www.ft.com, 16 marzo 2015
-Xinua, Chronology of China’s Belt and Road initiatives, www.globaltimes.com, 12 marzo 2015
Category: Osservatorio Cina