Gian Paolo Rossini: Mantenere l’impegno della transizione energetica

| 27 Agosto 2022

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La necessità di un deciso contrasto ai cambiamenti climatici, con azioni di mitigazione in grado di azzerare le emissioni di gas climalteranti entro il 2050, marca da anni l’elaborazione sugli interventi politico-economici. La distanza che ancora separa le condizioni di gran parte dei Paesi partecipanti alla COP 21 da quelle coerenti con il raggiungimento degli impegni presi a Parigi nel 2015 giustifica l’estesa piattaforma di iniziative lanciate a livello globale.

A cavallo tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 sono stati resi pubblici gli elaborati dei gruppi di lavoro del Sesto Rapporto di Valutazione (AR6) del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) (1). Questi sono stati preceduti da due interventi a forte valenza economico-sociale in cui emergono le linee maggiori per azioni mirate al contrasto dei cambiamenti climatici.

Il primo di questi interventi è il lancio di un progetto Horizon della Unione Europea nel settembre 2021, dedicato al sostegno di cento città nello sviluppo di azioni mirate al raggiungimento locale della neutralità climatica entro il 2030 (100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030) (2). Nella sua grande ambizione, questo progetto intende esplicitamente sostenere le città selezionate come punti di riferimento per tutte le altre. Il raggiungimento della neutralità climatica nel 2030 renderebbe così queste città trainanti l’obiettivo del Green Deal di raggiungere questa condizione nell’intera UE entro il 2050.

Il secondo intervento è la pubblicazione del documento Net Zero by 2050 (3) della International Energy Agency (IEA), dedicato all’esame di scelte energetiche, politiche ed economiche, nonché le loro conseguenze, in uno scenario in grado di raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra (GHG) in dimensione globale entro la metà di questo secolo.

Entrambi gli interventi condividono l’elaborazione di percorsi a sostegno della transizione energetica, nel quadro di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 (4). In questi termini, sia il progetto UE che il documento IEA si collocano fra le elaborazioni e iniziative esistenti per contrastare i cambiamenti climatici in modo equo, e, per il loro impianto e obiettivi, puntano al raggiungimento di risultati concreti e misurabili in tempi definiti.

L’invasione russa dell’Ucraina e le conseguenze di questo intervento bellico non soltanto hanno fatto saltare i punti di riferimento degli scenari emergenti nei due interventi, ma hanno aumentato l’incertezza dei percorsi di contrasto ai cambiamenti climatici e del miglioramento dei contributi determinati a livello nazionale per rispondere a questi cambiamenti, secondo l’accordo di Parigi della COP 21, ponendo condizioni che richiedono un riesame di quanto fin qui elaborato.

A dispetto di questo quadro, destabilizzante per vaste aree del globo, rimane valida l’indicazione sinteticamente indicata dal titolo di un documento dell’OCSE del 2019, dove è stato segnalato che abbiamo a disposizione una scelta soltanto per avanzare. Questa unica scelta è “allineare lo sviluppo, la cooperazione e l’azione climatica” (5).

L’importanza di procedere con scelte di progresso sociale fondate sull’integrazione di questi tre macro-temi non è certamente nuova, essendo al cuore degli obiettivi dell’Agenda 2030 e oggetto di estese elaborazioni di IPCC, dell’Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) e dell’International Panel on Social Progress (IPSP). Le criticità della fase esistente sono motivo di preoccupazione, e l’allineamento di sviluppo, cooperazione e azione climatica rimane una necessità assoluta, urgente e problematica.

Qui non verrà ripreso l’esteso insieme delle elaborazioni citate e il loro rilievo per il raggiungimento dei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile di Agenda 2030. Ci si limiterà a considerare criticità ricorrenti sul fronte dell’azione climatica e del sostegno alla transizione energetica in Italia, in scenari condivisi il più possibile sul piano globale. In questa riflessione, infatti, i cambiamenti climatici sono affrontati come fattori determinanti gli scenari futuri, riconoscendo che, per citare Michael Mann, “…ciò che una volta era diffusamente percepito come una minaccia ambientale è ora visto come una minaccia economica e di sicurezza nazionale.” (6). Le criticità poste alle attività economiche dalle alterazioni ambientali e dai cambiamenti climatici, d’altro canto, sono percepite con chiarezza nel mondo politico e imprenditoriale, come segnalato dal World Economic Forum nel 2019 (7), mostrando che i maggiori rischi percepiti dalla “comunità di molteplici portatori d’interesse” (imprese, governi, società civile) sono di natura ambientale e climatica.

L’accordo di Parigi del 2015 e l’impegno di “…mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli pre-industriali e perseguire gli sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali…” (8) si fonda sulle indicazioni del Quinto Rapporto di Valutazione di IPCC (1). La linea imprescindibile per mantenere quell’impegno, ribadita più di recente nel Sesto Rapporto di Valutazione (AR6) (1), è chiara: abbattere le emissioni di GHG, perché le loro elevate concentrazioni in atmosfera sono la causa riconosciuta del riscaldamento globale, con le ricadute che questo ha, e avrà, su caratteristiche e funzionamento del pianeta Terra.

Il riconoscimento che le attività umane sono la causa di questa condizione globale è ormai condiviso9. Rilevanti differenze, invece, emergono nelle strategie, modalità e percorsi proposti per abbattere le emissioni di GHG, a partire dall’anidride carbonica, il GHG di riferimento.

Queste differenze, al di là degli aspetti tecnici, hanno impatti su piani operativi con valenze economiche, politiche e sociali. L’esame e la discussione di queste differenze vanno così a toccare questioni che non possono essere ridotte a materiale per “addetti ai lavori”, ma richiederebbero una consapevolezza allargata. Per questo motivo, le strategie, modalità e percorsi proposti per abbattere le emissioni di GHG saranno parte essenziale di questo contributo, e verranno affrontati proprio a partire dai due interventi citati, della UE e dell’IEA.

Prima di affrontare i due contributi, va notato che le differenze esistenti nei loro contenuti non li mettono affatto in contrasto, ma sottolineano, piuttosto, un’indicazione che verrà più estesamente ripresa nella parte conclusiva di questa elaborazione. Si tratta della tendenza complessiva a proporre l’impiego di ogni modo disponibile per abbattere le emissioni di GHG, così da abbassare il più possibile l’aumento delle temperature alle quali la Terra e gli organismi che la abitano sono già esposti e dovranno affrontare in futuro, con tutte le conseguenze a questo associate. Si tratta di un approccio che indica la gravità del processo in corso e l’urgenza di affrontarlo, appunto, con tutti i mezzi.

In questa riflessione l’impianto “strumentale” dell’esame dei due interventi, UE e IEA, è mirato a descrivere due modalità di approccio alla riduzione dei livelli di GHG in atmosfera apparse prima dell’intervento russo in Ucraina e la conseguente crisi energetica. Questa scelta si rifletterà su una presentazione dei due interventi in termini del tutto essenziali, rimandando eventuali approfondimenti nella parte conclusiva di questa riflessione. Un’analisi dettagliata dei contenuti dei due interventi non vuole essere l’oggetto di questo scritto.

Tornando al punto, l’abbattimento delle emissioni di GHG è elemento fondante dei due interventi (10), dove l’azzeramento delle emissioni nette è obiettivo condiviso. Nel progetto UE l’obiettivo delle azioni è rendere le città “climaticamente neutre”, che significa “raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di GHG” (11).  Questa è a sua volta definita come “Una condizione in cui le emissioni di GHG di origine antropicaassociate con un oggetto [la città] sono bilanciate dalle rimozioni di GHG di origine antropica ….” (12). Nel documento della IEA l’azzeramento delle emissioni nette è l’obiettivo (al 2050), senza dare un’indicazione esplicita del significato dell’allocuzione. Sulla base dei contenuti del documento, questa è riconducibile alla definizione data nel glossario di AR6, riportato nel rapporto redatto dal Gruppo di Lavoro I (13), in completo accordo con la definizione data nel progetto UE.

Si tratta ora di esaminare l’impianto delle modalità e azioni mediante le quali il progetto UE e il documento IEA ritengano vada perseguito il medesimo obiettivo, pur con tempi e su scale diverse.

Il progetto 100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030

La progressiva diminuzione delle emissioni di GHG è la modalità preminente delle azioni inquadrate in questo progetto, dove il monitoraggio e la documentazione del loro andamento temporale nelle città partecipanti è elemento chiave. Gli interventi di rimozione delle emissioni, l’altra componente del porcorso di neutralità, è manifestamente in secondo piano.

Essendo questa iniziativa volta a sostenere le azioni di abbattimento delle emissioni che le 100 città, ciascuna secondo un proprio piano, intendono sviluppare, il progetto non si concentra sulla disamina estesa e puntuale delle molteplici possibilità esistenti per perseguirla. Diversamente, definisce con precisione le caratteristiche generali delle azioni impiegabili nel progetto. A questo scopo, le emissioni vengono suddivise in tre diversi gruppi, seguendo essenzialmente la classificazione del GHG Protocol (14).

Esaminare questa classificazione può apparire un dettaglio non necessario, ma ha un rilievo sia per le modalità di raggiungimento dell’obiettivo del progetto, sia per la manifestazione del significato di cosa sia “azzeramento” delle emissioni nel progetto. La classificazione delle emissioni è la seguente (15):

Scope 1: le emissioni dirette provenienti dagli edifici, industrie, trasporti, e ogni altra attività condotta all’interno dei confini geografici della città;

Scope 2: le emissioni indirette associate all’ottenimento di elettricità, calore o raffrescamento provenienti dall’esterno dei confini geografici della città, ma portati al loro interno da una rete e lì usati per la conduzione delle attività svolte nella città;

Scope 3: le emissioni indirette originatesi all’esterno dei confini geografici della città, ma dovute a svariate attività associate alla città, quali, ad es., il trasporto dei cittadini, la produzione di beni consumati all’interno della città, ecc.

Si noti che l’area presa in considerazione per la misura delle emissioni è quella delimitata dai confini geografici della città e non quella funzionalmente associata alle sue attività, una distinzione non trascurabile, come emergerà più avanti.

Sulla base della classificazione delle emissioni scelta, il progetto prevede che le emissioni scope 1 e scope 2 vadano monitorate e ridotte dall’inizio del progetto e azzerate entro il 2030 (16), le emissioni scope 3, invece, vengono in gran parte escluse dall’obiettivo centrale del progetto, proprio in quanto focalizzato su quanto accade all’interno dei confini geografici della città, pur venendone riconosciuta l’importanza sul piano della neutralità climatica in una dimensione più ampia.

La classificazione e l’indicazione di “cosa misurare”, chiariscono come il progetto imposti il percorso di azzeramento delle emissioni nette. Il programma è lineare: misurare le emissioni con procedure accreditate, documentarne la diminuzione nel tempo, procedere verso il raggiungimento dell’azzeramento. L’indicazione esplicita che le emissioni nette sono il parametro di rilievo porta in primo piano il fatto che le azioni inquadrabili in questo progetto comprendono entrambe le tipologie degli interventi di mitigazione (17), sia quelli di diminuzione delle emissioni di GHG, sia quelli di rimozione dei GHG emessi. Tutto ciò emerge chiaramente esaminando la puntuale articolazione delle azioni e aree della loro collocazione in questo progetto (18).

La strategia del progetto è qui manifesta, richiedendo la diminuzione progressiva delle emissioni di GHG con soluzioni mirate, completata dal riconoscimento che, nell’intervallo di tempo al 2030 e per i motivi più diversi, alcune emissioni non verranno eliminate e richiederanno misure di compensazione (offsetting). In questo programma UE vi è l’indicazione esplicita che “Le emissioni residue dovrebbero essere ridotte al minimo possibile”, e le modalità della loro rimozione dovranno “portare al sequestro permanente della CO2“ (19). Inoltre, i modi per affrontare queste compensazioni richiedono che: 1) “le rimozioni [di CO2 avvengano] mediante soluzioni naturali e tecnologiche all’interno dei confini della città”; 2) l’uso di crediti del carbonio [provenienti] dall’esterno dei confini della città [sia] sottoposto a regole e restrizioni certe [in grado di] dimostrare la neutralità climatica della città” (20).

Il progetto 100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030 ha così una visione in cui il perseguimento della neutralità climatica si fonda su fonti energetiche e attività antropiche il più possibile prive di emissioni, quindi estesamente decarbonizzate, e dove le emissioni residuali, ridotte al minimo, sono rimosse/compensate con modalità definitive, senza spostare il debito di emissioni sulle spalle di altri, in termini geografici o generazionali.

L’intervento “Net Zero by 2050” della International Energy Agency

Il documento della IEA, nella versione dell’ottobre 2021, illustra “un piano d’azione per il settore energetico globale”, come specificato nel sottotitolo (3). Questo ne caratterizza l’impianto e i contenuti. Essendo un percorso di azzeramento globale, il modello assume il contributo di tutti i Paesi, in una dimensione di cooperazione internazionale, dove tutte le opzioni di mitigazione possono avere un ruolo, con il riconoscimento che sarà l’insieme delle scelte fatte a determinare globalmente il quadro realmente esistente nel 2050. Lo scenario di azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 discusso da IEA (identificato come NZE) esamina ampiamente le azioni nelle varie aree del settore energetico, notando che contrastare i cambiamenti climatici richiede attenzione per altre aree, quali lo sviluppo delle tecnologie e le dimensioni economico-sociali nei diversi Paesi (21). Si riprenderà più avanti come questi aspetti abbiano rilievo nel processo di decarbonizzazione associato a scenari di azzeramento di emissioni nette.

Ritornando a NZE, “i pilastri della decarbonizzazione sono l’efficienza energetica, i cambiamenti comportamentali, l’elettrificazione, le [energie] rinnovabili, l’idrogeno e i combustibili basati sull’idrogeno, la bioenergia, e la cattura del carbonio con il suo uso e stoccaggio” (22). L’insieme di queste misure copre le due tipologie delle azioni di mitigazione, andando sia a diminuire le emissioni, con l’abbattimento dell’uso di combustibili fossili e la loro sostituzione con altre fonti energetiche, sia procedendo alla rimozione dei GHG emessi, con l’impiego di tecnologie di emissione negativa (NET), quali la cattura del carbonio con il suo uso e stoccaggio (CCUS). Non solo, il cambiamento di comportamenti individuali è segnalato fra i pilastri della decarbonizzazione, sottolineando che questa richiede certamente modifiche del sistema energetico, ma non è riducibile a queste.

Rimandando al documento IEA per l’esame puntuale delle opzioni indicate nelle diverse aree, alcuni risvolti di queste scelte contribuiscono a delineare l’impianto dello scenario NZE, al di là della marcata modifica del mix energetico previsto nel 2050, rispetto all’attuale, con il forte incremento delle fonti di energia rinnovabile (in particolare eolico, solare e idrogeno) in sostituzione delle fonti fossili. Consideriamone alcune.

Nello scenario NZE il processo di elettrificazione aumenta mentre l’uso di fonti d’energia fossili diminuisce. I combustibili carboniosi, tuttavia, non sono totalmente azzerati al 2050 in NZE, dove il loro impiego è ridotto, e circoscritto ai settori in cui la loro totale sostituzione con altre fonti di energia rimane problematica nei tempi considerati. Questo è il caso del loro uso nel trasporto aereo e nell’industria pesante, dove l’abbattimento delle emissioni associato alla neutralità verrebbe ottenuto con tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2. Tale delimitazione del campo d’impiego delle NET ha implicazioni di rilievo, particolarmente se viene associata ad altre opzioni dello scenario NZE. Si consideri l’uso dei combustibili carboniosi nel settore dei trasporti, che nello scenario è progressivamente e largamente ridotto, con il passaggio a veicoli con motore elettrico (ma anche a fuel cell). In questo scenario i veicoli in questione non comprendono soltanto quelli di piccole dimensioni e del trasporto leggero, già in crescita attualmente. L’elettrificazione del trasporto pesante, fino a includere quello navale, è parte di NZE. Scenari in cui le auto con motore a combustione interna continuano a essere prodotte e utilizzate, venendo la CO2 emessa compensata da NET, non fanno parte di NZE, dove, infatti, la fine della produzione di questi mezzi di trasporto, anche in seguito a puntuali provvedimenti legislativi, è esplicitamente prevista (23, 24).

Un aspetto emerge da queste considerazioni, così come appare in molte parti del documento IEA e nello scenario NZE: l’importanza della sinergia fra le scelte dei cittadini e il quadro legislativo nel processo di azzeramento delle emissioni. I cambiamenti comportamentali, come abbandonare l’auto e andare a piedi negli spostamenti abituali su breve distanza, sono segnalati fra i pilastri della decarbonizzazione nello scenario NZE, come già notato. Se questi cambiamenti comportamentali sono associati a un impegno individuale nell’adozione di tecnologie a basso contenuto di carbonio, come i sistemi di termoregolazione della propria abitazione mediante pompa di calore, lo scenario NZE arriva ad attribuire all’impegno dei cittadini, in quanto consumatori, oltre il 50% delle riduzioni di emissioni complessive (25). La stima può apparire eccessiva, ma è motivata dalla sua collocazione nel mix tecnologico in un quadro di sinergie fra attori diversi. Citando il documento IEA, “Raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 è un compito monumentale…Richiede la ferma azione di tutti i governi, lavorando assieme alle imprese e i cittadini, per assicurare che la transizione all’azzeramento netto delle emissioni in dimensione globale proceda in modo coordinato senza ritardi.” (26).

Questo non è soltanto un richiamo all’importanza della triangolazione individuo-imprese-istituzioni, ripetutamente sottolineato nelle elaborazioni sulle scelte necessarie per la tutela ambientale, il contrasto ai cambiamenti climatici e il progresso sociale.  La citazione, infatti, è l’incipit dell’ultimo capitolo del documento IEA, dove vengono esaminate le implicazioni del percorso di raggiungimento dell’azzeramento delle emissioni nette per la società nel suo complesso. Qui emergono alcune delle criticità economiche, politiche e sociali del perdurante confronto su come attrezzarsi per fronteggiare il futuro, sulle quali si è ripercosso l’intervento bellico in Ucraina, innescando rielaborazioni estese e con aspetti estremamente problematici.

Considerando l’importanza del tema generale, e la gravità delle sue contingenze, questa sezione verrà terminata confinando l’esame a quanto riportato nel documento IEA, riprendendo la riflessione in dimensione più ampia nella parte conclusiva di questo scritto.

Le implicazioni economiche di NZE sono le prime ad essere considerate nel documento IEA, venendo riprese anche in altri contesti, proprio per il loro rilievo (27).

L’azzeramento delle emissioni nette, che richiede l’estesa decarbonizzazione delle fonti di energia al cuore della transizione energetica, costa. Costa in termini economici, materiali, e anche in termini immateriali. Il documento IEA, in linea con altri interventi ripresi più avanti, sottolinea come il bilancio complessivo è da prevedere sia positivo, illustrandone le direttrici maggiori.

In sintesi, uno scenario che si fonda sulla progressiva sostituzione delle fonti fossili di energia con altre rinnovabili (sole, vento, ecc.) implica estesi investimenti in quest’ultimo settore, con la creazione di posti di lavoro, un processo accompagnato da un andamento opposto nel settore dei combustibili fossili. Le stime parziali fornite dal documento, in una dimensione globale, comprendono l’aumento di tre volte degli investimenti annuali nella generazione di energia elettrica al 2030, e una loro relativa riduzione negli anni successivi, con lo stabilizzarsi del settore, mentre gli investimenti nel rifornimento di combustibili fossili nel 2050 è previsto si riduca di circa l’80% rispetto al quadro attuale (ultimi cinque anni) (28).

Questo andamento si riflette sulle attività economiche. Lo scenario NZE prevede la creazione di 14 milioni di posti di lavoro globalmente nel settore delle energie rinnovabili al 2030, e la perdita di circa 5 milioni di posti in quello delle fonti fossili (29).

Complessivamente, le stime fatte dalla IEA assieme al Fondo Monetario Internazionale prevedono che le condizioni di NZE portino a un incremento annuale del PIL globale superiore di circa lo 0,5% rispetto alle “proiezioni per il sistema energetico globale basato sulle politiche e le misure che i governi del mondo hanno già attuato e su quelle annunciate” (30).

Rimandando al documento IEA per una più articolata disamina di questi punti, è opportuno riprendere il riferimento fatto ai costi immateriali della transizione energetica, focalizzandosi su un singolo aspetto, utilizzato come riferimento di un quadro ben più complesso.

Se si considera l’evoluzione dell’assetto occupazionale atteso in scenari di transizione energetica, incluso NZE, la modifica quantitativa della domanda, pur positiva, è associata a due implicazioni. La prima è la modifica delle competenze richieste, mentre la seconda nasce dal fatto che i nuovi impianti o infrastrutture da cui proviene la domanda non sorgeranno necessariamente nei luoghi di quelli progressivamente dismessi (31).

Entrambe queste criticità comprendono, e vanno oltre, la condizione economica degli individui direttamente coinvolti, toccando vari aspetti della vita corrente, a cui possono essere ricondotte incertezze e insicurezze che i singoli e le loro famiglie dovranno affrontare, potendo riflettersi in tensioni sociali. Tutto ciò richiederà attenzione e soluzioni che riportano in primo piano l’importanza di interventi istituzionali, in sintonia e coordinazione con i processi in corso.

Lo scenario NZE, come è già emerso, ha un impianto in cui i governi adottano normative che sostengono e regolano la messa in opera degli interventi strutturali e infrastrutturali, accompagnate da interventi di vario genere in grado di gestire al meglio questa transizione, in un percorso di decarbonizzazione costruito su principi che comprendono “l’importanza di assicurare una giusta transizione” (32).

Si tratta di obiettivi di grande ambizione, che potrebbero non essere raggiunti. L’eventualità è presa esplicitamente in considerazione nel documento IEA, analizzando incertezze, barriere e ostacoli (33). Per la sua rilevanza, una simile eventualità va affrontata puntualmente.

Per una transizione energetica che sia equa e lungimirante

Affrontare efficacemente il riscaldamento globale, trovando soluzioni appropriate, è difficile e complesso. Questo è ormai una consapevolezza diffusa e fare il punto sul quadro esistente, prendendo in considerazione possibili traiettorie future, è necessario per affrontare scelte marcate da criticità che determineranno le condizioni di vita sul pianeta Terra.

La maggior parte delle considerazioni fatte fin qui sono articolate attorno all’obiettivo di azzerare le emissioni nette di GHG nei prossimi trent’anni. È stato chiarito che questo corrisponde a una condizione in cui le emissioni di origine antropica diminuiscono e quelle residue sono controbilanciate dalla loro rimozione. Il raggiungimento di questo obiettivo non ci riporterebbe, di per sé, alle condizioni in cui la Terra è stata nell’ultimo milione di anni, quando le concentrazioni di CO2 in atmosfera si ritiene siano rimaste entro valori nell’intervallo di 260-300 parti per milione (ppm), raggiungendo e superando le 350 ppm soltanto negli ultimi 80 anni. Attualmente la concentrazione di CO2 in atmosfera è superiore alle 410 ppm, e l’aumento avuto negli ultimi 150 anni ha causato un incremento della temperatura media globale alla superficie del pianeta di circa 1°C (34).

Su queste basi, l’azzeramento delle emissioni nette costituisce soltanto la parte iniziale di un percorso che dovrebbe portare nel tempo a un decremento nelle concentrazioni di CO2 in atmosfera, così da rientrare in condizioni più vicine a quelle esistite sulla Terra nell’ultimo milione di anni.

Grande attenzione è dedicata da AR6 agli scenari possibili nel futuro, venendo mostrato come proseguire con un assetto di attività umane che determina incrementi di emissioni simili all’esistente, il cosiddetto “business as usual” (BAU), sia ciò che determinerebbe un significativo e drammatico peggioramento delle condizioni esistenti sulla Terra. La descrizione articolata di scenari diversi, con le conseguenze prevedibili per il pianeta, è rintracciabile nel rapporto del Gruppo di Lavoro I di IPCC e, per rendersi conto di come gli esiti dei cambiamenti climatici in corso possano essere drammatici, basta esaminare il contenuto della figura SPM 8 del Summary for Policymakers di questo rapporto, in cui viene mostrato, fra altri effetti, come alti livelli di emissioni di GHG è prevedibile determinino un notevole aumento del livello medio globale del mare, che nel 2300 potrebbe arrivare a diversi metri, senza poter escludere che arrivi a 15 metri (35), condizioni che porterebbero alla distruzione di molti agglomerati urbani ora esistenti. D’altro canto, senza proiettarsi in un futuro così lontano, basta considerare il dramma della frana sul ghiacciaio della Marmolada del 3 luglio 2022 per avere consapevolezza della gravità del quadro e dell’urgenza di affrontarlo in modo efficace.

La guerra in Ucraina si colloca in questo quadro problematico, inserendo criticità che rendono il percorso di transizione energetica più difficile.

L’insicurezza sul rifornimento di fonti fossili da cui attualmente si ottiene gran parte dell’energia utilizzata nelle nostre attività, che siano produttive, di gestione dell’abitazione, di trasporto e altro ancora, costituisce uno degli elementi critici maggiori di questa fase, in particolare nei Paesi della UE (36).

Per certi aspetti, questa condizione è paradossale, perché prevedibile, considerando che da anni, almeno gli ultimi quattro lustri, è riconosciuta la necessità di abbandonare i combustibili fossili e procedere con la transizione energetica, come estesamente esaminato nei vari rapporti di valutazione di IPCC. Pur riconoscendo che il processo di transizione energetica è avviato, essendo aumentata la componente decarbonizzata del mix energetico a livello globale (37), compresa l’Italia, va tuttavia notato che la crisi energetica di questi ultimi mesi ha caratteristiche dipendenti proprio dal perdurante ruolo chiave delle fonti fossili di energia nelle attività correnti.

In tali condizioni, la scelta di accelerare al massimo per realizzare la transizione energetica al più presto è contrastata dalla gestione dello stato di fatto esistente. Gli spazi appaiono stretti. Le argomentazioni su cui si basa l’indicazione OCSE sull’esistenza di una sola strada per avanzare (5) non sono scomparse, come ribadito in AR6 (1). L’esigenza di gestire criticità come la sicurezza energetica in modi che sostengano il mantenimento di un quadro sociale il più possibile coeso è, d’altro canto, una questione politico-sociale imprescindibile.

È a partire da tali considerazioni che in questa sezione conclusiva si sonderanno elementi di queste criticità, esaminando cosa possa essere importante evitare e cosa, invece, possa essere urgente e opportuno fare. Va certo riconosciuto che la complessità del quadro, e le incertezze che comporta, porranno limiti severi a una simile riflessione, segnalando anche l’urgenza di affrontare le une e gli altri.

Individuare che cosa evitare e cosa fare in questo quadro di crisi energetica, marcato da aspetti che non sono immediatamente ricomponibili, quali l’aumento e la diminuzione delle emissioni di GHG, non è banale. Le analisi di IEA, ad esempio quelle affrontate nella sezione precedente, e quelle di IPCC (38), come già richiamato, rimarcano l’importanza e urgenza di abbandonare scenari BAU, seguendo percorsi di uscita accompagnati dal decremento di emissioni GHG riconducibili a due tipologie: l’adozione di fonti d’energia decarbonizzate e la rimozione di GHG emessi impiegando NET.

Questo è l’impianto delle considerazioni che seguono, dove, appunto, il BAU è da abbandonare al più presto e le opzioni di mitigazione sono da incrementare subito con decisione.

Anche nello stato attuale la realizzazione d’impianti per l’ottenimento di energia da fonti rinnovabili decarbonizzate rimane la direttrice d’azione maggiore (3, 39), e gli interventi per la sicurezza energetica che mantengono l’uso di fonti fossili andrebbero quindi valutati con cautela, per evitare ricadute economico-sociali problematiche.

In un quadro in cui istanze per l’uso del carbone come fonte d’energia ritornano in primo piano, il richiamo alla lungimiranza negli investimenti, avanzato da diverse fonti, va ricordato (39).

IEA, ad esempio, sottolinea l’importanza di evitare investimenti che possano condurre a condizioni in cui gli investitori non recuperano il capitale investito (40), che preludono a un quadro di crediti inesigibili. Simili scenari sono attesi per nuovi investimenti nel settore delle fonti fossili, qualora siano realmente perseguiti gli obiettivi dell’accordo di Parigi, e un quadro di crediti inesigibili è già stato preso in considerazione anche prima degli accordi della COP 21 per scenari di investimenti in fonti fossili in una traiettoria di decarbonizzazione (41). Questo è parte della crescente consapevolezza che “il rischio climatico è rischio d’investimento”, per usare le parole di Larry Fink, CEO di Blackrock (42). In linea con la drastica diminuzione degli investimenti in fonti fossili previsto nei percorsi di decarbonizzazione (43), IEA non include nello scenario NZE alcuna esplorazione per nuove fonti fossili o impianti di estrazione (44). Questa scelta sottolinea l’opportunità, anche in un momento critico come quello che stiamo attraversando, di evitare investimenti in strutture e infrastrutture il cui rientro potrebbe non realizzarsi nei tempi che ci separano dal 2050, l’anno in cui andrebbe raggiunta la neutralità delle emissioni nette di GHG (45).

In termini generali, le linee più appropriate per investimenti strutturali e infrastrutturali in una prospettiva di azzeramento delle emissioni nette attorno alla metà di questo secolo sono chiaramente indicate nel documento IEA (3): elettrificazione, impianti eolici, fotovoltaici, idrogeno, mentre l’uso dei combustibili fossili è residuale e va inquadrato in scenari che comprendono una estesa ed efficace cattura delle emissioni, in linea con la visione del progetto UE 100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030.

Essendo le concentrazioni di GHG in atmosfera determinanti del riscaldamento globale, il bilancio fra emissioni e rimozioni è un fattore da cui dipenderanno gli scenari reali in cui si troverà il pianeta Terra. Nella sua banalità, si deve notare come non si possa continuare ad aumentare le emissioni (un fatto) rimandando la loro rimozione (un auspicio). Questa deve essere una preoccupazione condivisa, da tradurre in un impegno concreto e pervasivo a tutti i livelli, per la diminuzione delle emissioni via decarbonizzazione e la rimozione, definitiva e raggiunta rapidamente, delle residue.

Le criticità di questo impianto sono quelle già delineate: il mix energetico esistente e gli investimenti necessari per modificarlo, la disponibilità ed efficacia delle NET.

Le diverse tipologie di NET e la valutazione della loro efficacia non verrà qui affrontata, rimandando ad altre fonti (46). Va tuttavia notato che la dimensione delle emissioni di GHG, comprendente sia quelle passate e già presenti in atmosfera, sia quelle aggiuntive e proiettate nel futuro, è tale da richiedere impianti e interventi la cui scala non è ancora disponibile, dipendendo da ulteriori sviluppi tecnologici (47). Questo giustifica la preoccupazione sull’efficacia, almeno a breve termine, della compensazione delle emissioni usando le NET esistenti, nonché la necessità di diminuire sempre più e sempre più rapidamente le emissioni di GHG.

In un quadro problematico come l’attuale, la riflessione su cosa sia possibile e opportuno fare riprende indicazioni già note (3, 48). Molte delle opzioni proposte sono rafforzate dalla sinergia fra scelte comportamentali individuali e da un quadro normativo abilitante, confermando che il raccordo con le istituzioni è essenziale per procedere nella decarbonizzazione e realizzare la transizione energetica.

Seguendo la riflessione di Creutzig (48), il risparmio energetico è la prima direttrice su cui muoversi, con tre maggiori aree d’intervento. La prima di queste comprende la diminuzione dei trasporti basati sul consumo di combustibili fossili. Lo spostamento dall’uso del mezzo di trasporto individuale al mezzo pubblico sarebbe l’opzione più semplice, ma richiede un sistema adeguato al raggiungimento delle mete, nella frequenza delle corse, nelle tariffe. Associato a questa opzione vi è il passaggio alla mobilità “dolce” (a piedi, in bicicletta, ecc.), che richiede il potenziamento di infrastrutture dedicate. L’eliminazione degli spostamenti è un’altra possibilità, soprattutto per le attività lavorative, qualora sia possibile e venga esteso l’uso del telelavoro.

Il permanere di un ampio impiego di mezzi di trasporto a combustibili fossili, invece, potrebbe vedere un risparmio energetico qualora venissero abbassati i limiti di velocità, e la circolazione delle auto all’interno delle città fosse proibita.

Nel settore degli edifici, sia abitazioni che sul luogo di lavoro, in un quadro in cui gran parte degli impianti d termoregolazione è costituito da caldaie di diverso tipo e impianti alimentati da elettricità ottenuta da fonti fossili, diminuire la temperatura di riscaldamento in inverno e alzare quella del raffrescamento in estate porta a risparmi energetici.

L’efficientamento energetico, con interventi negli edifici che portino a un decremento della dispersione termica, è un’altra opzione a sostegno del risparmio energetico. In termini più estesi, anche la modifica dei materiali usati in edilizia può contribuire al risparmio energetico, considerato che la produzione di cemento e acciaio sono causa di elevate emissioni di CO2 (49).

Introdurre modifiche nelle abitudini alimentari è un altro settore d’intervento per il risparmio energetico, al di là della riduzione dello spreco alimentare. La riduzione del consumo di carni è un’opzione particolarmente rilevante per diversi motivi. Se gli animali sono allevati in pascoli ottenuti con azioni di deforestazione, queste portano a una diminuzione del sequestro naturale di CO2, dovuta al taglio degli alberi, associata a incrementi della liberazione di questo GHG dal terreno, in conseguenza del cambiamento nell’uso del suolo. Al di fuori dei pascoli, l’alimentazione degli animali richiede apporto di foraggi, e questo è associato a emissioni di GHG: la CO2 dei combustibili utilizzati nel trasporto del foraggio, e il protossido d’azoto, come conseguenza dell’uso di concimi nella produzione di foraggio. Infine, gli animali stessi sono fonte di GHG, in particolare i ruminanti, emettendo metano e, con i componenti azotati da loro eliminati, contribuendo all’incremento delle emissioni di protossido d’azoto.

I risultati ottenibili con la realizzazione di queste azioni varia per settore e area geografica, ma le stime forniscono risultati significativi. Le stime di Creutzig indicano che gli interventi da lui considerati possono ridurre le importazioni europee di combustibili fossili dalla Russia del 20-60% (48).

Confinare le azioni al risparmio energetico non è tuttavia risolutivo in scenari in cui la transizione energetica si basa sulla decarbonizzazione, dove l’elettrificazione estesa e pervasiva è al cuore del processo (3).

La Direttiva UE 2018/2001 dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso di energie da fonti rinnovabili (50) diventa quindi un provvedimento a sostegno del processo di transizione energetica, così come la sua attuazione in Italia con il DL 8 novembre 2021, n. 199 (51).

La previsione di comunità energetiche rinnovabili (CER) per l’autoconsumo (52), basate su impianti collocati negli edifici o siti a disposizione di produttori-consumatori, i prosumer, può diventare il cardine degli scenari futuri. Una rete puntuale di CER su tutto il territorio nazionale andrebbe infatti a costituire un sistema distribuito di produzione di energia elettrica basato su solare (ed eolico), a sostegno dell’abbandono e sostituzione delle fonti carboniose di energia, collocando saldamente l’Italia in scenari di transizione energetica, e consentendo al Paese di procedere verso il mantenimento degli impegni presi con l’accordo di Parigi della COP 21.

Un aspetto del Green Deal europeo, implicito nell’accordo di Parigi, è però rimasto sullo sfondo di questa riflessione, e va preso in considerazione per poterla concludere.

Ci si sta riferendo all’intenzione di “non lasciare indietro nessuno”, che il testo del Green Deal EU riprende dall’Agenda 2030 (4), in linea con il riconoscimento dell’importanza che la transizione energetica sia un processo equo, dove vanno riconosciute le “responsabilità comuni ma differenziate” (53).

I cambiamenti climatici in corso sono un problema globale, ma sono le fasce più vulnerabili della popolazione quelle maggiormente colpite dal processo in corso (54). Diventa così rilevante definire il senso del non lasciare indietro nessuno nel nostro Paese, tanto più tenendo conto dell’incremento della povertà registrato negli ultimi anni (55).

In questo quadro, stabilire se non lasciare indietro nessuno implichi “arrivare fin lì” o “partire da lì” avrà rilevanti implicazioni politiche, economiche e sociali nel futuro che ci attende.

Note

  1. I testi dei rapporti sono rintracciabili al sito IPCC: https://www.ipcc.ch/. Il Sesto Rapporto di Valutazione è scaricabile a https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-i/.
  2. Il sito del progetto è https://netzerocities.eu/.
  3. International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris. Il rapporto è scaricabile a https://www.iea.org/topics/net-zero-emissions.
  4. UN General Assembly, Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development, 21 October 2015, A/RES/70/1. Il testo di Agenda 2030 è scaricabile a https://sustainabledevelopment.un.org/post2015/transformingourworld.
  5. OECD, Aligning Development Co-operation and Climate Action: The Only Way Forward, The Development Dimension, OECD Publishing, Paris, 2019. Il documento è scaricabile a http://www.oecd.org/development/aligning-development-co-operation-and-climate-action-5099ad91-en.htm.
  6. Michael E. Mann, “The new climate war: The fight to take back our planet”; Kindle ed., 2021, p. 44.
  7. World Economic Forum; “The Global Risks Report 2019”. Particolarmente informative le figure I-III. La citazione è presa dalla Appendix B. Il documento è scaricabile a https://www3.weforum.org/docs/WEF_The_Future_Of_Nature_And_Business_2020.pdf.
  8. Il testo dell’accordo è scaricabile alla pagina https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement/the-paris-agreement.
  9. A questo proposito, particolarmente informativa è la figura SPM-1, nel Summary for Policymakers del Rapporto del Gruppo di Lavoro I del AR6 IPCC. Il documento è scaricabile a https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/downloads/report/IPCC_AR6_WGI_SPM.pdf.
  10. In entrambi i casi è notata la molteplicità dei GHG emessi e presenti in atmosfera, specificando come l’attenzione verrà dedicata primariamente alle emissioni di anidride carbonica, lasciando quelle di altri GHG in secondo piano, ma riprendendole quando sono di rilievo per i punti di volta in volta affrontati nelle rispettive iniziative. Tale scelta sarà mantenuta anche in questa elaborazione.
  11. Il testo del progetto in questa analisi è lo “European Missions – Info Kit for Cities”, versione V2.0 del 29/10/2021, scaricabile nel sito di lancio dell’iniziativa: https://ec.europa.eu/info/research-and-innovation/funding/funding-opportunities/funding-programmes-and-open-calls/horizon-europe/eu-missions-horizon-europe/climate-neutral-and-smart-cities_en. La citazione è a p. 10.
  12. Ibidem, Annex 2, Glossario.
  13. IPCC, 2021: Climate Change 2021: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Masson-Delmotte, V., P. Zhai, A. Pirani, S.L. Connors, C. Péan, S. Berger, N. Caud, Y. Chen, L. Goldfarb, M.I. Gomis, M. Huang, K. Leitzell, E. Lonnoy, J.B.R. Matthews, T.K. Maycock, T. Waterfield, O. Yelekçi, R. Yu, and B. Zhou (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, In press. Il testo è scaricabile a https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-i/.
  14. La classificazione è rintracciabile nel sito https://ghgprotocol.org/.
  15. European Missions – Info Kit for Cities, cit. Box 2 p. 11.
  16. Ibidem, p. 23.
  17. La definizione del termine “mitigazione” è riportata nel glossario del rapporto citato in nota 13.
  18. European Missions – Info Kit for Cities, cit. Una visione sintetica è presentata nella sezione 3 della Parte I, e i diversi componenti vengono ripresi più estesamente nella Parte II.
  19. Ibidem, p. 12, Tabella 2.
  20. Ibidem, p. 13.
  21. Net Zero by 2050, cit. Sezione 2.2.
  22. Ibidem, p. 64.
  23. Ibidem, p. 68.
  24. La UE ha già preso il relativo provvedimento, con il testo adottato dal Parlamento UE nella seduta dell’8 giugno 2022, rintracciabile a https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0234_IT.html.
  25. Net Zero by 2050, cit. Capitolo 2.
  26. Ibidem, p. 152.
  27. Ibidem, i temi affrontati in questa parte emergono in diverse sezioni e sono affrontati organicamente nel capitolo 4, da cui verranno presi i dati qui discussi.
  28. Ibidem, Sezione 4.3.
  29. Ibidem, Sezione 4.2.3.
  30. Ibidem, nota a p. 156.
  31. Ibidem, p. 158.
  32. Ibidem, p. 50.
  33. Ibidem, Sezione 2.7.
  34. I dati qui riportati sono delineati nel testo indicato in nota 9 e, più dettagliatamente, nel Technical Summary del Rapporto del Gruppo di Lavoro I del AR6 IPCC, scaricabile a https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/downloads/report/IPCC_AR6_WGI_TS.pdf.
  35. Il quadro esistente e la sua genesi sono estesamente esaminati nel rapporto citato in nota 13. Una sintesi, da cui sono presi alcuni dei dati qui indicati è il Summary for Policymakers del Rapporto del Gruppo di Lavoro I del AR6 IPCC già citato in nota 9.
  36. La crisi innescata dall’intervento bellico in Ucraina è ben più grave e articolata, ma l’analisi in questo contributo verrà circoscritta soltanto ad alcune questioni direttamente associate con l’approvvigionamento energetico.
  37. I dati riferibili alle dimensioni globale, regionali e nazionali sono rintracciabili nel sito della International Energy Agency: https://www.iea.org/fuels-and-technologies/renewables .
  38. Per un’analisi estesa e articolata, i dati del Rapporto del Gruppo di Lavoro I citato in nota 13 possono essere integrati da quelli del Rapporto del Gruppo di Lavoro III, dedicato alle azioni di mitigazione. IPCC, 2022: Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change. Contribution of Working Group III to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change[P.R. Shukla, J. Skea, R. Slade, A. Al Khourdajie, R. van Diemen, D. McCollum, M. Pathak, S. Some, P. Vyas, R. Fradera, M. Belkacemi, A. Hasija, G. Lisboa, S. Luz, J. Malley, (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, UK and New York, NY, USA. Il testo è scaricabile a: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-3/.
  39. Tollefson T.; Extreme steps needed to avert climate disaster; Nature: 604, 413-414, 2022.
  40. Net Zero by 2050, cit. p. 55.
  41. Un esempio può essere il rapporto Unburnable Carbon 2013: Wasted capital and stranded assets della Carbon Tracker Initiative, rintracciabile a: https://www.lse.ac.uk/granthaminstitute/wp-content/uploads/2014/02/PB-unburnable-carbon-2013-wasted-capital-stranded-assets.pdf.
  42. Nel suo intervento Fink segnala in termini più articolati l’importanza di valutare le prospettive degli investimenti in scenari di sostenibilità. Il testo della lettera è leggibile a: https://www.blackrock.com/ch/individual/en/larry-fink-ceo-letter.
  43. Molto estesa è la bibliografia esistente su dimensioni e modifiche quali-quantitative degli investimenti per la transizione energetica e il contrasto ai cambiamenti climatici. Per un quadro sintetico, dedicato alle differenze esistenti fra scenari di aumento della temperatura media globale di 2 ovvero 1,5°C, si veda il rapporto IPCC, 2018: Global Warming of 1.5°C. An IPCC Special Report on the impacts of global warming of 1.5°C above pre-industrial levels and related global greenhouse gas emission pathways, in the context of strengthening the global response to the threat of climate change, sustainable development, and efforts to eradicate poverty [Masson-Delmotte, V., P. Zhai, H.-O. Pörtner, D. Roberts, J. Skea, P.R. Shukla, A. Pirani, W. Moufouma-Okia, C. Péan, R. Pidcock, S. Connors, J.B.R. Matthews, Y. Chen, X. Zhou, M.I. Gomis, E. Lonnoy, T. Maycock, M. Tignor, and T. Waterfield (eds.).
  44. Net Zero by 2050, cit. p. 101.
  45. Ibidem, p. 84.
  46. Rossini G.P.: Sostenibilità, decarbonizzazione, Recovery Plan: potenziali e criticità in una prospettiva intergenerazionale. Inchiesta, 2021. Questo articolo contiene svariate indicazioni bibliografiche sulle NET. L’articolo è leggibile a: https://www.inchiestaonline.it/economia/gian-paolo-rossini-sostenibilita-decarbonizzazione-recovery-plan-potenziali-e-criticita-in-una-prospettiva-intergenerazionale-una-prospettiva-intergene/.
  47. Net Zero by 2050, cit. p. 94-97.
  48. Le opzioni qui considerate provengono in primo luogo da: Creutzig F.; Fuel crisis: slash demand in three sectors to protect economies and climate; Nature 606: 460-462, 2022.
  49. Si veda il Technical Summary del Rapporto del Gruppo di Lavoro III di AR6, scaricabile a https://report.ipcc.ch/ar6wg3/pdf/IPCC_AR6_WGIII_FinalDraft_TechnicalSummary.pdf.
  50. Il testo è a: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018L2001.
  51. Rintracciabile nel Supplemento Ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 285 del 30 novembre 2021 – Serie generale: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/11/30/285/so/42/sg/pdf.
  52. Ibidem, Titolo IV.
  53. Si tratta del ben noto principio e impegno stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici nel 1992, enunciato negli articoli 1 e 4, il cui testo è scaricabile a: https://unfccc.int/resource/docs/convkp/conveng.pdf. Il principio è stato poi ripreso nell’articolo 2 dell’accordo di Parigi della COP 21 nel 2015 di cui alla nota 8.
  54. Per un’analisi estesa, si veda il capitolo 8 in: IPCC, 2022: Climate Change 2022: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Contribution of Working Group II to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [H.-O. Pörtner, D.C. Roberts, M. Tignor, E.S. Poloczanska, K. Mintenbeck, A. Alegría, M. Craig, S. Langsdorf, S. Löschke, V. Möller, A. Okem, B. Rama (eds.)]. Cambridge University Press. Il testo è scaricabile a: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-ii/.
  55. Si veda il Rapporto Annuale ISTAT 2022, scaricabile a: https://www.istat.it/it/archivio/271806.

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About GianPaolo Rossini: Biologo, professore ordinario di Biochimica, ora è in pensione e opera come studioso indipendente. Ha lavorato in Università e Istituti di ricerca in Italia, USA, Svezia e Francia, svolgendo studi su meccanismi molecolari di funzionamento, regolazione e alterazione di processi biologici. È stato chiamato come esperto dalla FAO, la EC e l’EFSA. Si interessa di approcci sistemici alla caratterizzazione di fenomeni complessi. Attualmente, è membro associato dell’International Panel on Social Progress.

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