Davide Patitucci: Come salvare uno scienziato in pericolo di vita nell’Antartide
“Uno dei nostri scienziati è malato, è una situazione seria, non può essere curato alla base – spiega Peter West, portavoce della Nsf -.Se non fosse in pericolo di vita, non ci proveremmo nemmeno. Non durante l’inverno antartico. Uno dei due velivoli – sottolinea West – tenterà di raggiungere la stazione. L’altro resterà alla base britannica di Rothera, pronto a intervenire per offrire supporto nella ricerca e salvataggio, qualora si rendesse necessario”. Secondo alcune indiscrezioni fornite dalla stessa Nsf, anche un secondo ricercatore potrebbe avere bisogno di abbandonare la stazione per ragioni di salute.
Con quella in corso sono solo tre le missioni di salvataggio medico partite alla volta dell’Antartide in inverno. Le altre due sono datate aprile 2001 e settembre 2003. Questa è, quindi, la prima ad avvenire al culmine dell’inverno australe, nei giorni del solstizio d’inverno. Tra febbraio e ottobre, infatti, è sospeso ogni volo verso il continente bianco. Gli studiosi restano isolati, e devono far fronte da soli a ogni necessità, comprese quelle mediche. Nel 1999, ad esempio, Jerri Nielsen, membro del personale della base Amundsen-Scott scoprì di avere un cancro al seno, alla fine del mese di maggio. Essendo l’unico operatore medico della base, fu costretta ad affidarsi a tecnici non specializzati per fare una biopsia. E a rimanere nella base fino ad ottobre, prima di ricevere cure mediche più adeguate.
La base Usa Amundsen-Scott South Pole è stata inaugurata a gennaio del 1957. Si trova a 2835 metri sul livello del mare ed è dedicata a due esploratori norvegesi, Robert Scott e Roald Amundsen, il primo a conquistare il Polo sud. La stazione è uno dei più importanti siti al mondo per lo studio dei mutamenti climatici e del paleoclima terrestre. La base polare conserva, ad esempio, il più importante e completo archivio sul clima del plateau antartico. L’Antartide è, inoltre, un punto di osservazione privilegiato per lo studio dell’universo. I suoi ghiacci, i più freddi del Pianeta, ospitano radiotelescopi e un osservatorio per lo studio di alcune tra le particelle più elusive del cosmo, i neutrini. Si tratta dell’IceCube Neutrino Observatory, i cui sensori abbracciano un chilometro cubo di ghiaccio sotto la superficie polare.
La base Usa dove si trovano i due scienziati in attesa di soccorso è una delle grandi stazioni permanenti in Antartide, insieme alla britannica Rothera e a quella italo-francese Concordia, frutto di un accordo congiunto tra l’Enea e l’Istituto polare francese Paul Émile Victor. I ricercatori italiani, pur essendo distanti geograficamente dai colleghi della Nsf, stanno seguendo con trepidazione lo sviluppo della vicenda. “Anche noi siamo venuti a conoscenza della missione di salvataggio e ci ha toccato profondamente – commenta all’Ansa la ricercatrice italiana Simonetta Montaguti, in forze alla base Concordia insieme ad altri 11, tra ricercatori e tecnici, italiani e francesi -. Per quanto ci riguarda, durante i mesi dell’inverno polare non siamo recuperabili, qualunque cosa succeda. Normalmente le basse temperature non permettono né il volo degli aerei, né tantomeno il loro atterraggio. Qualsiasi tipologia di urgenza o emergenza – aggiunge la studiosa – deve essere gestita da noi, compresa l’emergenza medica, sebbene possa venirci in soccorso la telemedicina, con l’ospedale Gemelli di Roma”.
In queste ore anche i 21 membri della stazione di ricerca britannica Rothera, sull’isola di Adelaide, stanno facendo la loro parte per assistere i colleghi della base americana nella missione di salvataggio. Dopo aver preparato la pista per l’atterraggio dei due velivoli di soccorso, stanno adesso monitorando le condizioni meteo. Ancora 2400 chilometri di volo nella notte polare separano, infatti, i soccorritori dalla base Usa. Sono i più difficili da affrontare in questa missione salva-vita al culmine dell’inverno antartico. “La programmazione logistica in Antartide è una sfida – commenta Tim Stockings, direttore delle operazioni della British antarctic survey -. Per questo, è essenziale supportare i nostri colleghi americani in questo momento difficile. È lo spirito internazionale di cooperazione, che funziona così bene tra le nazioni presenti in Antartide. E che – conclude Stockings – ci consente di portare a termine insieme operazioni e ricerche complesse”.
Category: Ambiente, Ricerca e Innovazione