Cristina Biondi: 22 Nuovo dizionario delle parole italiane. Da “Bambini state buoni” a “Pubblicità e felicità”

| 26 Gennaio 2020 | Comments (0)

 

 

BAMBINI SIATE BUONI

“State buoni, se potete” raccomandava san Filippo Neri. A quel tempo i bimbi erano tanti, riempivano le case, i cortili, le strade, le scuole e, non ultimo, gli oratori. Oggi un bimbo si trova solo, circondato da adulti che, non abituati a frequentarlo, lo trattano chi da piccolo principe, chi da insopportabile rompiscatole. Tante donne non fanno più da argine tra padri distratti e figli costretti a manifestare le proprie esigenze a chi sta guardando il suo cellulare, il computer, la partita, il lato B della fanciulla che cammina davanti a lui. Le ex mogli quando affidano il piccolo agli ex mariti sono un po’ come Medea, che non ha avuto pietà per la prole del fedifrago: che lui si arrangi, così impara (magari fosse possibile!)

Molte madri sono impotenti di fronte ad accordi sacrosanti, al parere salomonico di giudici politicamente corretti e lasciano partire la creatura come se deponessero nelle acque del Nilo Mosè in fasce. Mosè venne salvato da una principessa, nelle favole esistono le fatine buone, in banca papà, poverino, è tutto preso dalle operazioni allo sportello quando il bimbo gli chiede attenzione tirandolo per i pantaloni. “Papà ho caldo”. Il padre si china amorevole sulla propria creatura e, tirata su la zip della sua felpa, torna a occuparsi di conti e bollette. Il piccolo è confuso, ma felice. Bambini, non è più tanto conveniente che stiate buoni: se potete, strillate con tutto il fiato che avete in gola.

 

TELEVISIONE, OPPIO DEI POPOLI

Nessuno oggi, di buona o media cultura, leggerebbe i romanzetti rosa, si appassionerebbe ai foto-romanzi o frequenterebbe la narrativa spazzatura. In passato c’è stato chi leggeva il peggio dei peggi, tenendo segreta la cosa, coltivando la propria propensione al romanzo popolare di appendice come un vizio segreto un po’ meno vergognoso della pornografia (etimolgicamente: pornè + grafia = scrivere riguardo a prostitute, rappresentare prostitute).

Oggi non ci vergogniamo più di nulla, nemmeno di aprire la televisione e guardare un po’ di tutto, facendo zapping e compiacendoci di una banalità che non ci appartiene (in effetti siamo noi che le apparteniamo). Ma lo schermo ci acchiappa, ci ruba tempo, ci invade il cervello, ci stordisce di chiacchiere, ci fa partecipare al salotto delle conduttrici stando nel nostro salotto, un vero sistema di scatole cinesi per danneggiare i nostri neuroni (esperti in neuroscienze, vi prego, fornitemi un mito che sostenga le mie teorie!). Non lamentiamoci se già alle otto di sera non riusciamo a rimanere svegli nemmeno puntellandoci sul divano: stiamo mettendo in campo la strategia atavica dei nostri antenati rettili che si fingevano morti per non scatenare la reazione aggressiva dei grandi predatori.

 

SALVIAMO IL SOLDATO

Salviamo il soldato Ryan: lui è l’esatto contrario del milite ignoto, caduto per la patria e rimasto senza nome. Oggi è prioritario mettere in salvo i soldati, mandare in prima linea i droni e tenere in caserma e in ufficio le truppe. Purtroppo devono andare in perlustrazione, armati sino ai denti e con giubbotti antiproiettile. Qualcosa rischiano: tra i nemici anche i civili e i bambini potrebbero avere in serbo una brutta sorpresa, qualcosa di rudimentale come un’arma bianca. Nulla è più orribile di un prigioniero disarmato e sgozzato: la gola è vulnerabile, la nudità è vergognosa, la vittima è rive-stita d’innocenza, perché non ha più la capacità di difendersi e di nuocere.

I soldati caduti non sono più eroi, sono vittime, figli, fratelli, forse mariti e padri. Gli uomini al fronte non vanno dimenticati e il miglior sistema, a volte l’unico, perché nessuno li dimentichi è tenerli in vita e per sfuggire all’odio implacabile degli oppressi è bene che non escano dalla loro base militare. Per la prima volta scopo principale di un esercito è mantenere in vita i soldati, ovunque essi siano andati a cacciarsi. Fomentare l’odio è pericoloso perché (lo dico con le parole di una donna W. Szymborska):

….In ogni istante è pronto a nuovi compiti

se deve aspettare, aspetterà.

Lo dicono cieco. Cieco?

Ha la vista acuta del cecchino

E guarda risoluto al futuro

-Lui solo

………….

 

RITORNO A CASA

Il ritorno a casa dalla guerra è un momento critico: vi sta aspettando Clitennestra (non molto famosa) o Penelope (famosissima)? Il problema non è del paese, della nazione, dello stato, del governo e nemmeno dell’esercito, è tutto vostro: tornate da eroi, coperti di ferite cicatrizzate, che vi fanno ancora un po’ male quando piove, e gonfi d’orgoglio o da sfigati, destabilizzati e distrutti? Tornate sulle vostre gambe o in carrozzina? Coraggio o orrore? Avete una moglie o una ex moglie? Vi drogate voi, si droga vostro figlio?

Diffidate degli psichiatri che progettano di togliervi la memoria, guardate risoluti al futuro, non di-stogliete lo sguardo, siate forti e consapevoli che, come l’odio, anche la sfiga ci vede benissimo e voi con lei

 

FEMMINISMO MILITANTE: STRATEGIE DI EMPOWERMENT

Un politico di destra apre un centro di ascolto per conoscere prima delle elezioni i desideri e i bisogni della popolazione. Assume ragazzi giovani e belli, innocenti come una cresimanda di dodici anni. Non si presenta al centro e regala borse di stoffa (ecologiche, economiche e vi suggeriscono: ci sarà sempre modo di riempirle). Palloncini gonfiati di elio stazionano sul soffitto, di un colore speciale: non è celeste, perché a destra di azzurro ce n’è già tanto. Tra i ragazzi nessun africano, né di prima, né di seconda generazione, nessun bengalese, le ragazze sono belle ed esili come giunchi, i ragazzi sono il sogno di qualsiasi fanciulla. Il più maturo di loro è bellissimo: occhi azzurri, magnetici, palestrato, capelli cortissimi, non si è tatuato il col-lo, il resto non è dato di sapere.

Contro questa pacifica roccaforte della democrazia rappresentativa scatta un attacco terroristico, studiato nei minimi particolari. Una vecchietta, grandissima rompiscatole (ma dopo questo non si sarebbe potuto dire), esaspera il nostro marine chiedendo che le vengano regalati i fiori delle aiuole, quei fiori che una volta sfioriti, vengono gettati via a ogni stagione. Lei vuol prendersene cura: l’ha chiesto cento volte, l’ha chiesto tutti i santi giorni. Lui cerca di non perdere la pazienza, ma quando lei gli tocca il braccio (una carezza che esprime l’affetto di una nonna, che altro!) lui non ce la fa più e reagisce. Solo lui ha visto lo sguardo malizioso, divertito di lei (a chi lo potrà raccontare?), Nel respingere la gran rompiballe il suo gesto è un po’ brusco, lei cade lunga distesa. Non si rialza, non riesce, non vuole essere toccata, stringe i denti: “non occorre l’ambulanza!” È sicura? Una delle ragazze è nel panico: “Ho chiamato il 118: verranno a vedere come sta, poi decideranno loro”. La responsabile, bella ed esile, sibila al poveretto: “Coglione!”

Lui, che per inciso è un bravissimo ragazzo, immagina le foto sui giornali, un’azione legale, di certo non ha il tempo di farsi crescere i capelli, quel tanto che basterebbe per non essere etichettato come neonazista. Vede un baratro aprirsi davanti a sé, il suo futuro è segnato, irreversibilmente.

Che almeno si faccia presto! “Fra quanto arriva l’ambulanza?” Le ragazze gli sorridono. “ma noi non l’abbiamo chiamata, l’ambulanza!” La vecchietta rialzandosi gli sorride, la responsabile lo guarda con dolcezza materna: “Sei su scherzi a parte. Sappi che qui si scherza solo tra di noi, ma tu o impari la lezione o parti per la legion straniera.”

 

FEMMINISMO MILITANTE: IL POTERE E’ GIA’ NOSTRO

Lo scenario è quello di prima, ma quello che succede è completamente diverso. Il nostro marine reagisce a tanta rottura di balle con una frase irrispettosa: “Lei è fuori di testa!”. Non è da lui, come non sarebbe da lei mollargli un pugno in faccia, così forte da rompergli il naso. Però lei l’ha fatto e lo guarda dritto negli occhi, lo sta sfidando, aspetta una reazione: non indietreg-gia di un passo. Forse è una terrorista pronta al martirio: dopo averlo fulminato con uno sguardo di odio, abbassa gli occhi, che nessuno veda, che nessuno capisca. I ragazzi sono impietriti. Lui prova uno sconcerto, un’umiliazione bruciante, cerca lo sguardo della collega (la responsabile, bella ed esile come un giunco): odio anche nei suoi occhi, un odio bruciante, in-comprensibile). Una delle ragazze gli porge un fazzoletto: “Chiamo un’ambulanza?” Oddio, la vecchietta non è un uomo travestito, è in tutto e per tutto una vecchietta, ora lei guarda a terra, non fugge, se arriverà la polizia non negherà nulla. “È proprio successo così, mi sono sentita offesa e ho reagito”.

Che sputtanata! Che vergogna: messo a terra da una vecchietta! Diventerà famoso, lo prenderanno per il culo per i prossimi cinquant’anni. “No, niente ambulanza”. L’odio è scomparso dagli sguardi, tutti pensano: “E ora che si fa?” Lui piangerebbe dall’umiliazione, ma è un uomo intelligente: “Mi scusi signora, mi scusi se sono stato maleducato”. Lei, prima di girare i tacchi e andarsene, ammonisce i presenti: “Guai a voi se la cosa esce di qui”. La responsabile subito dopo minaccia: “Se qualcuno dice una sola parola su quello che è successo oggi, è licenziato.”

Circa un mese dopo lui viene convocato in un posto segreto e riceve la proposta di entrare in un corpo speciale: era tenuto in osservazione e ha superato bene la prova. Il naso è stato raddrizzato, la cicatrice si vede appena, quello che lui non ha ancora accettato è di avere come superiore una donna. Non vedrà mai più la vecchietta, però lei lo manderà a salutare (non troppo spesso).

 

ROTTURA DI SCATOLE

W. Churchill sognava: “Quando sarò in paradiso conto di passare una buona parte del mio primo milione di anni a dipingere”. Le donne, quando otterranno veramente una parità di diritti con gli uomini (non sarà il paradiso, non illudiamoci) passeranno almeno un millennio a rompere le scatole. Lo deduco da quanto succede oggi: gran parte del potere conquistato viene dissipato dando sfogo alle frustrazioni nostre, delle nostre madri, delle nostre nonne e via di seguito. Come la collina del Testaccio a Roma è formata da milioni di cocci di anfore, così noi continuiamo a innalzare la montagna di cocci rappresentati dalle aspirazioni infrante di mamme, avole e trisavole. Pensiamo di aver guadagnato terreno dicendo parolacce e rampo-gnando uomini che vorrebbero (ma forse non vorrebbero) continuare a comportarsi come padri, nonni e bisnonni. Questo non va bene, perdindirindina!

 

ASCOLTO

Pochi uomini si rifiutavano di ascoltare le mogli che riferivano i bisticci con le vicine di casa, le figlie che raccontavano loro Biancaneve e i sette Nani, i più pazienti si lasciavano pettinare i capelli dalle bimbette che volevano giocare al parrucchiere.

Ai bei tempi si poteva rinunciare a qualche pacchetto di sigarette per comprare i fili da ricamo, la casa era più allegra con tendine guarnite di voli di rondine e cuscini bordati di pizzo.

Poi le donne sono state prese da una strana frenesia: hanno negli armadi la lana necessaria per lavorare a maglia cento maglioni, stipano chilometri di stoffa, hanno imparato dalle nonne a fare i calzini a ferri. Si parla di spreco, di accumulo insensato eppure anche agli uomini più ottimisti balena l’idea che le loro compagne hanno fiutato nell’aria una crisi epocale e stanno preparando le scorte.

È diventato impegnativo ascoltarle, vogliono capire la differenza tra sciti e sunniti, sospettano che certi aerei non si siano disintegrati per guasti tecnici, si infervorano e prendono posizione, ragionano per produrre argomenti del cavolo (e già, non la pensano come gli uomini, i pensatori per antonomasia). Di riflesso comincia a insinuarsi l’impressione che tutte le opinioni siano opinioni del cavolo, che da quando le donne hanno iniziato ad affrontare le questioni serie, nulla è più plausibile, nulla è più sostenibile, le affermazioni non stanno più in piedi, il pensiero si affloscia come un soufflè uscito troppo presto dal forno.

La quotidianità, la comoda e rassicurante quotidianità garantita da nonne, madri, mogli e figlie scivola impercettibilmente verso scenari inquietanti: presto ci muniremmo di maschere anti-gas, l’aria non sarà satura di’iprite, ma delle più banali polveri sottili.

 

PUBBLICITA’ E FELICITA’

I protagonisti della pubblicità conoscono il segreto della felicità: a colazione sono pronti a ini-ziare con ottimismo la giornata, a pranzo sono entusiasti della salsa di pomodoro, a sera riuniscono tutta la famiglia, nonni compresi, per condividere le gioie di una cena a base di cibi genuini. Le loro patate non vengono attaccate dalla peronospora, le macchie sui loro vestiti non sono mai indelebili, le vecchiette dopo una sola applicazione di crema analgesica (Befana compresa) sono pimpanti e dinamiche. Giovani padri coccolano bimbi bellissimi e mogli in dolce attesa, donne dinamiche comprano divani più volte al giorno, i supermercati amano i clienti, dai quali sono riamati. Tutto è perfetto, soprattutto perché i protagonisti della pubblicità sono assolutamente sicuri delle loro scelte, quindi non perdono il loro tempo a guardare gli spot promozionali.

Category: Dibattiti, Guardare indietro per guardare avanti, Libri e librerie, Welfare e Salute

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