Nicoletta Balzaretti e Massimiliano Nunziati: Inclusione e didattica inclusiva. Riflessioni ed esperienze

| 23 Maggio 2016 | Comments (0)

 

Riceviamo da Gabriella Covri questo testo di Nicoletta Balzaretti e Massimiliano Nunziati

Parlare di inclusione scolastica significa molto più che enfatizzare l’intenzione di creare un contesto-scuola realmente aperto a tutti e ipotizzare il superamento delle criticità a livello di esclusione-selezione-abbandono che caratterizzano la scuola italiana; si tratta di interrogarsi sul concetto di inclusione e sulle diverse realtà che lo caratterizzano e danno significato

Inclusione intesa come poter stare bene tutti a scuola? Inclusione come prospettiva nella quale ad ogni bambino o ragazzo viene realmente costruito un percorso sulla base delle sue risorse, interessi, capacità o competenze? La problematica potrebbe definirsi considerando l’attuale frammentazione educativa, che si concretizza nel moltiplicarsi delle realtà educative e formative, non solo in contesti definitivi formali (Maccario, 2006), ma anche in contesti di apprendimento informali e non formali (luoghi di incontro, associazioni sportive, proposte educative pomeridiane etc.).

La prima questione che ci poniamo è la seguente: quale direzione pedagogica hanno queste molteplici realtà educative? Vi è chiarezza al loro interno sul perché si educa, ovvero sulla direzione intenzionale del cambiamento nella persona-educando?[1]

Nello scenario attuale, all’evoluzione in senso specialistico delle pratiche di ricerca scientifica e pedagogica così come all’estrema differenziazione che si incontra all’interno dei servizi educativi dal punto di vista delle percezioni dei singoli, delle rappresentazioni istituzionali e di gruppo e delle prassi educative messe in atto in ogni singola realtà, non sembra seguire una corrispondente evoluzione della scuola che, nelle sue strutture essenziali, sembra ancora ancorata a linee di pensiero pedagogiche e prassi educative sviluppatesi in un contesto sociale completamente differente. Lo sviluppo teorico cui si assiste in sede di ricerca accademica fatica così ad integrarsi sul complesso e multiforme terreno del contesto-scuola, contenitore spesso non adeguato di un tessuto sociale oggi estremamente complesso e differenziato. Il processo di specializzazione e di ricerca accademica spesso si traduce, in concreto, nella creazione di un lessico iniziatico di difficile comprensione all’esterno della disciplina a cui appartiene e di conseguenza di complessa integrazione nella vita scolastica di tutti i giorni.

Molte delle procedure formali di inclusione (ad esempio il Piano Educativo Individualizzato o i Piani Didattici Personalizzati) riconosciute nel contesto-scuola faticano a tradursi operativamente all’interno di un’organizzazione scolastica alle prese con un drastico calo delle risorse economiche a sua disposizione e non ancora sufficientemente flessibile per integrarle al suo interno e presentano un indubbio problema dal punto di vista della percezione che singoli attori attribuiscono loro. Il risultato di questa eccessiva proceduralizzazione delle conoscenze acquisite sviluppate in ambito scientifico spesso concorre a creare dinamiche di demotivazione e di comunicazione disfunzionale tra gli attori presenti nel sistema scuola. In questo senso dal punto di vista pedagogico la questione tecnica è di grande rilevanza e questo comporta nelle parole di Bertolini (1988) di «sottolineare il carattere di intenzionalità della stessa tecnica la quale infatti acquista il suo senso e il suo valore attraverso la capacità di essere congruente con ciò a cui si riferisce, ovvero con ciò che costituisce l’orizzonte dei fini cui si correla». Si tratta quindi di problematizzare le procedure interne al contesto-scuola per evitare il rischio che si contraddicano dall’interno perdendo di senso e si riducano a puro tecnicismo che «esaurendosi in forme schematizzate meramente operative, che impediscono che si ponga con correttezza il problema del significato e si sganci dai fini o dalle ragioni per le quali la tecnica viene messa in atto, fino al punto di rivoltarsi contro l’uomo» (Bertolini, 1988).

Una seconda questione emerge dalle precedenti riflessioni emerge una caratteristica del sistema scolastico attuale una sostanziale difficoltà di comunicazione e comprensione reciproca da più punti di vista:

-dal punto di vista intragenerazionale la complessità, la multietnicità e la poli-cultura che caratterizzano il sistema scuola al giorno d’oggi rendono spesso difficile la condivisione dei significati anche tra gli stessi studenti ostacolando lo sviluppo del discorso scolastico in generale e generando frastagliate modalità di intervento da parte degli insegnanti;

-da un punto di vista inter generazionale gli stili educativi e di insegnamento dei singoli insegnanti fanno riferimento a metodologie di mediazione dei saperi spesso estremamente distanti dalla realtà vissuta dagli studenti: uno studente potrebbe ad esempio essere un esperto di nuove tecnologie e possedere una versatilità eccezionale, ma risultare profondamente inadeguato a sostenere una relazione educativa basata unicamente sulla conoscenza concettuale legata al codice scritto e visivo.

Alla base dell’ideazione di un percorso educativo si pone quindi la comprensione sistemica del contesto-scuola inteso come campo di relazioni tra differenti attori coinvolti sia nella costruzione di significati da attribuire alla realtà scolastica e alle sue problematiche sia nell’essere parte integrante dei percorsi di educazione e di insegnamento e delle procedure che li caratterizzano. Da questo punto di vista la scuola di oggi si espone alle criticità che l’hanno accompagnata fin dalle prime riflessioni moderne in ambito pedagogico, come la difficoltà di inclusione delle differenze, l’approccio poco flessibile e dogmatico, l’enfasi data alla trasmissione della conoscenza piuttosto che alla sua costruzione.

Queste caratteristiche, inoltre, non si adeguano alle competenze di fatto richieste sia dalle Indicazioni nazionali del 2012 e dalla normativa sia della società moderna che al contrario richiedono una sempre maggiore flessibilità creatività e capacità di accomodamento, così come essere esperti professionisti si traduce in un grado elevato di creatività, sensibilità e capacità di gestire l’imprevisto (Schön, 1999).

Le seguenti riflessioni, sistematizzate ad elenco per renderle maggiormente fruibili, nascono da quattro anni (almeno) di esperienze raccolte e fatte oggetto di riflessione tra colleghi curricolari e di sostegno in una scuola secondaria di II rado. Alcune di esse vengono presentate di seguito al Decalogo dell’inclusione di tutti i giorni e sono frutto di progettazione condivisa con gli studenti.

 

Decalogo dell’inclusione di tutti i giorni

1. I ragazzi con disagio, in situazioni di BES o con DSA, gli alunni stranieri, non sono in carico “agli insegnanti di sostegno” o ai pochi insegnanti ritenuti sensibili in base a qualche investitura divina, bensì a tutti gli insegnanti curricolari (sottolineo che il biennio delle Scuole Secondarie di II grado è ancora all’interno dell’obbligo scolastico).

2. Non si tratta di garantire promozioni facili, ma di utilizzare una didattica che tenga il più possibile conto dei diversi stili di apprendimento (visivo, uditivo, cinestetico) e che valorizzi le risorse degli studenti.

3. Non si tratta di semplificare o ridurre i contenuti, ma di trovare strade diverse ed eventualmente di ri-orientare.

4. Più che moltiplicare progetti individuali è ormai condiviso che una didattica inclusiva e diversificata, che già molti insegnanti utilizzano, favorisce le eccellenze e riduce il disagio.

5. E’ fondamentale la diversificazione le metodologie di insegnamento, alternando lezioni frontali, cooperative learning, flipped clasroom, uso selle tecnologie, compreso il cellulare, film, laboratori, lavoro a coppie.

6. Anche le verifiche vanno diversificate (in italiano fare quasi tutte verifiche di grammatica e nessun tema, darà certamente risultati diversi dall’alternanza di queste tipologie, con comprensioni del testo, testi argomentativi, articoli, redazione di presentazioni…soprattutto se un alunno ha un Disturbo specifico dell’apprendimento).

7. La didattica inclusiva non deve riguardare solo alcune lezioni o attività, ma deve essere lo stile che caratterizza l’intero curricolo e riguardare le fasi di progettazione, programmazione, realizzazione e verifica.

8. Privilegiare il più possibile il lavoro svolto a scuola, studiare a scuola, aiutare gli alunni ad affrontare il testo, svolgere esercitazioni, laboratori ed esercizi in classe, per lasciare a casa il lavoro di consolidamento.

9. Tutto ciò può non essere sufficiente se tali metodologie non sono accompagnate dal lavoro in rete tra insegnati, dall’ascolto dei bisogni degli alunni, dalla promozione dell’autostima, da un rapporto costante con gli alunni, dal sostegno all’individuare il metodo di studio più adeguato, dal periodico punto della situazione con loro e le famiglie sui progressi e non solo sui fallimenti;

10. La conclusione è di ogni insegnante: la didattica inclusiva si realizza nel momento in cui il docente trasforma una risposta specialistica in ordinaria, quindi a vantaggio di tutta la classe (Dainese, 2012).

 

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Comoglio M. (2006), Prefazione all’edizione italiana di C.A.Tomlinson, Adempiere la promessa di una classe differenziata, Roma, LAS.

Dainese R. (2012). Pensare la didattica come pratica inclusiva. Riflessioni, ricerche, prospettive. Padova: CLEUP.

Le Boterf G. (1994), De la compétence. Essai sur un attracteur étrange, Paris, Editions d’Organisation.

Le Boterf G. (2000), Construire les compétences individuelles et collectives, Paris, Editions d’Organisation.

Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012.

Maccario D. (2012), A scuola di competenze. Verso un nuovo modello didattico, Torino, SEI.

Maccario D. (2006), Insegnare per competenze, Torino, SEI.

Pellerey M. (2004), Le competenze individuali e il Portfolio, Firenze, La Nuova Italia.

Tomlinson C.A.,  La promessa di adempiere a una classe differenziata, Las, Roma, 2006

 


[1] Estratto da Balzaretti N., Nunziati M. (2013) La scuola dell’inclusione: verso una comunità di dialogo centrata sulla persona. Il progetto Stare bene a scuola del CISS/T di Imola, pubblicazione on line;  www.specialmente.loescher.it

 

Category: Osservatorio Emilia Romagna, Scuola e Università

About Gabriella Covri: Gabriella Covri. Dopo la laurea in filosofia, conseguita a Bologna nel 1983 con una tesi su M.Foucault, si è trasferita a Parigi per seguirne lezioni presso il Collège de France. Qui ha conseguito il diploma di studi approfonditi in Storia delle società occidentali. Docente di Teoria della comunicazione e di Linguaggio filmico e radiotelevisivo presso la facoltà di Filosofia di Pola (Croazia), ha svolto ricerche in collaborazione con la Facoltà di pedagogia di Bologna sulla percezione dei media audiovisivi nel bambini bilingui. Si è occupata di didattica in contesti di bilinguismo, di teoria della differenza e di rapporto con la diversità, partecipando a diversi convegni internazionali. Ha poi insegnato presso la Washington University di St.Luois (Missouri), tenendo corsi di italiano, e corsi monografici su Machiavelli e Guicciardini. Di ruolo nella scuola italiana, ha scelto di lavorare negli istituti professionali per poter utilizzare al meglio le proprie competenze, data la composizione multietnica degli studenti di tali istituti. Come funzione strumentale per l’intercultura, ho organizzato e tenuto diversi corsi di formazione sul tema della didattica interculturale, in collaborazione con il CDLEI, con la Facoltà di Scienze della formazione di Bologna e con la rivista Educazione interculturale. Si è occupata dell’inserimento dei ragazzi stranieri al primo arrivo nella scuola italiana, organizzando piani di intervento che univano i corsi di italiano L2 con il lavoro dei mediatori linguistici e dei mediatori culturali. Ha stilato un protocollo di accoglienza ormai adottato in molte scuole. Attualmente si occupa di strategie didattiche inclusive e di flipped classroom. Una sua unità di apprendimento è appena stata pubblicata nel volume a cura di Cecchinato e Papa "Flipped classroom. Un nuovo modo di insegnare e apprendere" Utet edizioni.

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