Stefano Rodotà: Ed ora cancellare le leggi neoliberiste di Renzi

| 6 Dicembre 2016 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo questa intervista di Silvia Truzzi pubblicata su Il fatto quotidiano del 5 dicembre 2016 e ripresa dal Manifesto Bologna il 6 dicembre 2016

 

Venerdì, Stefano Rodotà si è alzato per intervenire alla festa del No organizzata dal Fatto a chiusura della campagna elettorale: è stato accolto da un interminabile applauso del pubblico che lo ha acclamato “Presidente”. Archiviato il risultato, gli abbiamo chiesto una lettura del voto, non solo per la nettissima prevalenza del No ma anche per l’alta affluenza.

 

D. Professore, il risultato è stato solo una sconfitta politica di Renzi o anche una risposta al minaccioso sottotesto, “o me o la Costituzione”?

“Che questa sia una sconfitta di Renzi è del tutto evidente: lo confermano le parole del presidente del Consiglio di domenica notte. La mia impressione è che l’oggetto del conflitto, alla fine, fosse impadronirsi della Costituzione sottraendola alla possibilità di continuare a essere luogo di principi e di confronto. E facendola diventare uno dei tanti strumenti di un’azione politica tutta rivolta alla chiusura. La Costituzione invece è diventata la strada per uscire da questa impasse: il che dimostra una diffusa consapevolezza culturale. Si sono confrontate diverse visioni: una certa cultura costituzionale contro una visione dei rapporti politici e istituzionali che alla Carta negava di essere ciò che invece è. Ovvero il patto che lega i cittadini e li rende una comunità.”

 

D. L’affluenza non ha permesso tentennamenti, anche per il risultato nettissimo.

“Perché ai cittadini interessava e molto! Il modo di presentare il Sì e il No è stato indicativo. Il no non è stato soltanto un rifiuto, ma anche un’indicazione di recupero della cultura costituzionale di cui parlavo poco fa.”

D.Negli ultimi anni lei si è occupato prevalentemente di diritti, in un momento di compressione dei diritti fondamentali (lavoro, tutele del lavoro, saluto, rappresentanza, sovranità): possiamo leggere il voto anche sotto questa lente?

“Certamente. Segnalo che l’anno prossimo avremo di nuovo prove su questo terreno perché la Cgil ha promosso tre referendum, tra cui quello contro l’abolizione dell’articolo 18. Oggi non finisce un percorso, tutt’altro. Bisogna fare di questo risultato un’analisi che possa guidare le azioni dei prossimi mesi. Torneremo al protagonismo dei cittadini che hanno dimostrato di voler esercitare le loro prerogative in proprio. Ponendo quindi il problema della delega e della rappresentanza: a queste domande bisognerà dare risposta. Non sarà semplice, ma questi problemi non sono più eludibili.”

 

D. La legge elettorale non era oggetto del referendum, ma ora bisognerà ripensarla tenendo presente il tema della rappresentanza.

“Qui dobbiamo sottolineare due cose: è stato imperdonabile fare una legge elettorale – su cui è stata messa la fiducia e che è entrata in vigore dopo più di un anno dalla sua approvazione – che valeva solo per la Camera, dando per scontato che i cittadini approvassero la riforma del Senato. Una classe dirigente deve avere visione e responsabilità: l’arroganza che sottende a questa mossa è inammissibile. Senza dire che, dopo la sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum, il compito primo del Parlamento era fare una legge elettorale almeno non incostituzionale. Il cuore di quella sentenza era proprio il tema della rappresentanza. Ora ci troviamo con una legge elettorale che vale per una sola Camera e sui cui c’è più di un sospetto di legittimità costituzionale. Questo sarà il passaggio cruciale: i cittadini hanno chiarito di non essere disposti a rinunciare alle loro prerogative e ai loro diritti.”

 

D. Lei ha parlato di una pericolosa tendenza alla democrazia di ratifica: il Parlamento tornerà al suo ruolo di rappresentante del popolo e di legislatore?

“Dovrà essere così. Ma è dirimente il modo con cui sarà eletto il nuovo Parlamento. Quale sarà la via attraverso cui i cittadini potranno selezionare i loro rappresentati? Bisogna che sia chiaro che non c’è più posto per trucchi da funamboli. I cittadini devono potersi fidare perché altrimenti questo rinnovato interesse per le decisioni comuni scemerà o prenderà altre direzioni se non altre derive. Negli ultimi anni – anzi: lustri – il Parlamento ha subìto il ricatto della fiducia su quasi tutti i provvedimenti dei governi, che hanno abusato della decretazione. Se pensiamo che il disegno della riforma era un rafforzamento del potere esecutivo a scapito del Parlamento, allora diciamo che la direzione indicata dagli elettori – non dai professori o professoroni – è un ritorno alla centralità del Parlamento. Un risultato per nulla ovvio: da tempo si dava per scontato il disinteresse dei cittadini verso la politica. Beh non è così.”

 

D. I cittadini non hanno creduto al terrorismo e alle profezie nefaste. E nemmeno al fatto che non ci fosse la famosa alternativa…

“I cittadini hanno creduto nella democrazia, questa è la verità. Tutte le affermazioni riconducibili all’après moi le déluge erano una negazione della democrazia. Che invece è per sua natura una vicenda aperta.”

 

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Category: Politica

About Stefano Rodotà: Stefano Rodotà. Nato nel 1933 a Cosenza da una famiglia originaria di San Benedetto Ullano, comune della minoranza arbëreshë di Calabria, discende da una famiglia che ha annoverato, fra il XVII e il XVIII secolo, intellettuali e religiosi. Ha frequentato il liceo classico Bernardino Telesio nella città natale e successivamente l'università La Sapienza a Roma, presso la quale si è laureato nel 1955 in giurisprudenza, discutendo una tesi con il docente Emilio Betti, allievo di Rosario Nicolò. È fratello dell'ingegnere Antonio Rodotà ed è il padre della giornalista Maria Laura Rodotà, editorialista del Corriere della Sera. Nel 2008 gli è stata conferita la cittadinanza onoraria dalla città di Rossano. Dopo essere stato iscritto al Partito Radicale di Mario Pannunzio, rifiuta nel 1976 e nel 1979 la candidatura nel Partito Radicale di Marco Pannella. È eletto deputato nel 1979 come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, diventando membro della Commissione Affari Costituzionali. Nel 1983 viene rieletto e diventa presidente del gruppo parlamentare della Sinistra Indipendente. Deputato per la terza volta nel 1987, viene confermato nella commissione Affari Costituzionali e fa parte della prima Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Nel 1989 è nominato Ministro della Giustizia nel governo ombra creato dal PCI di Achille Occhetto e successivamente, dopo il XX Congresso del partito comunista e la svolta della Bolognina, aderisce al Partito Democratico della Sinistra, del quale sarà il primo presidente del Consiglio nazionale, carica che ricoprirà fino al 1992. Nell'aprile del 1992 torna alla Camera dei Deputati tra le file del PDS, viene eletto vicepresidente e fa parte della nuova Commissione Bicamerale. Nel maggio del 1992 in qualità di vicepresidente della Camera sostituisce il presidente Oscar Luigi Scalfaro alla presidenza del Parlamento convocato in seduta comune per l'elezione del presidente della Repubblica: Scalfaro, che prevedeva l'elezione al Quirinale, aveva infatti preferito lasciare lo scranno della presidenza. Nel 1994, al termine della legislatura durata solo due anni, Rodotà decide però di non ricandidarsi, preferendo tornare all'insegnamento universitario.Nel 2007 partecipa ad una Commissione Ministeriale istituita al fine di dettare una nuova più moderna normativa del Codice Civile in materia di beni pubblici. Questa commissione voluta da Clemente Mastella e presieduta da Stefano Rodotà ha presentato in Senato un disegno di Legge Delega che però non è mai stato discusso. Dal 1983 al 1994 è stato membro dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa. Sempre in sede europea partecipa alla scrittura della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Dal 1997 al 2005 è stato il primo Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, mentre dal 1998 al 2002 ha presieduto il gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell'Unione europea. È stato inoltre componente del gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie e presidente della commissione scientifica dell'Agenzia europea dei diritti fondamentali. Rodotà è stato votato, ma non eletto, durante l'elezione del presidente della repubblica italiana del 2013. Sul suo nome sono andati a convergere i voti del Movimento 5 Stelle (che lo ha proposto dopo una votazione in rete tra i suoi iscritti), di Sinistra Ecologia Libertà e di alcuni esponenti del suo partito (Partito Democratico) che, alla fine, ha preferito altre figure facendo rieleggere il presidente uscente, Giorgio Napolitano. In seguito ad alcune critiche del giurista alla conduzione dirigenziale del Movimento 5 Stelle è stato definito da Beppe Grillo "ottuagenario miracolato dalla rete" Il 29 novembre 2010 ha presentato all'Internet Governance Forum una proposta per portare in Commissione Affari Costituzionali l'adozione dell'articolo 21bis, che recitava: "Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale". Nei confronti del mondo di internet Rodotà ha assunto posizioni di tipo libertario, implementando le sue idee sui media in diversi ambiti quali: Internet Governance Forum dell'Onu, all'Unesco, al Parlamento europeo. Ha insegnato nelle università di Macerata, Genova e Roma, dove è stato professore ordinario di diritto civile e dove gli è stato conferito il titolo di professore emerito. Ha insegnato in molte università europee, negli Stati Uniti d'America, in America Latina, Canada, Australia e India. È stato professore invitato presso l'All Souls College di Oxford e la Stanford School of Law. Ha insegnato presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università Paris 1 Panthéon-Sorbonne e ha collaborato con il Collège de France. Ha ricevuto la laurea honoris causa dall'Università Michel de Montaigne Bordeaux 3 e dall'Università degli Studi di Macerata. È presidente del consiglio d'amministrazione dell'International University College of Turin. Fa parte del comitato dei garanti del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino.Dal 2013 è titolare del corso di Bioetica presso la Scuola di Studi Superiori dell'Università di Torino.Ultime sue pubblicazioni: Elogio del moralismo, Roma-Bari, Laterza, 2011; Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, Laterza, 2012. La rivoluzione della dignità, Napoli, La scuola di Pitagora, 2013 È stato Presidente della Fondazione Lisli e Lelio Basso e dal 2008 dirige, in qualità di responsabile scientifico, il Festival del diritto di Piacenza. In campo editoriale ha diretto 'Il diritto dell'agricoltura' e dirige attualmente le riviste 'Politica del diritto' e 'Rivista critica del diritto privato'. Ha collaborato a diversi giornali e riviste, tra i quali Il Mondo, Nord e Sud, Il Giorno, Panorama, il manifesto, L'Unità. Collabora dalla fondazione con il quotidiano La Repubblica.

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