Aldo Garzia: Colombia, questa volta Saviano fa flop
Diffondiamo da Ytali dell’11 ottobre 2016
Con la consueta verve polemica, Roberto Saviano prende a pugni il recente accordo di pace tra governo colombiano e guerriglia delle Farc, per altro affossato dai colombiani con il solo 37 per cento di partecipanti al voto e la maggioranza di “no” nello specifico referendum. Invece che indagare su questo risultato a sorpresa, lo scrittore (la Repubblica 8 ottobre) dice la sua sulle Farc (hanno fatto finta di fare una guerriglia comunista, in verità erano solo narcotrafficanti), sul perché la trattativa è stata condotta a Cuba (L’Avana sarebbe la capitale occulta del commercio di droga verso gli Stati Uniti), sulla politica di Washington che avrebbe stretto d’assedio – soprattutto dalla presidenza di Bush junior in poi – il traffico di stupefacenti. Il sostegno di Saviano alla possibile pace è di conseguenza molto tiepido.
L’avvio dello scontro armato in Colombia è datato 1948, dopo l’assassinio di Jorge Eliécer Gaitán, candidato progressista alla presidenza (il “Bogotazo”). È in quel passaggio che le Farc muovono i primi passi. In tutti questi decenni non è stato possibile sconfiggere la guerriglia, nonostante stragi e terribile repressione. Chiedersi come mai sarebbe utile: forse qualche consenso lo aveva.
L’autore di “Gomorra” dimentica invece un altro passaggio clou del conflitto. Alla fine degli anni Novanta l’Unión Patriótica tentò la soluzione politica del conflitto: i suoi esponenti furono eliminati fisicamente (Bernardo Jaramillo, candidato alla presidenza, fu ucciso nell’aeroporto di Bogotà). L’ex presidente Alvaro Uribe, attualmente capofila nel “no” alla pace e probabile vincitore delle prossime elezioni, si caratterizzò per la spietata repressione e per la chiusura di ogni spiraglio di negoziato.
Spolverare la memoria non vuol dire che le Farc siano senza macchia, anzi: episodi neri di guerra ci sono stati da una parte e dall’altra. E non c’è dubbio che le Farc abbiano fatto del traffico di droga la fonte dei propri finanziamenti e abbiano usato in modo spietato i sequestri di persona (ciò spiega tra l’altro il “no” del voto delle campagne a differenza di quello delle città). Quando si aprono negoziati di disarmo e di pace, occorre sapere che va messa una metaforica pietra sul passato da ambedue le parti: gli esempi di Sudafrica e Irlanda fanno testo. Lo scrittore afferma poi di non credere alla buona volontà delle Farc (“possono avvelenare il dibattito democratico”) e preferisce non esprimersi su quella della controparte: la pace si sottoscrive tuttavia in due (il recente Premio Nobel al presidente colombiano Juan Manuel Santos è un incoraggiamento).
Quanto alle trattative iniziate quattro anni fa, Saviano dimentica i ruoli di garanzia svolti con Cuba da Ban Ki-moon (segretario dell’Onu), Norvegia, Cile, Venezuela. Il suo obiettivo è scagliarsi contro L’Avana, la cui mediazione è stata invece auspicata e ringraziata da Papa Francesco e dalla diplomazia vaticana. Nella foga di attaccare Cuba, Saviano dimentica di citare a favore della sua tesi un controverso episodio del 1989: il processo e la fucilazione del generale Arnaldo Ochoa accusato con alcuni collaboratori di trafficare con la droga in Angola e in America Latina. Dopo quella vicenda, però, Cuba ha sottoscritto molti accordi di cooperazione nella lotta alla droga con gli Stati Uniti. E va ricordato che sempre nel 1989 caddero nel vuoto i tentativi di provare che l’Avana avesse collaborato negli affari latino americani di droga con Manuel Noriega, il dittatore di Panama. Qual è la documentazione di supporto alle tesi di Saviano non è dato sapere, oltre al suo libro “ZeroZeroZero” del 2013.
Questa volta si ha proprio l’impressione che Saviano abbia fatto flop nella sua polemica. Colombia e America Latina sono un po’ diverse da Casal di Principe e Campania.
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