Docenti preoccupati Bologna: E’ necessario continuare a parlarsi

| 29 Gennaio 2013 | Comments (0)

 

 

 

11. Qualche giorno fa un gruppo di cinquantadue docenti dell’Alma Mater ha diffuso una lettera dai toni molto allarmisti, in cui si esprimeva viva preoccupazione per l’atteggiamento del collettivo studentesco Bartleby dopo che i locali di via San Petronio Vecchio erano stati sgomberati e murati dalla polizia. Forse molti colleghi, tra i quasi tremila nei ruoli dell’Ateneo (per non parlare dei professori a contratto, degli assegnisti, ecc.), sono rimasti stupiti nel leggere questa presa di posizione che i giornali presentavano implicitamente anche a loro nome, con un articolo determinativo che includeva in qualche modo tutti: «Bartleby, i docenti dell’Alma Mater: “Evocare la guerra non è cultura”».

La vicenda di Bartleby solleva alcune questioni cruciali in una città come Bologna: il rapporto tra università e territorio; le modalità di produzione e diffusione della cultura; la necessità di praticare forme di circolazione dei saperi in cui gli studenti non siano ricettacolo passivo ma possano sentirsi parte attiva, dentro l’Ateneo e dentro la città. È del tutto ovvio, quindi, che emergano valutazioni diverse ed è un bene che se ne discuta, anche appassionatamente. In un’università pluralista, animata da un’autentica dialettica democratica – quale il Rettore certamente auspica – dovrebbe essere normale poter dissentire, anche quando certe scelte siano sostenute dai vertici dell’Ateneo.

Il punto più rilevante della lettera è l’appello alla responsabilità, punto che chiama in causa noi tutti. Ma se vogliamo essere davvero docenti che «lavorano responsabilmente nell’Università e per l’Università», dobbiamo innanzitutto dialogare con gli studenti, ascoltare i loro bisogni, i loro desideri e anche la loro rabbia, tentare di progettare con loro un modello di sapere e un’idea di futuro. E quando diciamo studenti, intendiamo davvero tutti gli studenti, con una tenacia che appare sempre più utopica in un sistema universitario che sta facendo carta straccia dell’art. 34 della Costituzione.

Le parole sottoscritte dai cinquantadue colleghi potrebbero essere facilmente fraintese, alimentando, anche se involontariamente, logiche di contrapposizione e contribuendo ad esasperare le tensioni in un momento molto delicato. Ma è proprio quel senso di responsabilità che – ne siamo convinti – ci accomuna tutti, a richiedere ora più che mai una maggiore capacità di ascoltare, di tenere aperto il dialogo, di coinvolgere nuovamente l’amministrazione comunale per trovare una soluzione adeguata e condivisa che, senza ledere i diritti di nessuno, permetta di salvaguardare e di sviluppare lo straordinario patrimonio di elaborazione culturale accumulato in questi anni da Bartleby. Per fare questo i muri, reali o metaforici, non servono, così come non servono i diktat unilaterali e gli arroccamenti sulle reciproche posizioni, né i reparti di polizia.

È necessario continuare a parlarsi.

 

Bologna, 28 gennaio 2013

Category: Bartleby a Bologna

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