Serge Halimi: La ostile presa del potere di Trump prima parte

| 30 Aprile 2016 | Comments (0)

Diffondiamo da facciamosinistra.blogspot.it del 28 e 30 aprile 2016 le due parti con cui è stato diffuso ò’interbento do Serge Halimii “La ostile presa del potere di Trump”.


Prima parte

Molti Repubblicani devoti detestano il ‘cane sciolto’ che si sta appropriando della candidatura del partito nel tentativo di diventare presidente.

Sabato 27 febbraio a Mobile, Alabama, l’incontro del comitato esecutivo annuale del Partito Repubblicano dell’Alabama si è tenuto tre giorni prima delle primarie in altri stati del Sud. Vi hanno partecipato varie centinaia di rappresentanti locali, nella sala principale di un centro per convegni. Stranamente, c’era maggiore probabilità di incontrare un delegato nero invece che un sostenitore di Trump, in uno stato dove lui è molto popolare (come è dimostrato dalla sua sonora vittoria nelle successive primarie in Alabama) e i membri Repubblicani sono quasi del tutto bianchi [1].

Il nome di Trump non è stato citato sul podio, ma era nella mente delle persone, dato che un successo della sua campagna avrebbe effetto sul futuro del partito. Ogni elezione comprende un gruppo di candidati che suscitano antipatia (pochi dei colleghi di Trump al  Senato hanno un qualsiasi affetto per il texano Ted Cruz). Il fenomeno Trump è però molto diverso –  i testi di management lo chiamerebbero una presa ostile del potere. Molti Repubblicani, compresa la stragrande maggioranza dei rappresentanti del partito,  sospettano che la sua unica motivazione derivi dal suo sfrenato narcisismo e da istinti autoritari, e che sia meno interessato al “partito di Lincoln e di Reagan”  che alla sua catena di alberghi e al suo marchio di vodka. A Mobile, perciò, i membri del comitato Repubblicano hanno condotto una disperata esercitazione arbitraria: riaffermare le convinzioni dei fondamenti del partito per mezzo del voto elettronico, consapevoli allo stesso tempo che Trump potrebbe subito trasformarli in coriandoli.

Per fare al sistema elettronico una prova di collaudo, i 300 e più membri del comitato Repubblicano hanno votato elettronicamente per il loro film di guerra preferito. Patton (film americano del 1970 sul Generale Patto nella II Guerra mondiale, n.d.t.)  ha battuto Pearl Harbour a mani basse. Le scelte in offerta e il risultato hanno indicato che i membri del partito hanno il gusto delle grandi battaglie e amano vincere.

Quando hanno votato, il 76% ha chiesto che le primarie del 2020 in Alabama dovrebbero essere “chiuse” , cioè aperte soltanto agli elettori iscritti al GOP (il Grande Vecchio Partito, quello Repubblicano) al contrario delle primarie di quest’anno. Lo scopo era trasparente: rendere la vita più difficile per futuri cani sciolti come Trump che attrae elettori Democratici e indipendenti. E nel caso che il messaggio a Trump, proprietario di casinò non  fosse abbastanza chiaro, un’altra mozione  ha fatto obiezione a tutte le forme di nuovi  giochi  d’azzardo   in Alabama (una tribù indiana gestisce tre casinò in quello stato). Il resto dei voti è stato più prevedibile: condanne della “agenda distruttiva di Barack Obama e di Hillary Clinton”;  un promemoria che l’elezione presidenziale determinerà l’equilibrio politico della Corte Suprema; una nuova richiesta di limiti per il diritto all’aborto, e un rifiuto ripetuto del controllo delle armi.

All’ingresso della sala c’erano degli stand che pubblicizzavano i candidati che allora erano ancora ‘in corsa: Ted Cruz, Marco Rubio, John Kasich e Ben Carson – e dove si distribuivano distintivi  promozionali e volantini, ma non per Trump che sembrava avesse pochissimo supporto tra gli attivisti Repubblicani che già prevedevano il disastro nel caso che in novembre dovesse essere “stracciato”  e dopo, nel caso che venisse eletto.

Gli insulti di Trump ai musulmani erano lungi da ciò che eccitava di più i Repubblicani. Anche la mozione 2016-06 consigliava   che gli Stati Uniti rifiutino l’asilo a tutti  i “rifugiati che provengono da paesi che hanno legami con l’Islam radicale”. Un delegato ha parlato a sostegno di questo, dicendo che i Repubblicani hanno la sensazione che metà del mondo voglia venire negli Stati Uniti a uccidere gli americani. Questa sensazione, come l’imprecisione della mozione che la sostiene, attesta una conoscenza  incompleta   della politica internazionale: a un visitatore che veniva dalla Francia è stato chiesto, seriamente, se la maggioranza della popolazione francese era musulmana. La mozione è stata battuta, ma soltanto di pochissimo.

 

‘Guardatevi dai falsi profeti’

Durante la cena che è seguita (mediocre, malgrado costasse 150 dollari), due terzi del personale che serviva ai tavoli  erano neri, il 98% dei  commensali  era formato da  bianchi. Ogni candidato aveva inviato un emissario. Carson aveva mandato suo figlio. In un implicito attacco a Trump (anche se Carson meno di  due settimane dopo ha iniziato a sostenerlo), ha aperto il suo discorso con una citazione biblica: “Guardatevi dai falsi profeti.” Il portavoce di Cruz ha fatto altrettanto per mettere in risalto l’affidabilità ideologica di Cruz: “Li riconoscerete dai loro frutti.” Rubio, aveva mandato come delegato un pezzo grosso, Rick Santorum che è molto popolare tra gli evangelici; aveva vinto le primarie in Alabama nel 2012 quando era un  aspirante alla presidenza.   Un rappresentante locale apparentemente poco noto,  ha difeso Trump: “La cosa  migliore  di Trump è che  sta infiammando le masse.”

Infine, il piatto forte (pubblicizzato) è stata la  comparsa  di  Mark Geist, un ex agente della sicurezza in Libia,  trasformato in oratore di lusso del dopo cena, che parlò a lungo dell’attacco del 2012 al consolato degli Stati Uniti a Bengasi (2). La sua conclusione inequivocabile ha ottenuto l’approvazione di tutti: l’inettitudine dell’allora Segretario di stato, Hillary Clinton, era stata la colpevole della morte dell’ambasciatore John Stevens. Il tono della campagna era stato stabilito, e non da americani arrabbiati che sono vittime della precarietà del posto di lavoro, della disoccupazione e dei trasferimenti delle aziende. Quasi tutti i presenti si erano pagati da soli il viaggio, l’alloggio in albergo e la cena, cioè l’equivalente di varie settimane di paga di coloro che hanno il salario minimo locale (7,25 dollari all’ora), il più basso del paese.

L’avversione verso Obama e la Clinton, suscitata nei circoli Repubblicani, basteranno a superare la loro diffidenza nei riguardi di Trump? Non ci si scommetterebbe, dopo aver ascoltato Vaughn Poe, un amministratore di sicurezza informatica all’Università dell’Alabama e presidente di contea del partito in Alabama, che è nero. Crede che la popolarità del newyorchese, possa essere  attribuita  all’unione del potere della TV della realtà   con lo “estremismo” esistente nell’elettorato degli Stati Uniti. “Anche Adolf Hitler era molto popolare nella sua epoca. Come ha funzionato per lui? Se Trump sarà il candidato, come Repubblicano proverò imbarazzo. Non potrei fare questo [votare per lui] al mio paese. […] Ho un quoziente intellettivo  superiore a 50. Quando si ha un cervello, Trump non è una persona  che va considerata.” Ancora peggio: “Trump non è un Repubblicano, è un Democratico. I veri conservatori non si fanno prendere in giro da Donald Trump. E’ un tipo  che come lavoro fa accordi. Non mi sorprenderei se a metà settembre [quando i due partiti saranno in vista  delle elezioni di novembre] Trump decidesse di essere  il candidato a posizione di vice  di Hillary. Sarebbe troppo tardi per il GOP scegliere un altro candidato.

Il suggerimento di uno schema così bizzarro può sembrare sorprendente, ma molti Repubblicani, terrorizzati della traiettoria politica atipica di Trump, fanno subito  notare che Hillary Clinton era stata invitata al suo terzo matrimonio. Non è che quella

congettura sospettosa sia appannaggio    di irati delegati o attivisti locali  “messi su”  dal (canale televisivo)  Fox News, dai media sociali e dai teorici della cospirazione. Il 16 marzo, in Arizona, Ted Cruz ha accusato i media – “quasi tutti sostenitori “liberali” – di “cercare di fare tutto quello che possono per far diventare candidato Trump, perché sanno che è l’unico su tutto il pianeta che Hillary Clinton può battere nell’elezione generale.”

 

Le ombre di George Wallace

Barbara Priester fa parte del comitato esecutivo del partito in Alabama. E’ una gagliarda ottuagenaria e una Repubblicana devota in uno stato che dal 1874 al 2010 è stato governato dai Democratici ma i cui funzionari eletti in tutto lo stato sono ora tutti Repubblicani. La Priester ha fatto una campagna contro il governatore Democratico dell’Alabama, George Wallace (1919-1998), a cui spesso viene paragonato Trump. Le invettive di Wallace contro l’establishment e gli intellettuali , la sua retorica segregazionista e la sua violenta repressione del movimento per i diritti civili, hanno lasciato il loro segno sulla storia degli Stati Uniti.

Wallace che si candidò quattro volte alle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti, vinse in 4 stati nel 1968, compreso l’Alabama, con il 66% dei voti . Questo risultato è ancora più sorprendente perché concorreva contro dei ‘pesi massimi’: il Repubblicano Richard Nixon (che vinse) e il Vice Presidente Democratico Hubert Humfrey. I suoi comizi elettorali erano spesso turbolenti – come quelli di Trump. Di solito Wallace si scontrava con i disturbatori e diceva loro di andarsi a lavare e a farsi la barba. Quando era di umore migliore, si offriva di “scrivere il suo autografo sui loro sandali.”  Durante il suo terzo tentativo, nel 1972, un tentativo di assassinio lo costrinse a restare in sedia a rotelle per il resto della sua vita, ma non mise fine alla sua carriera: svolse in totale quattro mandati come governatore.  Secondo Ann Bennet, figlia di Barbara Priester e, come suo marito, anche attivista per il partito (entrambi furono delegati alla Convenzione Repubblicana a Tampa, nel 2012), la forza di Wallace era che dava voce al popolo (del Sud) sconfitto: “Questo spiega Trump. Obama ha fatto degli Stati Uniti un popolo sconfitto. Abbiamo perso l’Iraq, l’Afghanistan, e abbiamo  perduto terreno nei confronti  dell’ISIS. Come Wallace, Trump fa appello a coloro che si sentono sconfitti e che accetterebbero chiunque dica che noi contrattaccheremo.”

Un popolo sconfitto a causa di leadership debole, è un tema costante della campagna elettorale di Trump. Oltre al narcisismo dell’uomo di affari che lo spinge a voler vincere (uno dei verbi preferiti) ogni battaglia, e quindi a diventare presidente, il nazionalismo autoritario è la sua guida. Questo stato d’animo forse fa ora parte del lo spirito del tempo, ma Trump lo ha espresso oltre 25 anni fa in un’intervista a  Playboy [3], in cui attaccò i presidenti George H. W Bush e Mikhail Gorbaciov. Trump accusava Bush Sr di debolezza verso gli alleati degli Stati Uniti (specialmente Giappone, Germania e gli stati del Golfo) quando  riuscivano ad avere dei vantaggi senza pagare alcun prezzo, malgrado la loro ricchezza. Di Gorbaciov diceva: “Prevedo che sarà deposto perché ha dimostrato una debolezza straordinaria.” Nel 1990, parlando del secondo mandato di Reagan, e con un nuovo presidente Repubblicano alla Casa Bianca, Trump   reputava   che i leader mondiali “non hanno rispetto per noi […] ridono della nostra stupidità […] tutti ci calpestano”. Ora  è entrato nell’arena “per fare di nuovo grande l’America”  combattendo gli accordi di libero scambio e costruendo un muro fortificato al confine con il Messico. Nel frattempo, la Cina e il Messico, sono entrati nella lista dei paesi che Trump sostiene sfruttino l’ingenuità degli Stati Uniti.

In Wallace, la Priester trovò un demagogo che attribuiva la maggior parte dei problemi a una classe politica che proteggeva le minoranze, gli stranieri e i criminali. La Priester ricorda ancora con che perizia manipolava i media: criticava aspramente i giornalisti e si presentava come il solo oratore che parlava all’uomo della strada, abile  maledire e a difendere le sue idee a qualunque costo. Quindi non lei non si fida di Trump. E, come sua figlia e suo genero, legge regolarmente i sondaggi di opinione e così è in grado di guidare i suoi vicine e parrocchiani verso il candidato Repubblicano  che ha la migliore possibilità di batterlo. Tutti e tre ertano incerti tra Rubio e Cruz, ma hanno preferito Cruz. Invano [4].

 

Seconda parte

Il mondo sociale e culturale dei Bennett è molto lontano da quello di Trump. La famiglia di Ann Bennett possiede una vecchia piantagione di 800 ettari vicino alla piccola città universitaria di Auburn, famosa per la sua squadra di football americano. Suo marito gestisce la tenuta e organizza battute di caccia al cervo. La loro fede Battista orienta la loro esistenza e struttura molto del loro tempo. Secondo il loro punto di vista, la politica richiede competenza ed esperienza. Senza voler esprimere mancanza di rispetto, i Bennett difendono una limitata forma di governo Jeffersoniana, che rispetta scrupolosamente il decimo emendamento della costituzione degli Stati Uniti (5), il potere locale e le tradizioni rurali del Sud.

E ora vedono un miliardario divorziato due volte che si è lanciato verso la cima del loro partito; la sua vita privata è stata “appicicata” su tutti i giornali scandalistici, e, soltanto pochi anni fa, faceva lo spaccone nel ring della lotta libera (wrestling) a fianco delle modelle che indossavano vestiti attillati.
Sebbene non abbia mai avuto una carica elettiva, annuncia alla televisione che se dovesse diventare presidente, non avrebbe alcuno scrupolo di ordinare ai soldati americani di infrangere le leggi che li ostacolano, e contesterebbe vari accordi commerciali senza preoccuparsi dell’appoggio del Congresso. Ann Bennett ammette di essere triste e confusa: “Non possiamo fare nulla per fermarlo. E non siamo certo l’establishment, ma questa non è la prima volta che New York e il nordest ci travolgono.”
Suo marito, in precedenza amministratore delegato alla Eastman Kodak, esprime la sua preoccupazione per l’uso fatto da Trump della parola “regno” durante un dibattito, riferendosi alla presidenza di George W. Bush. A Bennett, che è appassionato di storia – specialmente della Guerra Civile – e della bandiera Sudista, non piace che il GOP si inchini ad Abramo Lincoln. Il lapsus di Trump fa sì che Bennett pensi fin troppo prontamente agli eserciti sudisti del Grande Emancipatore (Abramo Lincoln).

Come reagiscono i sostenitori di Trump del Sud circa questo mucchio di sospetti? Dianne Jay che abbiamo incontrato ad Auburn, ha sempre votato per il partito Repubblicano, come la sua famiglia. Porta nella sua borsetta una pistola Smith & Wesson 38 e non legge il giornale locale perché lo considera troppo di sinistra. E’ seccata dalla definizione di “arrabbiati” che si dà dei sostenitori di Trump. Crede che sia, piuttosto un movimento di Americani privati dei diritti civili, disimpegnati, che hanno perduto la fiducia nel sistema Repubblicano, nel sistema Democratico. Non ho mai avuto fiducia nel sistema Democratico perché i suoi membri sono corrotti. L’establishment Repubblicano sembra pensare che Trump somigli troppo a un operaio anche se è un miliardario. Però lo ha meritato. E’ una persona che agisce non una persona che chiacchiera . Il nostro establishment ha parlato, parlato, parlato.” I leader del partito hanno unito le loro forze per bloccare la strada a Trump, dice Dianne, e di conseguenza è saltato fuori un movimento di opposizione: “Come diceva Mike Huckabee – e a me piace molto il governatore Mike Huckabee – sono molto fortunati che questa ribellione contro l’establishment e il clientelismo nel GOP venga fatta con i voti invece che con le pallottole.”
‘Ci chiamano il paese che vediamo solo dall’aereo’ * (fly-over coutry)
“Voti e pallottole” ricorda un famoso discorso del 1964 dell’attivista nero Malcolm X. Anche se a Dianne Jay non piace la definizione, la sua animosità verso i Repubblicani al Congresso sembra rabbia. “Odio vedere che spaccano il partito in un momento in cui dobbiamo unirci contro Hillary Clinton. E credo che regalerebbero questa elezione a Hillary Clinton piuttosto che essere scoperti per quello che sono, che far vedere che cosa accade all’interno: il lobbismo, gli accordi […] quello che mi piace di Donald Trump è il fatto che si finanzi la sua campagna e che non abbia alcun interesse speciale. […] Il leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnel, prende oltre 1 milione di dollari all’anno. Paul Ryan, il presidente della Camera dei Rappresentanti, prende quasi 900.000 dollari all’anno. Hanno molto da perdere se qualcuno arriva e dice: Ok, taglieremo il superfluo.”

Anche se è ostile a Trump, il Signor Bennett ha sentimenti analoghi verso quella che chiama la banda di Wall Street: “Entrambi i partiti sono controllati da ricche culture che hanno un orientamento urbano. Ci chiamano il paese che si vede solo dall’aereo. Pensano che soltanto le loro leggi siano importanti. Nella crisi del 2008 avremmo dovuto lasciarla bruciare. Un sacco di corruzione sarebbe stata sradicata. Sarebbe stato difficile, ma avremmo dovuto farlo.”

Lunedi 29 febbraio, a Opelika, in una ex fabbrica di bottiglie, vicino ad Auburn, il Partito Repubblicano della contea ha tenuto il suo incontro e cena annuale. Il primo di questi eventi, nel 1994, aveva attirato soltanto 40 partecipanti; questa sera ce ne sono più di 300. Dopo il giuramento alla bandiera e una preghiera, il locale membro del Congresso, Mike Rogers, cerca di rispondere alle accuse di collusione e di corruzione fatte contro i suoi colleghi di Washington. I sostenitori di Trump e Cruz accusano i Repubblicani del Congresso, malgrado abbiano la maggioranza alla Camera, di non avere ribaltato nessuna delle più importanti decisioni del Presidente: la riforma sanitaria (Obamacare), l’accordo nucleare con l’Iran, la moratoria per l’espulsione di alcuni migranti – quando questo era quello per cui erano stati eletti. Sono stati così corrotti dal sistema che sono ora membri di quello che Cruz definisce “il Cartello di Washington”? Roger fa notare che è necessaria una maggioranza di due terzi per annullare un veto presidenziale, e raccomanda ai presenti di moderare la loro impazienza: “Nell’ultimo anno di quella amministrazione socialista, non riusciremo a concludere molto. Il nostro compito è di assicurare che non vengano fatte più delle brutte cose da parte dell’amministrazione socialista. […] Dateci un presidente Repubblicano e la primissima legge che metteremo sulla sua scrivania sarà una revoca dell’Obamacare. Poi la Doodd-Frank (la riforma di Wall Street voluta dall’amministrazione Obama, n.d.t.), e assicureremo che questa amministrazione socialista sia soltanto un brutto ricordo.
Come mai, in una zona con forte elettorato evangelico, Trump ha potuto vincere così facilmente? In passato, Dianne Jay ha appoggiato Huckabee, un ex pastore Battista e difensore dei tradizionali valori della famiglia. Ora Dianne sta tifando per un proprietario di casinò che bestemmia come un turco e parla della sua anatomia sessuale alla televisione. Non ha problemi a dare una spiegazione di quello che chiama i newyorchismi di Trump: “Donald Trump è favorevole alla vita, è contrario all’aborto, vuole la preghiera nelle scuole, le tradizioni che vuole ritornino. E ’il più tradizionalista che è in circolazione. E se lo guardate, vi accorgerete che rappresenta il sogno americano che si è realizzato. E la sua famiglia si è rivelata meravigliosa. OK, si è sposato tre volte. Reagan si era sposato più di una volta, ed era un attore e ha avuto delle relazioni extra coniugali. E se si cominciano a scagliare pietre, il Senato sarebbe davvero lapidato.”
Trump è stato capace di creare un legame solido e diretto con i suoi sostenitori:
900.000 di questi, compresa Dianne Jay, ora ricevono i suoi frequenti messaggi sui loro cellulari. Lungi dal preoccuparli, le critiche e le rivelazioni fatte da molti media, sembrano soltanto confermare il loro appoggio. “Ho fiducia in Trump,” dice Dianne Jay. “Non ci deve guadagnare niente. Abbiamo bisogno di un uomo d’affari. Ha una bella famiglia e 10 miliardi di dollari.”
‘L’immigrazione ha lanciato Trump’
La perdita dei posti di lavoro, le aziende che si trasferiscono all’estero, i salari bassi, l’identità religiosa del paese che sta cambiando, la percezione dell’incapacità dello stato federale di controllare i suoi confini, la paura del futuro: quasi tutto ci riporta all’immigrazione (6). “L’immigrazione è il problema che ha lanciato Donald Trump,” dice il Signor Bennett. “Nessuno voleva toccarlo. Lui ne ha parlato. Le scuole erano sovraccariche di immigrati. Non viene permesso di controllare la loro condizione. Non so se è una cosa pratica costruire il muro, dobbiamo rendere sicuro il confine. E Obama ha aperto il confine. La gente è stanca di questo problema e i due principali partiti non lo toccano perché temono che il voto degli Ispanici potrebbero essere il voto che decide il risultato dell’elezione presidenziale.

Molti timori convergono dietro il successo di Trump. Da pochi giorni in Alabama si sente parlare di cellule terroriste che si infiltrano negli Stati Uniti arrivando dal Messico dato che i tunnel sotto il confine sono usati per fare entrare tonnellate di droga; un esercito straniero che potrebbe fare appello a 12 milioni di migranti. Fin dall’elezione di Obama nel 2008 e dalla sua rielezione nel 2012, gli strateghi e i sondaggisti Repubblicani hanno ripetutamente messo in evidenza che questa fissazione è pericolosa per le prospettive del loro partito e che nessuno candidato può vincere senza una parte consistente del voto degli Ispanici.
Ann Coulter, una giornalista sobillatrice fissata con l’immigrazione, ha deplorato il fatto che l’attuale composizione demografica degli Stati Uniti, che è meno bianca di quando Jimmy Carter e Walter Mondale erano opposti a Reagan, Carter avrebbe vinto nel 1980 e Mondale 4 anni dopo. In ogni caso, la Coulter che sostiene Trump, dice di avere fiducia nelle sue possibilità. Tuttavia, sembra che Trump si rivolga ora a un settore ancora più piccolo dell’elettorato statunitense, in gran parte bianco e maschile. In novembre la Clinton potrebbe diventare la scelta predefinita delle minoranze etniche e di Wall Street, delle femministe e del libero scambio, della Goldman Sachs e dello status quo. Avrebbe una sola missione, un unico mandato: fermare Trump.
Se una tale coalizione dovesse vincere, non resterebbe unita a lungo, e non dovrebbe: la campagna di Bernie Sanders ha rivelato che questa intesa fa parte di un modello debole. Alcuni elementi importanti del linguaggio di Sanders che fustiga la corruzione del sistema politico statunitense, sono stati adottati da Trump e da Cruz.
Cruz reputa anche che “ I Repubblicani sono altrettanto cattivi. I Repubblicani, troppi di loro, sono strettamente associati con Wall Street e con gli interessi, e i lobbyisti e le grosse aziende che considerano tutti l’immigrazione illegale come lavoro a buon mercato. E quindi entrambi i partiti precari.” Riguardo ai trasferimenti delle compagnie commerciali, agli affari a livello internazionale e al libero commercio, non è sempre facile distinguere tra un sostenitore di Trump e uno di Sanders. Diana Jay è stata l’unica a fare spontaneamente riferimento a un breve video che è circolato ampiamente online e che l’ha fatta infuriare: su questo il capo di Carrier, un appaltatore di United Technology, dice ai suoi 1.400 impiegati di Indianapolis che la produzione si sta trasferendo in Messico (7) per continuare a essere competitiva e a proteggere l’azienda nel lungo termine.” Questa notizia è stata inserita nella campagna di Trump. E i lavoratori, compresi i membri dei sindacati, ascoltano quello che dice.
Sin dall’inizio di questa campagna, l’elettorato Repubblicano ha espresso preferenze esattamente opposte a quelle dei suoi ex-presidenti, della maggioranza dei suoi rappresentanti eletti, e dei finanziatori e consulenti del partito. Nessuno di questi rinuncerà facilmente a tutto quello che ha costituito la loro identità politica fin dagli anni di Reagan, e della quale hanno abbondantemente approfittato. La guerra civile repubblicana forse è soltanto appena cominciata.

 

NOTE
* l’espressione fly-over country indica le parti degli Stati Uniti che si trovano tra la costa est e la costa ovest, cioè alle parti interne che si sorvolano durante i viaggi intercontinentali e che anche degli americani non vedono mai da vicino (n.d.t.)
(1) Come la maggior parte degli stati nella zona. Vedere Benoît Bréville, “Why Georgia isn’t on Obama’s mind”, [Perché la Georgia non è nella mente di Obama], Le Monde diplomatique, English edition, ottobre 2012.
(2) Mitchell Zuckoff (e Mark Geist), 13 Hours: the Inside Account of What Really Happened in Benghazi [13 ore: il resoconto dall’interno di che cosa accadde realmente a Bengasi],Twelve Books, New York, 2014.
(3) Playboy, Chicago, marzo 1990.
(4) Il 1° Marzo 2016, Trump ha ottenuto il 43.4% nelle primarie in Alabama; Cruz, il 21.1%; Rubio, il 18.7%; Carson, il 10.2%.
(5) “I poteri non delegati agli Stati Uniti dalla Costituzione, né proibiti da essa agli stati, sono riservati rispettivamente, agli Stati o alla gente.”
(6) E’ stato a causa della sua posizione circa questo problema che il 28 febbraio il Senatore dell’ Alabama Jeff Sessions è diventato il primo membro del Senato degli Stati Uniti che ha dato il suo appoggio a Trump.
(7) “Carrier Air Conditioner (fa parte della United Technologies) ha trasferisce 1,400 posti di lavoro in Mexico”, YouTube.com, 11 febbraio 2016.
Fonte
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Le Monde Diplomatique
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

 

Category: Osservatorio Stati Uniti

About Serge Halimi: Nato a Tunisi nel 1955 figlio di Gisele Elise Taieb detta Gisèle Halimi dal nome del suo secondo sposo funzionario a Tunisi da cui a divorziato. Giséle Halimi è stata un avvocato femminista a favore del FLN . deputato socialista e fondatrice del gruppo ATTAC. Serge Halimi si è laureato a Berkeley in economia comparata e ha insegnato in Univeristà americane come quella di Santa Cruz. Ha collaborato a Charlie Hebdo, è stato uno dei membri più attivi di ATTAC e dal 2008 è diventato direttore de Le Monde diplomatique dopo Ignacio Ramonet. Tra i suoi libri tradotti in Italia "Il grande balzo all'indietro", Fazi Editore, 2006

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