Bruno Amoroso: Libertà, fraternità, uguaglianza. Quello che resta di due secoli di dominio europeo

| 29 Novembre 2015 | Comments (1)

 

 

Ormai è troppo tardi per salvare il salvabile. In realtà non c’è più nulla da salvare. Gli argomenti forti dell’Occidente fino a ieri erano che i vincitori hanno sempre ragione, e quindi è meglio stare dalla loro parte e ricavarne qualche dividendo, anche se a spese degli altri. Ragionamento pratico che si contrabbandava con argomenti culturali, sempre ben retribuiti o gratificati, come se gli orrori dell’Occidente fossero solo errori, che noi avremmo potuto correggere o se non altro ostacolare.

Ora l’incanto si è rotto, cioè non esiste più. L’Europa di Barcellona (1995) è tornata a essere ufficialmente quel coacervo di paesi militarmente e economicamente imperialisti, in concorrenza perenne tra loro, e le raffinatezze culturali non hanno più attrazione né tra i propri cittadini né tra gli altri. La guerra e la povertà che l’Europa ha esportato nel mondo da almeno due secoli gli sono tornate in casa e i suoi lamenti ipocriti e i suoi veri dolori non fanno più impressione a nessuno.

Semmai ci rendono un po’ più eguali agli altri che le stesse tragedie vivono da sempre. E la mano è sempre la stessa. Le armi sono occidentali – chi diceva che il progresso tecnico avrebbe portato più pace, eguaglianza e meno morti? – la rapina delle ricchezze e della vita delle persone continua indisturbata da parte delle nostre multinazionali e transnazionali. Del dividendo di cui abbiamo goduto un po’ tutti ora ci arriva il conto da pagare. A mandarcelo sono le nostre élite politiche ammaestrate come quelle degli altri paesi da noi colonizzati nei “Centri di Eccellenza” di Londra e Parigi.

La cultura europea e i suoi tecnici ne sono corresponsabili. Da quanti decenni si producono armi e crimini contro l’umanità senza che i nostri scienziati e tecnici denuncino ciò all’opinione pubblica, nascondendosi dietro al paravento dell’autonomia della Scienza? Abbiamo discusso per mesi sulla nocività dei missili con testate a uranio impoverito, sempre negata, senza che uno degli autori materiali di questa strage parlasse.  E le fabbriche della povertà, con i loro laboratori scientifici impegnati a creare OGM per espropriare quel po’ che resta di sostenibilità nei paesi poveri, e a elaborare strategie di impoverimento per conto della Triade sono intanto gestite dal fiore della ricerca europea e Occidentale. Questa è la solidarietà della “comunità scientifica”. E tutto ciò si chiama “Scienza” e viene legittimato dal baraccone dei Nobel che i vincitori danno a se stessi e a chi si allinea allo stesso corso.

Degli “intellettuali” in generale è bene non parlare, si irritano facilmente. Sono troppo impegnati a discutere del loro ruolo nella società, delle ragioni della loro inutilità e delle difficoltà di carriera per poterli disturbare con argomenti prosaici come la fame, le migrazioni e le guerre.

E le armi prodotte nelle nostre città e laboratori (Beretta, Finmeccanica, ecc.) da lavoratori “democratici” come si pongono con le sceneggiate delle marce per la pace e la solidarietà? Il tutto è servito ad alcuni di loro a fare carriera nel governo e negli affari. Si, è vero, non ci possiamo fare nulla, ripetono i nostri sindacalisti perché bloccare ciò significherebbe disoccupazione e povertà in Italia. Quindi, questa sciagura che esiste da oltre un secolo ha continuato a riprodursi oscurata dai convegni per la pace e per la piena occupazione. Nel frattempo si poteva sempre parlare di “sviluppo locale” e “energie pulite”. Ora siamo rimasti senza occupazione ma con le armi in mano per mandare i nostri giovani a combattere senza neanche sapere per cosa e per chi. Siamo così passati dalla generazione che doveva costruire il socialismo a quella che con le armi esporta il dominio coloniale e imperialista. Un bel salto di qualità dopo la “fine delle ideologie”.

Oggi, in Occidente, Cultura significa Ipocrisia, e Democrazia significa Collusione con il crimine. Ora è tempo di fare lo streap-tease del nostro umanesimo, con le sue insopportabili masturbazioni sull’Universalismo, i Diritti Umani, la Solidarietà, dopo che ha distrutto le basi materiali perché ciascuna di queste si realizzi.  D’altronde Sartre ci aveva avvisato tempo fa:

“Il nostro umanesimo che non era che un’ideologia bugiarda, la squisita giustificazione del saccheggio; le sue tenerezze e il suo preziosismo garantivano le nostre aggressioni. Bella figura, i non violenti. Né vittime né carnefici. Andiamo!” “L’Europa, satura di ricchezze, accordò de jure l’umanità a tutti i suoi abitanti: un uomo da noi vuol dire un complice giacché abbiamo approfittato tutti dello sfruttamento coloniale” (1961)

Ci sono momenti magici nella Storia dove il corso delle cose può cambiare e aprire la strada alla redenzione. Il nostro è stata la battaglia – con le armi in pugno – contro il nazismo e il fascismo che per primi sperimentarono in Europa i metodi di distruzione di massa in uso contro altri Stati e altri popoli. Da questa lezione della Storia nacque il Patto democratico e antifascista per la creazione del nuovo Stato repubblicano che poteva avviare per l’Italia e l’Europa una nuova fase di amicizia e solidarietà con altri popoli. Ma così non fu. Come spesso è accaduto la celebrazione dei suoi successi – la nuova Costituzione – coincise con la rottura dell’unità nazionale e l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico e la sua sottomissione alle politiche statunitensi. Ci si consolò affidandosi alla Carta stampata e alla retorica dei “diritti”, esaltati da un esercito di giuristi ma sempre più vuoti rispetto ai bisogni dei cittadini.

In pochi anni gli italiani tornarono ad allearsi con la Germania e le vecchie potenze coloniali e si misero al servizio delle nuove guerre coloniali in Asia e in tutto il “terzo mondo”. Furono i governi socialisti e socialdemocratici, con l’appoggio dei loro sindacati, a riprendere la tradizione coloniale e imperialista dell’Europa e a favorire l’affermarsi della Globalizzazione, cioè del nuovo piano di potere mondiale dei gruppi più retrivi della finanza e dell’industria militare statunitense. La sinistra, anche italiana, divenne parte di questo progetto di apartheid globale del cui successo paghiamo oggi le spese. L’Europa ne esce “fottuta” e noi con lei.

Ma ripercorriamo brevemente gli eventi dell’ultimo ventennio che ci hanno portato a questo abisso. Da almeno vent’anni era chiaro che il destino dell’Europa era legato a quello all’Africa e che l’unica via uscita per noi era quella di ricreare una possibile collaborazione con questo continente. L’Asia si stava staccando dal nostro dominio Occidentale e avviando su nuove strade e l’America Latina era ormai stufa del dominio statunitense e degli “utili idioti” europei.

Questa percezione trovò un momento felice con l’avvio del Processo di Barcellona nel 1995 che si proponeva di realizzare un “partenariato euro-mediterraneo” per la creazione di “un’area di benessere condiviso”. Un obiettivo di “co-sviluppo” inteso a creare le basi materiali e politiche per un nuovo dialogo, a partire dal riconoscimento degli assetti statuali dei singoli Stati arabi e affidando all’incontro tra le società civili la discussione sui valori, i diritti, ecc. Un timido risveglio europeo avvantaggiato anche dall’incertezza statunitense sulle sue politiche in quest’area mondiale. Poi tutto cambiò improvvisamente per i veti statunitensi tutti rivolti a riaffermare la centralità di Israele e a porre veti verso paesi arabi come la Libia.

L’UE invece di difendere le sue priorità politiche affermando il proprio ruolo su quest’area assistette passivamente al bombardamento di Tripoli ordinato da Reagan per uccidere Gaddafi (nonostante la diversa posizione del governo italiano di Craxi) e lo stesso avvenne in seguito con l’invasione dell’Irak, ecc. Uno dei pochi frutti positivi del Processo di Barcellona fu la nostra maggiore conoscenza sui problemi economici e sociali di quest’area e le previsioni abbastanza precise sull’imminente esplodere di processi migratori verso l’Europa. Tutti i moniti emessi in questo contesto furono accuratamente messi nel cassetto e ignorati (i soliti “gufi” si disse in Italia).

Nel 2003 l’UE ritirò il proprio impegno mediterraneo sostituendolo con le “politiche di vicinato” che corrispondono a un interesse di controllo politico militare con le aree circostanti, in linea con quanto gli Stati Uniti stavano facendo con le loro guerre. Il cambio alla presidenza degli Stati Uniti portò a una revisione della politica USA, più attenta ai problemi socio-economici dell’area mediterranea. Obama, consapevole del rischio sociale e demografico e dell’imminenza di una nuova rivolta araba nell’area mediterranea, decise di prenderne le redini. Il suo discorso all’università del Cairo nel giugno del 2009 è una promessa di appoggio al nascente ceto medio arabo e ai giovani perché rovescino i governi arabi, innestando così il processo di destabilizzazione della intera regione che ne ha fatto seguito. Resta da capire quali sono gli obiettivi di questa svolta.

Obama era a conoscenza della indisponibilità di Israele a accettare il crescente ruolo dell’Iran nella regione e dei piani militari di bombardare le sue centrali nucleari. Un’operazione che richiede il sorvolo aereo da Israele all’Iran senza rischi di segnalazione come avvenne nel caso di Gaddafi da parte dell’Italia. I due paesi a rischio erano l’Egitto governato di fratelli mussulmani e la Siria, dove la Russia possiede importanti apparecchiature di segnalazione. In Egitto si trattava di rimuovere il governo eletto con una rivolta di piazza in nome della “democrazia”, che ha sortito l’effetto di ridare il potere a una dittatura militare. Dopo di che la “primavera araba” va a riposo e molti dei suoi esponenti arrestati insieme ai fratelli mussulmani. La “primavera araba” si estende alla Tunisia e alla Libia con gli esiti “democratici” ormai noti.

Più complesso è il caso della Siria, uno dei governi più laici (insieme alla Libia) della regione e con forte base di consenso popolare all’interno. Per destabilizzare questo sistema politico si alimenta il conflitto tra Shiiti e Sunniti affidando agli “alleati” della regione questo compito. Il primo a metterci la faccia con dichiarazioni bellicose è il Khatar, che afferma che “userà tutti i mezzi necessari per la caduta del regime di Damasco”, con l’appoggio finanziario e militare dell’Arabia Saudita. Nasce l’Isis e si crea così un fronte anti-Siria che comprende i paesi del Golfo, appoggiati dalla Turchia e Israele tradizionalmente alleati.

L’appoggio dell’Europa a questa strategia statunitense è incondizionato, ma l’Europa non controlla più neanche se stessa. Migliaia di giovani europei vanno a combattere in Siria e con l’Isis per l’affermarsi del nuovo Stato, il Califatto, e a questo punto la fusione tra protesta sociale, religiosa e contro l’Occidente si saldano in modo incontrollabile. La destabilizzazione dell’area e i bombardamenti a catena dell’Occidente rafforzano in modo esponenziale i movimenti migratori verso l’Europa causa di nuovi conflitti anche tra gli Stati europei. La strategia della destabilizzazione propria della Globalizzazione raggiunge così il suo apice coinvolgendo anche l’Unione Europea come gli eventi degli ultimi giorni dimostrano. Il “suicidio dell’Europa” di cui parlava Pietro Barcellona si è realizzato.

A questo punto nessuno controlla più la dinamica delle forze sociali economiche e militari messe in campo, ciascuno cerca di trarne vantaggio o proteggersi dallo tsunami che ha generato e il circolo vizioso avviato è destinato a prolungarsi. I vincitori sono l’industria militare, le transnazionali che rapinano il continente africano e gli Stati Uniti che hanno consolidato il ruolo di gendarme in difesa dei valori occidentali. Resta irrisolto il problema di come indebolire l’asse Mosca-Teheran esiziale per poter affrontare la sfida maggiore per la Triade che è l’esistenza della Cina.

La storia continua…

 

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Category: Economia, Osservatorio Europa, Osservatorio internazionale

About Bruno Amoroso: Bruno Amoroso (1936) si è laureato in economia all'Università La Sapienza di Roma, sotto la guida di Federico Caffè. Negli anni dal 1970 al 1972 è stato ricercatore e docente all'Università di Copenhagen. Dal 1972 al 2007 ha insegnato all'Università di Roskilde, in Danimarca, dove ha ricoperto la cattedra Jean Monnet, presso la quale è professore emerito. Amoroso è docente all'International University di Hanoi, nel Vietnam. È stato visiting professor in vari atenei, tra cui l'Università della Calabria, la Sapienza di Roma, l'Atılım Üniversitesi di Ankara, l'Università di Bari. È presidente del Centro studi Federico Caffè dell'Università di Roskilde ed è condirettore della rivista italo-canadese Interculture. È membro del consiglio di amministrazione del FEMISE-Forum Euroméditerranéen des Instituts de Sciences Économiques, e coordinatore del comitato scientifico dell'italiana Fondazione per l'internazionalizzazione dell'impresa sociale (Italy). Fa parte, inoltre, del comitato scientifico FLARE Network (Freedom, Legality and Rights in Europe), la rete internazionale per la lotta alla criminalità e alla corruzione; è membro ed esperto di DIESIS (Bruxelles) organizzazione non profit dedicata allo sviluppo dell'economia sociale, nelle forme cooperative, di impresa sociale, e di impresa autogestita dai lavoratori, attraverso attività di supporto, consulenza e valutazione dei progetti. È decano della Facoltà di Mondiality, all'Università del Bene comune (Bruxelles-Roskilde-Roma), fondata da Riccardo Petrella; è membro del comitato scientifico del progetto WISE dell'Unione europea, ed è stato direttore del Progetto Mediterraneo promosso dal CNEL (1991–2001). Tra i suoi ultimi libri in italiano: Il "mezzogiorno" d'Europa. Il Sud Italia, la Germania dell'Est e la Polonia Orientale nel contesto europeo, (a cura di) (Diabasis, 2011); Euro in bilico (Castelvecchi, 2011); Per il bene comune. Dallo stato del benessere alla società del benessere (Diabasis, 2010); Il Mediterraneo: incontro di culture (con Mario Alcaro e Giuseppe Cacciatore), (Aracne, 2007); Persone e comunità. Gli attori del cambiamento, (con Sergio Gomez y Paloma) (Dedalo, 2007); La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffè (Città Aperta, 2004); Europa e Mediterraneo. Le sfide del futuro (Dedalo editore); L'apartheid globale. Globalizzazione, marginalizzazione economica, destabilizzazione politica (Edizioni Lavoro, 1999); Il pianeta unico. Processi di globalizzazione (con Noam Chomsky e Salvo Vaccaro) (Eleuthera, 1999).

Comments (1)

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  1. F ha detto:

    IL POTERE DEGLI USURAI GIOCA LA CARTA DEL TERRORE OSTENTANDO IL MARCHIO ISLAM, PER DIVIDERE E FAR ENTRARE IL TERRORE NELLE NOSTRE CASE E NELLE NOSTRE MENTI AL FINE DI TENERE BUONI I POPOLI EUROPEI MENTRE NE AZZERA I DIRITTI E LI TRAGHETTA NEL FEUDALESIMO

    ***Una massiccia somministrazione intimidatoria di terrore è in arrivo in Europa con attentati imprevedibili tramite il giocattolo criminale, di cui conosciamo la paternita’, che ha già operato la prima strage, con il puntuale assassinio di Charlie Hebdo, ed il secondo MASSACRO PARIGINO, che è servito A MODIFICARE LA COSTITUZIONE ed azzerare velocemente le libertà democratiche dei francesi.

    La casa produttrice ISIS, continua a confezionare TERRORE INTIMIDATORIO, in attrezzati studi televisivi, con video girati da registi professionisti, delle spettacolari e raccapriccianti esecuzioni che saranno proiettati durante il massacro dei diritti e la regressione verso il feudalesimo dei popoli europei.

    Sicuramente, gli irresponsabili e corrotti informatori nostrani, invece di indurre a coerenti ed obiettive analisi sul cui prodest, si scateneranno ad ingigantire il pericolo islamico creando crociate, pulsioni razzistiche, inducendo i culturalmente indifesi a patire una paura angosciante, per agevolare in pieno il gioco degli organizzatori e dei mandanti proprio come avvenuto nel rogo dell’ 11 settembre, il cui fine, è stato dimostrato, è stato solo quello di ottenere, bruciando vivi 3000 cittadini innocenti con aerei guidati da pilotI visibilmente marchiati ISLAM, la legittimazione, di fronte all’ opinione pubblica, per aggredire paesi islamici produttori di petrolio ed azzerare le libertà democratiche del popolo americano.

    Chi, se non noi tutti, CONSAPEVOLI ESPONENTI DELLO SCONFINATO POPOLO DI INTERNET, per il rispetto di noi stessi e per il rispetto dei nostri simili, siamo chiamati a porre fine a questa mattanza infinita, che è il teatro dell’ orrore organizzato meticolosamente dai malvagi usurai ?

    Dobbiamo unirci da subito e convergere insieme sull’ urgente obiettivo di contestare in tutti i luoghi l’ illecita cessione della nostra sovranita’ monetaria e l’ illimitato potere acquisito da coloro, che con la corruzione dei politici disonesti, hanno usurpato le sovranità degli Stati costituzionali e democratici acquisendo lo smisurato potere di vita o di morte sui popoli con la creazione dal nulla e la gestione discrezionale del denaro che non può e non deve essere gestito da mani private.

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