Cristina Biondi: 23 Nuovo dizionario delle parole italiane. Da “Situazione internazionale”a “Epidemia”

| 15 Febbraio 2020 | Comments (0)

 

 

SITUAZIONE INTERNAZIONALE

Gli amici dei nostri amici sono in linea di massima nostri amici. I nemici dei nostri amici sono quasi sempre nostri nemici, i nemici dei nostri nemici sono il più delle volte nostri amici. Gli amici degli amici dei nostri amici potrebbero essere in concorrenza con noi, i nemici dei nemici dei nostri nemici di solito sono un enigma, anche nel caso che siamo stati noi a complicare per primi le cose, intorbidando le acque, internazionali o meno (scrivo “noi”, ma sto pensando a “loro”: quelli che contano sullo scacchiere internazionale). Fanno quel cavolo che vogliono anche i nostri servizi segreti, le agenzie d’intelligence dei nostri amici e quelle dei nostri nemici. I ministri degli esteri si vestono con eleganza, si pettinano bene e cercano di dire solo cose improntate alla collaborazione e alla correttezza, idem i diplomatici, ultimi rappresentanti dell’aristocrazia internazionale. Tutti aspiriamo alla pace e se vogliamo la pace dobbiamo preparare la guerra (si vis pacem para bellum dicevano i romani, prima, molto prima che le parabellum fossero cartucce per armi da fuoco).

AGENCY

Gli antichi superavano l’adolescenza senza crisi, si sposavano quando dovevano sposarsi, senza fare tante storie (le donne ne facevano ancora meno), accettavano il destino o lo sfidavano a loro rischio e pericolo e se uccidevano qualcuno o se venivano uccisi ritenevano il fatto del tutto normale, quindi morivano giovani.

Gli uomini moderni invece si prendono tutto il tempo per avere dubbi, incertezze, ripensamenti e debolezze. Tendono a non agire: nella giovinezza (1968 e dintorni) hanno contestato, nella maturità hanno temporeggiato (mi sposo? non mi sposo? faccio figli o non li faccio?) e nella vecchiaia hanno protestato, senza decidersi mai a lasciare questo mondo. Per loro niente statue a cavallo, corone di alloro, commemorazioni (è presto per dirlo, ma ci scommetterei), encomi o biasimi. Oggi gli uomini prestanti non si preparano all’azione, i loro bei bicipiti servono a fare da sfondo a tatuaggi esotici e fantasiosi.

Agency è una parola inglese, impiegata dai teorici dell’approccio cognitivo, e pochi sanno come tradurla (in pratica). C’è chi la traduce agenticità, io però preferirei evitare il suicidio della lingua italiana, mi piace di più savoir faire che purtroppo in francese significa tutt’altra cosa.

In fatto di agency gli americani vanno forte, volano alto, ma quando succedono disastri non c’è modo di accedere alla loro scatola nera.

SUPERFLUO: PERCHÉ DIRE MAI

In bagno ho un pesce in ceramica, verde come le mattonelle, nella sua pancia va inserito un lumino, sul suo dorso c’è un incavo per il profumo, che, scaldato da un’esile fiammella, dovrebbe diffondersi nell’ambiente. Ovviamente non mi sono mai sognata di dotarmi di lumino e profumo e alla mia età inizio ad avere premonizioni su ciò che non succederà MAI. La mia biblioteca è disseminata a macchia di leopardo di libri che non leggerò mai e la sola idea di separare i già letti da quelli intonsi mi dà le vertigini. In dispensa ho due barattoli di latte di cocco che non userò mai, e al pensiero: “possono ancora servirmi, non sono nemmeno scaduti” mi viene la nausea. Osservo le case degli amici, la miriade di oggetti che condividono con il mio pesce verde, la difficoltà a giustificare la loro esistenza, la loro presenza e la loro collocazione. Il mio sguardo li interroga e loro non rispondono, permanendo in un’opacità polverosa. La mia migliore amica ha messo in cantina un’intera collezione di fazzoletti nuziali francesi che, incorniciati in oro, guarnivano la sua stanza, avendo la certezza che i suoi figli in futuro non attribuiranno loro nessun valore, né materiale (e qui si sbaglieranno), né affettivo. Ci sono parole della lingua italiana che nessuno pronuncerà più, non abbiamo conservato le nostre lettere d’amore (in effetti non le abbiamo mai scritte) e non abbiamo più nemmeno la speranza di trovare in solaio la corrispondenza tra la nonna e il suo amante segreto. Non abbiamo fatto MAI qualcosa che oggi valga la pena di essere ricordato e questa consapevolezza ci dà la misura di quanto siamo stati fortunati.

MASCHILISMO MILITANTE, SUBDOLO E STRISCIANTE

Le mamme della mia generazione si rifiutavano di comprare armi giocattolo, sgridavano i bimbetti che strapazzavano le bambine, ma poi dovevano andare a lavorare e lasciavano la loro roccaforte totalmente sguarnita. Non avevano nulla da obiettare sulle tartarughe, soprattutto se erano di peluche o di plastica, non conoscevano la storia del Giappone, né hanno ritenuto necessario documentarsi quando sono sbarcati a casa loro manipoli di tartarughe ninja, verdi come extraterrestri e improbabili come compagne di gioco quanto un tirannosaurus rex.

Nemmeno quando i figli adolescenti hanno iniziato a manifestare atteggiamenti delinquenziali hanno dato il giusto peso al potenziale diseducativo insito nelle famigerate testuggini.

Certo una tartaruga affiliata alla mafia, alla ‘ndrangheta o alla Corona Unita non sarebbe mai stata accettata nella gerla di Babbo Natale, mentre le tartarughe ninja, controfigure di uomini crudeli e infidi quanto gli agenti della CIA, che si sono mossi nell’ombra perpetrando i più nefandi delitti, venivano ritenute innocue quanto le Caretta Caretta. I ninja erano più pericolosi dei samurai, dei ronin, dei judoka, dei karateka (e anche degli aikidoka, dei kendoka, dei budoka e dei laidoka). Perché allora i paladini dell’aggressività maschile non hanno fabbricato anche tartarughe appartenenti all’Orda D’oro o all’Orda Blu, cosicché i bambini potessero immedesimarsi nei nipotini di Gengis Khan, decapitando tutte le Barbie delle loro sorelline?

MASCHILISMO MILITANTE: LE NUOVE GENERAZIONI

A quattro anni è meglio non far trapelare di avere una gran fifa del dentista, la sala d’attesa è surriscaldata, mia nipote è madida di sudore e rossa come un peperone. Le siede vicino un bimbetto, evidentemente ignaro di ciò che l’aspetta nell’immediato futuro.

“Io ho la pittòla”. Lei sospira, degnando di uno sguardo una Beretta col tappino rosso inserito nella canna, impugnata a due mani, e alza un sopracciglio: “Ah si!”.

Ha l’aria infelice di un’aristocratica che la rivoluzione abbia costretto a mescolarsi col volgo e sia incerta se mettersi in salvo concedendosi a qualche ingenuo ammiratore o se sia più consono alla sua dignità salire sulla ghigliottina. Il dentista le farà un po’ male, ma lei sopravviverà, diventerà adulta e inizierà a combattere, disarmata e gentile, la buona battaglia.

IL REALE E DINTORNI

Lasciamo perdere le elucubrazioni dei filosofi sulla realtà. Lasciamo perdere quindi definizioni, disquisizioni, sottigliezze e teorizzazioni per accettare un dato di fatto: la realtà fa paura, non per nulla i bimbetti sperano sempre che le trame delle favole e dei i film di fantascienza non corrispondano a verità. Il reale e il concreto si tengono a braccetto e per essere passabilmente felici bisognerebbe porre al centro della propria vita il bricolage, che vi permette di prendere in mano le cose senza che essere si rivoltino contro di voi. La passione per il virtuale, per le saghe, le leggende, le frottole e le bugie ben raccontate è l’alternativa all’amore per il bricolage, ma io non vi consiglio di coltivarla, tanto meno oggi, che mi trovo in una casa che, per misteriose ragioni, non permette di accedere a internet. Forse fuggirò da questo sperduto paese, forse ci verrò ad abitare: dipende da quanto riuscirò a convincermi di poter fare a meno di navigare in rete, dedicando il mio tempo alla cucina, all’uncinetto, al ricamo, al giardinaggio, al decoupage ecc… ecc… ( chi non è pensionato è tenuto a fare i conti tanto con la realtà quanto con il collegamento internet, che per chi lavora è assolutamente necessario)

DOMUS AUREA

La mia casa è perfetta: contiene molti oggetti, non troppi da quando ho eliminato parecchie cose. Tra duemila anni la trasporteranno pezzo per pezzo in un posto come i British Museum o il Pergamon Museum.

Io preferirei Berlino, dove ho visto la porta di Ishtar, anche se la mia abitazione assomiglia più alle domus di Pompei e, da quando ho percepito la sua vocazione museale, sto molto attenta a non indulgere nel kitsch, come facevo quando gestire i miei spazi era una faccenda del tutto privata.

Poi ho capito che la nostra epoca segna la fine di una civiltà, la nostra, e spero rimangano a testimoniarla almeno gli scritti di Cacciari, le lezioni di storia di Canfora e di tanti altri intellettuali degni di venir ricordati. Nella mia casa al momento non funziona la connessione internet e a materie come il vetro, il cristallo e la seta vengono ancora dedicati sguardi attenti e amorevoli. I vasi e le porcellane sono custodite con cura, le superfici di legno non sono deturpate dai segni circolari lasciati dai mug appoggiati senza piattino a lato dei computer o dalle bruciature delle sigarette, dimenticate accese da chi, incurante delle lacrimae rerum, ha avuto occhi solo per lo schermo (della tv, del cellulare, del tablet o di quello che volete voi). Sono consapevole che dopo di noi verrà il diluvio, sotto la veste di un mare di plastica che già avanza inesorabilmente.

E POVERO ANCHE IL CAVALLO

Se andrete a Palermo incontrerete il trionfo della Morte. Lei cavalca un cavallo mezzo scheletrito, scheletro Lei stessa, e il suo dinamismo è la negazione di qualsiasi resurrezione della carne: per aggirarsi tra gli umani basta una buona impalcatura, leggera e macabra. Quando l’ho ammirata ho capito perché mi sono sottoposta con gran soddisfazione alla densitometria ossea (normale: garantirà una permanenza post mortem alla struttura più solida della quale Madre Natura mi abbia dotato).

In Guernica il cavallo non è lanciato al galoppo, non è più il destriero di cavalieri in armi o della Signora con la falce, è un’icona della sorpresa e del dolore.

Nelle guerre moderne niente più animali, i cannoni non s’impantano più (non c’è fango nei deserti) e se dovesse succedere non saranno i muli a tirarli fuori. Dalla sabbia emergono tutt’al più le vertebre dei dinosauri; i guerrieri in battaglia vengono dematerializzati, evaporano, spariscono del tutto, mentre i soldati meglio equipaggiati, praticamente immortali, protetti da gusci e da barriere, uccidono trovandosi a un’infinita distanza dai loro avversari. I droni non hanno scheletro e, se fanno stragi, non saranno loro a risponderne in sede di Giudizio Universale.

INFEDELTÀ

La Nemesi concede agli uomini di conoscersi molto meglio di quanto non faccia il pentimento o il ravvedimento. Siete un fedifrago incallito, uno sciupafemmine, ma coltivate anche i buoni sentimenti e la paternità vi induce a una scelta radicale, contro natura: diventate fedeli. È solo da quel momento che dovrete fare i conti con il demone dell’infedeltà: vostra moglie percepirà con grande chiarezza i vostra veri, intimi desideri e vi tormenterà con la sua gelosia retrospettiva (giustificata) e con sospetti che al presente sono infondati. Il lupo perde il pelo ma non il vizio e voi, tosati come pecorelle a primavera, non vi capaciterete dell’impossibilità di rinnegare la vostra più sincera vocazione, tanto più percepita dagli altri, quanto meno le darete quello spazio che una spensierata giovinezza le ha concesso per anni e anni. Diventando innocenti avrete perso la vera innocenza, quella del lupo feroce e felice.

EPIDEMIA

La notizia è che secondo l’OMS l’epidemia in corso è peggio del terrorismo. Nulla meglio degli organismi internazionali, mondiali o meno, ci informa di quanto la nostra mentalità tenda a tenere insieme il lupo, la capra e i cavoli, per non mettere in salvo nessuno dei tre. Se non diamo la priorità al lupo, o al terrorista che ne ha preso il posto, dobbiamo introdurre nella catena alimentare il virus che può far fuori il lupo, la capra e forse anche il cavolo. Salta il presupposto che l’uomo sia il peggior nemico di se stesso, che i nostri conflitti, il nostro inquinamento, disboscamento e riscaldamento stiano distruggendo il pianeta. È impensabile che, come nei film di fantascienza, il pianeta, o il cosmo, agisca secondo un progetto intelligente e distrugga noi. Che piovano meteoriti giganti, che la luna scappi dalla sua orbita, che il Vesuvio si decida a non aver nessun riguardo per ciò che gli sta intorno, che qualche minuscola particella autoreplicante renda inservibili i nostri polmoni. Il terrorista ha ambizioni limitate in confronto all’avanzata di esseri a metà strada tra gli organismi viventi e la pura materia. Siamo polvere e polvere ritorneremo per processi di degradazione, il guaio è che non tutti gli agenti che s’incaricano di purificare il mondo hanno la pazienza di aspettare che noi si giunga all’estrema vecchiaia.

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