Agnese Cossa: Il welfare secondo la riforma Fornero

| 20 Gennaio 2013 | Comments (0)

 

Dal primo gennaio 2013 sono entrati in vigore i nuovi ammortizzatori sociali previsti dalla riforma del lavoro approvata a luglio. La rivoluzione gattopardesca che cambia il sostegno al reddito nel nome di un’universalità dei diritti  che non c’è.

E’ un’accezione positiva quella solitamente si affianca al termine riforma. Un cambiamento che si pone come obiettivo il miglioramento rispetto al precedente assetto, sia esso in campo politico, sociale, economico. Questo dunque è stato anche il fine che l’attuale governo si è posto, quando è stato chiamato ad intervenire su uno dei nodi centrali che caratterizzano la crisi italiana. Ovvero il lavoro, la sua estrema precarizzazione e la dilagante disoccupazione.  Così il 18 luglio 2012, in risposta all’esigenza del paese di ripartire da ciò su cui si fonda la Repubblica Italiana e rispondendo alle indicazioni europee, è entrata in vigore, la riforma Fornero, quel pacchetto normativo che avrebbe dovuto dare al mercato del lavoro italiano gli strumenti atti a ridargli respiro. All’interno di questa riforma sono contenute anche le modifiche che riguardano gli ammortizzatori sociali, entrate in vigore dal primo gennaio 2013. Quelle misure che vanno a identificare il welfare legato al lavoro e che definiscono le modalità di sostegno al reddito per coloro che abbiano perduto involontariamente l’occupazione.

Due sono le importanti novità introdotte e si chiamano Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI) e Mini ASpI, ovvero quelle prestazioni che sostituiranno a tutti gli effetti, entro la fine del periodo transitorio previsto fino al 31 dicembre 2015, le attuali prestazioni di disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti normali; disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti ridotti; disoccupazione speciale edile; mobilità.

L’ ASpI, che sostituisce la vecchia indennità di disoccupazione ordinaria, non apporta cambiamenti significativi rispetto alla precedente normativa. Possono usufruirne i lavoratori dipendenti, come per la precedente indennità di disoccupazione, ai quali però si aggiungono tre nuove categorie di lavoratori (apprendisti, soci di cooperativa e artisti). Restano gli stessi anche i requisiti ovvero essere disoccupati, aver versato almeno 52 settimane di contribuzione contro la disoccupazione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione e avere due anni di anzianità di assicurazione contributiva. A regime, cioè dal  gennaio 2016 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere da tale data, l’ASpI spetterà ai lavoratori con meno di cinquantacinque anni, per un periodo massimo di dodici mesi, mentre, per i lavoratori di età pari o superiore ai cinquantacinque anni, la prestazione sarà erogata per un periodo massimo di diciotto mesi. Mentre, durante il  periodo transitorio, è previsto un graduale aumento della durata della prestazione, collegata all’età anagrafica del lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Radicale è invece il cambiamento che introduce la Mini ASpI, misura idealmente destinata, insieme all’indennità Una Tantum prevista per i collaboratori a progetto, ai precari, che andrà a sostituire l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti ridotti (o stagionale). Lo scenario per i lavoratori che non hanno  maturato i requisiti per il sussidio pieno prevede che alla nuova prestazione si applichi la stessa disciplina dell’indennità di disoccupazione ASpI e pertanto spetterà a coloro i quali possano far valere lo status di disoccupato, contrariamente a quanto avveniva precedentemente. Aumentano i requisiti contributivi richiesti, quindi, non più un minimo di 78 giornate lavorative calcolate sull’anno solare, bensì almeno 13 settimane di contribuzione da attività lavorativa negli ultimi 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione e coprirà un periodo ridotto, pari alla metà delle settimane effettivamente lavorate. Se, come segnalano anche i sindacati, in termini economici, la nuova Mini Aspi sarà peggiorativa rispetto al precedente sussidio di disoccupazione stagionale, può considerarsi come positiva l’eliminazione, tra i requisiti richiesti, dell’obbligo dell’anzianità contributiva biennale.

Una delle profonde contraddizioni della legge 92 del 2012, particolarmente significativa e è quella riconducibile alla fase di passaggio dall’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti alla Mini Aspi, alla quale l’Inps ha messo chiarezza con la circolare pubblicata verso la fine del mese di dicembre. Infatti l’applicazione delle nuove norme in data primo gennaio non teneva conto delle migliaia di lavoratori che avevano perso il lavoro durante il 2012 e non avevano i requisiti per richiedere l’indennità di disoccupazione ordinaria.

Per sopperire al vuoto legislativo che si è creato intorno alla possibilità di richiedere la Mini Aspi anche per i lavoratori stagionali del 2012 l’Inps interviene predisponendo la possibilità di richiedere la “Mini ASpI 2012”. Pertanto, coloro i quali abbiano maturato nel 2012 i requisiti previsti per la vecchia disoccupazione con requisiti ridotti, potranno, indipendentemente dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, esclusivamente per via telematica, tra il primo gennaio e il 2 aprile 2013 e indipendentemente dallo stato di inoccupazione del lavoratore richiedente, richiedere tale sussidio pur avendo  superato i 60 giorni dal termine del rapporto di lavoro, che sarà comunque calcolato in base alle misure previste per la Mini Aspi.

Un provvedimento che si è reso dovuto per garantire a migliaia di lavoratori la corresponsione del sussidio anche per l’anno in corso, nonostante si preveda, con l’applicazione dei nuovi parametri, un calo consistente per ciascun assegno di disoccupazione stagionale. Queste dunque alcune delle novità introdotte dalla riforma Fornero dopo mesi di concertazioni, trattative e tavoli, che apporteranno un significativo cambiamento agli ammortizzatori sociali, così come li abbiamo conosciuti fino ad ora.

Resta però  da indagare quale reale obiettivo si sia posto Elsa Fornero ridisegnando in questo modo il sostegno al reddito. Così concepiti gli ammortizzatori sociali vanno verso il traguardo del restringimento dei diritti sociali e delineano l’idea che il problema del precariato sia di fatto un problema transitorio, escludendo, tra l’altro,  da questo sistema i lavoratori atipici, come le finte partite IVA. E così, mentre nel nome di una certa Europa, abbiamo accettato una riforma che nella sostanza non restituisce al lavoro la sua dignità, ma al contrario segna una linea netta tra chi ha un lavoro e chi un lavoro non lo ha, nell’altra Europa, quella che ci indica quali politiche possono essere messe in campo a livello sociale per favorire occupazione, mobilità ed estensione dei diritti, tutti gli Stati, ad eccezione di Grecia e Italia garantiscono ai loro cittadini, per diritto e non in base alla contribuzione lavorativa, il reddito minimo garantito, un diritto che riguarda tutti i cittadini  e attraverso il quale non si garantisce solo la dimensione economica della sopravvivenza, ma si interviene sull’esclusione sociale segnando una possibilità concreta di uscita da un mercato del lavoro che costringe allo sfruttamento lecito dei saperi, delle conoscenze e delle competenze.

 

Agnese Cossa è esperta dei servizi” informazione e orientamento” per il lavoro. Collabora con diverse associazioni ed organizzazioni nazionali che si occupano di tutela dei diritti in ambito lavorativo.

 

Category: Welfare e Salute

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