Loris Campetti: Tragedie non elaborate che tornano. Torino, la Juve e l’Heysel
Ci sono momenti che un cronista non potrà mai dimenticare. La mente seleziona i ricordi, gli occhi le immagini. Ancora oggi mi capita di svegliarmi di notte sudato dopo aver rivissuto una volta ancora la notte della Diaz nel 21 luglio 2001, quel maledetto elicottero con i fari puntati su un mattatoio sudamericano, quelle decine di barelle con i corpi pestati di ragazzi e ragazze, quei muri della scuola imbrattati dal sangue di una generazione che credeva, come Carlo Giuliani ucciso il giorno prima dal carabiniere Placanica, che un altro mondo fosse possibile.
C’è un’altra notte che non potrò mai dimenticare, quella del 29 maggio 1985 nelle strade e nelle piazze di Torino: una grande festa per la conquista juventina della coppa dei campioni contro i reds del Liverpool, un ballo collettivo sui corpi di 39 tifosi morti all’Heysel chi per asfissia, chi con il torace sfondato, tutti travolti nella calca dopo il crollo di un muretto di supporto sotto la pressione dei tifosi inglesi [vedi foto]. Un balletto satanico, quello in piazza San Carlo a Torino, iniziato però nello stadio di Bruxelles con i calciatori bianconeri che facevano il giro di campo alzando una coppa piena di sangue.
La partita, sospesa per un’ora e mezza con i giocatori chiusi negli spogliatoi, era ripresa su ordine della Uefa e della prefettura e con la complicità delle due società che si contendevano il trofeo dopo la strage sugli spalti. The show must go on, e lo spettacolo è continuato per tutta la notte a Torino con cori festosi e caroselli mentre scorrevano fiumi di birra e di vino in via Roma, piazza Castello, piazza Solferino, piazza Vittorio, quando ormai ognuno sapeva che quella coppa con le orecchie non era piena di champagne ma di sangue mentre le pance dei tifosi juventini erano piene di birra. Ma quel che contava era che Platini aveva punito i reds.
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