Marina Amaduzzi: L’Università di Bologna non è trasparente

| 9 Maggio 2014 | Comments (1)

 

 

Maurizio Matteuzzi ci ha segnalato questo articolo di Marina Amaduzzi pubblicato su Il Corriere della sera, cronaca Bologna dell’8 maggio 2014 con un suo breve commento. Le foto sono relative ai canali  sotterranei di Bologna in cui Loriano Machiavelli ha ambientato una delle avventure del suo Sarti Antonio.

 


1. Marina Amaduzzi: Una domanda all’Università

Il Corriere Bologna 8 maggio 2014

 

È così scabroso chiedere conto all’Università di Bologna di quel che decide? In quanto amministrazione pubblica, l’Università è tenuta al rispetto di una serie di norme sulla trasparenza e la pubblicità dei suoi atti. Norme che l’Ateneo più antico dell’Occidente ottempera. A modo suo. Ovvero con 98 pagine di pdf, sul portale d’Ateneo, nell’area amministrazione trasparente, con i titoli dei decreti approvati e dei dirigenti di riferimento. Con il curriculum, l’ultima dichiarazione dei redditi, nonché le spese per viaggi e missioni del rettore. Così come con il curriculum e i redditi percepiti dal direttore generale e dai dirigenti. Proprio come prevede la legge. Nulla si sa invece del dibattito e di come si forma la volontà politica dentro gli organi accademici, sia in Senato che in Consiglio d’amministrazione. Nulla trapela.

Gli organi si riuniscono una volta al mese, e in questo Bologna segue la direzione di altri atenei. A Bologna però gli organi non sono tenuti a redicontare la loro attività all’esterno. A differenza ad esempio di un altro grande ateneo, come Padova, che sul suo sito mette tutti i verbali di Senato accademico e Consiglio d’amministrazione, nonché un resoconto sintetico delle deliberazioni assunte dai due organi. Un sogno, per Bologna. Se ne sono lamentati, a più riprese, gli stessi professori dell’Alma Mater, in particolare quelli che hanno responsabilità specifiche, come i direttori di dipartimento ma anche i presidenti delle scuole, che hanno la sfortuna di non sedere direttamente negli organi. «Si va per conoscenze ed amicizie», è la voce ricorrente nei corridoi dell’Alma Mater. Ma anche chi siede negli organi lamenta di avere sempre tardi l’ordine del giorno e soprattutto le pratiche che saranno esaminate, non potendo così preparare eventuali critiche o approfondimenti dei temi affrontati. L’Università statale di Milano invece fornisce un resoconto delle principali decisioni. Alla Statale di Torino le sedute di Cda e Senato accademico sono addirittura in diretta streaming (per la comunità accademica, studenti compresi). Perché a Bologna non è possibile? Non c’è una sorta di obbligo anche nei confronti della propria comunità?

Nei rapporti con l’esterno la situazione è analoga. Dai rappresentanti della più grande impresa pubblica della regione si fatica a ottenere un’intervista su temi che non siano in qualche modo autoreferenziali. Alcune vicende di potenziale interesse pubblico, come può essere stata quella della Fondazione Alma Mater, restano oscure, perfino a chi ci lavora dentro. Nessuno che senta l’obbligo (politico, non giuridico) di spiegare le decisioni che vengono prese, proprio a cominciare dalle più scomode. Tra qualche mese in Ateneo comincerà una nuova campagna per eleggere, nel 2015, il nuovo rettore, per rinnovare i direttori di dipartimento e i presidenti di Scuole e per individuare un nuovo Senato e un nuovo Consiglio d’amministrazione. Un’occasione importante per porre il tema della trasparenza, non solo formale, al centro del dibattito.

 


 

2. Maurizio Matteuzzi: Perchè volete indurci a pensare male?

Siamo giunti al paradosso: a lamentarsi della poca trasparenza del nostro bolognese antichissimo ateneo, non sono i soliti peones, i docenti preoccupati (dilettanti allo sbaraglio, ci definì qualcuno), ma addirittura il Corriere della sera (vedi articolo sopra riprodotto). Viene il dubbio di avere toccato il fondo.

La gestione verticistica, da società segreta, del nostro Ateneo salta agli occhi perfino alla stampa più “neutrale”. Che le sedute del SA e del CdA di Torino siano addirittura date in streaming, mentre di UniBo quasi nulla si sappia induce pensieri inquietanti. Ma se la moglie di Cesare non solo non deve peccare, ma deve essere un libro aperto, che cosa c’è scritto nei libri nostrani? Perché volete indurci a pensare male?

Cosa vostra è; benissimo, è questo l’andazzo. Aspetteremo proni le vostre illuminate decisioni. Poi magari ne sapremo qualcosa dai giornali, con cui la cupola parla più volentieri che con i colleghi. Cari ottimati, tenetevi i vostri segreti; di Pulcinella, ovviamente, perché, come si sa, poi tutto viene a galla, in un mondo ristretto e ciarliero come il nostro. Non ci fate certo una bella figura.

La gestione verticistica, berlusconiana, tipica di una legge come la 240/10 Gelmini, ha trovato in Bologna il più fido alleato. Che tristezza.

 

 

Category: Scuola e Università

About Maurizio Matteuzzi: Maurizio Matteuzzi (1947) insegna Filosofia del linguaggio (Teoria e sistemi dell'Intelligenza Artificiale) e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: L'occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second'ordine? (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), Why Artificial Intelligence is not a science (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia. È tra i promotori del gruppo «Docenti Preoccupati» e della raccolta firme per abrogare la riforma Gelmini.

Comments (1)

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  1. Roberto Soldati ha detto:

    Concordo in pieno. Anche io sono vittima della mancanza di trasparenza: e` da 2 mesi che sto richiedendo i rendiconti spesa dei fondi pubblici RFO di cui faccio parte
    e non riesco ad averli da coordinatore del fondo, dirigente amministrativo e direttore del dipartimento di fisica e astronomia. Menano il can per l’aia, invocano argomenti di privacy e dati sensibili che, ovviamente, non c’entrano nulla, cercano di farla passare come un problema personale tra il coordinatore e il sottoscritto, che non esiste, mentre e` una questione di trasparenza e correttezza. Nasce forte il sospetto che ci sia sotto qualcosa di illecito, trattasi di 40.000 Euro in 2 anni, 2011 e 2012.
    Roberto Soldati, prof. ass. FIS02

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