Giorgio Tassinari: Il referendum sulla scuola dell’infanzia del 26 maggio

| 30 Giugno 2013 | Comments (1)

 

 

Questa è una storia che inizia molto tempo fa, dal 1948 almeno. Il 1948 è l’anno in cui facciamo iniziare la nostra narrazione per due motivi: è l’anno in cui viene promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana ed è anche l’anno in cui si riunisce per la prima volta la Società del Mont Pelerin, fondata da von Hayek, che pose le basi della riscossa capitalistica di Reagan e della Thatcher. E’ importante soffermarsi su questo passaggio, perché nel pensiero di von Hayek, in caso di conflitto tra democrazia e mercato, è il mercato che deve prevalere.

Ed è questa la vicenda che stiamo attraversando qui ed ora. Hans Kelsen scrisse che per fare una buona costituzione si deve dare una  delle seguenti condizioni: o aver perso una guerra o aver vinto una rivoluzione. Nell’Italia del dopoguerra queste si diedero simultaneamente: l’Italia fascista e monarchica aveva perso  la Seconda Guerra Mondiale e l’Italia partigiana aveva vinto la rivoluzione della Resistenza. Per questa la Costituzione italiana è buona al quadrato. Ma i costituenti vollero anche che il popolo fosse armato, e l’arma che forgiarono fu la partecipazione. Questo punto di vista fu compiutamente sviluppato da Calamandrei, che precorse le analisi critiche della democrazia intesa come puro meccanismo elettorale dalle dirigenze di partito:

è necessario che tutti i componenti del popolo siano messi in condizione di sapersi servire dello strumento elettorale. Vera democrazia non si ha dove, pur essendo diritto di tutti i cittadini ugualmente elettori ed eleggibili, di fatto solo alcune categorie di essi dispongono dell’istruzione necessaria per essere elementi consapevoli ed attivi nella lotta politica.”

La formazione del cittadino è una delle pietre angolari della Repubblica. Per questo la Costituzione dedica ben due articoli alla scuola e all’università (artt. 33 e 34) e la scuola è il principale strumento con cui la Costituzione promuove l’attuazione dell’art.3.

Le vicende politiche ed economiche dell’ultimo ventennio hanno messo in evidenza un’aggressione determinata ed incisiva all’assetto costituzionale, condotta con respiro strategico e grande capacità di manovra dalle forze conservatrici. La scuola e l’università, proprio perché organi costituzionali, sono stati uno dei principali obiettivi di questa offensiva (vedi l’azione del governo Berlusconi-quater, del ministro Gelmini e del governo Monti).

In questo quadro si inseriscono negli ultimi mesi due elementi nuovi, di segno progressivo e dimostrano una nuova capacità di azione strategica a largo raggio del fronte repubblicano, tra di loro connessi ed interrelati. Chiamamoli la vicenda di Napoli e  la vicenda di Bologna.

Entrambe sono ben note. Cominciamo da Napoli. Nell’agosto del 2012 il Comune di Napoli assunse ben 156 maestre di scuola  dell’infanzia a tempo determinato e 102 maestre di nido dell’infanzia contravvenendo al patto di stabilità. La Procura della Corte dei Conti della Campania ha archiviato il procedimento avviato in seguito. Nel testo della richiesta di archiviazione vengono citate numerose sentenze, una per tutte quella delle sezioni riunite della Corte dei Conti, in cui si afferma che la legge 122/2010 (che introduce per gli Enti Locali il vincolo di spesa per le assunzioni di personale) non deve essere applicata per le situazioni di somma urgenza e di svolgimento di servizi infungibili ed essenziali.

Quindi, e la vicenda di Napoli lo dimostra in modo palmare, lo scambio tra esigenze di bilancio e diritti costituzionali on può e non deve essere effettuato. E quanto è avvenuto a Napoli ci dice che il patto di stabilità e tutte le altre misure che costituiscono la vergine di Norimberga con cui la destra vuole soffocare vuole soffocare la libertà repubblicana e costituzionale può essere spezzato. Certo il Comune di Napoli è retto da un sindaco (De Magistris) che ha sempre contestato il patto di stabilità. Altra situazione è quella del comune di Bologna, il cui sindaco milita in un partito che ha aderito completamente alla linea dell’austerità e che ha votato il pareggio di bilancio in costituzione.

E questo ci introduce alla complessa vicenda del referendum di Bologna sul finanziamento delle scuole dell’infanzia paritarie private. La cronaca è nota, ma conviene ricordarla brevemente per inquadrarne più compiutamente il significato. Il Comune di Bologna, già vent’anni fa, aprì la strada al finanziamento delle scuole private stipulando una convenzione con la Federazione Italiana Scuole Materne (FISM), un’articolazione della organica della Chiesa di Roma. L’operazione fu compiuta dal Sindaco Vitali, che realizzò anche la privatizzazione delle farmacie comunali. E’ di un certo interesse ricordare che il sindaco Vitali, durante un convegno sulla politica scolastica del Comune, difese la sua politica rivendicando che la sua Giunta “aveva dovuto confrontarsi con la modernità”. Già, la modernità, che gli eredi del PCI , confusi dal crollo del muro di Berlino e dalla vittoria di Berlusconi, interpretarono in chiave liberista anziché socialdemocratica. Vitali fu poi travolto dalle proteste della base del partito e non venne ricandidato.

Questo lungo excursus per far presente che la politica dell’attuale sindaco Merola è in piena continuità con quella di allora. L’accettazione della disciplina fiscale e di bilancio (foedus sceleris con il capitale finanziario), il patto con la destra cattolica nel bloccare lo sviluppo dei diritti civili, l’incapacità di uscire dalla gabbia tecnocratica che lo stesso PD ha contribuito a costruire (la legge Bassanini), ne costituiscono i tratti fondamentali. Ma come ha felicemente scritto Girolamo De Michele “non puoi servire Dio e Mammona”.  O stai dalla parte della Costituzione o sei contro la Costituzione. Se pensi che tutti i bambini abbiano diritto alla scuola pubblica non devi finanziare la scuola privata.

L’esito del referendum di Bologna è di una chiarezza lapalissiana: 51.000 cittadini hanno detto di essere favorevoli all’abolizione dei finanziamenti alle scuole private; 35.000 si sono espressi per il loro mantenimento, nonostante il colossale kombinat politico-economico che si mobilitato in favore delle scuole private (PD, PDL, Lega, UDC, Montiani, CEI, Curia di Bologna, CISL, Lega delle Cooperative, Confindustria, CNA, Associazione Commercianti, FISM, AGESC, e dimentichiamo sicuramente qualche organizzazione). Ma questa sconfitta delle forze reazionarie non trova una motivazione se non si analizza il voto nel dettaglio. E allora si scopre che la percentuale più elevata dei voti per l’abolizione dei finanziamenti si ritrova nelle zone più povere delle città. Un voto di classe, dunque. La cittadinanza ha capito perfettamente che senza scuole pubbliche siamo tutti più poveri.

Tutto ciò dimostra in maniera forte e chiara che la questione dei diritti costituzionali e della scuola sta al centro della politica non solo locale. Dimostra anche che la combinazione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa costituisce via possibile e feconda per uscire dalla crisi della politica.

Nel suo intervento alla manifestazione della FIOM del 18 maggio, un’esponente del Comitato Articolo 33, Stefania Ghedini, concluse dicendo “Votate A come libertA’”. E la libertà i cittadini bolognesi hanno scelto, vincendo il referendum del 26 maggio. La libertà di Zanardi, di Dozza, di Tarozzi e di Adriana Lodi, i padri e le madri delle scuole comunali bolognesi. Ed anche la libertà di Don Milani e  di Dossetti, i cui eredi culturali e politici si schierati a sostegno del Comitato Referendario.

 

Intervento al Convegno su “I Beni Pubblici nella Costituzione. Attualità e prospettive” organizzato dall’Associazione MarxXXI, Bologna, 15 giugno 2013.

 

 

 

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Category: Scuola e Università

About Giorgio Tassinari: Giorgio Tassinari (1957) è professore ordinario di Statistica economica nell'Università di Bologna. È stato direttore del Dipartimento di Scienze statistiche "Paolo Fortunati" della stessa Università e membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Statistica. Attualmente è editor del journal "Statistica". Oltre che autore di numerosi articoli su riviste nazionali ed internazionali, ha pubblicato monografie per Il Mulino e per IL Sole-24Ore. È componente della segreteria del Comitato Bolognese Scuola e Costituzione e del Comitato Direttivo provinciale della FLC-CGIL di Bologna

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