Alberto Cini: Il concetto di “pneuma” e il linguaggio del respiro

| 20 Febbraio 2024 | Comments (0)

 

 

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IL CONCETTO DI “PNEUMA” E IL LINGUAGGIO DEL RESPIRO.

Sfondo educativo pedagogico dell’esistenza

IN AMBITO PEDAGOGICO ED EDUCATIVO SI VALORIZZA IL LUOGO SPAZIO-RELAZIONALE DOVE SI INCONTRANO ED INTERAGISCONO LE PERSONE, NON COME UN SEMPLICE CONTENITORE VUOTO, BENSI’ COME SPECIALE VACUITA’ CON FUNZIONE INTEGRATIVA DELLA PRESENZA OLISTICA DEGLI INDIVIDUI. LUOGO DOVE LE DIFFERENZE SI COMPRENDONO IN UNA UNICA DINAMICA FUNZIONALE ALLO SVILUPPO E REALIZZAZIONE DELLE DELLE PARTI.

QUESTO CONCETTO E’ DETTO APPUNTO “SFONDO INTEGRATORE”.

Possiamo considerare a livello fisiologico, a livello psicologico e simbolico, il respiro come movimento e azione unificante dello spazio.Non solo l’unificazione di psiche e corpo, anche di azione e percezione, e ancora più astrattamente di senso e simbolizzazione. L’atto respiratorio dentro a questo “contenitore” di fondo unifica tutti questi piani.

Quello spazio carico di atti respiratori che tentano più o meno di sincronizzarsi diviene, appunto, “sfondo integratore” archetipico delle forme di esistenza e della loro evoluzione fisiologica e simbolica in termini ecologici.

Lo “sfondo integratore” è nato per concepire il contesto educativo come coevoluzione di storie, quindi di identità diverse: come danza delle differenze. Dice Paolo Zanelli, in Autonomia e complessità (1989):

lo “sfondo integratore” è un concetto pedagogico ed educativo ben poco conosciuto, complesso nel suo dettaglio metodologico e un termine tecnico per addetti ai lavori nel campo della didattica e dell’azione pedagogica. Il temine però è facilmente intuibile e ha una ricaduta generalizzabile anche in tutti gli ambiti sociali. In fondo non è altro che la possibilità di concepire ed organizzare uno spazio (corpo respiro mente) dove tutti possano crescere insieme, integrandosi attraverso le rispettive differenze e similitudini.

La parola pneuma, invece, è un termine molto diffuso, sia nei suoi significati linguistici di ogni cultura, sia come ci è propriamente arrivato dalla cultura greca. Termine che caratterizza parole di uso quotidiano, che vanno dai pneumatici dell’auto al pneumologo dell’ospedale.

Dall’enciclopedia Treccani viene definito in questo modo:

Nella terminologia filosofica greca, il principio vitale cosciente di ogni organismo (lat.spiritus). Per lo stoicismo p. è l’anima, o soffio (πνεῦμα) vitale; nel greco della κοινή e degli scrittori cristiani spesso indica la parte più alta dell’anima: onde la tricotomia πνεῦμα, ψυχή e σῶμα, che porta alla distinzione, caratteristica soprattutto del linguaggio cristiano e gnostico, tra ‘uomo pneumatico’, ‘uomo psichico’ e ‘uomo ilico’ (o ‘materiale’).

Pneuma ha sempre simbolizzato la possibilità di concepire lo “spirito” umano. Spirito come soffio vitale, spazio interiore ed esteriore che si contrappone alla materia grossolana, visibile, tangibile. Questo spazio che contiene la vita e la può muovere, direzionare attraverso quel soffio che nella fisiologia filosofica veniva chiamata appunto “respiro”.

Non sto ad addentrarmi nelle vastissime significazioni etimologiche di questo concetto, che proprio per la sua espansione culturale porterebbe a lunghi elenchi storico linguistici di interpretazione. Ma nella storia dell’essere umano, il respiro e lo spazio in cui esso abita ha costituito l’aspetto archetipico dell’esistenza, soprattutto il mistero di un vuoto mobile e vitale che non è solo una porzione del tutto ma la sua qualità intrinseca. Qualità che tutto contiene e contemporaneamente alberga anche in ogni cosa.

Per questo quando respiriamo in modo consapevole e ci inoltriamo in una meditazione profonda del respiro, l’ascolto sensibile ci rivela qualcosa di nuovo, dove gli aspetti percettivi del Sé cambiano. Siamo noi come umani che respiriamo o ci sentiamo lentamente respirati dall’ambiente?, da un ambiente sempre più vasto che ci avvolge.Quale volontà personale muove il respiro, come si crea questa volontà in noi stessi?

Quando respiriamo, quale spazio andiamo a riempire? Lo spazio biologico dei nostri organi, le molecole che si diffondono in ogni cellula, il movimento di questo fluido che ci muove da dentro. Nello yoga si parla di “venti”, vento discendente, vento ascendente, vento pervasivo, vento che genera calore, vento unificante. È vento, è pneuma, tutto ciò che non si vede eppure si muove, eppure c’è.

I tratti culturali antropologici nella loro diversità sono spesso sovrapponibili, che si tratti di costrutti scientifici dialogici del modello culturale contemporaneo o di simbolismi analogici appartenenti alle culture sviluppatesi del passato. Sostanzialmente si rispettano gli stessi schemi generali. Si differenziano prevalentemente sulla tecnica di intervento specifica e sulla modalità operativa, sui livelli di densità e di astrazione dell’azione di tipo salutistico o medica si hanno molte più consonanze che dissonanze.

Resta il fatto che questo “elemento” di mobilità, respiro, spirito, forza vitale, non solo ci mantiene in vita, ma vive e si muove dentro un ambiente che, a seconda di dove poniamo i confini, ha la capacità di essere contenitore e contenuto contemporaneamente. L’inquietudine del nostro stupore nasce nel notare la qualità intelligente (se possiamo dire così) di questo vuoto accogliente (sfondo integratore). Vuoto saggio che è in grado, nel suo essere contenitore, (proprio come lo sfondo integratore della pedagogia istituzionale), di operare in modo che tutte le forme di entità singole in movimento interagiscano e si sincronizzino in un modello organico e completo, che procede all’infinito.

Quando Socrate sosteneva il “Sapere di non sapere” a mio avviso non ne faceva solo un’osservazione di limite conoscitivo, bensì di un “Oltre limite sapienziale” dove il non sapere non significa “non esperire”. Tutti noi viviamo quotidianamente un’infinità di dinamiche bio-psico-sociali, siamo costantemente immersi nell’apparente inconsapevolezza, ma sarà comunque una “inconsapevolezza” cognitiva, forse rappresentativa, che non può essere una inconsapevolezza esperienziale. Il “so di non sapere” esiste, e di questo “non sapere” faccio esperienza.

Come il respiro naturale che può divenire a tratti respiro consapevole, posso sentirlo, posso dimenticarlo, posso conoscerlo, gestirlo, o spesso è lui che mi gestisce, dipende. È comunque una dimensione esperienziale, e il sapere dell’esperienza non è il sapere della mente, della cognizione.La mancanza di consapevolezza non sarà una mancanza di memoria e un’assenza di percezione. Molti saperi sono depositati in noi, il sapere del corpo, dei nostri centri energetici, della nostra postura sentimentale; nelle emozioni dialoganti, siamo contenitori di un sapere vivente, che spesso non possediamo ma ci possiede, ed il respiro può essere il suo mediatore, l’anfitrione unificante che diviene pneuma.

Il respiro e lo spazio che lo contiene può essere un’esperienza locale, focalizzata (nel corpo fisico ad esempio) o un’esperienza diffusa (sensazione psichica). Sento l’ambiente, gli odori, la puzza, i profumi, introduco in me l’ambiente esterno a me. Respiro il mondo.

Da dove viene ciò che introduco nei miei alveoli? Fino alle mie cellule… dall’aria, ma dove finisce l’aria? Fino al cielo? E il cielo viene influenzato dal cosmo? Allora respiro anche il cosmo? Respiro l’aria degli alberi, le sostanze generate dalla strada, respiro il senso degli ambienti, delle persone; attraverso l’odore il respiro diviene percezione e messaggio.

Non ne sono sempre consapevole ma ne sono sicuramente influenzato. E se ci sono conflitti sociali, tecnologici, ambientali, sicuramente li sento dentro di me, basta ascoltare. Passare dal respiro istintuale a quello consapevole. Dal pneuma archetipico inconsapevole a quello sensibile consapevole, da quello soggettivo a quello collettivo, e fare di questa esperienza, linguaggio e simbolo.

Perché il respiro ci parla se ne decodifichiamo il linguaggio. La forma di energia che mette in contatto l’esterno con l’interno di noi, e viceversa, necessita, in questo “ritmo binario”, della codificazione di un linguaggio, di “inspirazione” ed “espirazione”.

Un linguaggio primario che se riusciamo ad apprendere e gestire, ci permetterà di cambiare molti aspetti della nostra vita, addirittura la sua durata, la longevità, la salute, il pensiero, il benessere personale e sociale.

Ogni battito cardiaco, come ci insegnano gli studi sulla coerenza cardiaca, è diverso dall’altro, il precedente dal successivo, in qualche impercettibile unità di tempo si fonde la differenza ritmica che crea quella tolleranza che permette una sincronizzazione della macchina biologica e le permette un adattamento ottimale al mondo e alla vita.

Ma questo battito del cuore parla un alfabeto, che a sua volta è in dialogo con quello del respiro, quindi possiamo dire che non c’è battito cardiaco che il respiro non voglia. Non c’è palpito che il respiro non avvolga. Questi ritmi si espandono come un alito di tamburo nell’aria, una vibrazione che riempie lo spazio. Si genera attraverso il respiro una sincronizzazione dei ritmi corporei, sincronizzazione che si espande dal corpo del singolo ai corpi del gruppo, alle persone che ci sono vicine a quelle lontane, e automaticamente tutto va in estensione, come fossimo un grande polmone in attesa della contrazione espiratoria. Quella contrazione fatale, che dona all’ambiente quel soffio prezioso che abbiamo custodito per un po’ di tempo nel nostro corpo. Nulla si ferma.

L’esperienza della consapevolezza del respiro e i suoi aspetti culturali divengono metafore pedagogiche della relazione armonica del rapporto con gli altri e con l’ambiente.

La cultura umana si manifesta nel respiro, quando riesce a portare una funzione fisiologica di pura sopravvivenza ad una azione di comunicazione evolutiva e simbolica, per giungere infine ad un aumento del valore esistenziale non solo degli esseri ma anche dell’intero ambiente che li circonda.Fondamentalmente questo pneuma integratore delle interdipendenze simbolico respiratorie vive di vita propria. Il respiro diviene la pagina di un alfabeto fisio-simbolico che narra nel suo “dialogo pneumatico” il rapporto tra l’individuo e se stesso, e tra se stesso e il mondo.

Category: Psicologia, psicoanalisi, terapie

About Alberto Cini: Alberto Cini nasce a Bologna nel 1960, lavora come Educatore Professionale e Formatore, presso la cooperativa C.S.A.P.S.A in servizi rivolti all’handicap e all’adolescenza. Specializzato in Psicodramma con i terapeuti argentini Prof. Roberto Losso e Prof.ssa Ana Packciarz de Losso, è conduttore di laboratori espressivo teatrali, di scrittura creativa e grafico pittorici. Diplomato in massaggio tradizionale, shiatzu e massaggio aiurvedico, si specializza sull’approccio solistico alla persona. Ha pubblicato due raccolte di poesie, “Il fiore d’acqua” e “Le tre sfere”, stralci delle sue opere inedite si trovano sulla rivista di poesia “Versante Ripido”, per la quale disegna vignette satiriche e opere di contatto tra poesia e disegno grafico. Artisticamente viene educato all’arte dalla pittrice Bianca Arcangeli, sua insegnante e con la quale ha mantenuto un costante rapporto di condivisione e di confronto. Questo primo approccio lo influenza particolarmente sul rapporto tra parola e segno, tra la poesia e la pittura. Sensibile agli aspetti formativi e pedagogici dell’espressione artistica approfondisce il simbolismo della forma e del colore, l’arte terapia, terapie non convenzionali e tecniche di sviluppo della persona con il filosofo indiano Baba Bedi che frequenta per vari anni nella sua casa milanese. Non percorrendo formazioni accademiche approda alla scuola dello scultore Alcide Fontanesi, col quale comincia un lungo apprendistato formativo sull’espressionismo astratto. Le sue opere sono presso la galleria d'arte Terre Rare di Bologna

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