Nello Rubattu: Elezioni in Sardegna. Vince il centrosinistra ma rimane un bel rebus
Le elezioni in Sardegna si sono concluse con una vittoria del centrosinistra. Ha vinto Francesco Pigliaru che è riuscito a mandare a casa il presidente uscente Ugo Cappellacci, uno fra i peggiori che ha avuto la Sardegna in questi ultimi decenni.
E’ stata senza ombra di dubbio, una buona vittoria. Francesco Pigliaru, a parte la sua attività di professore universitario, è stato assessore nella precedente Giunta di centrosinistra guidata da Renato Soru e conosce sufficientemente la macchina burocratica regionale per guidarla con un minimo di equilibrio.
E’ un tecnico “molto politico”, si potrebbe dire : fra gli estensori del programma sulla salvaguardia delle coste; organizzatore insieme a Renato Soru della “vertenza sulle entrate”, con la quale la Regione sarda chiedeva la restituzione di dieci miliardi di quote parti sulle entrate, sempre “dimenticate” dallo Stato (e per la cronaca, non ancora ritornate); e formulatore del programma “Master and Back” che ancora oggi, concede un finanziamento ai giovani che intendono migliorare i loro studi all’estero.
Certo, non ha raggiunto il traguardo della presidenza nella migliore delle maniere, ma di certo non è colpa sua: “si è però vinto in maniera chiara, con tre punti di differenza”, hanno detto dalla sede del Pd.
Ma il dato più pesante venuto fuori dalle urne, è stato quello dell’astensionismo: praticamente la metà – per chiarezza il 48% degli aventi diritto – non sono andati a votare. Il grado di disaffezione è il più alto mai registrato in tutta la storia italiana. Come hanno notato in molti, il 42% raggranellato da Francesco Pigliaru, vuole dire in termini reali, poco più di 300.000 voti su 1.450.000 aventi diritto. Pochi davvero.
L’assenteismo, come si sono affannati in molti a sottolineare ha però al momento troppi padri: intanto non basta dire che la consultazione si è svolta tutta nella sola giornata di domenica… e che proprio quella domenica, la Sardegna, è stata attraversata da una piacevole temperatura primaverile che ha portato molta gente a scegliere di starsene al mare: “Ma dal mare – hanno notato in molti – a una certa ora si va via; e per ritornare verso i paesi o le città, in Sardegna, non si percorre mai più di una cinquantina di chilometri, con strade che difficilmente mettono dei problemi di traffico”. Perciò, la giustificazione della pigrizia non vale più di tanto.
Come non basta dire che in Sardegna, perlomeno a livello politico, siamo alla “americanizzazione” pura del voto. Non è infatti mancato qualcuno che ha voluto ricordare che alle ultime elezioni del sindaco di New York, hanno votato solo il 20% degli abitanti della grande mela.
Anche questa sembra una giustificazione molto leggera. Di quelle che forse vanno bene in qualche salotto televisivo o al bar fra amici.
La realtà è che i sardi non sono andati a votare, semplicemente perché dei loro politici si sono rotti le scatole.
L’intera classe politica isolana si è presentata al suo elettorato nel peggiore dei modi: tutti i Sardi sono colpiti pesantemente dalla crisi e in misura peggiore che nel resto d’Italia. Una crisi che non sta risparmiando proprio nessuno…e ad un popolo che ogni giorno deve combattere fra bollette, cassa integrazione e un tasso di disoccupazioni altissimo, vedere la propria classe politica trascorrere il tempo a bisticciare sugli avanzi di fabbriche e di posti di lavoro, senza uno straccio di programma di uscita dalla crisi, piacere di certo non fa
Da aggiungere, poi, che i sardi, in genere, si sentono abbandonati dallo Stato centrale e dal resto degli italiani.
Che semmai, si accorgono delle condizioni in cui versano gli abitanti l’isola, solo quando lo scontro si fa o molto aspro o interessante dal punto di vista mediatico: come, quando i cassintegrati del polo industriale di Porto Torres, hanno occupato l’isola dell’Asinara, ex carcere di massima sicurezza; o quando un minatore del Sulcis si è tagliato in diretta televisiva le vene; o quando gli indipendentisti hanno occupato i settanta ettari della villa in Sardegna del signor B. nazionale.
Per il resto la Sardegna, continua ad essere percepita da tutti come un posto abbastanza particolare: “Perché la Sardegna, è il luogo lontano più vicino all’Italia”, ricordava Emilio Lussu
Sta di fatto che i problemi per il dopo elezioni a Francesco Pigliaru, non mancheranno di certo. Intanto, bisogna tenere conto che le elezioni regionali, sono state precedute da anni di forte rissosità tra le forze politiche fra di loro, ma soprattutto fra scontri all’ultimo sangue. Una rissosità che ha in particolare stremato proprio il centrosinistra e per molti versi in maniera peggiore delle baruffe interne del centrodestra.
A tutto questo, bisogna aggiungere che la magistratura ha messo sotto indagine l’intero consiglio regionale uscente e ha trovato con le classiche mani nella marmellata, sessanta consiglieri su ottanta, ovviamente di tutti gli schieramenti. L’accusa è stata sempre la stessa: distrazione di fondi dei partiti a fini personali.
Anche se, per dovere di cronaca, è giusto ricordare che a fare i primi della classe, vi hanno pensato quelli del centrodestra che non si sono risparmiati in privilegi, scialando con acquisti di Rolex, viaggi, cene pantagrueliche e, addirittura, spese per matrimoni, sempre a carico del contribuente: “Questi consiglieri, ne hanno fatto quanto Martino in Francia”, si leggeva in un volantino di un gruppo di studenti cagliaritani del liceo classico, diffuso proprio nei giorni in cui il loro istituto era rimasto inagibile perché dai soffitti delle aule piovevano calcinacci. Tutto per colpa del fatto, così almeno hanno ricordato i vigili del fuoco, di decenni di mancata manutenzione.
Inoltre, a incasinare ancora di un bel po’ la scena del delitto elettorale, hanno contribuito i grillini, bisticciandosi e dividendosi in diversi schieramenti e organizzando assemblee e convegni in perfetta disarmonia fra di loro. Il loro mentore genovese, ha deciso di non concedergli il simbolo, ricordando incazzato che in casa cinque stelle si può stare solo se ci si ama alla follia.
Sta di fatto che se sulla scheda elettorale sarda: “invece che bisticciarsi come vecchie galline per dividersi un poco di becchime”, così hanno scritto su uno dei loro blog i pentastellati “vi fosse stato anche il simbolo dei cinque stelle, probabilmente sarebbe diminuita la percentuale degli assenti e (forse) il dieci o il venti per cento ce lo potevano portare a casa”. Ad onor del vero, queste valutazioni non sono solo dei grillini, ma un po’ di tutti coloro che hanno seguito le elezioni sarde.
Ma il centrosinistra ha comunque vinto…ma grazie ad una coalizione di undici liste; e in queste undici liste, su molti argomenti non mancano profondi disaccordi e valutazioni completamente diverse su come procedere: una fra tutte il problema della chimica verde. Che a Porto Torres dovrebbe dirottare una bella fetta di finanziamenti pubblici verso l’Eni, società incaricata della creazione del polo in questione. La sua nascita è contestata da diverse forze che oggi formano la coalizione di Francesco Pigliaru; che recepiscono quei finanziamenti all’Eni, come una ennesima truffa statale contro i sardi e un indebito e disastroso uso del territorio dell’isola. Soprattutto non si fidano dell’Eni, che sempre a Porto Torres, si è “dimenticato” di pulire e bonificare i suoli delle sue concessioni (il petrolchimico era suo), oggi considerati fra i più inquinati d’Italia, con una incidenza di patologie così gravi da presentare percentuali più pesanti di quelle riscontrate nell’area di Taranto.
Ma la vera novità che ancora nessuno vuole vedere è l’avanzare in Sardegna dei partiti e dei movimenti sovranisti e indipendentisti, aumentati in questa ultima competizione in maniera mai vista prima. Se si fanno i conti e senza guardare il loro orientamento politico, il bacino vale almeno per il 30% dei consensi di coloro che si sono recati a votare in questa competizione.
Molto? Poco? Basta fare qualche conto:
Michela Murgia, anche se per effetto della legge elettorale sarda, non ha preso neanche un consigliere, ha raggranellato oltre 76.000 voti e oggi rappresenta la terza forza politica isolana con una percentuale del 10,50%; 35.000 sono invece il bottino di Mauro Pili, una lista dichiaratamente sovranista che in percentuale ha portato a casa il 5,7%, anche lui, nonostante il risultato raggiunto, non ha piazzato neanche un consigliere; infine il Fiu (fronte indipendentista unito) che ha portato a casa 1,1%. Un altro 1%, lo ha preso il movimento per la zona franca fortemente sovranista.
Inoltre, nel gruppone del centro sinistra si sono apparentati con il Pd, il Partito dei sardi, anche lui sovranista dichiarato premiato con il 2,66% e due consiglieri, i Rossomori, altro partito sovranista, con il 2,63% e due consiglieri; e infine, Irs, formazione storica dell’indipendentismo, per la prima volta con un consigliere regionale .
Nel centro destra, la presenza dei movimenti e partiti indipendentisti e dei sovranisti non cambia. Da notare nelle loro file, la presenza dello storico Partito sardo d’Azione che ha piazzato tre consiglieri, l’Uds che ne ha portato in consiglio uno. La lista Randaccio, sempre nello schieramento di centro destra, nata anche lei sull’onda delle polemiche sulla zona franca e su basi fortemente autonomiste, ha piazzato un suo consigliere.
Insomma, se si fanno i conti, di tutti questi diversi spezzoni di formazioni indipendentiste e sovraniste il 30% dei votanti, si supera senza molta fatica.
Certo, per ora le diverse sigle che compongono questa galassia politica, si presentano in ordine sparso… ma su alcuni temi, l’accordo fra di loro è chiaro e va oltre l’appartenenza ai loro riferimenti ideali: intanto, tutti, vogliono la sovranità completa e mano libera dal punto di vista amministrativo sul territorio dell’isola; poi, chiedono a gran voce, un rapporto privilegiato, sia con lo Stato italiano che con l’Unione europea.
Infine su molti temi: le conservatorie delle coste. l’organizzazione turistica, i trasporti, i piani energetici, vogliono che a decidere siano i sardi. Soprattutto, chiedono che la gestione delle imposte sia un fatto del governo regionale.
E tanto per essere chiari: molte di queste idee, sono oggi patrimonio politico della maggior parte delle forze presenti in Consiglio. Anche qui, con poca differenza fra centrosinistra e centrodestra. Persino l’Idv di Dipietro, oggi in Consiglio con un eletto, chiede la radicale trasformazione dell’autonomia con un’altra e con molti più poteri che nell’attuale.
Insomma, quasi tutte le forze che si sono presentate a questa ultima competizione, hanno ribadito che non ne vogliono più sapere di essere tenuti per mano dal Governo centrale e chiedono se non la separazione, almeno un riconoscimento di poteri sovrani nella gestione dell’isola.
E’ persino nato un gruppo di pressione, visitato oggi da oltre 20.000 persone che chiede di diventare il cantone marino della Svizzera. Sembra uno scherzo, ma molti degli emigrati sardi che oggi risiedono stabilmente nella Confederazione elvetica, hanno fatto sapere di ritenerla una cosa possibile!
E tutti, ma proprio tutti i leader politici, quando parlano in televisione e nei dibattiti pubblici dei problemi dell’isola, utilizzano solo il termine “Popolo Sardo”.
Mi sbaglierò, ma qualcosa tutto questo vuole dire.
“Mentre l’ITALIA ci mortifica con la sua inefficienza cronica e ci tratta come l’ultima ruota del carro, un paese come la SVIZZERA, efficiente, economicamente solido, con un forte senso comunitario e un’organizzazione politica di tipo FEDERALE, quindi molto più rispettoso delle autonomie territoriali di quanto non lo sia l’Italia, sarebbe la nazione ideale a cui appartenere per un isola come la Sardegna”. Con queste parole un gruppo di sardi ha lanciato il “Movimento Canton Marittimo”: “Abbiamo bisogno di essere guidati verso un’autonomia sostenibile da chi ha comprovata competenza in materia, sia di carattere amministrativo che economico, per giunta fuori dall’Unione Europea: la Svizzera. Attualmente in Svizzera ci sono 26 Cantoni. Noi vogliamo che la Sardegna diventi il 27° o, nel caso si volesse assecondare la nostra naturale inclinazione a essere disuniti, il 27° e il 28° con denominazione Canton Marittimo del Nord e del Sud”.
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