Marco Valbruzzi (Istituto Cattaneo): E’ stato il NO degli esclusi, ha un significato sociale prima che politico

| 5 Dicembre 2016 | Comments (0)

 

 

 

 

Diffondiamo da Huffington post del 5 Dicembre 2016

Il No degli esclusi, di chi non si sente rappresentato, il No anti-establishment. Prima che un voto “tecnico” sulla riforma costituzionale o “politico” sul governo Renzi, è stato un voto “sociale”. “La rabbia” che cova in alcuni strati della società e che esplode appena si apre uno spazio utile allo sfogo. In questo caso, in modo dirompente vista l’affluenza e l’ampiezza del divario tra Sì e No. A meno di 24 ore dal voto, dati alla mano, si possono fare le prime valutazioni sul risultato del referendum costituzionale. Ma soprattutto sui suoi molteplici significati.

“È il No di chi non si sente rappresentato e che sale sul primo tram che passa ed esplode nella rabbia del voto”, afferma Marco Valbruzzi, ricercatore dell’Istituto Cattaneo, all’HuffPost. “Si tratta di un classico voto anti-establishment. In questo caso, che si votasse su una questione tecnica come le modifiche della Carta costituzionale, ha interessato poco. Il presidente del Consiglio ha contribuito a dare al voto significati politici. E gli elettori hanno rincarato la dose traducendolo in una punizione di questa classe politica e sociale”. La classe politica che ha governato in questi anni e che non ha saputo ridurre le distanze con gli elettori, tagliandoli fuori.

“Una punizione che è arrivata a compimento”, dice Valbruzzi. Perché il premier Matteo Renzi non ha esitato molto prima di presentarsi in conferenza stampa a Palazzo Chigi per rassegnare le sue dimissioni.Tuttavia, a parte i risvolti politici del voto, ce ne sono altri che vanno analizzati, come i comportamenti degli elettori sulla base dell’età e della provenienza geografica, oppure di una nuova forma di “ideologia”.

“La forza di mobilitazione del Movimento 5 Stelle si è confermata anche al referendum costituzionale, al Sud in particolare. Il caso di Palermo è emblematico: il 98% dell’elettorato grillino del 2013 è tornato a votare domenica e ha votato No”. Un dato che assume una rilevanza maggiore se si considera che a Palermo il Movimento 5 Stelle sta facendo i conti con lo scandalo più recente, quello delle firme false. Le polemiche degli ultimi giorni, sulle quali il premier ha investito molto durante la campagna referendaria, non hanno di fatto condizionato il comportamento dell’elettore grillino. Come si spiega? “In questo caso siamo di fronte a un voto fortemente ‘ideologico’, un’ideologia a bassa intensità diversamente da quella ‘classica’ comunista: persone che votano il Movimento 5 Stelle al di là di tutto quello che accade intorno al Movimento 5 Stelle, perché ormai entrate a far parte di quella realtà più o meno virtuale. La riconferma di una scelta d’appartenenza a un mondo, in sintesi”.

Ci sono poi quei fattori strettamente legati alla disoccupazione e all’età. “Questo lo vediamo un po’ ovunque ma soprattutto al Sud e in aree come la parte meridionale della Sardegna e quella orientale della Sicilia. Qui il disagio è più sentito, in particolare quello giovanile visto che la disoccupazione tra i ragazzi i è schizzata al 45-50%. Mischiata con la capacità di un’offerta politica disponibile in loco come quella dei grillini, ne è nata una miscela esplosiva”.

L’aspetto sociale sovrasta tutti gli altri. “Il referendum costituzionale è diventato un referendum sociale, e lo vediamo a Napoli come a Bologna”, prosegue Valbruzzi. “Gli elettori che avevano voglia di sfogare la loro rabbia hanno utilizzato il voto per mandare un messaggio di disagio sociale. Il mix gioventù-disoccupazione ha dato una forte spinta per la vittoria del No. Nel Nord il dato anagrafico è meno eclatante e più equilibrato”.

Per quanto riguarda invece gli elettori over 55, nelle regioni centrosettentrionali, in particolare nella fascia appenninica, Toscana, Emilia e in parte Umbria tendono a dare un sostegno al Sì. “Lì è dove c’è l’elettorato tradizionale del principale partito di sinistra e resiste ancora uno zoccolo duro che segue le indicazioni della segreteria”.

Ma, ed è un altro dato allarmante con cui Renzi e il Pd dovranno fare i conti, “si sta riducendo. Il motivo è il fenomeno di socializzazione politica avvenuta nelle passate generazioni e che tende a riprodursi: un voto per abitudine legato a quel mondo di sinistra, anche se non esiste più. Anche per questo sta andando erodendosi nel corso del tempo: la zona rossa si è ristretta parecchio in questo referendum: lo vediamo nell’entroterra toscano. E lo vediamo anche in Emilia Romagna: nelle città più vicine alla Lombardia ha finito per prevalere il No, vedi Piacenza, Parma e Ferrara. E’ l’inizio di una fase di erosione”.

Analisi politica. L’Istituto Cattaneo ha pubblicato diverse analisi sul voto referendario. E, guardando i flussi elettorali, emerge un dato su tutti: la strategia del premier Matteo Renzi ha fallito su tutti i fronti, sia su quello interno alla sinistra, sia su quello esterno, ovvero nella ricerca di consensi tra gli elettori del Movimento 5 Stelle e di Forza Italia.

Molti elettori del Partito democratico alle politiche del 2013 hanno votato contro la riforma costituzionale, è la conclusione di un primo studio del Cattaneo di Bologna. Nel Pd c’è una “componente minoritaria ma significativa di elettori dissenzienti rispetto alla linea ufficiale della segreteria”, che va da un minimo del 20,3% di Firenze (su 100 elettori del 2013 hanno votato no 20,3) e del 22,8% di Bologna, al 33% di Torino, fino a punte del 41,6% di Napoli e di 45,9% di Cagliari. Quasi nessuno degli elettori del Pd nel 2013 si è rifugiato nell’astensione.

Quanto al Movimento 5 Stelle, abbiamo già analizzato il comportamento in linea degli elettori con le indicazioni dei vertici (in sei città su dieci le percentuali sono superiori al 90% di voti per il No). Forza Italia perde invece una quota abbastanza significativa verso l’astensione. E solo in parte la riforma ha convinto gli elettori che hanno votato per Silvio Berlusconi nel 2013, inducendo a votare Sì solo una piccola quota ma comunque significativa. Se l’obiettivo di Renzi era sottrarre voti a Fi e M5S, non ci è riuscito: dove è stato conquistato un po’ di consenso, rileva sempre il Cattaneo, (vedi nord-ovest e zona rossa), è stato insufficiente per colmare il gap di partenza. In zone come il Nord-est, Sud e isole si registra una vera debacle, con il fronte del No rivelatosi capace non solo di conservare i suoi voti di partenza ma anche di attrarne di altri, aggiuntivi.

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Category: Fare Inchiesta, Politica

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