Discorsi integrali di Laura Boldrini e Pietro Grasso

| 17 Marzo 2013 | Comments (0)

 

 

 

DOSSIER DOPO ELEZIONI  33.  Pubblichiamo i due discorsi integrali pronunciati il 16 marzo 2013 da  Laura Boldrini e Pietro Grasso in occasione della loro nomina a Presidente della Camera e Presidente del Senato.



Laura Boldrini: Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze

Care deputate e cari deputati, permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa assemblea.

Vorrei innanzitutto rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei valori della costituzione repubblicana. Vorrei inoltre inviare un saluto cordiale al Presidente dalla Corte costituzionale e al Presidente del consiglio. Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’aula.

Sono sicura che in un momento così difficile per il nostro paese, insieme, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.

Vorrei rivolgere inoltre un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al presidente Gianfranco Fini che ha svolto con responsabilità la sua funzione costituzionale. Arrivo a questo incarico dopo aver trascorso tanti anni a difendere e rappresentare i diritti degli ultimi in Italia come in molte periferie del mondo. E’ un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno.

Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremmo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno.

Quest’aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale. Di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia. Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore. Ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento.

Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.

Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato. Ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio.

Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti. Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore inesplorata di un disabile.

In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo. Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa. Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto. E molto, molto dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta che ricordiamo con commozione oggi nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio. Questo è un Parlamento largamente rinnovato.

Scrolliamoci di dosso ogni indugio, nel dare piena dignità alla nostra istituzione che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica. Rendiamo il Parlamento e Il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani. Sarò la presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato, mi impegnerò perché la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese.

 

Pietro Grasso: Giustizia e cambiamento, questa è la sfida che abbiamo davanti

Care senatrici, cari senatori, mi scuserete ma voglio rivolgere questo primo discorso soprattutto a quei cittadini che stanno seguendo i lavori di questa aula con apprensione e con speranza per il futuro di questo paese. Il paese mai come oggi ha bisogno di risposte rapide ed efficaci, all’altezza della crisi economica, sociale, politica che sta vivendo. Mai come ora la storia italiana si intreccia con quella europea e i destini sono comuni.

Mai come oggi il compito della politica è quello di restituire ai cittadini la coscienza di questa sfida.

Quando ieri sono entrato per prima volta da senatore in questa aula mi ha colpito l’affresco sul soffitto che vi invito a guardare. Riporta quattro parole che sono state sempre di grande ispirazione per la mia vita e che spero lo saranno ogni giorno per ognuno di noi nel lavoro che andiamo ad affrontare: Giustizia, diritto, fortezza, concordia. Quella concordia, quella pace sociale di cui il paese ora ha disperatamente bisogno.

Domani è l’anniversario dell’unità d’Italia, quel 17 marzo di 152 anni fa in cui è cominciata la nostra storia come comunità nazionale, dopo un lungo e difficile cammino di unificazione. Nei 152 anni della nostra storia, soprattutto nei momenti difficili, abbiamo saputo unirci, superare le differenze, affermare con fermezza i nostri valori comune e trovare insieme un sentiero condiviso.

Il primo pensiero va sicuramente alla fase costituente della nostra repubblica, quando uomini e donne di diversa cultura hanno saputo darci quella che ancora oggi viene considerata una delle carte costituzionali più belle e più moderne del mondo. Lasciatemi in questo momento ricordare Teresa Mattei che ci ha lasciato pochi giorni fa, che dell’assemblea costituente fu la più giovane donna eletta, che per tutta la vita è stata attiva per affermare e difendere i diritti delle donne, troppo spesso calpestati anche nel nostro paese. Siamo davanti a un passaggio storico straordinario, abbiamo il dovere di esserne consapevoli, il diritto e la responsabilità di indicare un cambiamento possibile perché è in gioco la qualità della democrazia che stiamo vivendo. E allo stesso tempo dobbiamo avviare un cammino a lungo termine, dobbiamo davvero iniziare una nuova fase costituente che sappia stupire e stupirci.

Oggi è il 16 marzo, e non posso che ringraziare il presidente Colombo che stamattina ci ha commosso con il ricordo dell’anniversario del rapimento di Aldo Moro e della strage di via Fani che provocò la morte dei cinque agenti di scorta, come lui stesso ha ricordato, Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Al loro sacrificio di servitori dello stato va il nostro omaggio deferente e commosso. Oggi bisogna ridare dignità e risorse alle forze dell’ordine e alla magistratura.

Sono trascorsi 35 anni da quel tragico giorno che non fu solo il dramma di un uomo e di una famiglia, ma dell’intero paese. In Aldo Moro il terrorismo brigatista individuò il nemico più consapevole di un progetto davvero riformatore, l’uomo e il dirigente politico che aveva compreso il bisogno e le speranze di rigenerazione che animavano dal profondo e tormentavano la società italiana. Come Moro scrisse in un suo saggio giovanile, “forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete, ma è sempre un grande destino.”

Oggi inoltre migliaia di giovani a Firenze hanno partecipato alla giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia. Vi confesso che mi è molto dispiaciuto non potere essere con loro come ogni anno. Hanno pronunciato e ascoltato gli oltre 900 nomi di vittime della criminalità organizzata: nomi di cittadini, appartenenti alle forze dell’ordine, sindacalisti, politici, amministratori locali, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, magistrati, persone innocenti, uccise nel pieno della loro vita. Il loro impegno, il loro sacrificio, il loro esempio dovrà essere il nostro faro.

Ho dedicato la mia vita alla lotta alla mafia in qualità di magistrato e devo dirvi che, dopo essermi dimesso dalla magistratura, pensavo di potere essere utile al paese in forza della mia esperienza professionale nel mondo della giustizia. Ma la vita riserva sempre delle sorprese. Oggi interpreto questo mio nuovo, imprevisto impegno con spirito di servizio per contribuire alla soluzione dei problemi del paese. Ho sempre cercato verità e giustizia e continuerò a cercarle da questo scranno, auspicando che venga costituita una nuova commissione di inchiesta su tutte le stragi irrisolte del nostro paese.

Se oggi davanti a voi dovessi scegliere un momento in cui raccogliere la storia della mia vita professionale precedente, non vorrei limitarmi a menzionare gli amici e i colleghi caduti in difesa della democrazia e dello Stato di diritto che io ho conosciuto: non c’è, infatti, un solo nome, un volto che può raccoglierli tutti, e purtroppo se dovessi citarli tutti, la lista sarebbe ahimè troppo lunga.

Mi viene piuttosto in mente nel cuore un momento che li abbraccia a uno a uno. E’ il ricordo della voce e delle parole di una giovane donna. Mi riferisco al dolore straziato di Rosaria Costa, la moglie dell’agente Vito Schifani, morto insieme ai colleghi Rocco Di Cilio e  Antonino Montinaro nella strage di Capaci del 1992 in cui persero la vita anche Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Non ho dimenticato le sue parole il giorno dei funerali del marito, quel microfono strappato ai riti e alle convenzioni delle cerimonie. vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio

Giustizia e cambiamento: questa è la sfida che abbiamo davanti. Ci attende un intenso lavoro comune per rispondere con i fatti alle attese dei cittadini che chiedono anzitutto più giustizia sociale, più etica, nella consapevolezza che il lavoro è uno dei principali problemi di questo paese.

Penso alle risposte che al più presto ed è già tardi dovremo dare ai disoccupati, ai cassintegrati, agli esodati, alle imprese, a tutti quei giovani che vivono una vita a metà, hanno prospettive incerte, lavori – chi ce l’ha – poco retribuiti, quando riescono a uscire dalla casa dei genitori, vivono in appartamenti che non possono comprare, cercando di costruire una famiglia che non sanno come sostenere. Penso alla insostenibile situazione delle carceri nel nostro paese che hanno bisogno di interventi prioritari. Penso a una giustizia che oggi va riformata in modo organico, agli immigrati che cercano qui da noi una speranza di futuro, ai diritti in quanto tali che non possono essere elargiti col ricatto del dovere e che non possono conoscere limiti, altrimenti diventano privilegi. Penso alla istituzioni sul territorio, ai sindaci dei comuni che stanno soffrendo e faticano per garantire i servizi essenziali ai loro cittadini. Sappiano che lo Stato è dalla loro parte e che il nostro impegno sarà di fare il massimo sforzo per garantire loro l’ossigeno di cui hanno bisogno. Penso al mondo della scuola nelle cui aule ogni giorno si affaccia il futuro del paese  e agli insegnanti che fra mille difficoltà si impegnano a formare cittadini attivi e responsabili. Penso alla nostra posizione sullo scenario europeo, siamo tra i fondatori dell’unione, il nostro compito è portare nelle istituzioni comunitarie le esigenze e i bisogni dei cittadini. L’Europa non è solo moneta ed economia, deve essere anche incontro di popoli e culture. Penso a questa politica alla quale mi sono appena avvicinato che ha bisogno di essere cambiata e ripensata dal profondo, nei suoi costi, nelle sue regole, nei suoi riti, nelle sue consuetudini, nella sua immagine, rispondendo ai segnali che i cittadini ci hanno mandato e ci mandano e ci continuano a mandare.

Sogno che questa aula diventi una casa di vetro e che questa scelta possa contagiare tutte quante le altre istituzioni.

Di quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo pontefice, papa Francesco, i cui primi atti hanno evidenziato una attenzione primaria, prioritaria verso i bisogni reali delle persone.

Voglio in conclusione rivolgere a nome dell’assemblea del senato e mio personale un deferente saluto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, supremo garante della Costituzione e dell’unità d’Italia che con saggezza e salda cultura istituzionale esercita il suo mandato di capo dello Stato.

Desidero anche ringraziare il mio predecessore, il senatore Renato Schifani, per l’impegno profuso al servizio di questa assemblea.

Un omaggio speciale di indirizzo ai presidenti emeriti, ai senatori a vita e a Emilio Colombo che ha presieduto con inesauribile energia la fase iniziale di questa 17esima legislatura, lui che ha visto nascere la Repubblica partecipando ai lavori della assemblea costituente.

Chiedo e concludo ricordando cosa mi disse il capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto, poco prima di entrare nell’aula del maxiprocesso contro la mafia: “Fatti forza, ragazzo, vai avanti a schiena dritta e a testa alta e segui sempre e soltanto la voce della tua coscienza”.

Sono certo che in questo momento e in questa aula l’avrebbe ripetuta anche a tutti noi. Grazie

 

Category: Elezioni politiche 2013, Politica

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