Bruno Giorgini: Dal PCI di Berlinguer al PD di Renzi. Metamorfosi o speciazione

| 24 Gennaio 2014 | Comments (2)

 


 

1Una rapida e alquanto schematica narrazione “storica”.

L’11 giugno 1984 moriva Enrico Berlinguer e finiva il PCI, il partito di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer come recitava uno slogan del tempo molto scandito,  e in cui non c’era posto per alcun altro nome. Fu un fatto tragico che subito divenne altamente simbolico: infatti il segretario del PCI era stato colpito da un ictus cerebrale durante un comizio a Padova, nel pieno della sua battaglia politica. Berlinguer fu l’inventore, sulle orme di Togliatti a dir la verità, del compromesso storico con la DC, finchè non si rese conto del fallimento del governo di unità nazionale, riportando il partito all’opposizione. Un’opposizione difficile che a un certo punto egli tentò di radicare fortemente nella classe operaia andando alle porte della FIAT in lotta. C’era il blocco dei cancelli quando il 26 settembre del 1980 Berlinguer parlò a Mirafiori davanti a alcune migliaia di operai, ma prima Liberato Norcia, un delegato del consiglio di fabbrica prende il microfono chiedendo secco: ma se i lavoratori decidessero di occupare la Fiat, il Pci che farebbe? E il segretario  risponde in modo abbastanza trasparente: di fronte ”a forme di lotta piu’ acute, comprese forme di occupazione”, sarebbe sicuro “l’impegno politico, organizzativo e anche di idee e di esperienza del Partito Comunista”. Però la lotta cominciata il 10 settembre  viene sconfitta, il 16 ottobre i picchetti vengono tolti, gli operai tornando in fabbrica a testa bassa. Si tratta di una sconfitta storica  per il movimento operaio e la sinistra tutta, che pesa ancor oggi (per chi volesse saperne di più si veda il bel libro Restaurazione italiana. Fiat, autunno ’80: alle origini della svolta liberista, Gabriele Polo, Claudio Sabattini-  manifestolibri).

Dopo la morte di Berlinguer e la fase di interregno senza infamia e senza lode di Natta, segretario diventa Achille Occhetto. Di fronte alla caduta del muro di Berlino e allo scioglimento dell’URSS il nuovo segretario trasforma il PCI in PDS, Partito Democratico della Sinistra, perdendo per strada la sinistra del PCI, di origine sindacale (Bertinotti, Garavini), pduppina (Magri, Castellina) e “sovietica” (Cossutta), che danno vita a Rifondazione, mentre Pietro Ingrao, pur non aderendo al PDS, rimane appartato.

Da lì comincia una serie di trasformazioni che dal PCI via PDS quindi DS (Democratici di Sinistra) con l’Ulivo prodiano a contorno,  arriva al PD, frutto della confluenza tra Margherita e DS, Partito Democratico da cui l’attributo “sinistra” è stato espunto. Nel PD esistono due fasi, nella prima la “vecchia nomenclatura” di derivazione PCI continua a avere in mano le chiavi del partito, è il PD dei D’Alema, Veltroni, Violante, Fassino, fino a Bersani, che diventa segretario vincendo le primarie contro Matteo Renzi, il rottamatore che vuole metterli in pensione.

Dopo una disastrosa per il PD campagna elettorale con l’emergenza di un terzo polo, il M5S (Movimento 5 Stelle), sostanzialmente con pari peso di PD e PDL che rompe lo schema bipolare, avviene l’agguato parlamentare di oltre 100 dis/onorevoli PD– a tutt’oggi ufficialmente misteriosi, seppure tutti nei corridoi facciano a mezza bocca o a pieni polmoni il nome di D’alema come regista e/o coautore – che affondano la candidatura di Prodi a Presidente della Repubblica votandogli contro. Quindi si ricandida e viene rivotato il vecchio Presidente – per la prima volta nella storia della Repubblica, nascendo il governo delle larghe intese a guida Letta (Enrico con lo zio Gianni santo in paradiso).  Governo ispirato, voluto, patrocinato da Napolitano II che, per aprire a Letta il giovane la strada, demolisce secondo la migliore tradizione comunstalinista Pier Luigi Bersani con la pubblica umiliazione di affidargli, per la formazione di  un eventuale governo, un mandato che non è tale, piuttosto un fazzoletto sdrucito e pieno di moccio che neanche papa Francesco con l’aiuto dello Spirito Santo ci sarebbe riuscito. Così Pier Luigi Bersani da Bettola non può altro che dimettersi, finendo anche in ospedale per emoraggia cerebrale, e la memoria torna a Berlinguer, fortunatamente con una soluzione positiva tornando Bersani a vivere nella sua casa proprio in questi giorni. Allora bisogna eleggere un altro segretario in una partita a tre, Civati, Cuperlo, Renzi.  Civati vuole incarnare una ipotesi chiaramente di sinistra, che si sa a priori fortemente minoritaria.

Cuperlo fu l’ultimo segretario del PCI dei piccoli, la FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana), e la prassi della nomenclatura PCI vuole che, prima o poi, diventi segretario del partito dei grandi, come fu per Berlinguer e Occhetto (Gramsci, Togliatti e Longo diventarono grandi senza passare per i piccoli, ma erano altri tempi e altri militanti). Si sa che non vincerà nelle primarie ma si spera e si lavora perchè almeno abbia la maggioranza dei funzionari, quadri e iscritti alla “ditta”,i dlegati di partito che rappresentano, si crede, in larga misura anche la componente, diciamo,  postcomunista/socialdemocratica, un obiettivo che appare raggiungibile, e infatti Cuperlo, memore della scuola dalemiana, lo annuncia in anticipo. Invece così non è, Cuperlo rimane stremato, mentre Renzi vince sia dentro il partito che tra gli elettori PD, cominciando una nuova storia, la seconda fase del PD ancora tutta da scrivere, ma di cui cominciano a emergere la grammatica, la sintassi e la logica. Per l’intanto i due leader PD, quello del governo e quello del partito, vengono entrambi dalla scuola democristiana e/o cattolico sociale, senza alcun complesso da excomunisti ma neppure da exdemocristiani, come la Bindi per esempio. L’uno Letta Enrico di stampo a occhio e croce andreottiano, l’altro Renzi Matteo forse più vicino all’insegnamento di La Pira e Dossetti, certamente il primo incardinato nell’oligarchia cattolico romana, il secondo nell’azione sociale e amministrativa dal basso e sul territorio. La direi in modo estremista, comunque vada è finalmente terminato il tempo della socialdemocrazia senza speranza assiata sul compromesso, vulge inciucio, propria ai D’alema , Veltroni e loro consimili, e quindi almeno non potrà esserci più nessuno, ma proprio nessuno, che pensi al PD come un partito di sinistra per quanto riformista. Se qualcuno vuole un partito di sinistra deve rivolgersi altrove, benchè a tutt’oggi quelli con la bandiera già disegnata siano minuscoli residui, al meglio testimonianze che l’idea non è morta, però certo apparendo, almeno sul piano elettorale, in stato comatoso. Al peggio si tratta di gruppi che si autoriproducono per poco nobili ragioni di bottega. Nè a occhio e croce si può pensare che nel breve medio periodo possa essere costruita una formazione politica di sinistra, capace di contendere in modo consistente a livello elettorale.

La disastrosa esperienza di Rivoluzione Civile, di cui nulla è salvabile, sta lì a  dircelo caso mai qualcuno avesse nefaste intenzioni. Lo spazio di protesta, contestazione, liberazione a livello di massa nell’urna è stato quasi per intero occupato dal M5S calderone dove bollono persone di destra e di sinistra a milioni raccolte dietro lo slogan “tutti a casa”,  mentre un’altra parte sarà probabilmente raccolta dal nuovo PD renziano, che già col job act e la campagna sui diritti civili apre spazi sia a componenti sindacali, come la Fiom di Landini per cui ormai la CGIL di Camusso è impraticabile, che della società civile antiproibizionista e libertaria. A questo punto possiamo chiederci se le trasformazioni dal PCI di Berlinguer al PD di Renzi configurino una metamorfosi o una speciazione.

 

2.Dal PCI di Berlinguer al PD di Renzi: metamorfosi o speciazione?

La metamorfosi è quella trasformazione per cui il bruco grigiastro che striscia a terra diventa la farfalla colorata in volo. E’ spettacolare colpendo la fantasia, ma lascia invariato il DNA, cioè l’identità genetica. Semplicemente (si fa per dire) alcuni geni attivi nel bruco vengono disattivati mentre altri silenti vengono accesi, talchè il codice genetico, la stringa del DNA, rimane invariata, ma le forme e funzioni cambiano. La speciazione invece si ha quando una miriade più o meno grande di mutazioni genetiche s’accumula fino a dar luogo a una nuova specie, con un nuovo DNA, cioè una nuova identità, un nuovo codice, diverso da quello della specie originaria. Può accadere che l’intera colonia di individui muti in questo senso, oppure che lo facciano solo alcuni, una parte della popolazione originaria. In genere allora in natura le due speci, quella vecchia e quella nuova, diventano incompatibili separandosi in due colonie distinte anche spazialmente.

Certamente Occhetto tentò la strada della metamorfosi, ma nel corso del processo invece della splendida farfalla colorata in volo abbiamo veduto insorgere varie degenerazioni perpetrate volontariamente e/o, per alcuni come Bersani ad esempio, subite forse loro malgrado, proprio dagli eredi diretti del PCI di Berlinguer. In risposta alle degenerazioni molte mutazioni genetiche sono avvenute fino alla speciazione significata da Renzi e, seppure in modo diverso, anche da Enrico Letta (sebbene Renzi non lo voglia).

A mio avviso nel pulviscolo di eventi degradanti il DNA originario del PCI e l’intera immagine della sinistra, uno spicca in modo micidiale, indicando un punto di non ritorno e una mutazione genetica degenerativa della nomenclatura exPCI, insostenibile nonchè irreversibile. La dico con le taglienti parole di un grande borghese come Guido Rossi, quando definì palazzo Chigi sede del governo, come l’unica merchant bank dove non si parlava inglese, al tempo in cui Presidente del Consiglio era l’uomo forte Massimo D’Alema, il lider minimo come ebbe a chiamarlo Luigi Pintor, sottovalutando forse il danno e la degenerazione genetica di cui il lider era portatore, certo in un corpo già defedato, senza più un sistema immunitario attivo, chiese infatti in altra occasione Fassino a Consorte trionfante: allora finalmente abbiamo una banca?

D’Alema andò al governo usando la stoltezza di Bertinotti che fece cadere Prodi in modo pretestuoso, sulla base della convinzione che un governo a guida ex-post comunista potesse essere più a sinistra del governo del professore bolognese di matrice cattolica e democristiana. Idiozia già nella genesi che avvenne colla benedizione di Cossiga, l’uomo di Gladio e degli amerikani, e di Cossutta, l’uomo del PCUS, al tempo in cui la guerra fredda era terminata e il PCUS nemmeno più esisteva, insomma anche fuori tempo massimo, il Massimo. Nonchè, secondo le migliori tradizioni dei complotti di palazzo anti o a-democratici per definizione, senza ricorso al voto popolare. A quel punto la supposta socialdemocrazia e/o riferimenti a un qualche socialismo magari europeo, diventò, e altro non poteva, compiutamente compromessa e compromissoria. Il compromesso, nel senso più deteriore di inciucio diventò un fatto strutturale, organico; non un mezzoper l’azione politica  ma una normalità di comportamento degli individui della specie “nomeclaturaexcomunista” e affini.

Non tutti ovviamente ecc., ma anche chi come Bersani tentò poi un colpo di reni per uscire da questo bagno di cultura degenerativa, poco potette inchiodato alla logica della “ditta” che comunque va salvaguardata. In reazione a questo degrado e corruzione del DNA originario, racchiuso nello slogan che dicevo all’inizio: siamo il partito di Gramsci eccetera, nasce Renzi, e la sua forza come rigenerazione, che non poteva costruirsi sulla scia di una sinistra riformista  e/o socialdemocraticagiunta fino a trasformare palazzo Chigi in una merchant bank. Comincia dunque la speciazione, ma come sarà la nuova specie politica PD è presto per dire. Semplicemente una Democrazia Cristiana aggiornata, o qualcosa del tutto nuovo? Vedremo.

Certo almeno quella brutta storia di D’Alema e soci– D’Alema ne è il simbolo ma molti collaboratori e complici ha trovato, direi quasi tutti-, sembra giunta al capolinea. A meno di velenosi colpi di coda che non sono da escludere. Renzi pensa di disinnescare la minaccia forse offrendo la presidenza a Bersani onest’uomo, ma chissà. La vecchia specie, il PD che ha liquidato Prodi, può compiere le peggiori ignominie.

al PCI di Berlinguer al PD di Renzi


Category: Politica

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

Comments (2)

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  1. Paolo ha detto:

    I “comunisti” sono tutt’altro che di sinistra. Come lo era Lenin sono degli “aristocratici” interessati al potere ed al denaro e usano il popolo per i loro fini e se il popolo obbietta lo mettono nei Gulag.
    Il vero movimento di sinistra è il POPULISMO che rappresenta il popolo e non i poteri forti e le mafie che sono rappresentati dal PD.

  2. Paolo ha detto:

    io credo che gli elettori del Pd siano ancora abbagliati dalla propaganda dei finti comunisti. Di fatto i finti comunisti finti “amici dei lavoratori” sono bravissimi a camuffarsi, a fare propaganda e spargere odio. Sono pura mafia politica!
    L’unica speranza per il futuro dei nostri ragazzi è il populismo!

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