Simone Ginzburg: La rivolta nella Bosnia Erzegovina
Sulla rivolta a Tuzla nella Bosnia Erzegovina [vedi foto] diffondiamo questa lettera che ci è pervenuta in data 8 febbraio 2014, attraverso Bruno Giorgini, da parte di Simone Ginzburg laureato in fisica che vive a Serajevo da 15 anni e collabora alla struttura giuridica nazionale High Judicial and Prosecutorial Council of Bosnia and Herzegovina. Oltre a questa lettera pubblichiamo il Proclama dei lavoratori e cittadini di Tuzla del 7 febbraio [tradotto da Simone Ginzburg] e l’articolo di Andrea Rossini pubblicato sull’Osservatorio Balcani e Caucaso del 7 febbraio.
1. Simone Ginzburg: La rivolta nella Bosnia Erzegovina
[8 Febbraio 2014]
Partito dai lavoratori del cantone di Tuzla di alcune delle tante ditte privatizzate nei decenni passati a uso e consumo dei direttori legati alla politica, da anni in lotta, il movimento si è esteso per solidarietà-emulazione a Zenica, Sarajevo, Mostar ma anche alle più piccole città di Bihac, Brcko, Bugojno, Travnik… A Banja Luka marcia pacifica di solidarietà venerdì, mentre il resto della Republika Srpska tace…
Ad un paio di giorni di proteste pacifiche di migliaia di cittadini e lavoratori, i più numerosi a Tuzla, sono seguiti, con polizie a cui (dopo un’iniziale intervento brutale a Tuzla, che ha scatenato polemiche e esteso la solidarietà) è stato ordinato di non intervenire in anno di elezioni politiche (a ottobre) venerdì la distruzione dell’edificio del governo cantonale e la devastazione di parte della presidenza della BiH (purtroppo compreso una parte dell’Archivio nazionale che era riuscita a resistere anche alla guerra) a Sarajevo – l’incendio della sede del governo cantonale e del municipio a Tuzla, l’assalto al governo cantonale di Zenica, a Mostar l’incendio del governo cantonale e del Municipio e la devastazione delle sedi dei due principali partiti HDZ e SDA
Quel che appare certo è che – nonostante uno squallido tentativo del leader SDP Zlatko Lagumdzija di “etnicizzare” la questione, richiamandosi al 1992 – la questione è sociale e anti-politica e non etnica, come la precedente grande battaglia per l’JMBG [JMBG è un acronimo che sta per Jedinstveni matični broj građana ed è il certificato che identifica con un numero ogni cittadino della repubblica della Bosnia Erzegovina; le proteste avvenute in Bosnia nel luglio del 2013 con grandi striscioni JMBG, vedi foto ripresa sotto, indicano quindi proteste a nome di tutti i cittadini]
Ieri venerdì 7 febbraio 2014 si sono dimessi il premier del Cantone di Tuzla (SDP) e l’intero governo del cantone di Zenica (guida SDP), oggi il premier del cantone di Sarajevo (SDA), sono chieste a gran voce quelle del premier del Cantone Una-Sana a Bihac (SDP)..
L’impressione è che soprattutto a Tuzla ci sia un movimento strutturato e una leadership consapevole.
2. Proclama dei lavoratori e cittadini del Cantone di Tuzla, per il bene di tutti noi.
[7 febbraio 2014]
Oggi a Tuzla si crea un nuovo futuro! Il governo [cantonale] ha dato le dimissioni, col che è soddisfatta la prima richiesta dei dimostranti e si sono create le condizioni per risolvere i provblemi esistenti. La rabbia e la collera accumulate sono la causa dei comportamenti violenti. L’atteggiamento delle autorità ha fatto sì che rabbia e frustrazione escalassero.
Ora, in questa nuova situazione, vogliamo che rabbia e collera si indirizzino verso la costruzione di un sistema di potere produttivo e utile. Ci appelliamo a tutti i cittadini perchè appoggino la realizzazione delle seguenti richieste:
1. Mantenimento dell’ordine pubblico grazie alla collaborazione fra cittadini, polizia e protezione civile, così da evitare qualsiasi criminalizzazione, politicizzazione e qualsiasi manipolazione delle proteste.
2. Costituzione di un governo tecnico, composto da membri esperti, apartitici e non compromessi, che non abbiano finora ricoperto nessun mandato a qualsiasi livello di potere, che guidi il Cantone di Tuzla fino alle elezioni del 2014 [ottobre]. Questo governo avrà l’obbligo di sottomettere settimanalmente il suo piano di lavoro e una relazione sul lavoro svolto, e di realizzare gli scopi assegnati. Il lavoro del governo è seguito da tutti i cittadini interessati.
3. Soluzione, per via urgente, della questione della regolarità della privatizzazione delle ditte: Dita, Polihem, Poliolhem, Gumara e Konjuh così che:
· Si coprano i contributi e si assicuri l’assicurazione sanitaria ai lavoratori
· Si processino i crimini economici e tutti gli attori che vi hanno preso parte
· Si requisisca tutta la proprietà acquisita illegalmente
· Si annullino i contratti di privatizzazione
· Si proceda alla revisione delle privatizzazioni
· SI rendano le fabbriche ai lavoratori e si mettano sotto controllo degli organi pubblici al fine di preservare l’interesse pubblico, e si dia inizio alla produzione nelle fabbriche in cui ciò sia possibile.
4. Parificazione delle indennità dei rappresentanti delle autorità ai salari dei lavoratori del settore pubblico e privato.
5. Eliminazione dei benefici aggiuntivi per i rappresentanti delle autorità oltre allo stipendio, come i gettoni per la partecipazione a commissioni, consigli e altri organi, così come ogni altra indennità illogica e ingiustificata cui non abbiano diritto tutti i lavoratori.
6. Eliminazione delle indennità a ministri e ad altri eventuali funzionari all’espirare o all’interrompersi del loro mandato.
Questo Proclama è emanato dai lavoratori e cittadini del Cantone di Tuzla, per il bene di tutti noi.
3. Andrea Rossini : Bosnia Erzegovina. La rivolta
[www.balcaniecaucaso.org, 7 febbraio 2014]
La protesta iniziata mercoledì 5 febbraio 2014 dagli operai di Tuzla si è estesa a tutto il paese. A fuoco le sedi dei governi cantonali di Tuzla, Zenica e Sarajevo, dove è stata attaccata anche la Presidenza
Una protesta operaia iniziata con una manifestazione di alcune centinaia di persone mercoledì a Tuzla si è gradualmente estesa a tutti i principali centri del paese, trasformandosi nel maggiore movimento di protesta in Bosnia Erzegovina dalla fine della guerra. Migliaia di giovani e disoccupati hanno raccolto il segnale lanciato da Tuzla, un tempo importante polo produttivo e industriale, indirizzando la propria rabbia contro edifici e sedi istituzionali e contro le forze dell’ordine. Le dimostrazioni sembrano crescere di intensità con il passare delle ore, e sono forti in particolare nella Federazione di Bosnia Erzegovina, una delle due entità in cui il Paese è diviso dagli Accordi di Pace di Dayton del 1995. Anche in Republika Srpska tuttavia, l’entità a maggioranza serba, ci sono state manifestazioni di solidarietà con i dimostranti della Federazione.
Nella giornata di oggi i manifestanti sono riusciti ad avere il sopravvento sulle forze di polizia e hanno dato alle fiamme prima la sede del governo cantonale a Tuzla, un edificio di 16 piani, poi quello di Sarajevo, dopo violenti scontri a Skenderija nel corso dei quali la polizia ha sparato proiettili di gomma e granate assordanti. La televisione bosniaca ha riferito anche di negozi saccheggiati, sempre a Sarajevo, dove sono anche state date alle fiamme diverse automobili della polizia e mezzi privati. Nella capitale bosniaca le proteste sono particolarmente forti e, al momento in cui scriviamo, giunge la notizia che anche la sede della Presidenza del paese sta andando a fuoco. [vedi foto riportate prima e dopo questo testo]
Manifestazioni e proteste si sono tenute o sono state annunciate anche a Mostar, Kakanj, Brčko, Sanski Most, Prijedor, Banja Luka, Gračanica, Bihać, Zavidovići e in altri centri.
Il premier del cantone di Tuzla ha dato oggi le dimissioni mentre il Primo ministro della Federazione, Nermin Nikšić, ha dichiarato al termine di una riunione di emergenza che “i lavoratori lasciati senza i diritti fondamentali, come la pensione e l’assicurazione sanitaria, vanno distinti dagli hooligan che usano questa situazione per creare il caos.”
La presenza all’interno delle manifestazioni di gruppi di ultras non è tuttavia sufficiente per spiegare le dimensioni e la rabbia di una protesta che sta coinvolgendo diversi segmenti della società, in forme ancora contraddittorie. A Tuzla, ad esempio, diversi dimostranti hanno aiutato i pompieri nel cercare di spegnere l’incendio della sede del governo cantonale, diversamente da quanto avvenuto a Zenica. Anche la sede del governo del cantone di Zenica-Doboj, infatti, è stata incendiata. Qui però, come ha riferito l’agenzia di stampa Anadolija, i mezzi dei vigili del fuoco sono stati bloccati dai manifestanti.
Gli operai di Tuzla, mercoledì scorso, protestavano contro la chiusura di cinque grandi fabbriche, dichiarate fallite dopo essere state privatizzate, e chiedevano l’intervento delle istituzioni. La loro vicenda, però, è subito divenuta la scintilla che ha convogliato il malessere generale di un paese dove il tasso di disoccupazione ufficiale sfiora il 30%, ma quello giovanile sale al 60%. Una dimostrante di Tuzla, citata dai media locali, aveva subito dichiarato che “la gente non ha più da mangiare, ha fame, i giovani non hanno lavoro, non c’è più assicurazione medica, ai cittadini non sono garantiti i diritti elementari. Non può andare peggio di così.”
Zdravko Grebo, docente all’Università di Sarajevo e noto attivista per i diritti umani, ha dichiarato che spera queste manifestazioni siano l’inizio di una “primavera bosniaca”.
La nozione di primavera bosniaca si sta in effetti diffondendo. Anche Danis Tanović, il noto regista bosniaco premio Oscar per il film “No man’s land”, ha postato su Instagram un breve messaggio che dichiara l’arrivo della primavera. È ancora presto tuttavia per dire se questa esplosione di rabbia verrà ricondotta ai recinti etnici che hanno dominato la politica della Bosnia Erzegovina negli ultimi 20 anni, oppure se stiamo davvero assistendo ad un cambiamento.
Altri movimenti che avevano fatto sperare in un’evoluzione del dibattito politico bosniaco, fermo alle categorie imposte dai nazionalisti nella guerra degli anni ’90, sono rapidamente scomparsi dalla scena pubblica. È stato questo il caso ad esempio della cosiddetta “bebolucija”, la protesta diretta l’anno scorso contro la classe politica per la sua incapacità di tutelare i diritti dei nuovi nati, o di altri movimenti affacciatisi alla scena negli anni precedenti, come quello nato a seguito dell’uccisione di Denis, uno studente, avvenuta a Sarajevo nel 2008, o di Vedran, tifoso dell’FK Sarajevo, avvenuta a Široki Brijeg. In quel caso, però, si trattava di movimenti per lo più urbani, con una forte connotazione sarajevese. Ora tutto il Paese sembra in rivolta, e la rabbia più forte.
Category: Osservatorio internazionale