Roberto Dall’Olio: Nel centenario del genocidio degli armeni
NEL CENTENARIO DEL GENOCIDIO DEGLI ARMENI
non gettiamo il veleno
dell’oblio
nei mari di grano
del poeta Varujan
la sua stella
brilla
per tutti
nel cimitero azzurro
del popolo Armeno
1. Papa Francesco: Nel centesimo anniversario del genocidio degli armeni 12 aprile 2015- 12 aprile 1915
Quella tragedia, ha detto papa Francesco all’inizio della messa in San Pietro a 100 anni dal “martirio”, ha colpito il popolo armeno “insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci”. “Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi”, ha ricordato. “Le altre due” del secolo scorso “furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo – ha aggiunto – E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente”.
Bergoglio ha insistito sulla necessità di ricordare le vittime: “Ricordarle è necessario, anzi, doveroso – ha aggiunto – perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!”. Ma il Papa non ha dimenticato, anche oggi, di citare le persecuzioni subìte dai cristiani: “Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi – oppure costretti ad abbandonare la loro terra. Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?’; ‘Sono forse io il custode di mio fratello?'”.
Governo turco convoca ambasciatore Vaticano per protesta. La reazione della Turchia alle parole del Papa non si è fatta attendere: è stato subito convocato l’ambasciatore vaticano – il nunzio apostolico Antonio Lucibello – per una protesta formale. Ankara ha espresso “la forte irritazione” per le parole pronunciate da Francesco. Ed ha aggiunto che questo provocherà un problema di fiducia nei rapporti con la Santa Sede. Il governo turco, sebbene lo scorso anno il premier Recep Tayyip Erdogan abbia presentato per la prima volta le “condoglianze” della Turchia ai discendenti delle vittime, continua a rifiutare di riconoscere l’esistenza del genocidio, una posizione che è da sempre elemento di frizione con l’Unione europea.
L’utilizzo del termine “genocidio” da parte di Bergoglio costituisce dunque un elemento politico forte. Non a caso più tardi il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, l’ha definito “senza fondamento” e “lontano dalla realtà storica”. “La dichiarazione del Papa, che è lontano dalla realtà legale e storica, non può essere accettata”, ha detto sul suo account di Twitter il capo della diplomazia turca, aggiungendo che “i leader religiosi non devono alimentare le tensioni e l’odio con affermazioni infondate”. Una dichiarazione cui è seguita la scelta di richiamare ad Ankara l’ambasciatore presso la Santa Sede.
La polemica con il Vaticano precede di due mesi le cruciali elezioni politiche turche del 7 giugno. In vista di questa scadenza il presidente islamico Recep Tayyip Erdogan sta adottando posizioni sempre più rigide sulle questioni nazionali più delicate, nella speranza di arginare la fuga di voti dal suo partito Akp verso i nazionalisti del Mhp.
Il messaggio di Francesco – “Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh”, ha affermato Papa Bergoglio nel suo Messaggio agli Armeni. “Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco – aggiunge il Papa -. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace”. Nel testo, in copie autografe in italiano e in lingua armena, consegnato al termine della Messa a Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli armeni cattolici, e a Ser Sargsyan, presidente della Repubblica di Armenia, si legge: “Un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo. Non vi è famiglia armena ancora oggi che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari”.
Genocidio riconosciuto da circa venti Paesi. Il genocidio armeno è riconosciuto da una ventina di Paesi, tra cui Italia, Argentina, Uruguay, Francia, Svizzera, Russia e Parlamento europeo. Giovanni Paolo II ha menzionato il termine “genocidio” in un documento firmato nel 2001 dal patriarca armeno, e Jorge Bergoglio aveva già impiegato il termine prima di diventare Pontefice nel 2013 e almeno una volta in privato. Ma è la prima volta che un Papa pronuncia il termine in pubblico. Il primo Paese al mondo a riconoscere il genocidio armeno, nel 1965, fu l’Uruguay. Lo seguirono altri Parlamenti: Russia (1994), Olanda (1994), Grecia (1996), Francia (2001), Italia (2001), Svizzera (2003), Canada (2004), Argentina (2005), Svezia (2010) e Bolivia (2014). Alcuni Paesi – come la Svizzera o la Slovacchia – ne sanzionano anche la negazione (un tribunale federale svizzero nel 2007 ha anche condannato un negazionista). Nel 2013, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che processare e condannare qualcuno per negare il genocidio armeno costituisce un attentato contro la libertà di espressione. La sentenza è stata emessa da un tribunale di prima istanza ed ora è in corso di riesame
2. Il genocidio armeno del 12 aprile 1915
wikipedia
L’espressione genocidio armeno, talvolta olocausto degli armeni o massacro degli armeni (in inguai armena Հայոց Ցեղասպանութիւն Hayoc’ C’eġaspanowt’yown o Մեծ Եղեռն Medz Yeghern “grande crimine”, in turco Ermeni Soykırımı “genocidio armeno”, a cui talvolta viene anteposta la parola sözde, “cosiddetto” o Ermeni Techiri “deportazioni armeni”) si riferisce a due eventi distinti ma legati fra loro: il primo è relativo alla campagna contro gli armeni condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II negli anni 1894–1896; il secondo è collegato alla deportazione ed eliminazione di armeni negli anni 1915–1916. Il termine “genocidio” è associato soprattutto al secondo episodio, che viene commemorato dagli armeni il 24 aprile.
Nello stesso periodo storico l’Impero Ottomano aveva condotto (o almeno tollerato) attacchi simili contro altre etnie (come gli assiri e i greci), e per questo alcuni studiosi credono che ci fosse un progetto di sterminio.
Sul piano internazionale, ventuno stati hanno già ufficialmente riconosciuto un genocidio negli eventi descritti
In data 12 aprile 2015 papa Francesco parla di genocidio, citando una dichiarazione del 2000 di Papa Giovanni Paolo II e del patriarca armeno. Questo in occasione della messa di commemorazione del centenario in San Pietro, dichiarando che «è ampiamente considerato il primo genocidio del XX secolo»o
Primo massacro armeno
Nel 1890 nell’Impero ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in maggioranza appartenenti alla Chiesa apostolica armena . Gli armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l’indipendenza, poiché la Russia aspirava ad indebolire l’Impero ottomano per annetterne dei territori ed eventualmente appropriarsi di Costantinopoli . Per reprimere il movimento autonomista armeno, il Governo ottomano incoraggiò fra i curdi, che popolavano anch’essi il territorio dell’Armenia storica, sentimenti di odio anti-armeno.
L’oppressione che dovettero subire dai curdi e l’aumento delle tasse imposto dal governo turco esasperò gli armeni fino alla rivolta, alla quale l’esercito ottomano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894).
Due anni dopo, probabilmente per ottenere visibilità internazionale, alcuni rivoluzionari armeni occuparono la banca ottomana a Istanbul . La reazione fu un pogrom anti-armeno da parte di turchi ottomani in cui persero la vita 50.000 armeni.
Secondo massacro armeno
Rafael de Nogales Méndez (1879-1936), ufficiale di origine venezuelana che ha servito nell’esercito ottomano, riportò un resoconto dettagliato dei massacri nel suo libro Quattro anni sotto la mezzaluna
Nel periodo precedente la prima guerra mondiale nell’impero ottomano si era affermato il governo dei «Giovani Turchi». Essi avevano paura che gli armeni potessero allearsi coi russi, di cui erano nemici. Il 1909registrò uno sterminio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia.
Nel 1915 alcuni battaglioni armeni dell’esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro fila armeni che prima avevano militato nell’esercito ottomano. Intanto l’esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli. L’operazione continuò l’indomani e nei giorni seguenti. In un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al Parlamento furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati lungo la strada. Friedrich Bronsart von Schellendorf, il Maggiore Generale dell’Impero Ottomano, viene “dipinto come l’iniziatore del regime delle ri-luoghi armeni”.
Arresti e deportazioni furono compiute in massima parte dai «Giovani Turchi». Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce della morte furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco in collegamento con l’esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano (e oggi con la Turchia) e si possono considerare come “prova generale” ante litteram delle più note marce ai danni dei deportati ebrei durante la seconda guerra mondiale. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e dall’esercito turco. Le fotografie di Armin T. Wegner sono la testimonianza di quei fatti. Malgrado le controversie storico-politiche, che saranno trattate nella sezione che segue, un ampio ventaglio di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno, e soprattutto molte fonti occidentali enfatizzano la “scientifica” programmazione delle esecuzioni. Secondo lo studioso tedesco Michael Hesemann, si dovrebbe più compiutamente parlare di genocidio cristiano, cosi scrive nel suo libro pubblicato nel 2012 Völkermord an den Armeniern, Ed. Herbig Verlag.
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