Religions for peace: Uccidere persone in preghiera abusando del nome di Allah. Esiste blasfemia più grande?
1. Comunicato Religions for peace (sezione italiana)
Uccidere, abusando del nome di Allah, persone in preghiera all’interno del proprio luogo di culto: esiste blasfemia più grande ?
Esprimiamo tutta la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime, ai loro amici ed a tutto il popolo ebraico; siamo anche molto rattristati per il grande disagio dei fedeli musulmani che vedono profanare in tal modo il nome di Allah. Preghiamo ed operiamo per disintossicare i nostri cuori dai veleni del disprezzo, dell’odio, dell’invidia e della vendetta, che accecano le nostre menti e seminano morte e distruzione, spesso paradossalmente in nome di “valori più grandi”.
Condividiamo la dichiarazione del CONSIGLIO DELLE ISTITUZIONI RELIGIOSE DELLA TERRA SANTA
I LEADERS RELIGIOSI ESPRIMONO SHOCK ED ORRORE – UNA GUERRA DI RELIGIONE SAREBBE DISASTROSA PER TUTTI
Il Consiglio delle Istituzioni Religiose della Terra Santa ( che abbraccia Il Rabbinato in Capo di Israele, le Corti della Sharia Palestinesi ed i Patriarcati ed i Vescovati locali ) esprimono il proprio shock ed orrore per le uccisioni ed i ferimenti di fedeli in preghiera nella sinagoga di Har Nof.
Tali azioni omicide specialmente in una casa di preghiera rappresentano l’abuso estremo della religione. Noi richiamiamo tutti i leaders religiosi, politici e civili a fare il massimo per prevenire la trasformazione di conflitti politici locali in guerre di religione, le cui conseguenze sarebbero disastrose per tutti
“Ho provato a scappare. L’uomo con il coltello mi si è avvicinato. Fra noi c’erano una sedia e il tavolo, ha preso il mio scialle da preghiera, io l’ho lasciato lì e sono scappato”, racconta alla tv israeliana Channel 2 un testimone che si trovava nella sinagoga al momento dell’attacco. Si tratta dell’attentato con più vittime a Gerusalemme da anni e probabilmente inasprirà le tensioni e i timori di violenze in città, dove la situazione è già tesa in relazione agli scontri per l’accesso alla Spianata delle moschee, luogo sacro sia per ebrei che musulmani. Il mondo arabo, infatti, teme di vedersi privare l’accesso alla Spianata dopo l’escalation di violenze iniziata due settimane fa, quando un gruppo di attivisti ebrei è voluto entrare nell’area per pregare per la salute del rabbino Yehuda Glick, ferito da un presunto attentatore palestinese perché si batteva per la costruzione di un tempio ebraico nella Spianata. Ma la rabbia dei palestinesi è stata anche scatenata dagli annunci di Tel Aviv riguardo a 1.060 nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania.
E mentre il presidente palestinese Abu Mazen ha condannato “l’uccisione dei fedeli ebrei a Gerusalemme e di altri civili ovunque essi siano”, l’attacco del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman è proprio contro Abu Mazen che “sta intenzionalmente trasformando il conflitto arabo-israeliano in una guerra di religione tra ebrei e musulmani”. Lieberman ha poi aggiunto che Abu Mazen incoraggia questo tipo di attacchi definendo gli ebrei “impuri” e inadatti alla preghiera sul Monte del Tempio. Un atteggiamento che “deve essere denunciato dalla comunità internazionale”, ha concluso il ministro degli Esteri israeliano. Pronta la condanna del segretario di Stato americano, John Kerry: “Atto di puro terrore e di insensata brutalità e violenza”, sono le parole del segretario Usa seguite da quelle del presidente Barack Obama: “Non c’è giustificazione per questi atti sui civili”. Si dice “inorridito” l’ambasciatore Ue in Israele Lars Faaborg-Andersen. “Ferma condanna” del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, mentre il primo ministro David Cameron si dice “costernato dall’orribile attacco”.
Oltre a condannare l’attacco alla sinagoga, però, il presidente palestinese Abu Mazen ha anche chiesto a Israele di porre fine alle “provocazioni” legate alla Spianata delle moschee. Israele dovrebbe fermare “l’invasione” della Spianata e “l’incitamento” alle tensioni da parte dei suoi ministri. La scorsa settimana le tensioni sembravano essersi placate a seguito di un incontro fra il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il segretario di Stato americano John Kerry e il re Abdullah II di Giordania ad Amman. Si era trattato di un tentativo di ripristinare la calma dopo mesi di confronti violenti proprio intorno alla Spianata. Allora israeliani e palestinesi avevano detto che avrebbero intrapreso azioni mirate a ridurre la tensione e a evitare un’escalation di violenze.
Category: Culture e Religioni, Osservatorio internazionale, Osservatorio Palestina