Raimondo Bultrini: L’india che vuole sterilizzare mussulmani e cristiani
Diffondiamo dal blog di Raimondo Bultrini che vive in Thailandia e scrive su la Repubblica del 15 aprile 2015
Lo Shiv Sena è un partito considerato di estrema destra hindu, ovvero fondamentalista. Oggi non è più al governo del Maharastra e ha perso da tre anni il suo carismatico fondatore, l’ex vignettista Bal Thackeray che voleva uno Stato per i marathi – la maggioranza della popolazione – e la cacciata di quasi tutti gli altri, oltre a un controllo stretto della comunità islamica (“I musulmani – disse – stanno crescendo come un cancro e andrebbero trattati come un cancro”). Nonostante tutto, ha ancora un peso rilevante nella società indiana, specialmente nello Stato che ha per capitale Mumbai.
Il movimento oggi retto dal figlio di Bal, il più moderato Uddhav (nella foto in alto quando saluta la salma di suo padre Bal Thackeray) , continua a essere legato burrascosamente all’altro partito ultrareligioso del sistema politico nazionale, il potente Bjp oggi al governo della federazione degli Stati indiani e dello stesso Maharastra, eletto in entrambi dopo anni di governo del Congresso. Spesso anche le dichiarazioni estreme in materia religiosa o morale di alcuni esponenti del Sena e del Bjp si assomigliano, anche se il partito del premier Narendra Modi – più esposto alla diplomazia internazionale – cerca di contenere la verve polemica dei suoi uomini e donne.
Molti degli eredi di Thackeray sono stati in gran parte eletti al Parlamento regionale e nazionale proprio grazie alla popolarità delle loro idee estreme, al limite dell’abisso ultra-nazionalista e razzista. Il loro cavallo di battaglia è la salvezza dell’identità induista del Continente, ad esempio attraverso le proposte di revisione dei testi scolastici di storia troppo occidentalizzati, o le censure di film, documentari, testi e libri troppo controversi in materia etica e religiosa.
Secondo un editoriale del quotidiano dello Shiv Sena, il “Saamma”, si sarebbe fatto troppo rumore attorno a queste dichiarazioni a suo dire maltradotte. Cio’ che voleva esprimere Deva Sadhvi – interpreta il giornale di partito – è che occorre una pianificazione familiare per evitare serie conseguenze dall’aumento della popolazione di queste minoranze.
Per questo il giornale ha esortato i leader musulmani ad applicarla presso le loro comunità. “La popolazione dei musulmani in India – si legge – sarà più numerosa che in Pakistan e Indonesia. Un male per la cultura e il tessuto sociale di una nazione indù”. E ancora: “Pianificazione familiare e controllo della popolazione sono la stessa cosa”, dice l’editoriale, che usa il termine indiano ‘nasbandi’ – traducibile anche con sterilizzazione – del quale si scusa aggiungendo che, comunque lo si chiami, il risultato “è nel migliore interesse del Paese e della comunità musulmana”.
Qual è il beneficio che ne trarrebbero gli islamici – oggi tra il 10 e il 13 per cento della popolazione – è presto detto: “Con la pianificazione familiare – scrive Saamma – essi saranno in grado di nutrire e educare i figli e condurre una vita migliore”. Così hanno ripetuto i leader dello Shiv Sena e Owaisi Assauddin, capo dell’associazione islamica Như Ittihadul-e-Muslimeen, al quale è stato anche chiesto di accettare, oltre al piano di riduzione delle nascite, anche il divieto per le donne islamiche di indossare la burqa.
Non si sa quale sia stata la reazione di Assauddin, ma l’editoriale volge al termine usando una profezia forte per le generazioni a venire. “Di questo passo assisteremo alla formazione di un nuovo Pakistan che non potrà garantire uno stile di vita consono e salutare per i musulmani”.
Pochi mesi fa, a novembre, 15 donne nello Stato di Chhattisgarh sono morte in un solo giorno sotto i ferri in uno delle migliaia di campi “per la pianificazione delle nascite” dove l’igiene e l’assistenza sono talmente scarse da rasentare l’omicidio. In queste catene di montaggio per aborti e sterilizzazioni, oltre 4 milioni di donne indiane – e appena 100 mila uomini, secondo statistiche ufficiali – sono state operate all’utero nel solo biennio 2013-2014. Non ci sono dati sul numero di musulmane. Le morti conseguenti sono state più di 700, causate da interventi chirurgici sbagliati, responsabili anche di centinaia di casi di complicazioni spesso gravi.
Nel solo Bihar il ministero della Sanità ha pianificato di chiudere le tube di 650 mila donne e 12mila uomini l’anno nei 12mila campi sparsi in tutto lo Stato, il più popoloso dell’India. Ma in parecchi altri Stati vengono offerti incentivi spesso di 10 dollari, sufficienti per convincere i più poveri tra i poveri a sottoporsi all’intervento con tutti i rischi conseguenti. Secondo dati delle Nazioni Unite, del 49 per cento di coppie indiane che praticano un controllo delle nascite, circa tre quarti delle donne si fa sterilizzare.
Nonostante tutto, dall’Indipendenza sono nati 900 milioni di nuovi indiani ed entro il 2030 il Continente supererà il numero degli abitanti cinesi. Anche se il problema demografico riguarderà l’intera popolazione e non la sola minoranza musulmana o cristiana, le dichiarazioni dello Shiv Sena di questi giorni anticipano la natura del potenziale conflitto futuro.
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