C’è un dettaglio importante nella decisione del giudice monocratico di Mansura di scarcerare Patrick Zaki. Un particolare che va oltre la cronaca di oggi e di tutta la sua vicenda. In attesa di stabilire se la Procura dello Stato deciderà di fare appello alla decisione della Corte di far uscire di prigione lo studente dell’università di Bologna, che rimane comunque imputato, il provvedimento rappresenta la prima buona notizia sull’asse dei rapporti Egitto-Italia sul fronte della giustizia e dei diritti umani. Siamo alla vigilia del sesto anno dalla scomparsa e poi dal ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni, avvenuto il 3 febbraio del 2016. Da quel giorno, a parte le aperture di facciata tra procure sul fronte giudiziario, tra i due Paesi le relazioni su questo fronte sono state molto fredde. Il regime di Abdel Fattah al-Sisi ha prima fatto di tutto per derubricare il rapimento e l’omicidio di Regeni a un fatto di pura criminalità ordinaria, tra depistaggi e azioni diaboliche (vedi lo sterminio della presunta banda composta da membri di una famiglia che nulla aveva a che vedere con la morte del ricercatore friulano). Successivamente ha arrestato e messo in carcere lo studente Erasmus con accuse discutibili. Oggi, seppur ancora distanti dall’obiettivo finale, ossia la piena assoluzione del giovane egiziano arrestato all’aeroporto del Cairo il 7 febbraio scorso, qualcosa si è mosso.