Maurizio Scarpari: Ucraina e Cina, per una soluzione rapida del conflitto.

| 6 Marzo 2022 | Comments (0)

 

 

 

 

 

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L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo rappresenta una tragedia per milioni di persone, con un potenziale distruttivo che potrebbe sfociare, se non fermato in tempo, in un conflitto più esteso che coinvolgerebbe non solo l’Europa e la Nato, ma il mondo intero. Comunque andranno le cose, nulla sarà più come prima, si creeranno ulteriori divisioni e si rinfocoleranno rancori che il tempo difficilmente riuscirà a lenire.

Al di là delle motivazioni che hanno spinto Vladimir Putin a sferrare un attacco che si è rivelato ben più complesso di quanto lui stesso potesse immaginare, e al di là anche delle diverse valutazioni, interpretazioni e prese di posizione, è urgente che tutti facciano un passo indietro e che intervenga con determinazione qualcuno in grado di far tacere le armi prima che la situazione degeneri ancor di più e sfugga a ogni controllo.

E chi potrebbe essere più determinante della Cina, visto il suo peso internazionale? Ha un rapporto privilegiato con la Russia (“amicizia senza limiti” la loro) e buone relazioni con l’Europa e i suoi membri, ha l’ambizione di svolgere un ruolo da grande potenza responsabile e di essere riconosciuta come tale, ed è al centro di enormi interessi politici, economici e commerciali. Non c’è candidato migliore nella mediazione, anche alla luce di quei principi di armonia e di pace che sono alla base della dottrina della “comunità umana dal futuro condiviso” a cui tutti dovrebbero aspirare, reinterpretazione in chiave moderna di quel cosmopolitismo etico e umanistico di stampo confuciano che rappresenta uno dei maggiori contributi della cultura cinese alla civiltà mondiale. Il concetto di “comunità umana dal futuro condiviso” rappresenta, nelle parole di Xi Jinping, il fulcro ideale della politica internazionale della Cina, mirando a “creare un mondo migliore” e a “offrire vite migliori ai nostri popoli”.

Dopo i numerosi avvertimenti della diplomazia statunitense alle autorità cinesi nei tre mesi che hanno preceduto l’invasione, caduti tutti nel vuoto, e dopo l’incontro amichevole e solidale con Putin del 4 febbraio scorso, avvenuto a Pechino in occasione dell’apertura dei Giochi olimpici invernali, è di tutta evidenza che il governo cinese non poteva essere all’oscuro dei progetti di Putin. Ciò nonostante Xi Jinping ha siglato importanti commesse per l’acquisto di gas e di grano, essenziali per sostenere l’economia russa e compensare le forti perdite derivanti dalle sanzioni che, giuste o sbagliate che siano, sarebbero inevitabilmente arrivate, colpendo duramente la già debole struttura economica della Russia e rischiando di creare un’ulteriore emergenza umanitaria. Fin dall’inizio delle operazioni militari, non a caso avviate subito dopo la conclusione dei Giochi, la Cina ha deciso di tenere una posizione distaccata, astenendosi nelle votazioni di condanna tenutesi all’Onu, glissando nelle due telefonate che il ministro degli affari esteri Wang Yi ha avuto con il segretario di stato americano Antony Blinken e restando sostanzialmente in silenzio, fatta eccezione per alcune dichiarazioni generiche e perlopiù contraddittorie che affermano l’auspicio del governo cinese per una rapida ricomposizione del conflitto e il rispetto del principio di sovranità e integrità territoriale dei paesi sovrani, ma che esprimono, al tempo stesso, grande comprensione per le ragioni avanzate da Putin e dalla diplomazia russa a giustificazione dell’invasione, con imbarazzanti disquisizioni semantiche sui termini “invasione” e “guerra”. Tale ambiguo atteggiamento è stato mantenuto anche dopo la telefonata del 25 febbraio scorso tra Xi e Putin che, in un primo momento, sembrava aprire la possibilità che il presidente cinese si assumesse un ruolo di mediatore, aspettativa che presto si è rivelata essere una pia illusione, per ragioni che sfuggono alla nostra comprensione. Evidentemente per entrare in campo nel ruolo di Grande Mediatore sembra esserci ancora tempo.

Xi ha perso così l’opportunità di dimostrare al mondo ora, nel momento in cui la tragedia di un popolo si va consumando, che le “parole non sono semplici cinguettii”, come avrebbe detto Zhuangzi, uno dei padri del daoismo filosofico classico, ma che al contrario hanno un peso reale, soprattutto se in gioco ci sono vite umane, anche di civili, donne e bambini inclusi, e valori come la pace e l’armonia. Sarebbe stata quella l’occasione ideale per porre in una dimensione diversa la “alleanza strategica” siglata il 4 febbraio in funzione ostentatamente anti-occidentale e anti-democratica, risposta inevitabile al “Summit per la democrazia” del dicembre 2021 voluto da Joe Biden, che ha, di fatto, formalizzato la polarizzazione del mondo in blocchi, democrazie versus autarchie. Sarebbe stata anche l’occasione per dare valore e significato alla “amicizia senza limiti” tra i due leader e agli accordi siglati a margine dell’incontro. E come non rilevare che all’interno del paese il vigile e onnipresente dipartimento della propaganda del partito comunista ha limitato al massimo l’informazione sui media, accreditando la narrazione russa della “operazione militare speciale” in Ucraina a difesa del Donbass, riservando pochissimo spazio anche nella principale televisione di stato all’evolversi della situazione, incoraggiando piuttosto le manifestazioni di sostegno, soprattutto nei social, nei confronti di Putin e dell’invasione da lui intrapresa, censurando con prontezza ogni tipo di intervento contrario al leader russo e alla guerra: l’oscuramento dopo meno di tre ore dalla sua pubblicazione della lettera a firma di cinque autorevoli professori universitari, un vero e proprio manifesto per la pace che chiedeva l’immediato cessate il fuoco, ne è l’esempio più lampante (v. “Ucraina, cosa fa la Cina? Manifesto cinese (subito oscurato) contro la guerra” in questa rivista).

Rimanere alla finestra a guardare in nome di principi, ideologie e interessi di parte non fa onore al leader di una potenza del calibro della Cina, né al suo popolo, che in passato ha vissuto immani tragedie a causa di invasioni e di politiche economiche rovinose, e che quindi può capire meglio di tanti altri il valore della vita, della pace e della stabilità politica e sociale. Non si permetta che, ancora una volta, vengano riproposti i momenti peggiori della storia e che a parlare siano le armi, non si perda l’occasione di dare concretezza alle belle parole, intervenga subito Xi Jinping, con tutta l’autorevolezza e il peso politico ed economico che può mettere sul piatto della bilancia, per riportare il suo “migliore amico” alla ragionevolezza, ponendo fine, lui che davvero potrebbe, a questa immane tragedia, prima che la situazione sfugga del tutto a ogni controllo, anche al suo, e prima che si affermi la convinzione che Putin non avrebbe mai potuto invadere l’Ucraina e creare l’emergenza umanitaria e i rischi di destabilizzazione che sono sotto gli occhi di tutti senza essersi assicurato per tempo la compiacente, e se così fosse non disinteressata, copertura di Pechino.

Category: Dibattiti, Osservatorio Cina, Osservatorio Europa, Osservatorio internazionale

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

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