Le “madri” di Istanbul rispondono all’ultimatum di Erdogan

| 23 Giugno 2013 | Comments (0)

 

 

Le “madri” di Istanbul rispondono all’ultimatum di Erdogan, che le invitava ad “andare in piazza per prendere i loro figli”, srotolando un centrino gigante dal museo di Ataturk: “Non toccate i nostri ragazzi, devono restare qui !” (foto diffusa il 15 giugno 2013).

Sulle donne nella rivolta di Istanbul   riproduciamo questo articolo di Alberto Tetta pubblicato il 14 giugno 2013 su Lettera 43, quotidiano on line indipendente.

 

 

Alberto Tetta:  Donne in prima fila nella rivolta di Istanbul

CEYDA SUNGAR DONNA SIMBOLO DELLA RIVOLTA IN TURCHIA. Una ragazza con un abito rosso che usa il proprio corpo come scudo davanti a un cordone di poliziotti in assetto anti-sommossa, mentre un agente le spruzza addosso un getto di gas lacrimogeno.
Una signora anziana, ribattezzata dalla Rete la Nonna ribelle, che tende la fionda all’indirizzo delle forze dell’ordine.
Sono solo due delle donne che da fine maggio partecipano alla mobilitazione turca contro la demolizione del parco Gezi di Istanbul e, in seconda battuta, contro l’autoritarismo del presidente Recep Tayyip Erdogan.

CON E SENZA IL VELO. Sono sindacaliste, intellettuali, giornaliste, attrici, operaie e militanti della sinistra, indossano casco, occhialini e mascherine anti-gas sul volto per opporsi alla polizia. Qualcuna porta il velo, altre no.
Le femministe, che hanno un loro spazio all’entrata del parco, insieme con il gruppo lesbo-gay-bisex e trans hanno iniziato a promuovere una campagna contro l’uso di espressioni sessiste e omofobe durante le manifestazione. Dopo gli scontri del 31 maggio si sono armate di secchio e pennello e hanno cancellato gli slogan offensivi dai muri del centro della città.

LE MADRI IN PRIMA LINEA. Alcune di loro, nella notte tra giovedì 13 e venerdì 14 giugno, hanno formato una catena umana per «proteggere i propri figli».
Il serpentone ha attraversato il parco tra gli applausi, al grido di «Abdullah Cömert (uno dei manifestanti che hanno perso la vita, ndr) è nostro figlio», «le madri sono ovunque, la rivolta è ovunque». Una risposta all’ultimatum di Erdogan, che aveva invitato le donne a portare via i bambini dal parco e a proteggerli, in vista della tolleranza zero.
Loro, le donne, hanno risposto con la solita ironia. «Care famiglie dei poliziotti, portate via i vostri ragazzi dal parco, è pericoloso», hanno scritto su un cartello che troneggiava dentro a Gezi.

LA SVOLTA CONSERVATRICE DI ERDOGAN. L’attivismo femminile non deve sorprendere.
La grande esplosione di rabbia sociale seguita allo sgombero del parco Gezi è espressione di uno scontento che covava da tempo in molti settori della società turca.
E in primis tra le donne, perché la svolta conservatrice di Erdogan, declinata in molte forme, ha messo in discussione soprattutto i loro diritti.

CAMPAGNA ANTI ABORTO. Nell’estate 2012 il premier ha condotto una campagna contro l’interruzione volontaria di gravidanza. «L’aborto è un omicidio, non fa nessuna differenza uccidere una vita dentro o fuori il corpo della madre», aveva dichiarato Erdoğan a fine maggio.
Il ministro della Sanità era subito passato all’azione preparando una proposta di legge che permetteva di abortire solo entro la quarta settimana dal concepimento. Di fatto quasi un divieto visto che la grande maggioranza delle donne si accorge di essere incinta più tardi.
Il ‘no’ della popolazione turca – il 55% contrario alla legge – aveva spinto il governo a ritirare la proposta. Ma la possibile svolta conservatrice nell’azione del governo era apparsa chiara fin da allora.

PILLOLA VIETATA. Un anno dopo Erdogan è ritornato alla carica. Nel maggio 2013, poco prima che iniziassero gli scontri,  il parlamento turco ha votato una legge che proibisce la vendita della pillola del giorno dopo senza ricetta medica. La misura rende molto difficile per le donne non sposate, soprattutto nei villaggi e nelle regioni più conservatrici, rivolgersi al proprio medico in caso di gravidanza indesiderata per paura che la propria famiglia venga informata.
Da anni il primo ministro invita le giovani coppie a «fare almeno tre figli» e non fa nulla per nascondere le proprie idee sul ruolo che dovrebbe avere la donna nella società turca: madre e moglie.



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Category: Donne, lavoro, femminismi, Osservatorio internazionale

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