Fulvio Beltrami: Burundi. Stato terrorista, obiettivo Rwanda
Diffondiamo da www. lindro.it (l’approfondimento quotidiano indipendente) una sequenza di articoli di Fulvio Beltrami sul Burundi partendo dall’11 dicembre e arrivando fino al 15 gennaio 2016. C’è una guerra civile in corso tra chi gestisce i massacri genocidari con a capo Pierre Nkurunziza e un esercito di liberazione. Una guerra dimenticata da noi europei.
1. Fulvio Beltrami: Burundi. Guerra mediatica sul genocidio
da www.lindro 15 gennaio 2016
Kampala – Il genocidio burundese, ufficialmente iniziato il 7 novembre 2015, è atipico rispetto a quelli ‘tradizionali’ come nel Rwanda del 1994 o in Europa negli anni Quaranta. Non si assiste a scene di centinaia di migliaia di cadaveri abbandonati lungo le strade della capitale. È un genocidio fatto con il contagocce in quanto il regime ha fallito per ben due volte (06 novembre e 12 dicembre) nel convincere le masse rurali hutu a compierlo. Dinnanzi a questo rifiuto l’ex presidente ha impartito alle forze genocidarie un ordine ben preciso: «Sterminiate i tutsi uno a uno e fateli sparire senza che il mondo se ne renda conto». All’interno del piano genocidario si è subito inserita la componete etnica.
Il regime sta annientando la minoranza tutsi. Su ogni 10 persone uccise, nove sono tutsi. Le cetinaia di testimonianze oculari raccolte dalla Societá Civile e da osservatori indipendenti, dimostrano quanto alcuni negazionisti e siti di informazione occidentali tra cui anche italiani tentano di negare: i burundesi di origine tutsi sono il primo obiettivo. «Le violenze si concentrano sui quartieri e sui villaggi a maggioranza tutsi e sono perpetrati sopratutto da milizie burundesi Imbonerakure (giovani hutu sensibili alla propaganda hutu-power, base ideologica del genocidio ruandese) e dalle FDLR, i loro addestratori» afferma Andrea Spinelli Barrile in un articolo sulla situazione del Paese pubblicato sul IBTimes Italia il 12 gennaio scorso. Il dramma burundese gira ora attorno a due fattori chiave: il riconoscimento del genocidio e la presa di coscienza che il gruppo terrorista ruandese FDLR (autore dell’Olocausto in Rwanda del 1994) è il padrone assoluto del Burundi. Il regime terrorista burundese ha come primo obiettivo quello di condurre a termine il genocidio in atto evitando l’intervento militare della Comunità Internazionale.
Una offensiva mediatica senza precedenti è stata lanciata dal Consigliere della Presidenza Willy Nyamwite detto il Bakame, il Goebbles Burundese. Il 14 gennaio la Presidenza del Burundi ha pubblicato su YouTube in video inchiesta sul genocidio. Il video si basa su presunte interviste alla popolazione. Gli intervistati di diversi distretti del Paese affermano che non esiste nessun genocidio. La maggioranza degli intervistati è tutsi. Le interviste, tutte in Kirundi, ad una attenta traduzione evidenziano la manipolazione del regime. I testimoni affermano che il genocidio è una invenzione del Belgio e del Rwanda. In Burundi ci sarebbe solo qualche disordine e violenza perpetuata da gruppi terroristici guidati dalla opposizione che vogliono rovesciare il governo democraticamente eletto. Secondo le informazioni ricevute dal Burundi, le persone sono state costrette a rilasciare dichiarazioni ‘spontanee’ sotto la minaccia di miliziani genocidari pesantemente armati. La presenza di questi miliziani sarebbe stata nascosta nel video. Ma il colpo grosso inflitto alla Comunità Internazionale da Willy il Bakame è il finto video su presunti massacri avvenuti in un terreno di proprietà del ex presidente Pierre Nkurunziza a Karuzi, nord est della capitale Bujumbura. Il video è stato fatto pervenire a Bernard Maingam, avvocato belga che sta difendendo i militari che tentarono nel maggio 2015 di fermare la follia del regime Nkurunziza attraverso un colpo di stato. Nel video tre giovani oppositori vengono sgozzati e gettati in una fossa comune.
Il brutale assassinio dei tre giovani faceva parte di un addestramento delle Imbonerakure eseguito da dei consiglieri militari congolesi. Obiettivo trasformare i miliziani del partito in spietati serial killer. L’avvocato belga è venuto in possesso del video e delle relative informazioni grazie a dei militari hutu del partito al potere CNDD che disgustati delle atrocitá del regime avrebbero deciso di fornire al mondo intero le prove dei crimini contro l’umanitá commessi. Maingam ha subito inviato la prova video del genocidio alle Nazioni Unite per spingerle ad intervenire nel Paese. La televisione francese France 3, considerandolo autentico, lo ha trasmesso in prima serata nella trasmissione informativa “Grand Soir 3”. Purtroppo Bernard Maingam è caduto in una trappola del servizio di contro informazione del regime gestito da Willy Nyanitwe. Il video si riferisce a delle violenze avvenute in Nigeria nel 2012. I criminali parlano il Hausa una lingua parlata in Nigeria e Niger.
La trappola è stata ben studiata. I media genocidari burundesi come Ihiriho e i media internazionali vicini al regime come Observers France24 hanno inizialmente riprodotto il video trasmesso da France3 come se concordassero sulla sua autenticità. Hanno atteso due ore e sono partiti con la smentita ufficiale. L’intento, riuscito in pieno, era quello di screditare l’avvocato particolarmente impegnato a denunciare i crimini del regime FDLR-CNDD. Un secondo obiettivo, forse ancora più importante è di far passare le denunce di genocidio nel Paese fatte dalla opposizione come false notizie appartenenti ad un complotto regionale contro il governo democratico architettato dal Rwanda. L’avvocato belga è caduto nella trappola in buona fede peccando di ingenuità. Una ricerca sulla rete avrebbe rivelato l’origine del video.
Stesso dicasi per France3. L’avvocato Belga è stato costretto a pubblicare un comunicato stampa per difendersi che ha peggiorato la situazione. Invece di chiarire di essere stato vittima di un raggiro, ha cambiato versione affermando che il video è proiettato in Burundi dai terroristi ruandesi per educare le Imbonerakure sulle tattiche di sterminio. France3 è stata costretta a presentare pubbliche scuse al governo burundese. Il governo burundese ha emesso un comunicato stampa denunciando il falso video e associandolo ad un odioso complotto internazionale contro il Burundi. Non è la prima volta che il regime burundese attua queste guerre di disinformazione tramite foto e video falsi o che non riguardano il Burundi. Avendo chiuso tutti i media indipendenti e impedito ai giornalisti stranieri di poter lavorare seriamente in Burundi, il regime ha il monopolio della informazione e della disinformazione.
I giornalisti specializzati sulla crisi burundese sono continuamente presi di mira con false informazioni e prove costruite. Io ne ricevo almeno tre o quattro al giorno. Sono comunque prove ed informazioni facili da individuare come false se attentamente verificate. Il fervore dell’avvocato belga nel denunciare i crimini in Burundi lo ha spinto a fare questa imprudenza compromettendo la sua credibilitá dinnanzi ai media internazionali e presso le Nazioni Unite –
2. Fulvio Beltrami: Burundi. Stato terrorista, obiettivo Rwanda
da www.lindro, 8 gennaio 2016
Per attuare il piano di controllare il Burundi le FDLR sono consapevoli che devono rimuovere certi ostacoli e crearsi alleanze all’interno del CNDD-FDD. Nonostante che le due organizzazioni condividano l’ideologia di dominio razziale HutuPower, vi sono sempre state delle reciproche diffidenze e resistenze politiche e nazionalistiche. Per poter controllare il CNDD-FDD e il Presidente Nkurunziza, le FDLR iniziano attuare una serie di attentati contro figure chiave della difesa nazionale burundese fedeli a Nkurunziza ma ostili o diffidenti al gruppo terrorista ruandese. Una delle vittime più famose sarà il Generale Adolphe Nshimirimana, numero due del Paese, braccio destro del Presidente, incaricato della sua protezione e mandatario dell’assassinio delle tre suore italiane Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernadetta Boggian.
Nshimirimana viene ucciso in un attentato sabato 01 agosto 2015. Dell’attentato è stata accusata l’opposizione armata. In realtà il commandos che ha ucciso il Generale Nshimirimana era composto dai terroristi ruandesi, secondo fonti interne all’Esercito. Gli attentati e gli arresti dei generali fedeli a Nkurunziza ma avversi alle FDLR continuano. Ultimo attacco, il 4 dicembre 2015, quando il Generale Wakenya (soprannome di Christophe Manirambona) è scampato per miracolo all’imboscata tesa dalle FDRL. Nei giorni scors, l’alto ufficiale delle SNR (i servizi segreti burundesi) Michel Nurweze (alias Rwembe), di stanza a Gitega, è stato arrestato e rinchiuso nella prigione del commissariato di Polizia di Muyinga. Secondo alcune fonti l’arresto sarebbe dovuto a divergenze sorte tra Rwembe e i comandanti delle FDLR che controllano Gitega.
La politica di terrore e eliminazione fisica adottata dalle FDLR contro i vertici del CNDD-FDD, dell’Esercito e della Polizia ha causato o la loro fuga o la loro sottomissione. Consapevoli che il solo terrore non può assicurare un controllo duraturo su strutture di partito e strutture militari e para militari straniere, le FDLR hanno individuato una serie di ‘collaboratori’ e ‘alleati’ tra i quali il più famoso è il Comandante della Polizia Godefroid Bisimana, giudicato affidabile e sicuro dall’Alto Commando FDLR di Goma. Bisimana rientra nella lista dei leader del regime colpiti dalle sanzioni della Unione Europea. Altri collaboratori fedeli delle FDLR sono: il Colonnello Marius Ngendabanka recentemente promosso al rango di Generale di Brigata per la sua ferocia sui civili, il Colonnello Habimana Jean Paul alias Bishinga, pure lui promosso al ragno superiore.
Le diserzioni all’interno dell’Esercito e della Polizia hanno facilitato il compito delle FDLR nel prendere il controllo del Paese. I miliziani si sono progressivamente sostituiti all’intero apparato di difesa del Burundi. Attualmente le forze di Polizia sono composte unicamente da estremisti hutu burundesi ex guerriglieri del CNDD-FDD, sotto il comando di Bisimana e dai terroristi ruandesi. I poliziotti tutsi (stretta minoranza) e molti poliziotti hutu hanno disertato per tre motivi: eccessiva violenza sui civili imposta dai comandanti delle FDLR: torture, stupri collettivi, riti satanici, esecuzioni di massa di prigionieri arrestati; alto numero di vittime tra i poliziotti durante gli scontri con la resistenza armata nei quartieri e con i guerriglieri contro Nkurunziza; l’insolvibilità del regime. Da quattro mesi il pagamento dei salari non è più regolare. Questo spiega l’aumento spropositato di saccheggi delle proprietà dei civili effettuati dalla Polizia. I beni rubati vengono rivenduti al mercato nero per avere i soldi necessari per sfamare le famiglie, comprarsi la birra e pagare le prostitute.
Nell’Esercito la prima ondata di diserzioni si è verificata dopo il fallimento del colpo di Stato. La seconda si sta verificando ora con la nascita del FOREBU – Forze Repubblicane del Burundi il movimento di liberazione guidato dal Colonnello Edouard Nshimirimana che riunisce i reparti ribelli dell’Esercito burundese. Il 22 dicembre il Colonello Nshimirimana, ex membro dello Stato Maggiore delle Forze burundesi, chiarisce gli obiettivi del FOREBU in un comunicato video inviato ai maggiori media internazionali.
Le attuali diserzioni avvengono anche per salvarsi la vita. All’interno delle caserme i soldati tutsi sono stati disarmati e tenuti prigionieri. Ogni giorno vengono prelevati alcuni soldati per interrogarli. Dopo di che vengono uccisi. Stessa sorte per i soldati hutu sospettati di collaborare con il nemico o di non gradire la presenza dei terroristi ruandesi in Burundi. Le FDLR sono intenzionate a eliminare qualsiasi ostacolo che possa compromettere i piani di occupazione Burundi.
Quando, nel settembre 2015, le forze di liberazione hanno colpito la presidenza e il palazzo presidenziale con degli obici posizionati sulle colline di Bujumbura Rural, Nkurunziza è fuggito dalla capitale per raggiungere un nascondiglio segreto. Da tre mesi l’ex Presidente non ha fatto ritorno alla capitale e si sposta continuamente tra Ngozi (sua città natale) e Gitega, protetto da una guardia pretoriana. In uno stato avanzato di psicosi e in preda a psicofarmaci, Nkurunziza ha iniziato a sospettare tradimenti e congiure contro di lui attuate dai suoi prossimi e fedeli della guardia pretoriana. Queste congiure (probabilmente non vere, rumors abilmente alimentati dai comandanti FDLR) lo hanno spinto ad affidare la sua protezione unicamente ai terroristi ruandesi, dando cosi’ loro la possibilità di controllarlo al 100%. Attualmente Nkurunziza è diventato un ostaggio delle FDLR e ogni suo discorso viene deciso precedentemente coerentemente alla linea dura adottata dalle FDLR in Burundi: nessun compromesso.
A metà dicembre, Nkurunziza e alcuni quadri del CNDD-FDD hanno tentato di raggiungere un compromesso con la mediazione del Presidente ugandese Yoweri Museveni. Secondo alcune fonti, durante i colloqui di pace, svoltisi a Kampala il 28 dicembre scorso, si doveva discutere la creazione di un Governo di unità nazionale che inglobasse il CNDD-FDD e prevedendo l’immunità di Nkurunziza in cambio della sua uscita di scena e l’esilio in un Paese terzo. Il compromesso è stato tentato di nascosto dalle FDLR dalla dirigenza del CNDD-FDD. I colloqui sono terminati con un nulla di fatto ed ora il Governo burundese ha dichiarato che non parteciperà al seguito degli incontri, spostati da Kampala ad Arusha, Tanzania. Questo ripensamento è frutto delle pressioni delle FDLR, le quali hanno bloccato il tentativo di onorabile resa del CNDD-FDD, e lo hanno costretto alla linea dura, aumentandone l’isolamento internazionale.
Le FDLR in Burundi vogliono andare allo scontro totale contro il Rwanda, attirando il Paese nel conflitto, utilizzando l’arma il genocidio dei tutsi burundesi. Questa linea dura ha costretto Nkurunziza e il CNDD-FDD a opporsi all’invio della forza di pace africana decisa dalla Unione Africana, affermando che tale forza sarà considerata come un Esercito invasore e combattuta per difendere la sovranità del Paese.
Il genocidio marcia a tappe forzate. Dopo il venerdì rosso sangue, tra la notte di Natale e quella dell’ultimo dell’anno almeno 200 persone sono state assassinate. Ufficialmente si registrano 35 omicidi. Gli altri vengono registrati come arresti -nel Burundi di oggi ‘arresto’ è sinonimo di morte. I giovani arrestati vengono consegnati a un deputato burundese, Desire Uwamahoro, alias Kazungu. Con il suo gruppo di Imbonerakure, addestrato nel 2014 dalle FDLR in Congo, si occupa di torturare i giovani presso la foresta di Rubuvu. Dopo aver estorto le informazioni utili i giovani vengono uccisi nel campo di prigionia improvvisato nella foresta, divenuto un mattatoio ‘industriale’. I corpi vengono gettati nelle fosse comuni.
Il genocidio in atto non attira l’attenzione dei media internazionale in quanto non si assistono alle scene di centinaia di migliaia di uccisioni, tipiche del Rwanda 1994. La spiegazione è che le Imbonerakure e le FDLR non trovano ancora il supporto delle masse rurali hutu e sono costrette attuare il genocidio con le sole proprie forze. La media giornaliera è dalle 30 alle 50 vittime, la maggioranza tutsi. Il genocidio attuato con il ‘contagocce‘ è, per il momento, facile da camuffare in una dura repressione della Polizia. Il regime e le FDLR constato la non volontá degli hutu di ripetere il Rwanda 1994, hanno fatto del genocidio con il contagocce una loro tattica vincente. «Sterimate i tutsi uno a uno e fateli sparire senza che nessuno se ne renda conto» ha affermato Nkurunziza in kirundi, la lingua nazionale del Burundi.
3. Fulvio Beltrami: Burundi. L’Esercito si ribella a Nkurunziza
Il FOREBU è l’esercito burundese che si è finalmente posto contro Nkurunziza e i terroristi ruandesi
Kampala – Il Natale a Bujumbura è stato caratterizzato dal terrore perpetuato nei quartieri di Cibitoke, Nyakabiga, Jabe, Bwiza e Mutakura. A Cibitoke i terroristi ruandesi delle FDLR hanno proceduto ad un rastrellamento arrestando decine di giovani sospettati di essere simpatizzanti ed attivisti della opposizione. Secondo i loro famigliari questi giovani sono ora vittime di orrende torture. Il loro destino sarebbe segnato: colpo alla nuca dopo aver estorto le informazioni utili e altri nomi di oppositori. Altre decine di giovani sono stati arrestati presso il quartiere di Musaga mentre combattimenti si sono registrati presso i quartieri di Jabe, Nyakabiga e Bwiza. La notte del 25 il quartiere di Musaga è stato teatro di un violento combattimento con uso di armi pesanti a seguito di una resistenza armata della popolazione. Se nei quartieri di Cibitoke e Bwiza le vittime sono generalizzate, nei quartieri di Nyakabiga, Jabe e Musaga le vittime sono esclusivamente tutsi. Questi quartieri sono accerchiati e le milizie genocidarie li penetrano di notte e ormai anche di giorno per spargere morte e distruzione.
Questi attacchi contro la popolazione, violando persino la sacralità del Natale, sono stati il preludio dei colloqui di pace svoltesi lunedì 28 dicembre a Kampala, Uganda. Il regime intendeva arrivare ai colloqui con una posizione di forza, neutralizzando l’opposizione nei quartieri dissidenti della capitale. Obiettivo mancato, nonostante si registra un inasprimento delle violenze nei quartieri di Cibitoke e Bwiza con l’obiettivo di azzerare l’opposizione hutu. Passo necessario per confermare quanto è sempre stato dichiarato dal regime razziale nazista: l’opposizione non ha una radice politica ma etnica. Essendo condotta solo dalla minoranza tutsi con l’obiettivo di prendere il potere ed instaurare un regime Tutsi Power.
Gli accordi di pace si sono aperti in un clima di terrore genocidario sul terreno e il rifiuto ufficiale del regime alla Missione di Pace Africana promossa dalla Unione Africana. Il Presidente della Commissione UA, Nkosazana Dlamini Zuma (ex moglie del Presidente sudafricano Jacob Zuma) in un comunicato stampa ha espresso tutto il suo rammarico per la mancata autorizzazione della missione militare MAPROBU, felicitandosi della ripresa dei colloqui, un effimero premio consolatorio. La minacciata votazione tra gli Stati Membri per decidere l’invio delle truppe in caso di rifiuto del regime, non sembra essere all’ordine del giorno. Al suo posto: patetiche richieste rivolte al Governo illegittimo affinché riveda la sua posizione ed autorizzi la missione di pace.
La debole posizione della Unione Africana sul dramma burundese accentua una realtà scomoda da evocare. Per quanti sforzi e promesse siano fatte per rendere l’Unione Africana un organismo internazionale autonomo e autorevole, esso rimane un’organizzazione empirica priva di potere reale in bilico tra sogni di indipendenza Pan africana e incapacità di sostituirsi alle potenze occidentali e a quelle emergenti del blocco BRICS. Un’organizzazione vuota incapace d’impedire un genocidio nel Continente.
I colloqui di Kampala, su cui da mesi gravano forti sospetti di manipolazione politicaattuata dal Presidente ugandese Yoweri Museveni sono morti sul nascere. Il regime non riconosce l’opposizione e viceversa. Un dialogo tra sordi, dettato dalla necessità vitale del Governo illegittimo di evitare la disfatta e il rischio di finire in tribunale per crimini contro l’umanità. Il Presidente ugandese è uscito dall’incontro esasperato. I suoi piani e le sue mire di prestigio politico internazionale, infranti dalla complessità burundese.
Il regime rifiuta di partecipare ad altri incontri a Kampala o ad Arusha, Tanzania. Si sente forte e disdegna ogni mediazione. Arusha rappresentava l’ultima spiaggia della Comunità Internazionale, essendo la città che diede i natali agli accordi di pace del 2000 basati sull’equilibrio etnico in Burundi per porre fine alla guerra civile iniziata dai partiti HutuPower (CNDD-FDD e FNL) come reazione al colpo di Stato e all’assassinio del Presidente Ndadaye, effettuati dall’allora esercito mono-etnico tutsi: Forze Armate Burundesi (FAB).
La situazione di stallo creatasi vede l’incapacità della Unione Africana d’imporre al regime l’invio di una forza militare di pace, sola garante dell’arresto delle violenze in atto. La MAPROBU rischia di diventare una Missione Impossibile a causa delle difficoltà finanziarie originate dai mancati contributi dei Paesi membri della Unione Africana e le perplessità d’inviare un contingente militare in un Paese in cui sarà costretto a combattere forze ostili e genocidarie. La situazione di stallo evidenzia l’incongruenza e l’inutilità di colloqui di pace dove il regime tenta di giocare la voce del padrone e la vera opposizione e Società Civile burundese rifiutano ogni compromesso con un regime autore di massacri etnici e violazioni dei diritti umani anche sotto le feste natalizie, alla vigilia degli incontri a Kampala, Uganda.
L’organismo internazionale che ha avuto il coraggio di esprimere la sua posizione critica sugli incontri di Kampala e richiedere un cambiamento del mediatore, è a sorpresa la Chiesa Cattolica. Sorpresa per l’opinione pubblica distratta dalle compere natalizie, ma una riconferma per gli esperti della regione dei Grandi Laghi della capacità del Vaticano di comprendere le dinamiche e gli intrighi di potere. Una capacità che ha spinto la Chiesa Romana a prendere le distanze dal regime di Nkurunziza lo scorso ottobre e di sviluppare una seria critica al regime dittatoriale di Joseph Kabila in Congo, schierandosi contro la decisione di annullare le elezioni presidenziali previste per il 2016 al fine di ottenere il terzo mandato senza sottoporsi alla volontà popolare.
Il suggerimento di cambiare il mediatore viene espresso nonostante la recente alleanza politica religiosa tra Papa Francesco e il Presidente Yoweri Museveni incoronata nella visita del Pontefice in Uganda. La Chiesa Cattolica constata l’impossibilità di continuare a sostenere il regime burundese come nel passato, ma è terrorizzata dall’eventualità che il nuovo Burundi prenda una piega alla ‘ruandese‘, segnando definitivamente la fine dell’egemonia del Vaticano nel Paese come è stato nel caso del vicino Rwanda dopo il genocidio del 1994.
Lo sblocco dello stallo creatosi è avvenuto il 22 dicembre scorso con l’annuncio della creazione delle Forze Repubblicane del Burundi (FOREBU). Un’organizzazione militare sotto il comando del Colonnello Edouard Nshimirimana che raggruppa la maggioranza dell’esercito burundese, dei veterani che hanno combattuto nelle missioni di pace in Somalia, dei poliziotti che hanno disertato, dei vari gruppi armati recentemente costituiti, dei volontari della diaspora burundese all’estero recentemente ritornati in Burundi per combattere la tirannia, dopo aver ricevuto formazione militare e armi da Paesi terzi.
4. Fulvio Beltrami: Burundi. L’Assemblea Nazionale difende Nkurunziza
da www.lindro.it 23 dicembre 2015
Il Parlamento si oppone alla decisione dell’Unione Africana di inviare truppe africane per risolvere la crisi
Kampala – Lunedì 21 dicembre si è tenuto presso Kiboge la riunione dell’Assemblea Nazionale (il Parlamento) per discutere della decisione dell’Unione Africana di inviare truppe africane per risolvere la crisi evitando il genocidio. La riunione è stata indetta dal Presidente dell’Assemblea Nazionale, Pascal Nyabenda, che, dallo scorso settembre, è uno dei principali fautori dell’odio etnico. L’Assemblea, presidiata dalle milizie Imbonerakure e dai terroristi ruandesi FDLR, che, in divisa della Polizia, assicuravano la difesa, ha posto all’ordine del giorno la riflessione sul rischio di genocidio e sulla necessità di un intervento di una forza militare straniera.
In realtà la riunione speciale aveva come obiettivo avvallare la decisione del Presidente, costituzionalmente illegittimo, Pierre Nkurunziza e del Governo di opporsi all’invio di truppe straniere. Obiettivo difficili da raggiungere, visto che i parlamentari presenti sono stati solo quelli del partito al potere e dei partiti che portano avanti l’opposizione di facciata. Nessun rappresentante della società civile e dei partiti di opposizione ha partecipato in quanto i loro nomi sono da tempo inseriti nelle liste della morte.
In sostanza alla riunione erano presenti solo i fedeli del partito, parlamentari nominati dal Presidente illegittimo che ha costituito il Governo di un terzo mandato presidenziale illegale. Governo che ora si sta macchiando di crimine contro l’umanità: il genocidio oramai in atto.
L’obiettivo di rendere l’opposizione all’invio di truppe di pace africane espressione della volontà popolare è stato sconfessato dalla stessa popolazione che, secondo testimonianze raccolte e affermazioni della società civile burundese, spera nell’intervento della Unione Africana per porre fine all’orgia di violenza genocidaria e all’orrore scatenato dal regime razial nazista per conservarsi al potere. “Ricordiamoci di quello che disse Nkurunziza dopo aver vinto le elezioni del 2010. Se i tutsi sono rimasti al potere cinquanta anni, gli hutu ci rimarranno per cento”, afferma un abitante del quartiere di Kamenge, a Bujumbura, riferendosi al discorso pronunciato in Kirundi da Pierre Nkurunziza il 26 agosto 2010.
Gli interventi anche più moderati pronunciati alla riunione dell’Assemblea convergono nel negare che in Burundi vi sia in atto un piano genocidario. «Quelli che affermano che in Burundi vi sia in atto un genocidio non lo dicono da oggi. Hanno cominciato a piangere e gridare al genocidio diversi mesi fa dicendo a tutti che il CNDD-FDD sta distribuendo le armi per uccidere i tutsi. Ma le loro menzogne non hanno convinto», ha affermato la Senatrice Evelyne Butoyi. Il secondo Vice Presidente dell’Assemblea Nazionale, Edouard Nduwimana, accusa l’opposizione di aver ingannato la comunità internazionale inventandosi il genocidio.
«Questo termine: genocidio, è pronunciato solo tra gli intellettuali della capitale per difendere i propri interessi. Condannano il Governo per nascondere la loro opera d’istigazione alla violenza poiché hanno perso le elezioni. Abbiamo creato una Commissione parlamentare per verificare queste accuse. Purtroppo non troveremo nulla poiché nessun tutsi è stato ucciso di proposito. Sono questi politici dell’opposizione che creano le vittime nascondendosi dietro i giovani che mandano al macello», ha dichiarato il Presidente del Senato, Reverien Ndikuriyo che il 30 ottobre incito’ le masse contadine hutu a “lavorare” (uccidere tutti i tutsi), inaugurando il Kora Kora.
5. Franco Beltrami: Burundi. Braccio di ferro tra Unione Africana e regime
da www.lindro.it del 21 dicembre 2015
Kampala – Il massacro etnico di venerdì 11 dicembre avvenuto a Bujumbura, ha scosso la Comunità Internazionale. Se non fossero stati già sufficienti gli appelli al genocidio pronunciati agli inizi di novembre dal Governo terrorista per voce di Pierre Nkurunziza, il Presidente illegale del Senato e il tentativo fallito di avviare il genocidio tra il 5 e il 7 novembre, lo sterminio di oltre 200 tutsi presso la capitale ha fatto comprendere che l’olocausto è una realtà nel Burundi, inserita a pieno titolo nella strategia del regime per mantenersi al potere. Nazioni Unite, varie associazioni internazionali in difesa dei diritti umani e l’Unione Africana hanno chiesto un’indagine indipendente sui massacri etnici dell’11 dicembre. La Comunità Internazionale concorda ora sulla necessità di attivare le misure più efficaci per impedire che i piani di genocidio e la guerra etnica siano messi in atto fino in fondo dal regime.
Venerdì 18 dicembre il Consiglio di Pace e Sicurezza della Unione Africana ha deciso l’invio di truppe in Burundi per concretizzare la dichiarazione fatta giovedì 17 dicembre dal Consiglio di Pace e Sicurezza della UA: «L’Africa non permetterà un altro genocidio». Il compito è stato assegnato alla Forza Est Africana che attiverà la Missione Africana di Prevenzione e Protezione in Burundi (MAPROBU). Gli obiettivi fissati sono evitare il deterioramento della sicurezza, contribuire alla protezione dei civili, aiutare a creare le condizioni necessarie alla riuscita del dialogo inter burundese e la messa in pratica di eventuali accordi politici tra le parti. La Forza Est Africana è una forza di rapido intervento nelle crisi africane creata nell’agosto del 2014 e teoricamente capace di attivarsi in 14 giorni dalla decisione di intervento. La East African Force (EAF) altro non e’ che l’embrione dell’esercito regionale, che sarà incaricato della difesa della EAC – East African Community (Comunità Economica dell’Africa Orientale).
La decisione della Unione Africana è stata preceduta da un’opera di lobby e persuasione condotta dal Belgio e dall’indebolimento dell’ambigua posizione della Francia da parte della sua stessa stampa indipendente. Il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, giovedì 17 dicembre ha adottato una risoluzione sul Burundi ancora più dura delle precedenti. Si richiede una forza militare esterna per proteggere i cittadini, vengono allargate le sanzioni già attuate contro alcuni esponenti del regime e la richiesta d’indagine indipendente sulle atrocità commesse l’11 dicembre viene investita di valore penale e allargata a tutti i crimini contro l’umanità commessi in questi ultimi mesi. Le sanzioni mirate contro alcuni leader del regime saranno estese al Paese. Ogni aiuto finanziario verrà congelato ad esclusione degli aiuti umanitari elargiti direttamente ad Ong internazionali o burundesi. Un duro colpo per il regime che si trova in bancarotta finanziaria. La risoluzione europea supera di determinazione ed efficacia quella fatta dai paese ACP (Africa Caraibi Pacifico) adottata alla riunione del 12 dicembre a Bruxelles.
Il lavoro di lobby del Belgio sembra prevalere sulla posizione ambigua della Francia. L’ex potenza coloniale è stata la prima Nazione europea a richiedere la rimozione del regime di Nkurunziza come requisito minimo per i colloqui di pace e la prima Nazione europea a dichiarare il suo appoggio politico militare all’opposizione. L’obiettivo che il Belgio è riuscito a far prevalere all’interno della Unione Europea è quello di evitare che l’attuale guerra civile prenda dimensioni incontrollate e che la violenza genocidaria si espanda nella regione. «In Burundi non c’è solo una serie di atrocità contro i civili ma il rischio che la violenza si diffonda nella regione dove il Rwanda ha vissuto un genocidio, il Burundi una guerra civile terminata nel 2005 e con un Congo che naviga in grosse difficoltà», afferma l’eurodeputata socialista belga Maria Arena.
Per ottenere un intervento immediato occorreva risolvere anche le problematiche legate attorno alla missione di pace ONU in Congo: MONUSCO inizialmente designata ad essere inviata in Burundi in quanto le sue truppe sono già operative nella confinante Repubblica Democratica del Congo. L’ipotesi di un intervento dei caschi blu è stata scartata in queste settimane per tre motivi.
Il primo motivo riguarda il rifiuto dei vertici politici e militari della MONUSCO d’intervenire in Burundi. Rifiuto espresso ufficialmente al Palazzo di Vetro di New York dalla sede MONUSCO a Goma, Congo, ma rimasto lontano dai riflettori dei media internazionali. Il secondo motivo riguarda la segreta e scomoda alleanza politica militare stretta tra la MONUSCO e il gruppo terrorista ruandese FDLR nel 2012 per combattere all’est del Congo la ribellione Banyarwanda del M23. Considerando che tale alleanza dura tutt’oggi, i caschi blu dell’ONU sono impossibilitati di intervenire in Burundi visto il rischio di scontrarsi militarmente contro le FDLR, loro alleati all’est del Congo. Il terzo motivo riguarda il numero elevato di casualità di cachi blu nell’avventura burundese. Un rischio reale in quanto forte sarebbero le possibilità che sia le forze governative che quelle ribelli intraprendessero azioni ostili di guerra contro i caschi blu consideranti da entrambi i belligeranti al fianco del nemico.
L’impossibilità di inviare la MONUSCO e la necessaria riflessione interna delle Nazioni Unite sul rapporto ambiguo tenuto verso il gruppo terrorista ruandese FDRL ha costretto la Comunità Internazionale a rivalutare la proposta dell’invio di un contingene africano. Opzione che sembrava essere destinata a diventare una realtà lo scorso ottobre. Durante la 551sima riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Unione Africana, tenutasi ad Addis Abeba sabato 17 ottobre, gli Stati Membri avevano deciso la preparazione di una forza africana d’intervento militare da inviare in Burundi per evitare il genocidio. L’invio della forza africana era stato bloccato dalle Nazioni Unite che avevano proposto l’alternativa della missione ONU di pace in Congo, MONUSCO.
Le prime reazioni del regime burundese sono negative nella conferenza stampa indetta dal regime, Alain Nyamitwe, Ministro delle relazioni estere, ha dichiarato che il Burundi si oppone all’invio di truppe straniere nel suo suolo in quanto non si fida dei veri obiettivi di questa forza militare. È da tempo che il regime non si fida più della Comunità Internazionale. L’invito rivolto al ex Presidente Nkurunziza di recarsi di persona all’incontro a Bruxelles con la Unione Europea fu declinato per la paura che si trattasse di un tranello e si organizzasse un colpo di Stato in sua assenza. Al posto di Nkurunziza fu inviata una delegazione capitanata da Willy Nyamitwe, Consigliere della Presidenza, con i disastrosi risultati ottenuti che aumentarono la conflittualità tra Burundi ed Europa. Essendo il Burundi un Paese ancora sovrano a livello internazionale si necessita dell’autorizzazione del Governo di Bujumbura per l’invio della forza di pace.
La risposta dell’Unione Africana non si è fatta attendere. «Abbiamo due opzioni per l’approvazione riguardante l’invio delle truppe. La prima opzione risiede nell’approvazione del Governo del Burundi. In alternativa, si può accedere all’autorizzazione derivata dal consenso dei Capi di Stato africani. Per ottenerla occorre il voto favorevole di due terzi degli Stati Membri», spiega Bonaventure Cakpo Guebedge, responsabile del dipartimento Pace e Sicurezza della Unione Africana per il Burundi e il Congo. Un eventuale voto degli Stati Membri metterebbe in forte imbarazzo ogni Governo africano intenzionato a votare contro l’invio della forza militare per fermare il genocidio in atto.
6. Fulvio Beltrami: Burundi. Un venerdì rosso di sangue
da www.lindro.it del 14 dicembre 2016
Kampala – Venerdì 11 dicembre si sono registrati nella capitale del Burundi gli scontri più violenti dopo il tentativo fallito di colpo di stato dello scorso maggio. L’attacco delle forze di liberazione è iniziato verso le 4 del mattino. I combattimenti si sono protratti per 18 ore. L’attacco alle due caserme di Ngagara e Iscam (la scuola militare) è durato quattro ore. L’attacco alla prigione di Mpimba era un diversivo. All’esercito di liberazione si sono uniti vari giovani armati, il gruppo paramilitare Front Patriotique de Libération – FPL e volontari burundesi che sono stati addestrati militarmente in Rwanda.
La difesa della città da parte delle forze genocidarie è stata affidata al Generale Generale Prime Niyongabo, ex Capo di Stato Maggiore della guerriglia CNDD-FDD, e al Colonnello Anaclet Hitimana (alias Kabuyoya), criminale ruandese ricercato per genocidio (Rwanda 1994) e Vice Comandante della Brigata di Riserva del Nord Kivu dei terroristi FDLR, dallo scorso giugno a dirigere le operazioni militari FDLR in Burundi. Verso le 17 ore locali le forze ribelli si sono ritirate. Anche se nessuna delle due fazioni ha fornito dati, si sono registrati spaventose perdite da entrambe le parti.
Tra le forze di liberazione si è registrata la presenza di molti poliziotti che hanno disertato nelle scorse settimane stufi di essere costretti a massacrare degli innocenti civili. Il regime ha approfittato dell’attacco dei ribelli per compiere un massacro dalle proporzioni inaudite nei quartieri di Nyakabiga, Musaga, Ngagara, Mitakura e Cibitoke. Le forze genocidarie sono passate casa per casa prelevando i giovani e uccidendo varie famiglie. In un primo momento vari giovani sono stati trasportati nella località di Kigobe dove è stato allestito un campo di concentramento improvvisato. Li sono stati abbattuti come in un mattatoio. Verso le 14 è arrivato un nuovo ordine: ‘abbattere il nemico sul posto’. Le Imbonerakure e i terroristi ruandesi FDLR sono passati casa per casa. Abbattuto le porte, trascinato fuori gli abitanti. Un colpo preciso in testa. Esecuzioni extra giudiziarie. Non hanno usato il machete. Non avevano bisogno di risparmiare le munizioni.
Le milizie genocidarie detengono un impressionante e sospetto stock quasi illimitato di munizioni. Qualcuno le fornisce per occulti obiettivi politici. Esistono indizi: qualcuno dal Congo sa chi può essere il mercante della morte. Le milizie Imbonerakure e FDLR hanno sterminato intere famiglie gettando all’interno delle abitazioni delle bombe a mano.
Riportiamo una testimonianza fatta da una famiglia sopravvissuta alle azioni genocidarie dello scorso venerdì presso il quartiere Nyakabiga. Testimonianza riportata dal network di giornalisti burundesi SOS Media Burundi che opera in clandestinità dopo che il regime ha messo fuori legge i media indipendenti lo scorso maggio. «Hanno bussato alla porta urlando di aprire. Come ho obbedito terrorizzato ed ho aperto la porta i poliziotti hanno gettato una bomba a mano e hanno sparato verso di me e i miei bambini. Per miracolo siamo tutti vivi. I miei bambini sono traumatizzati. I nostri vicini sono subito accorsi in aiuto ed erano pieni di gioia nel constatare che eravamo vivi. Ci credevano tutti morti. Dietro ai poliziotti che hanno lanciato la granata e sparato ho riconosciuto il comandante della Brigata Anti Sommossa Desire Uwamahoro». Meno fortunato è stato Alain Lionel Nsavyumigisha, padre di famiglia braccato come un animale e ucciso dai genocidari di fronte ai suoi bambini mentre cercava rifugio presso la sua abitazione. Secondo i giornalisti burundesi il quartiere Nyagabiga è stato teatro di violenze etniche inaudite. Tre cadaveri sono stati fotografati davanti al centro di sanità di Cubahiro. Gli abitanti del quartiere sono terrorizzati. «Le persone che abitavano in case non chiuse da muri di cinta sono state i bersagli favoriti. La polizia non ha esitato ad entrare nelle loro case e a sterminare intere famiglie» riportano vari abitanti di Nyagabiga ad SOS Media Burundi. Sempre a Nyagabiga, Thierri Ntigoheka, un giovane di venti anni è stato arrestato e portato presso località ignota dopo che i poliziotti hanno ritrovato sul suo telefono un messaggio contro il regime inviato a dei suoi amici in Europa via Whatsapp.
Testimoni oculari hanno informato The Associated Press che 21 corpi crivellati da pallottole giacevano per le strade del quartiere di Nyakabiga sabato mattina. Le loro mani legate dietro la schiena: una esecuzione. Nel quartiere Jabe (dove le violenze sono state relativamente minori) ha commosso la storia di un ragazzino di dodici anni che era andato a comprare del pane e dello zucchero al momento dell’arrivo delle camionette piene di genocidari che hanno subito sparato all’impazzata contro ogni essere vivente. Il piccolo Samuel è stato ferito ad un braccio. Soccorso da un vicino di casa ora il minorenne sta lottando contro la morte in quanto la polizia vieta di trasportare i feriti negli ospedali. Sempre a Jabe alcune case sono state incendiate.
L’Amministratrice della Lega dei Diritti Umani ITEKA Marie-Claudette Kwizera, è stata arrestata e trasportata in un luogo sconosciuto. Forti i sospetti che la povera donna sia stata uccisa come vendetta al rapporto sui crimini contro l’umanità pubblicato quattro giorni fa dalla associazione ITEKA. Un ex ufficiale medico dell’esercito, ora in pensione, il Dottore Ntasumbumuyange è stato arrestato davanti alla sua abitazione di Kigobe, nord di Bujumbura. Come tutte le vittime non è stato portato presso il comando di polizia ma in una località segreta. Si ignora la sua sorte. Nel quartiere di Ngagara le forze genocidarie hanno giocato al tiro a segno arrestando decine di civili, trasportati in località ignote. Ngagara è stato anche vittima della violenza cieca dei soldati. Dopo aver respinto i ribelli sono usciti dalle caserme ed hanno cominciato a sparare sui civili ed entrare nelle case per saccheggiarle. Nel quartiere Mutakura (a maggioranza tutsi) un’orgia di violenza e orrore si è consumata venerdì pomeriggio. Decine di cadaveri sono stati abbandonati nelle strade. “Ci siamo nascosti in casa. Fuori la polizia uccideva tutti. Non sappiamo quanti ne hanno ucciso e quanti arrestati. Tutti sanno che gli arrestati vengono dopo uccisi” riporta la testimonianza di un abitante del quartiere. Mutakura è stata soggetto a rastrellamenti. Decine e decine di abitanti sono stati prelevati dalle loro case. Alcuni abbattuti sul posto, altri arrestati. I cadaveri delle vittime abbandonati ai cani randagi. Tutte le testimonianze riportano che i genocidari Imbonerakure e i terroristi ruandesi FDLR erano come belve impazzite assetate di sangue. I loro comandanti diramavano ordini secchi: “Uccidente tutti i bastardi che hanno chiamato in loro difesa l’Unione Europea, l’ONU e l’Unione Africana”.
Mentre ammazzavano i civili i genocidari urlavano: “Kagame wanyu none ntiyoza!” (che venga il vostro Kagame a liberarvi), “Reka tubahe filme ya 1972” (Questo sarà peggio del vostro massacro del 1972). Riferimento al massacro di hutu compiuto dall’esercito tutsi nel 1972. Nei pressi di Bujumbura sono stati fermati degli autobus e selezionati i passeggeri tutsi che sono stati abbattuti mentre gli altri passeggeri risparmiati secondo testimonianze pervenute. La Radio Televisione Nazionale (RTNB) ha incitato la popolazione a respingere ed annientare tutti gli Al-Shabaab lanciando continuamente la parola d’ordine: “Delenda Mike”. Gli Al-Shabaab è il nome in codice per indicare i tutsi e Delenda Mike è la frase in codice per il genocidio. Vari testimoni affermano che gli stessi messaggi di incitamento al genocidio sono stati diramati nelle campagne e nelle piccole città. Per la seconda volta le masse contadine hutu non hanno risposto all’appello. Nemmeno i poliziotti all’interno del Paese hanno obbedito agli ordini ricevuti. Notare che ora quasi tutti i terroristi ruandesi delle FDLR sono concentrati nella capitale quindi non possono obbligare i poliziotti burundesi di stanza all’interno del Paese a commettere crimini di guerra. Molti di essi stanno disertando seguendo l’esempio dei loro colleghi a Bujumbura. A coordinare il massacro dei civili a Bujumbura sono stati il Colonnello Barimutwabo (ex Comandante della Quarta Divisione Militare di Muynga) e il Maggiore Darius Ikurakure (Comandante del Genio Militare).
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