Cristina Biondi: 3. Nuovo dizionario delle parole italiane. “Il Centro del mondo” e “donna onesta”
AMERICA FIRST
Si parla di tramonto dell’Occidente ma, se in virtù della sua rotazione il sole tramonta sempre a occidente da qualsiasi parte del globo lo si guardi, l’Europa è situata a occidente dell’Asia e a oriente delle Americhe.
La confusione relativa alla nostra identità geografica l’ha creata Cristoforo Colombo, che pensava di andare direttamente in Asia salpando dalla Spagna e attraversando l’Atlantico. Il mondo non è così piccolo come lui lo immaginava e in epoca di globalizzazione la velocità nei trasporti non dovrebbe ingannarci, nessuna deriva politica può unirci indissolubilmente al Nuovo Continente sotto la definizione comune di Occidente. America first: è là il nuovo centro del mondo, l’impero più potente, ciò fa di noi degli orientali, esattamente come gli arabi.
Abbiamo molte ragioni per sentirci separati dai popoli d’oltreoceano, anche se forse la povera Europa è già stata costretta a salire sulla groppa di quel toro che è l’emblema della borsa a Wall Street. Certo, se vuole distinguersi, rinnovarsi dovrebbe cominciare a sentirsi una terra dell’est, smettendo di immaginarsi destinata a un eterno tramonto, per rinascere tra le favolose terre d’Oriente (la nostra storia è ricca di misteri e non siamo di certo meno inaffidabili, reticenti e insinceri degli altri popoli levantini).
IL CENTRO DEL MONDO
I Cinesi hanno battezzato il proprio paese “Paese al Centro” del mondo, così come gli Hobbit hanno chiamato la loro patria “la Terra di Mezzo”. Il Paese al Centro del mondo ha sempre avuto una grande estensione e conosciuto fasi di espansione, ma non ha mai manifestato smanie di scoprire, navigare ovunque, usare la polvere da sparo per scopi militari, inventarsi la bomba atomica. La Cina ha iniziato a dare un senso nuovo alla propria centralità quando, liberandosi dalla schiavitù dell’oppio imposta con la guerra dagli Occidentali, è uscita da una fase di torpore per vivere tutti i travagli e le inquietudini della sindrome da astinenza. Le potenze coloniali hanno risvegliato il drago, creatura alata che padroneggia terra e cielo e che con tutta probabilità si muove bene anche nei meandri sotterranei, che ha la pazienza e la calma di chi assiste alle vicende del mondo da migliaia di anni.
Quanto alle droghe, l’Occidente ha sperimentato e continua a sperimentare le complesse strategie della Nemesi. Ci sarebbe stato un perfetto rovesciamento di sorti se il cartello di Medellin, uscito vittorioso da un confronto militare con Stati Uniti ed Europa, avesse imposto nelle scuole distributori automatici di eroina, cocaina, marijuana e quant’altro si sarebbe potuto ottenere selezionando i prodotti desiderati sulla tastiera a fianco della vetrina, debitamente costruita con cristallo antiproiettile. Invece sono i cattivi, le figure losche, i profittatori, gli assassini a corrompere giovani che non chiedono di meglio, perfette figure di una Nemesi che fa pagar cara agli uomini la propria stessa rovina.
La Cina ha ripreso la sua posizione al Centro del Mondo, ma ha anche scoperto, grazie alla globalizzazione e all’intraprendenza delle potenze coloniali, quanto il mondo sia grande.
VIOLENZA SULLE DONNE
Al giorno d’oggi fa notizia la violenza sulle donne e si è coniato il termine femminicidio. Uxoricidio, diceva più o meno la stessa cosa sin dai tempi dei Romani, con una sostanziale differenza introdotta dalla modernità: un tempo si uccideva la moglie, proprietà del marito, adesso viene uccisa una creatura che proclama “io sono mia” e che decide di separarsi, divorziare e andarsene. Ritiene a giusto titolo di averne diritto, ma non tiene conto di una verità che non sembra destinata ad evolvere in alcun modo e che ha trovato la sua espressione più concisa nella lingua latina: homo homini lupus. Per par condicio il concetto non ammette differenze di genere, comprendendo anche l’accezione: homo mulieri lupus.
Una mentalità vittimistica rischia di mettere in ombra una verità fin troppo evidente considerando la storia dell’umanità: gli uomini, i maschi, si sono sempre trattati molto male tra di loro, massacrandosi, tradendosi, torturandosi, riducendosi in schiavitù.
Le donne non possono ignorare che la maggior forza fisica predispone l’uomo all’omicidio e se i femminicidi in passato non hanno goduto gli onori della cronaca, possono comunque vantare una serie infinita di precedenti. Molti fattori concorrono a spiegare perché oggi e non ieri la violenza sulle donne abbia acquistato visibilità e generi indignazione.
Madri, mogli e figlie, come dicevamo, si sono affrancate dalla condizione di oggetti e non sono state liberate né dalla propria assertività né da una nuova concezione dell’amore, è stato il lavoro, anche se mal retribuito, a renderle autonome. Il diritto della donna al lavoro deve molto alle conseguenze di homo homini lupus: in effetti durante le grandi, grandissime guerre del secolo scorso, perché il mondo continuasse a sussistere nonostante le stragi era necessario che qualcuno si dedicasse alla produzione. Impossibile distrarre gli uomini dal compito prioritario di massacrarsi tra loro, quindi sono entrate in campo le donne, assumendosi tutti gli oneri della vita civile.
UXORICIDIO
Anche se l’etimologia indica come vittima la moglie, l’uxoricida, in rari casi, è anche colei che uccide il marito. Agamennone, la vittima più famosa di un tale crimine, se n’era tornato tranquillamente a casa dopo aver sacrificato la propria figlia, passato dieci anni in guerra e obbligato le schiave troiane a tenergli compagnia. Clitennestra, la moglie, aveva i suoi buoni motivi, oggi le verrebbero riconosciute delle attenuanti, ma la tragedia non attenua un bel niente, tutto ciò che è terribile deve rimanere tale, senza diminuzioni o sconti di pena. Il mondo antico aveva una sensibilità assai diversa da quella dei contemporanei: mentre oggi la vittima innocente è una figura del Bene, come se il martirio rendesse meritevoli non solo di compassione ma anche di considerazione, i grandi guerrieri di un tempo detestavano morire come vittime innocenti, facendo una fine ingloriosa e meschina. Noi tendiamo a ritenere che innocente sia il contrario di colpevole, mentre il termine, secondo un’interpretazione più esatta, descrive colui che è incapace di nuocere, essendo disarmato e fragile. Agamennone si era lasciato irretire e la sua innocenza diventava un’onta insopportabile dal momento che la parte attiva, il soggetto della violenza, era una donna armata di ascia bipenne, simbolo del potere regale.
DONNA ONESTA
“Le donne oneste stiano a casa”: il suggerimento viene da chi, praticando il più vecchio mestiere del mondo, ritiene che gli equilibri, politici e non, poterebbero ristabilirsi tornando ad affidare alle mogli i lavori domestici, senza che poi si occupino troppo di quello che fanno i mariti. Per un attimo la proposta sembra allettante, permettendo una fantasia regressiva basata su stereotipi televisivi: arredamento impeccabile e colorato, colazioni allegre, pranzetti saporiti e pavimenti lucidi. Se il bimbo arriva dal giardino infangato come un fante appena uscito dalla sua trincea, la mamma lo accoglie sorridente, armata dell’ultimo detersivo igienizzante. Peccato che il padre, le cui attività per la buona pace familiare dovrebbero rimanere rigorosamente fuori casa, una volta scoppiata la guerra non se la potrebbe più giocare a Salamina, a Waterloo, o sui ghiacciai della Marmolada; la guerra, moderna, tecnologica e senza quartiere, la porterebbe in casa, nel qual caso servirebbe a poco il tanto decantato detersivo per pavimenti.
Non può più funzionare la divisione dei ruoli: lei dedita a Kinder, Kuchen, Kirche e lui affiliato al Ku Klux Klan o a una qualsiasi altra organizzazione composta di soli uomini.
OFFERTE SPECIALI
Offerte speciali, occasioni, sconti sono i peggiori nemici di qualsiasi programmazione. Erompono all’improvviso, impongono velocità di decisione, minacciando sempre di scomparire da un momento all’altro, chi non ne approfitta si accontenta di un mondo grigio, privo di bagliori, schiavo della necessità. Fare shopping è affidarsi alle opportunità del momento, mentre riconoscersi bisognosi unicamente di un paio di scarpe o di qualcosa da mettere in tavola la sera rischia di avviarci a una strategia di acquisto semplice, autocentrata, che nei suoi esiti prevedibili ci consegna a una vita routinaria e monotona.
Rischiamo persino di metterci a cercare nei recessi della nostra abitazione, nella scarpiera e negli stipetti della cucina, trovandovi mocassini non ancora sformati, barattoli di fagioli non ancora scaduti, ignorando il fascino delle vetrine e degli scaffali ricolmi dei supermercati.
Se ci si offre un’occasione, se ci si fa un’offerta, perché diffidare della generosità del mercato? Perché non ammettere che gli oggetti già posseduti, che si annidano nei luoghi più asfittici della nostra casa, sono divenuti indesiderabili? Forse verranno tempi duri, il mondo crollerà sotto il peso delle proprie contraddizioni, allora sì, anche le scatole di pelati accumulate, anche le sciarpe conservate sotto naftalina e le comode vecchie calzature diverranno non solo utili, ma indispensabili alla sopravvivenza.
Oggi ci è dato di vivere alla grande e sarebbe un peccato non sfruttare ogni occasione speciale.
POVERTÀ
Lasciando a sociologi, politici ed economisti la ricerca di soluzioni più complesse, ci sono due modi differenti di affrontare la povertà: diminuire il divario tra ricchi e poveri o combatterla accettandola in tutta la sua nudità. Nel primo caso, o si abbattono le barriere sociali con strategie rivoluzionarie, o si erode la differenza poco a poco, grazie alla generosità di chi ha e la riconoscenza di chi non ha.
Sta di fatto che la povertà è riuscita a sopravvivere a entrambe le strategie, che si sono dimostrate contraddittorie e insufficienti, a motivo dell’egoismo, dell’impazienza e della furia distruttrice che albergano nell’animo umano.
Combattere la povertà da povero, in solitudine, sembra rappresentare un’ultima spiaggia: la fantascienza fa dei sopravvissuti di un mondo in rovina degli eroi, capaci di sforzi estremi e grandi sacrifici. È più difficile magnificare la lotta all’indigenza se il mondo va avanti indisturbato nonostante le sue contraddizioni e il povero ha tutti i motivi per ritenersi un fallito, uno sfigato. Sembra che sia quasi inevitabile che dedichi tutti gli sforzi a uscire alla povertà, a compiangersi, a coltivare rancori, ad attivare meccanismi di negazione autodistruttivi, adottando la visione più miope del carpe diem.
Pochissimi riescono a immaginarsi poveri e ingegnosi, sfruttando tutti gli espedienti, gioendo di ogni raggio di sole, di ogni buon pasto strappato alla malasorte. Napoli è stato un luogo mitico, culla di strategie di sopravvivenza basate su un mix di miseria e nobiltà. Oggi la visione ironica e lieve di un mondo capace di arrangiarsi alla meglio è oscurata dall’ombra nera della camorra, criminalità organizzata, in grado di piegare la povera gente a un’obbedienza al Male Assoluto.
Molti dei problemi dei nostri tempi derivano dall’abitudine al benessere che ha indebolito nei nuovi poveri la capacità di reagire, di scegliere un chilo di pasta invece di un caffè al bar. “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”: descrive bene quello che è il tallone d’Achille di chi non è cresciuto nell’indigenza.
La povertà non può essere più affrontata nell’autosufficienza perché non manca molto che sarà a pagamento anche l’aria che si respira, oggi esistono le utenze, ed essere utente e povero rappresenta un rebus irrisolvibile. Va a finire che ci si ritrova a dormire in un’automobile, senza benzina, senza targa e senza assicurazione.
RICCHEZZA
Esistono due tipi di ricchezza: in denaro e in beni, mobili e immobili. La realtà del denaro è sempre più evanescente, rivelando la fragilità della convenzione che un pezzo di carta valga come l’oro, e che un niente immagazzinato in un computer valga quanto un pezzo di carta. I maghi della finanza sono tali perché sono capaci di far sparire il denaro che c’era e far comparire dal nulla fortune favolose e truffaldine. I beni di consumo impongono a chi li possiede di consumarli e, in un mondo a internet illimitato, la ricchezza, anche modesta (soprattutto modesta), porta all’obesità, all’alcolismo, alla tossicodipendenza, allo spreco d’indumenti che andrebbero trattati meglio e non affidati a quell’agenzia dello smaltimento differenziato che va sotto il nome di Caritas. Il consumismo predispone allo spreco, che va distinto dall’istinto autodistruttivo di alcuni ricchi di antica nobiltà, che perdono tutto al casinò o si schiantano con la Ferrari, figure di una Nemesi enigmatica ma implacabile.
La Nemesi si sta incaricando di trasformare in deserti o in incolti invasi dai rovi la ricchezza terriera, forse per scarso riguardo dei proprietari per le Entità che presiedono al raccolto (o per l’Entità che a tutto presiede), forse per la mancanza di schiavi, grazie ai quali anticamente i campi si trasformavano in giardini.
Il bene rifugio per eccellenza è la plastica: indistruttibile, a tal punto da aver riempito i bordi stradali, le spiagge, gli oceani. È candidata a contrassegnare l’Antropocene, l’Era dell’Uomo, rivaleggiando con l’aumento di depositi radioattivi legati ai test nucleari (non solo ai test).
Perversamente si cerca, da bravi consumatori, di aggirare i problemi creati dall’indistruttibilità della plastica, che rischia di invadere le nostre case, acquistando oggetti e imballaggi usa e getta (dove?) e facendo la raccolta differenziata, che responsabilizza i singoli individui, le famiglie, colpevolizzandoli per gli eventuali sprechi, come se le borse piene di bottiglie, vaschette, sacchetti da smaltire ogni giorno non evidenziassero che il problema sta nell’eccessiva produzione, non meno che nella mancata aderenza alle regole imposte dai comuni, sospettati di riversare poi tutto nel mare o di incenerire producendo nubi tossiche.
Viene da un filosofo l’idea che ormai solo un Dio ci può salvare da ricchezza e povertà, chi ha fede non può che dargli ragione, e pregare per lui dal momento che il nostro Heidegger, oltre che pensare benissimo, aveva aderito con incrollabile convinzione al partito nazista.
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