Cristina Biondi: 43 Nuovo Dizionario delle parole italiane. Da “Che bella cosa” a “Le mele e la mela”

| 9 Agosto 2021 | Comments (0)

 

 

 

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Dal «Nuovo dizionario delle parole italiane» 43

CHE BELLA COSA

Che bella cosa na jurnata ’e sole! È gratis, è possibile invece mettere in vendita bottigliette di aria di Napoli, flaconcini di acqua di Lourdes e scatolette di merda di artista. Una mattinata radiosa fa desiderare le isole greche: cielo, mare, souvlaki e sirtaki. I pubblicitari vi fanno sognare, ma loro non sognano, il senso di realtà li porta a pensare a biglietti aerei, prenotazioni, contratti che non prevedano la restituzione degli anticipi versati, assicurazioni sulla salute, sussidi e incentivi. Voi, se non siete ipnotizzati, pensate a come destinare i risparmi che avete, a come procurarvi i soldi che non avete, a dove collocare i figli che non vanno a scuola (anche se, in via del tutto eccezionale, avrebbero voglia di andarci) e i nonni che, in tempi migliori, non hanno voluto andare in casa di riposo e continuano a non voler metterci piede, ad assicurazioni, sussidi e incentivi.

La pubblicità v’invita a sognare una casetta bianchissima persa nell’azzurro e nel blu e, a questo punto arrivati, vi conviene ricordare i terremoti a Muozaki, Kos, Santorini, Lesbo e Kalamata, pensare alle pensioni dimezzate, al regime dei colonnelli: la Grecia è stata anche questo. Poi guardate il cielo dalla finestra, senza far entrare nell’inquadratura il condominio che vi sta di fronte: che bella cosa una giornata di sole!

 

MESSAGGI SUBLIMINALI

Oggi mi sono svegliata di buon umore, o meglio di un cattivo umore ottimista, contento di sé (dicasi spirito polemico). LIBERA LE TUE EMOZIONI: la pubblicità del Trentino è su due pagine del giornale del mattino, nella prima tu (potrei anche essere io, o noi) compari con un caschetto, a occhi chiusi, sullo sfondo di pareti di roccia senza un filo d’erba. Giri pagina e il nostro eroe (non tu, né io, né noi) è fermo, in piedi su una guglia di roccia da paura; a te (a me, a noi) viene suggerito: RESPIRA, SEI IN TRENTINO. Se io fossi in Trentino a fare da spettatrice, tratterrei il fiato sino al momento in cui quell’uomo giovane e forte non fosse disceso a valle, gli darei una medaglia e il reddito di cittadinanza perché se ne resti tranquillo a casa a non fare assolutamente nulla. RESPIRA: non ho il covid, quindi respiro abbastanza bene, a patto che non salga a quattromila metri, dove c’è poco ossigeno. Cerco di immaginarmi l’intenzione dei pubblicitari: io, tu, noi dovremmo trovare il coraggio (e i soldi) per venire in Trentino, identificandoci per un istante col più coraggioso dei coraggiosi, mandato a scalare l’impossibile per dare il buon esempio. Nel giornale che sto leggendo c’è anche un articolo su Conrad, che, solcando gli oceani, affrontò tempeste spaventose, sospetto che serva a trasmettere un briciolo di coraggio a chi ha una mezza idea di andare in vacanza al mare.

 

ATTACCAMENTO EVITANTE

Più oneroso, lungo e frustrante è il compito di allevare i figli, più si fa forte il desiderio di dissociare il piacere dal dovere. Se detestate ritrovarvi con un carico eccessivo di responsabilità familiari potreste mettere in atto strategie di disimpegno o coniugare impegno e disimpegno secondo dinamiche complicate. La moglie e i figli vi opprimono, quindi evitate di investire tutte le energie nella situazione familiare. Più avete un desiderio di fuga e più vi convincete che per loro stia andando tutto bene, in fondo non disertate la vostra casa e il vostro letto, non abbandonate la nave, è a voi che le cose potrebbero andar meglio se vi concedeste qualche svago, una situazione meno impegnativa. Scongiurato il rischio di sentirvi eccessivamente invischiati nel ruolo di padre e padrone, dovete modulare il coinvolgimento nella relazione con l’amante (la moglie serve per

ridimensionare le aspettative dell’amante, tanto quanto l’amante serve per non sentirvi soffocare dal legame coniugale: il vostro stile di attaccamento è evitante). Siete un brav’uomo, non potete separarvi: la madre dei vostri figli è inaffidabile, debole, bisognosa; potrebbe, se messa in difficoltà, diventare una ricattatrice vendicativa, nulla si può modificare, almeno per ora. All’amante chiedete di essere nobile, generosa e paziente, ma intuite che potrebbe rivelarsi anche lei fragile, insoddisfatta, ricattatrice e vendicativa. Cominciate a muovervi con circospezione, invidiando chi con maggior onestà si è accontentato di arare il proprio campicello: voi vi muovete in un territorio minato con troppi piedi che calpestano il suolo.

 

ATTACCAMENTO SICURO

Mio padre e mia madre, Ulisse e Penelope, Radames e Aida hanno basato il loro rapporto sull’attaccamento sicuro: fedeltà in salute e malattia, nella buona e nella cattiva sorte. Tutto il romanticismo si è basato sul vero, unico, grande amore e sulla sfiga, che fungeva da banco di prova. I miei genitori non sono stati divisi dalla guerra, infatti si sono conosciuti nel 1948, e non si sono mai ritrovati murati vivi in un sotterraneo, anche se le circostanze non li hanno mai separati l’uno dall’altro per più di una settimana.

Il banco di prova del loro legame è stato il campeggio: utilitaria sempre stracarica di pacchi, terreni duri dove i picchetti non entravano nemmeno a martellate, piogge torrenziali, zanzare grandi come colibrì, caldo infernale e notti gelide. Anche i loro migliori amici hanno basato il loro matrimonio sull’attaccamento sicuro, tanto da aver campeggiato insieme ai miei genitori in Algeria e in Marocco, in Svezia e in Danimarca, in Turchia e in Bosnia. Le figlie, due per coppia, hanno sperimentato dissenterie e insolazioni, molestie e proposte di matrimonio estemporanee, sono state trascinate al largo da correnti marine, ustionate dalle meduse, hanno fatto i capricci per comprare i ricordini più assurdi, voluto dolci libanesi e turchi che poi hanno sputacchiato di nascosto, si sono smarrite e ritrovate, ammutinate e riconciliate, per anni hanno dovuto vedere più volte durante l’inverno i filmini delle estati precedenti, eppure oggi sono concordi nel ritenere che, se non hanno conosciuto la piena felicità, ci sono comunque andate vicine.

 

ATTACCAMENTO INSICURO

Mater certa est, pater nunquam: a prescindere dalle certezze della genetica, chi ha dovuto affrontare il trauma della nascita arriva prima o poi a rendersi conto di non conoscerne gli antefatti. Chi gode di una sicurezza più o meno congenita crede con fede incrollabile che la mamma sia la mamma e il papà il papà. È bello anche pensare di essere stati adottati: siamo stati desiderati, concordemente da mamma e da papà, un po’ ci dispiace di non aver potuto scegliere, di essere stati tenuti all’oscuro, ma è del tutto probabile che la situazione dei genitori naturali non fosse molto confortevole. Le strade dell’insicurezza sono complesse e molteplici: forse il mio papà non è il mio vero padre; il mio papà è con tutta probabilità il vero padre, ma dubita di esserlo e non ha il coraggio di affrontare il problema, il papà non desiderava diventare padre, ci si è ritrovato suo malgrado. A me questo padre non piace, vorrei un genitore responsabile, non un dilettante come questo. Forse lui ha figli e figlie che io non conosco, forse li ha abbandonati, non se ne cura perché non ha cuore, forse li sta mantenendo in segreto e sarebbe molto contento di poter vivere con loro, abbandonando me. La mamma non mi avrebbe voluto perché al tempo era troppo giovane, troppo vecchia, troppo povera, troppo ricca e viziata, troppo innamorata di papà per accettare un intruso, troppo poco innamorata per volere una famiglia con lui. Anche nelle mie relazioni di adulto avrò uno stile di attaccamento insicuro e mi rivolgerò a quelli psicologi che, avendo teorizzato l’esistenza dell’attaccamento insicuro, distinguendolo da quello sicuro e quello evitante, mi hanno eletto a loro paziente.

L’essere umano è complicato e tramanda le complicazioni ai propri discendenti, legittimi e non, mentre nel regno animale tutto è più semplice: ogni scarrafone è bello a mamma sua.

 

VEDI CARA

“È difficile spiegare, è difficile capire, se non hai capito già” (Guccini). Sono belli i momenti di confidenza, quando il vostro uomo vi apre il suo cuore: “Capiscimi perché io sono incomprensibile a me stesso e se tu accetti questo avrai (forse, io che ne so) tutto il mio amore.” Nemmeno lui si capisce e, se si accetta, puoi benissimo accettarlo anche tu. Speri che ne derivi una grande intimità fondata sul mistero, ma non sai tacere e produci tutta una serie di argomenti che illuminano il tuo mondo interiore. Per spiegarti, ti spieghi, la tua migliore amica, la tua collega e persino la portinaia ti capirebbero, ma lui no. Per lui le tue impressioni, le tue considerazioni valgono come la cassettina dei ricordi della prima infanzia che per tutta l’adolescenza hai tenuto sotto il letto. Ascolti ancora una volta Guccini, ma come puoi pensare che il gigante buono sia un narcisista? Forse un po’, lui è un artista, mentre tuo marito è un ingegnere, o ancora peggio, un commercialista. La tua analista ti ha indotto a definirlo narcisista, invece che stronzo, e sei ancora abbastanza disponibile a capirci qualcosa della sua benedetta psiche, quindi quando esordisce con “vedi cara” tu prendi gli occhiali, la matita, il blocchetto degli appunti e ti posizioni sulla sedia alle spalle del divano e in perfetto silenzio gli offri una seduta gratis.

 

I NEGOZI DI QUARTIERE

Debora, la nostra panettiera, da un paio di mesi ci offre le meringhe, la sua collega le prepara per non sprecare gli albumi delle uova i cui tuorli vanno nell’impasto di dolci lievitati e soffici di pan di spagna, gialli come un pulcino. Le meringhe a volte sono candide e friabili, a volte hanno una sfumatura di un beige chiarissimo. Io preferisco quando l’interno è un po’ morbido e caramelloso, anche quando a rigore sarebbe un po’ troppo morbido e caramelloso. La fornaia della mia infanzia ne discuteva sempre con mia madre ed era un dialogo costruttivo: le meringhe che uscivano dal forno del pane erano perfette, a casa nostra il più delle volte rimanevano mollicce. La sperimentazione durò a lungo, io ne ero felice perché le bruciacchiate, le crude e le perfette avevano tutte un buonissimo sapore e più la mamma si accaniva nei suoi tentativi, più ne mangiavo.

Domanda per i critici letterari: secondo voi le madeleine avrebbero risvegliato i ricordi di Proust se le avesse acquistate in scatola, racchiuse una a una nel sacchettino di cellophane? Lui avrebbe sviluppato il suo prodigioso talento se le sue letture avessero compreso la composizione, gli additivi, le calorie dei dolci industriali? Avrebbe ritrovato le impressioni, i sapori della sua infanzia mangiando madeleine prodotte a Dusseldorf con uova liofilizzate?

 

PATRIA ANCESTRALE

“Patria” significa: la terra dei padri, ma a ben vedere per gli europei è la terra che i padri hanno conquistato venendo da quell’altrove che è la patria ancestrale, andata in fumo, dalla quale si è fuggiti. La patria ancestrale degli europei è Troia, la città dove sono morte le prime mogli degli eroi, mentre nella terra nuova si è andati a rubare le donne di chi già stava lì. Roma si costruisce con immigrati e donne locali conquistate per necessità da maschi sopravvissuti a precedenti sfaceli, venendo a patti con futuri suoceri e cognati: la patria è nata dal meticciamento. Quindi se vediamo arrivare gli uomini dal Mediterraneo, Mare Nostrum, speriamo che sposino le nostre figlie per diventare i padri dei nostri nipoti e per fondare città nuove, così l’Europa rinascerà prendendo linfa dagli antichi miti. Quello che è difficile pensare è che da Troia vengano a noi uomini forti e valorosi, anche se sconfitti, e non semplicemente degli sfigati.

 

POPOLI NOMADI

I popoli nomadi non hanno una patria per il semplice motivo che nei loro spostamenti le donne se le portano appresso, vive e vegete. Se i popoli nomadi diventano stanziali cercano di massacrare tutti i precedenti abitanti di quella terra perché non hanno bisogno di mogli, ne hanno già abbastanza delle loro. Niente suoceri, suocere, cognati e cugini locali, che già ci sono antipatici se appartengono alla nostra etnia, figuriamoci se è il caso di mescolarci con degli sfigati che forse, forse sarebbero disponibili a cedere case e campi se si vedessero costretti a imparentarsi con noi. A volte le ragazze del posto sono carine e ben educate, gli anziani sapienti, il vasellame raffinato, meglio non rompere nulla e non bruciare i libri: parlano di cose alle quali non avevamo mai pensato e molti concetti sono stati espressi in modo molto, ma molto interessante. Certo, se ai nostri occhi esiste un solo libro con i suoi commentari, è difficile rinunciare all’idea di far piazza pulita.

 

LE MELE E LA MELA

Ero più felice quando ero più ingenua (giovane): toglievo le mele dal sacchetto, carta o plastica secondo la sensibilità ecologica del fruttivendolo, e prima di lavarle nell’abbondante acqua del catino, togliendo i bollini, mi perdevo in una fantasticheria romantica. M’immaginavo di recuperare dal mare una bottiglia (vetro, che altro?) ricoperta di alghe e di leggere il messaggio (carta o pergamena?), invasa da una profonda tenerezza per la sorte di un naufrago confinato chissà dove. Da quando avevo il privilegio di sentirmi chiamare mamma da tutti i ragazzi ai quali regalavo due euro (una sola moneta: darne due da un euro sarebbe stato dare troppo), immaginavo un giovane africano costretto all’assurda impresa di appiccicare bollini sulle mele (non si naufraga solo nel mare). Io pensavo a lui e di conseguenza, per telepatia, anche lui pensava a me e si sentiva più umano, più considerato. Tuffavo le mele dell’abbondante acqua del catino, pur consapevole che i pomi della concordia non erano sporchi: oggi il veleno si annida dentro la buccia. Loro galleggiavano, pronti a mettere alla prova i concorrenti di un gioco di paese: afferrarli direttamente con la bocca, a mani legate (legate per gioco: è divertente). È bello stare a galla, tutti dovrebbero imparare a nuotare. Ci vuole delicatezza, le mele maltrattate si ammaccano e l’ammaccatura diventa presto scura, come un livido. Belle, peccato mangiarle, io ero sul punto di confessare il peccato originale (sono carnivora) quando un pensiero ha fatto svanire in me ogni dolcezza: i bollini, di sicuro, vengono appiccicati da una macchina.

A questo punto arrivati, non so se odio di più gli etichettatori di mele, i grossisti o i fabbricanti di divani e di materassi (se guardate la televisione non avete bisogno di ulteriori spiegazioni)

Category: Guardare indietro per guardare avanti, Libri e librerie, Osservatorio internazionale

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