Bruno Giorgini: Parigi val bene una messa. O no.
Anne Hidalgo, di fede socialista, emigrata ragazzina con la famiglia dall’Andalusia in terra di Francia per sfuggire alle persecuzioni del regime dittatoriale di Franco, è sindaca di Parigi. La prima donna a governare una capitale europea salva l’onore del Partito Socialista duramente sconfitto alle elezioni municipali, perdendo 155 comuni.
Un’altra donna socialista vince a Lille, Martine Aubry che perse le primarie contro Hollande, e molti del PS si mordono le dita per quel voto. Dopo si appartò dalla vita politica socialista e non pochi sperano che, vista la mala figura innanzi tutto del Presidente, possa o voglia tornare in primo piano.
Perchè la sconfitta ricade come un macigno prima di tutto su Hollande, il quale da molti mesi in tutti i sondaggi registra un indice di gradimento tra il 13 e il 19%, il più basso mai ottenuto da un Presidente della V Repubblica. Seppure egli tenta di metter riparo con un cambio di governo. In fondo a questo servono i primi ministri nella Repubblica presidenziale, essere i capri espiatori per colpe e errori propri all’inquilino dell’Eliseo. Adesso entra a Matignon, il palazzo Chigi francese, Manuel Valls, l’attuale ministro degli interni. L’uomo forte e dinamico che scaccia i Rom, inneggia alle virtù salvifiche della polizia, e sprizza autoritaria ambizione fin dall’andatura, insomma un sinistro primo ministro.
Nella sconfitta socialista hanno pesato i tantissimi astenuti di sinistra e inoltre il voto dei cittadini di origine arabo maghrebina e/o di religione mussulmana confluito massicciamente su Hollande alle presidenziali, si è evaporato, in parte anch’esso rifluito nell’astensione e in altra parte convogliato sul Fronte Nazionale. Non per caso il candidato FN è arrivato primo nel VII arrondisment di Marsiglia, i cosidetti quartieri Nord dove vivono gli immigrati, i beurs di nazionalità francese e origine maghrebina, altre minoranze etniche, dai jamaicani agli africani, e infine i bianchi poveri, un quartiere dove comunisti e socialisti erano storicamente maggioritari fino all’altro ieri, mentre il FN nel 2008 non superava l’8%.
A proposito di storia, il PS ha perso anche il comune di Limoges, socialista e/o comunista fin dal 1912, capoluogo della regione del Limousin (Limosino), dove, si usava dire, “i compagni” possono rifugiarsi quando la sinistra è in crisi, e se anche scomparisse nel resto di Francia, lì ci sarebbe sempre, invece no. Continuando a navigare tra simboli e onore, si salva dalla sconfitta Avignone, sede del festival teatrale tra i più famosi e belli al mondo, dove viene eletta Cécile Helle un altra sindaca del PS, mentre liste dissidenti di sinistra e ecologiste, a volte anche con l’apporto di militanti socialisti, conquistano La Rochelle, Grenoble, Montpellier. Infine anche il PCF salva l’onore mantenendo il comune di St Denis, città operaia proletaria con moltissimi immigrati e una università dove insegnava Gilles Deleuze, ultimo bastione comunista con più di 100.000 (centomila) abitanti, a un passo dalla ville lumiere.
Per chi fosse curioso dell’ultimo dato aggregato fornito dal Ministero degli Interni – si votava in 3600 comuni – l’UMP, il movimento neogaullista rifondata da Sarkozy, ha ottenuto il 45.91 %, il PS e i suoi alleati il 40.57% , e il FN (con l’estrama destra), che si presentava solo in 600 municipi, ha 13 sindaci – l’obiettivo era arrivare a 15 – e una percentuale di votanti pari al 6.84%. Con quasi il 40% di astenuti – moltissimi disillusi di sinistra.
Col FN siamo approdati tra i vincitori cominciando da Gilles Simeoni. Il noto nazionalista corso diventa sindaco a Bastia con oltre il 50% dei voti, battendo Jean Zuccarelli candidato del PS, figlio di Emile e nipote di Jean, che hanno governato la città dal 1968 a oggi. Può sembrare marginale ma in una Europa che cammina tra un referendum già deciso per l’indipendenza in Scozia, un altro all’orizzonte in Catalogna cui si oppone il governo centrale di Madrid, tensioni consimili dalla Bretagna al Veneto, per non dire della situazione in Belgio tra valloni e fiamminghi, e si potrebbe continuare, la Corsica, che sta a un passo dalla Sardegna dove gli indipendentisti non mancano, con un sindaco del calibro di Simeoni può contribuire assai alle spinte nazionaliste.
Ma torniamo al FN. Non c’è stata la grande vague bleu Marine, la grande onda blu Marina, che tutto sommerge, e nemmeno poteva, però il Fronte esce indiscusso vincitore. Il nocciolo politico lo ha detto la stessa Marine Le Pen: ormai non c’è più una distinzione tra destra e sinistra – intendendo UMP e PS – ma tra alto e basso; tra chi sta in alto ci sono il PS e l’UMP e tra chi sta in basso ci sono il popolo e il FN. Geniale cambiamento della geometria politica, micidiale assai più di una sconfitta elettorale per una forza che si dice di sinistra come il PS. Perchè è pur vero che il FN ha conquistato roccaforti storiche della sinistra, e anche quando non è passato ha ottenuto risultati significativi proprio tra le classi sfruttate e oppresse, e nei territori dove PCF e PS erano egemoni fino a poco tempo fa, tanto che il segretario di una sezione della CGT – l’equivalente della nostra CGIL- in Mosella, Fabien Engelmann, è tra i sindaci eletti nelle liste del Fronte.
Inoltre è interessante sapere che quando Engelmann si candida il sindacato prova a espellerlo per via democratica, ma i suoi compagni di sezione praticamente all’unanimità lo sostengono, mentre adesso è iniziata una causa perchè la CGT nazionale avendolo comunque buttato fuori, Fabien ha sporto denuncia accusandola di attività antisindacale. E, a dispetto delle sue robuste venature razziste, anche tra i beurs e le persone di altre etnie i voti del FN sono ragguardevoli, valga per tutte la maggioranza ottenuta dal candidato FN nei quartieri Nord di Marsiglia, risultato punta di un iceberg che cresce sommerso.
Inoltre la campagna elettorale, le candidature, la scelta dei comuni dove presentarsi sono state fatte in modo preciso e rigoroso, si tratta di un esperimento politico in corpore vivo gestito direttamente da Marine Le Pen per insediare il partito nel territorio ben oltre le tradizionali zone d’influenza, il sud della Francia con la sua borghesia reazionaria, mettendo radici nel cuore popolare del paese. Infatti Marine Le Pen subito dopo il successo, senza attardarsi in toni trionfalistici e retoriche della vittoria, ha spiegato che d’ora in poi il partito dovrà essere composto da professionisti della politica, con tutto l’armamentario del caso, scuole quadri comprese. Non c’è soltanto la protesta da suscitare, dirigere, guidare, ma istituzioni da amministrare in funzione del popolo, dei suoi bisogni, e contro l’establishment franco europeo. Guardando anche a un percorso presidenziale per la leader del FN.
Infine veniamo all’UMP, ridiventata il primo partito, che si sgola a invocare la grande vittoria. Francamente a colpo d’occhio pare più un rimbalzo degli errori e delusioni seminate a piene mani da Hollande, che non ha mantenuto praticamente alcuna delle promesse fatte durante la sua campagna elettorale per la Presidenza, andando su molte cose in direzione esattamente opposta. L’UMP a tutt’oggi è ancora orfana di Sarkozy, senza un programma credibile e nemmeno un gruppo dirigente coeso. Però alcuni uomini di valore come Juppé per esempio potrebbero trarre linfa da questa vittoria, cominciando una vera e stringente opposizione quale finora non c’è stata. Già perchè questo è uno dei paradossi di Hollande: con tutto il potere in mano, dal senato alle regioni, dalle province alla camera, fino ai comuni, il nostro si è mostrato completamente impotente, peggio subalterno al potere finanziario e padronale, nonchè Presidente del tutto trascurabile e ininfluente in Europa, piuttosto succube della signora Merkel e della troika malaugurata. Per non dire delle improvvide azioni militari neocoloniali in Africa. Insomma Hollande si è fatto quasi tutto il male da solo, e questo non ci interesserebbe se non fosse che questo male, per la geometria piradimale della V Repubblica che si dirama dal Presidente in giù, si è riversato su tutta la società, svilendo il popolo di sinistra. Da ultimo, il peggi deve ancora venire, le elezioni europee si presentano come il terreno di una possibile disfatta per il PS e per la sinistra. Si aprirebbe qui il discorso sulle possibilità di una sinistra altra, ma.
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