Barbara Spinelli: L’ufficio delle lettere smarrite

| 7 Novembre 2013 | Comments (0)

 

 

Su segnalazione di Tiziano Rinaldini diffondiamo questo articolo di Barbara Spinelli pubblicato su La Repubblica del 6 novembre 2013


Sono d’accordo con l’auspicio espresso domenica da Eugenio Scalfari: che l’Europa federale nasca, e la moneta unica si salvi.
 In caso contrario avremo, al posto dell’Unione, tanti staterelli senza lode ma non senza infamia, non amici ma più che mai vassalli della potenza Usa. Torneremo alla casella di partenza: vinti dai nostri nazionalismi come nelle guerre mondiali del ’900.

Sono meno d’accordo con il giudizio severo sui movimenti di protesta che ovunque nascono contro l’Europa come oggi è fatta, e ho un’opinione assai meno perentoria su 5 Stelle. Chi ascolti Grillo con cura sarà certo colpito dalle sue incongruenze; specie quando indulge alla xenofobia, procacciatrice di voti. Ma non s’imbatterà nel nazionalismo, né in vero antieuropeismo. Populismo è un’ingiuriosa parola acchiappatutto che non spiega nulla. Come spesso nella nostra storia, è sotterfugio autoassolutorio di chiuse oligarchie: lo spiega Marco D’Eramo in uno dei migliori saggi usciti in Europa sul populismo come  spauracchio (Micromega 4-13). Serve a confondere l’effetto (la rabbia dei popoli, il suo uso) con la causa (l’Europa malfatta, malmessa).

Letta fa la stessa confusione, nell’intervista alla Stampa di venerdì. Qualche giorno fa Grillo ha detto sulla crisi dell’Unione cose sensate, che nessun nazionalista direbbe: un’Europa che si dotasse di strumenti finanziari (tra cui gli eurobond), e che mettesse in comune i debiti, potrebbe far molto per superare le difficoltà e salvare se stessa. Purtroppo c’è nel M5S chi propugna l’uscita dell’Italia dall’Euro, fantasticando di rimettere sul trono i re nazionali. Questo significa che Grillo esita a compiere scelte forti, quasi fosse già stanco all’idea di divenire un leader che educhi, unifichi.

Non significa che i 5 Stelle siano assimilabili a Marine Le Pen, o ai neo-nazisti in Grecia e Ungheria. Anche se il protezionismo mentale li tenta, è difficile immaginare che un movimento nato dalla congiunzione di iniziative cittadine del tutto estranee al nazionalismo sfoci in destra estrema. 
La questione di fondo è dunque un’altra. Non il nome interessa sapere, ma 
perché in Europa cresca un’umanità così infelice, disgustata. Chiamarla populista o reazionaria è fermarsi alle soglie del perché. La domanda sulle radici del grido è elusa. E la risposta è inservibile, se proteste e proposte tra loro tanto dissimili vengono espulse come grumo compatto che intasa chissà quale progresso.

Bollare un intrico di sdegni e rifiuti vuol dire ignorare che l’Europa di oggi distilla veleni cronici. Non basta dirla per farla, alla maniera performativa dei governi attuali. Vuol dire nascondere quel che pure è evidente: nazionalismo e conservazione sono vizi che affliggono i vertici stessi e le élite degli Stati dell’Unione.

Anche qui vale la pena andare oltre le parole: se si esclude la Francia, Federazione non è più vocabolo tabù. Molti oggi l’invocano. Ma senza che al verbo seguano atti concreti: la messa in comune dei debiti, una crescita alimentata da eurobond e da risorse europee ben più consistenti di quelle odierne. E ancora: un Parlamento europeo con nuovi poteri, e una Costituzione comune che sia espressione dei cittadini. Un’Europa che sia per loro un rifugio in tempi di angoscia, e non il guscio che protegge un’endogamica oligarchia di potenti che si blindano a vicenda.

L’Europa così com’è non è minacciata dalla rabbia (di destra e sinistra) dei propri cittadini. È minacciata da governi restii a delegare sovranità nazionali non solo finte ma usurpate, visto che sovrani in democrazia sono i popoli. La crisi del 2007-2008 la tormenta smisuratamente a causa di tali storture. Un’austerità che accentua povertà e disuguaglianze, un Patto di stabilità (Fiscal Compact)
 che nessun Parlamento ha potuto discutere: l’Europa che si vuol ripulire dai populismi è questa.

È la miseria greca; sono gli occhi che spiano il debole, come nei Salmi. È la corruzione dei governi, che si ciba di disuguaglianze e di falsa stabilità.
 Il caso delle sinistre radicali in Grecia è esemplare. Il Syriza, una coalizione di movimenti cittadini e gruppi di sinistra, fu bollato come antieuropeo e populista, nelle due elezioni del maggio-giugno 2012. Le cancellerie europee si mobilitarono, dipingendo Syriza come orco da abbattere. Berlino minacciò di chiudere i rubinetti degli aiuti.

Ma né Syriza né Alexis Tsipras che lo guida sono antieuropei. Chiedono un’altra Europa, sì, e questo atterrisce l’establishment. 
Il 20 settembre, presentando il proprio programma al Kreisky Forum di Vienna, Tsipras ha sorpreso chi l’aveva infangato. Ha detto che l’architettura dell’euro e i piani di salvataggio hanno sfasciato l’Unione, invece di bendarne le ferite. Ha ricordato la crisi del ’29, i dogmi neoliberisti con cui fu gestita. Proprio come accade oggi, «i governi negarono l’architettura aberrante dei loro disegni, insistendo sull’austerità e sul mero rilancio dell’export». Ne risultò miseria, «e l’ascesa del fascismo in Sud Europa, del nazismo in Europa centrale e del nord».

È il motivo per cui l’Unione va fatta da capo. Riprendendo le idee dei sindacati tedeschi, Syriza propone un Piano Marshall per l’Europa, un’autentica unione bancaria, un debito pubblico gestito centralmente dalla Banca centrale europea, e un massiccio programma di investimenti pubblici lanciato dall’Unione.
 Ma Tsipras dice qualcosa di più: c’è un nesso che va denunciato, tra la crisi europea e le corrotte democrazie di Atene e di tanti Paesi del Sud. «La nostra cleptocrazia ha stretto una solida alleanza con le élite europee », e il connubio si nutre di menzogne sulle colpe greche o italiane, sui salari troppo alti e lo Stato troppo soccorrevole. Le menzogne «servono a trasferire la colpa delle debolezze nazionali dalle spalle dei cleptocrati a quelle del popolo che lavora duramente».

È un’alleanza che non ha più opposizione da quando la sinistra classica ha adottato, negli anni ’90, i dogmi neoliberisti. Gran parte della popolazione è rimasta così senza rappresentanza: smarrita, dismessa, punita da manovre recessive che paiono esercitazioni militari. È questa parte (una maggioranza, se contiamo anche gli astensionisti) che protesta contro l’Europa: a volte sognando un irreale ritorno alle monete e alle sovranità nazionali; a volte chiedendo invece un’altra Europa, che non dimentichi il grido dei poveri come seppe fare tra il dopoguerra e la fine degli anni ’70. Questo dice Tsipras. Cose simili, anche se più caoticamente, dice Grillo.
 Se nulla si muove l’Europa sarà non più riparo, ma luogo che ti espone, ti denuda.

Tenuto in piedi da élite di consanguinei –che campano di favori personali fatti e ricevuti senza che dubbio li sfiori (è il caso Cancellieri); che annunciano una ripresa smentita dai fatti – l’edificio somiglia sempre più all’Ufficio delle Lettere morte custodito da Bartleby lo scrivano, nel racconto di Herman Melville.
È sfogliando e gettando al macero migliaia di lettere spedite e mai recapitate che Bartleby matura il suo impallidito rifiuto, che a un certo punto lo indurrà a rispondere «Preferirei di no», con cadaverica tranquillità, a qualsiasi ordine o domanda. Ecco, l’Europa è oggi quell’Ufficio che ha trasformato il suo impiegato in un infelice: «Lettere morte! (…) Talvolta dalle pieghe del foglio il pallido impiegato estrae un anello: e il dito cui era destinato forse già imputridisce nella tomba; una banconota inviata con la più tempestiva delle carità: e colui che ne avrebbe ricevuto giovamento ormai non mangia più, non soffre più la fame; un perdono per coloro che morirono nello scoraggiamento; una speranza per quelli che morirono senza sperare; buone notizie per quelli che morirono soffocati da non alleviate calamità. Messaggere di vita, queste lettere precipitano nella morte. O Bartleby! O umanità!».




 

 

 

 

 

 

 

 

Category: Osservatorio Europa, Osservatorio internazionale

About Barbara Spinelli: Barbara Spinelli. Nata a Roma nel 1946 da Altiero Spinelli e Ursula Hirschmann, lui antifascista e lei ebrea (conosciutisi a Ventotene durante il confino di Spinelli e di Eugenio Colorni, marito di Ursula), inizia la carriera scrivendo articoli per "Il Globo". È stata tra i fondatori del quotidiano "La Repubblica" per passare, negli anni 1984- 1985, al "Corriere della sera" e alla "La Stampa", prima come corrispondente da Parigi, dove tuttora lavora e vive, poi come editorialista. Ad ottobre 2010 è stato ufficializzato il suo ritorno a "La Repubblica". È stata la compagna dell'economista Tommaso Padoa-Schioppa, morto il 18 dicembre 2010. Nel marzo del 2013, in seguito alle Elezioni politiche, assieme ad altri personaggi famosi, lancia una raccolta firme con l'appoggio di MicroMega con l'intento di non fare entrare al Senato Silvio Berlusconi per la questione del conflitto d'interessi facendo applicare la legge 361 del 1957, riprendendo peraltro l'iniziativa portata avanti già nel 1994 e nel 1996 da un altro comitato di personaggi e conclusasi con il parere sfavorevole della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati. Il 14 marzo 2014 si candida alle elezioni europee del 25 maggio come Capolista per L'Altra Europa con Tsipras nelle Circoscrizione Italia centrale (che raccoglie i collegi di Toscana, Lazio, Umbria, e Marche) e nella [[Circoscrizione Italia insulare) (che comprende i collegi di Sicilia e Sardegna), dopo aver contribuito alla stesura delle liste elettorali come membro del collegio dei garanti. Con 36.759 preferenze è la prima nella Circoscrizione Centro e con 27.955 prima nella Circoscrizione Isole per la Lista Tsipras viene eletta in entrambe le due circoscrizioni (unica insieme a Moni Ovadia ad essere eletta per il partito alle Europee 2014). Sin da subito dichiara che la sua candidatura doveva principalmente dare visibilità alla lista e che avrebbe rinunciato al seggio in caso di elezione. Dando seguito a tale promessa, il 25 maggio rinuncia alla carica di europarlamentare in favore di Marco Furfaro ed Eleonora Forenza (i primi non eletti delle circoscrizioni "centro" e "sud").

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