Amnesty International : Fermare le fustigazioni e la pena di morte in Arabia Saudita

| 23 Gennaio 2015 | Comments (0)

 

 

 

1 Appello di Amnesty International a favore del blogger Raif Badawi (nella foto in alto) condannato a mille frustate

Appello  diffuso il 9 gennaio 2015

22 gennaio 2015 Rinviata per la seconda volta la fustigazione di Raif Badawi in Arabia Saudita

La fustigazione dell’attivista e blogger saudita Raif Badawi è stata posticipata per la seconda volta di seguito per motivi di salute, su indicazione di una commissione medica. Lo ha reso noto Amnesty international. La commissione, composta da otto medici, ha effettuato una serie di test su Badawi all’ospedale King Fahd di Jeddah e ha consigliato di sospendere la seconda fustigazione pubblica dopo le cinquanta frustate ricevute dal blogger il 12 gennaio

Venerdì 9 gennaio 2015, Gedda, Arabia Saudita ore 12. Mentre Il mondo occidentale è tutto intento a strapparsi le vesti in nome della libertà di satira, la giustizia di uno stato alleato si appresta a strappare la pelle dalla schiena di un suo cittadino, Raif Badawi.

Sua moglie e le sue bambine sono fuggite in Canada ma Raif è in prigione a Gedda, condannato a dieci anni di carcere, 196.000 euro di multa e a mille frustate. La sua colpa? Aver osato mettere in discussione il ruolo della religione in Arabia Saudita in un blog, “Free Saudi Liberals”.

Raif è fortunato, il pm saudita non è riuscito a farlo condannare per apostasia, reato per il quale è prevista solo la pena di morte. Il giudice saudita è stato anche magnanimo. Invece di farlo frustare per mille volte in una sola sessione riparatrice, ha deciso di torturarlo per cinque minuti per venti venerdì di seguito: cinquanta frustate alla volta.

Raif Badawi, ammanettato e incatenato verrà fustigato per altre diciannove settimane (devono somministrargli ancora 950 frustate) ogni venerdì fino al 22 di maggio mentre una folla festante griderà nella piazza antistante la moschea di al-Jafali (come è già successo venerdì scorso secondo Amnesty International) “Allah-hu Akbar!”.

Allah sarà grande ma la giustizia saudita di certo non è misericordiosa.

 

 

 

2. Appello di Amnesty International a favore del religioso mussulmano sciita Sheikh Nimr al-Nimr (nella foto sopra) condannato a morte in Arabia Saudita dopo un processo iniquo

Appello diffuso il 19 novembre 2014

Sheikh Nimr al-Nimr, eminente religioso musulmano sciita dell’Arabia Saudita, è stato condannato a morte con accuse generiche in seguito a un processo iniquo. La sua condanna deve essere annullata e deve essere rilasciato immediatamente.

Il 15 ottobre 2014, Sheikh Nimr Baqir al-Nimr  (nella foto) è stato condannato a morte dal tribunale penale speciale di Riyadh per diversi reati quali “disobbedienza e slealtà nei confronti del capo dello stato”,  “istigazione al rovesciamento delle istituzioni”, “istigazione a manifestare”, “istigazione a scontri settari”, “messa in discussione dell’integrità del potere giudiziario”, “incontri con ricercati sospettati e sostegno nei loro confronti” e “interferenza negli affari di stato di un paese limitrofo” (con riferimento al Bahrein).

Le prove contro Sheikh Nimr al-Nimr si fondano su interviste e sermoni religiosi attribuitigli. Secondo Amnesty International, che ha preso visione dei testi, l’uomo stava esercitando il proprio diritto alla libertà di espressione e non stava istigando alla violenza. Alcuni capi d’accusa, tra cui la disobbedienza al capo di stato, non dovrebbero costituire reato, poiché criminalizzano l’esercizio pacifico del diritto alla libertà di espressione e di altri diritti umani. Le altre accuse sono generiche e se ne è fatto abuso con l’evidente obiettivo di reprimere l’esercizio dei diritti umani.

Il processo, iniziato presso il tribunale penale speciale il 25 marzo 2013, è stato viziato da gravi irregolarità. A Sheikh Nimr al-Nimr è stato negato il diritto basilare di preparare la difesa: non ha potuto consultare regolarmente il suo avvocato, non ha avuto carta e penna per rispondere alle accuse nei suoi confronti. Testimoni oculari non sono stati autorizzati a presentarsi al processo, in violazione della legge saudita, e l’avvocato di  Sheikh Nimr al-Nimr non è stato informato delle date delle udienze.

Sheikh Nimr al-Nimr, che è l’imam della moschea di al-Awamiyya ad al-Qatif, nella zona orientale dell’Arabia Saudita, è stato arrestato senza mandato l’8 luglio 2012. Le forze di sicurezza l’hanno costretto a fermare la sua auto e hanno esploso dei colpi di pistola contro di lui quando si è rifiutato di seguirli. Sheikh Nimr al-Nimr ha trascorso la maggior parte della detenzione in isolamento, in ospedali militari e nella prigione al-Ha’ir di Riyadh. È rimasto quasi paralizzato a una gamba a causa dell’incidente che ha portato al suo arresto e ha bisogno di cure mediche urgenti per rimuovere una seconda pallottola dalla schiena.

Category: Guerre, torture, attentati, Osservatorio internazionale

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