Amina Crisma, Vittorio Capecchi: Diritti, quale futuro? Dimensioni sociali e interculturali
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Quest’articolo di Amina Crisma e Vittorio Capecchi che qui riproduciamo è stato pubblicato (pp. 35-39) sul numero ora apparso della rivista I martedì del Centro San Domenico (354, n.1 anno 45, aprile 2022), nel dossier “L’uomo e i suoi diritti” . E’ stato redatto prima dell’aggressione russa all’Ucraina: al tema di questa guerra I martedì dedicheranno spazio nel prossimo numero.
Amina Crisma, Vittorio Capecchi
Diritti umani: quale futuro, quali pericoli? Dimensioni sociali, dimensioni interculturali
- I diritti umani nell’esperienza di Inchiesta: uno sguardo retrospettivo per tentare una comprensione del presente.
La riflessione sui diritti umani che tentiamo di proporre in queste brevi pagine prende le mosse da un’angolatura particolare, ossia dal punto di vista dell’esperienza della nostra rivista, Inchiesta, “fabbrica di cultura” che a tale orizzonte ha sempre ispirato la propria attività di elaborazione teorica e il proprio concreto impegno. Rievochiamo qualche aspetto saliente di questa nostra storia, che è parte di una più vasta vicenda collettiva, per cercare di comprendere come si inscrivano oggi i diritti nella problematica complessità di questo nostro presente, e per delinearne prospettive possibili: è, insomma, un volgersi all’ieri per cercare di meglio decifrare l’oggi, e di immaginare il domani, nella convinzione che non si tratti solo di descriverli, bensì di avere fede e speranza, nonostante tutto, nella possibilità di intervenirvi. Siamo convinti che il passato sia il luogo di promesse inadempiute che si consegnano al presente, e al futuro,[1] e, riprendendo le parole del compianto amico Paolo Prodi, “guardiamo indietro non per nostalgia di mondi scomparsi o per spirito di conservazione, ma per sapere con quale bagaglio entriamo nel nuovo mondo globalizzato, per guardare avanti”.[2]
Fondata a Bologna nel 1971, nello stesso anno in cui nasceva il quotidiano Il manifesto, Inchiesta si collocava nel solco dell’esperienza dell’inchiesta di fabbrica alla Olivetti di Ivrea, configurandosi come crocevia interdisciplinare e come luogo di incontro di elaborazioni e di esperienze che si andavano compiendo in territori diversi (dall’Emilia a Trento, da Torino al Mezzogiorno). Il suo gruppo redazionale concepiva la propria attività di ricerca nel sociale, esemplificabile nei lavori di Giovanni Mottura e di Enrico Pugliese, come conoscenza/azione, ossia come modalità conoscitiva al servizio di una realizzazione e di un’espansione dei diritti in cui i lavoratori fossero soggetti attivi di una trasformazione delle proprie condizioni di lavoro e di vita. [3]
La nostra rivista è stata così presenza militante e testimone partecipe di una stagione in cui “diritti umani” era una parola che si inscriveva limpidamente in molteplici scenari di movimenti collettivi: dalle rivendicazioni del movimento sindacale (la FIOM, di cui era allora leader Claudio Sabattini, è stata da sempre nostro riferimento privilegiato) a quelle del femminismo (il cui apporto ci arrivava in quegli anni anche per il tramite della collaborazione di Luce Irigaray), e l’uno e l’altro versante, diritti dei lavoratori e diritti delle donne, convergevano nell’attività teorica e organizzativa di Adele Pesce, infaticabile animatrice di Inchiesta nonché responsabile per conto della FIOM delle Centocinquanta ore in Emilia, grande esperienza collettiva che attuava il diritto allo studio degli operai aprendo loro una dialettica interazione con il mondo della cultura.[4] E insieme, nel corso degli anni prestavamo attenzione, con il contributo di Luigi Manconi e di Laura Balbo, a ulteriori ambiti e declinazioni dei diritti: da quelli delle minoranze (che una significativa presenza di valdesi nel nostro collettivo redazionale contribuiva fra l’altro a sottolineare), a quelli degli immigrati (con la creazione di un apposito Osservatorio), a quelli dei carcerati (ricordiamo la fertile esperienza del gruppo di lettura “Una via” creato da PierCesare Bori con i detenuti del carcere della Dozza )[5].
Tutte queste sfaccettature molteplici e convergenti dei diritti di cui Inchiesta si faceva interprete erano allora parte di un sentimento diffuso, orientato alla percezione della loro universalità concreta. Un’universalità che si può emblematizzare in due immagini salienti: quella dell’America della lotta per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam (nel ‘67 il futuro direttore di Inchiesta è fra i 300.000 partecipanti alla marcia di New York guidata, insieme ai professori della Columbia University, da Martin Luther King) e quella della Cina (visitata dai fondatori della nostra rivista in due pionieristici viaggi nel 1971 e nel 1973): una Cina che era allora Terzo Mondo, e al cui immane sforzo di emancipazione dalla povertà e dalla dipendenza nei confronti di imperialismi d’ogni colore si guardava con simpatia.[6]
Vi era, insomma, in quest’esperienza plurale, e tuttavia intimamente coerente, una configurazione compatta e unitaria dell’orizzonte globale dei diritti umani. Essa si inscriveva in un’istanza universale e concreta di affermazione della dignità di ogni essere umano, in un’idea di democrazia come prassi sociale e politica di trasformazione di cui erano protagonisti grandi soggetti collettivi quali la FIOM, e varie forme di movimenti e di aggregazioni.
Come e quanto è mutato il panorama attuale, rispetto a tali scenari del secolo scorso?
- Diritti umani oggi: problemi e prospettive, nel confronto con la complessità del presente.
E’ indubbiamente il problematico scenario di un mondo radicalmente riconfigurato, e per molti versi non certo favorevole, quello in cui oggi le istanze dei diritti umani vengono, con rinnovata pregnanza, a riproporsi. Rievochiamo in breve i noti tratti salienti di una globalizzazione che si è ovunque dispiegata nei suoi dirompenti effetti, ridisegnando gli ambiti dell’economia, della società, della politica, della comunicazione, e alla cui contraddittoria complessità, che non di rado lascia sgomenti, crediamo convenga comunque guardare sottraendosi alle opposte semplificazioni degli apocalittici e degli integrati, ossia della demonizzazione assoluta e dell’apologia acritica.
Indubbiamente, la potenza di multinazionali e capitalismo finanziario si è enormemente accresciuta, indebolendo istituzioni democratiche e forme di rappresentanza, erodendo il potere contrattuale dei lavoratori e delle loro organizzazioni e imponendo precarietà, licenziamenti, delocalizzazioni; ma si danno anche esempi di resistenza, e di un’imprenditorialità dinamica quanto rispettosa della dignità e del valore del lavoro, e ispirata dal senso etico della propria responsabilità sociale, che abbiamo non di rado incontrato nelle nostre ricerche in questa nostra regione.[7] Siamo affascinati dalle prospettive dell’intelligenza artificiale,[8] ma al contempo inediti problemi sono posti dall’impatto delle nuove tecnologie, dalla sorveglianza di massa e dallo sfruttamento delle identità personali online; da oriente a occidente la libertà di informazione è sotto attacco, come ci mostrano gli emblematici casi di Hong Kong e di Julian Assange,[9] e la stessa libertà di ricerca appare, nella generale distrazione, sempre più vulnerabile.[10] Moltitudini di migranti si sono messi in cammino, trattati sovente come nemici o come “invisibili”; ma v’è anche chi fra loro è riuscito a realizzare i propri progetti, e chi si batte, ancorché osteggiato e contrastato, al loro fianco. L’empowerment delle donne si è sviluppato in vari ambiti, ma è su diversi fronti aggredito da una violenza misogina che appare accresciuta.[11] Si accentuano antiche tensioni, esplodono nuovi conflitti, assumono inusitate dimensioni le molte forme di violenza terroristica, fondamentalista, xenofoba, razzista e le persecuzioni ai danni di minoranze (cristiane, yazide, curde, karen, rohingya, solo per ricordarne alcune) mentre il catastrofico bilancio di vent’anni di “guerre umanitarie” ci mostra l’impossibilità di esportare con la forza i diritti umani, e ci rivela anzi come la loro strumentalizzazione a una politica di potenza, anziché consolidarli, abbia perniciosamente contribuito a inficiarne la stessa idea. [12]
In questo complesso quadro, spicca la straordinaria ascesa della Repubblica Popolare cinese, il cui spettacolare sviluppo ha emancipato dalla povertà centinaia di milioni di persone portandole ad elevati livelli di vita e di consumi. Questo successo certo rappresenta una ragguardevole concretizzazione di diritti primari per una vasta fetta di popolazione del pianeta, ma si è realizzato al prezzo della nascita di nuove disuguaglianze e di ingenti devastazioni ambientali, e si è coniugato a modalità sempre più stringenti di controllo autoritario.[13]
Su questo sfondo di mutamenti globali, si assiste a una crisi materiale e spirituale dell’Europa, storica culla dei diritti umani e di un welfare e di una tutela del lavoro che notoriamente ne costituiscono una concreta esplicitazione, nonché spazio di convivenza laico, libero, pacifico e pluralistico. Si tratta di una crisi profonda che investe le stesse strutture della democrazia e della rappresentanza, generando nei loro confronti una diffusa sfiducia. Essa dà luogo a manifestazioni di insofferenza e all’insorgenza di svariate forme di rivolta, di sovranismi e di populismi, producendo inoltre l’emersione di nuove e vecchie e mai sopite pulsioni violente, razziste, xenofobe, misogine, omofobe, antisemite, che trovano il loro terreno di coltura nella rabbiosa frustrazione di estese aree di marginalità e di disagio, e sono sistematicamente fomentate da predicatori d’odio professionali e organizzati, che trovano nella rete un poderoso strumento di diffusione dei loro messaggi.
Ma l’Europa dimostra anche di avere entro di sé vitali risorse in difesa dei diritti umani da contrapporre a tali derive. Fra i tanti esempi che se ne possono addurre, ne scegliamo uno che non ha ricevuto l’attenzione che avrebbe meritato: si tratta di un manifesto, Retrouver la force d’une laïcité vivante, che è un limpido, fermo rifiuto della strumentalizzazione in chiave integralista e intollerante della religione islamica sottoscritto da persone di cultura musulmana e di svariato orientamento.[14] Esso è significativa espressione di un Islam democratico e pluralista che da tempo abita pacificamente à l’ouest d’Allah, ma rivela anche le fertili potenzialità inclusive di uno spazio europeo che sia capace di essere aperto e ospitale, secondo l’ispirazione delle pagine migliori della sua storia. Esso ci sembra costituire l’ideale prosecuzione di una fraterna convivenza delle religioni abramitiche che già nel Medioevo si realizzava sulle rotte mediterranee dei mercanti, che nel presente trova molteplici espressioni concrete, e che è esemplarmente attestata da quello splendido apologo sulla tolleranza noto come “Favola dei tre anelli” amato da Boccaccio e da Lessing, di valore paradigmatico oggi più che mai attuale. [15]
Sono le buone e solidali pratiche di donne e uomini di buona volontà, laici e credenti, a dare, oggi come ieri, sostanza e forza ai diritti umani, oggi come ieri insidiati in molteplici modi. Li minaccia la tracotanza dei poteri che li avversano e li calpestano, ma li insidia anche un pericolo d’altro genere, l’indifferenza, come ha sottolineato più volte nei suoi appassionati discorsi David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo scomparso in questi giorni. Un’indifferenza che ci sembra crescere in modo preoccupante (e che appare riconducibile all’imporsi di una visione reificata del mondo, in cui gli esseri umani sono sistematicamente ridotti a cose, e al diffondersi di ideologie identitarie negatrici dell’universalità dell’umano), anche se non mancano significativi esempi di tutt’altro segno, come ci mostra la bella e intensamente partecipata mobilitazione per Patrick Zaki, che ha avuto il suo epicentro a Bologna, e della quale è stata fra l’altro animatrice Amnesty International, il cui infaticabile impegno contro ogni sopruso non viene mai meno.
Siamo dunque convinti che Il presente e il futuro dei diritti umani siano affidati alla nascita e alla diffusione di nuove forme di partecipazione, di cui non mancano incoraggianti esempi. Ne evochiamo uno fra tutti, l’associazione Laudato si’, alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale. Nata nel 2020, formata da credenti e non credenti, traendo ispirazione dall’enciclica di cui adotta il nome ne riprende il motto “niente di questo mondo ci risulta indifferente” per tentare di tradurlo in un programma “che restituisca una funzione politica a parole usurate quali giustizia, libertà, fratellanza, sorellanza, mitezza”.[16] Potrebbero essere esperienze come questa a rifondare una coscienza collettiva del vincolo solidale e fraterno fra le creature umane, che è la prima radice – una radice transculturale, come ci ha mostrato Pier Cesare Bori in indimenticabili pagine – di una concezione e di una prassi dei diritti non frantumate, parcellizzate, strumentalizzate, o dedotte da altisonanti astrazioni, ma ispirate dal senso di una concreta empatia e dalla nozione di un largo e inclusivo umanesimo, e capaci di coniugare libertà e fraternità, il versante sociale dei diritti umani con quello dell’irrinunciabile difesa del singolo – e della singola – da ogni sopraffazione. [17]
[1] W. Benjamin, Angelus novus, Einaudi 2014, pp.75-86.
[2] P. Prodi, Homo europaeus, Il Mulino 2015, pp. 30-31.
[3] V. Capecchi, “Mezzo secolo di due riviste”, Inchiesta 50/210, 2020, pp. 2-9 ( www.inchiestaonline.it ).
[4] A. Pesce, Fare cose con le parole. Lavoro, sindacato, politica, femminismo, a cura di V. Capecchi e D. Meneghelli, Dedalo 2012.
[5] “P.C. Bori e la rivista Inchiesta,” www.inchiestaonline.it.
[6] A. Crisma, “La Cina su Inchiesta”, Inchiesta 50/210, ottobre/dicembre 2020, pp. 75-81 ( www.inchiestaonline.it).
[7] V. Capecchi, S. Caserta, A. Tavanti, L’Emilia Romagna fra storia e futuro. Politiche per una regione smart, Il Mulino 2015.
[8] M. Buscema. L’arte della previsione. Intervista sull’intelligenza artificiale a cura di V. Capecchi, Mimesis 2020.
[9] A. Crisma, “Da Hong Kong a Taiwan, libertà di stampa con caratteristiche cinesi”, 31 dicembre 2021 www.inchiestaonline.it
[10] A. Crisma, M. Scarpari, V. Capecchi, “Per la libertà accademica e di ricerca”, 7 aprile 2021, www.inchiestaonline.it
[11]L. Corradi, Nel ventre di un’altra, Castelvecchi 2017; Ead.,“Le donne curde difendono la loro autonomia”, 8 marzo 2021, www.inchiestaonline.it
[12] S. Mecozzi, “Dov’è l’Europa dei valori?”, 3 gennaio 2022 www.inchiestaonline.it
[13] M.Scarpari, ”Hong Kong. Democrazia con caratteristiche cinesi at work”, 31 dicembre 2021 www.inchiestaonline.it
[14] “Retrouver la force d’une laïcité vivante”, Libération, 16 febbraio 2004.
[15] A. Crisma, “Per ricordare Charlie Hebdo un anno dopo”, 7 gennaio 2016 www.inchiestaonline.it
14[16] D. Padoan (a cura di), Niente di questo mondo ci risulta indifferente, Ed. Interno 4, 2020.
[17] P. C. Bori, Per un consenso etico fra culture, cap. 7, Marietti, 1991. Cfr. A. Crisma, “Ripensare non retoricamente I diritti umani: la prospettiva interculturale di PierCesare Bori”, 10 dicembre 2018, www.inchiestaonline.it; Ead., “Ricordando Bori: diritti umani e consenso etico fra culture”, Moralia, Il Regno newsletter. 10 novembre 2021.
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