Amina Crisma: Intervista a Giangiorgio Pasqualotto su Dharma today, convegno internazionale sul buddhismo.
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Amina Crisma, Dharma today, convegno internazionale sul buddhismo: intervista a Giangiorgio Pasqualotto
“Dharma Today, volti del buddhismo contemporaneo” si intitola il convegno internazionale promosso dall’ Unione Buddhista Italiana che si svolgerà il 5 e 6 marzo 2022 online e l’11-13 marzo presso l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia (tutti gli incontri saranno disponibili in streaming sui canali social dell’UBI).
Su quest’evento Amina Crisma intervista Giangiorgio Pasqualotto, che è stato a lungo professore di Estetica e di Filosofia delle Culture all’Università di Padova, e che a partire dagli anni Ottanta ha inaugurato un confronto teoretico sistematico e approfondito con il pensiero buddhista di cui sono assai rari gli esempi nel panorama intellettuale del nostro Paese. Vari scritti suoi e su di lui sono stati pubblicati sulla nostra rivista (www.inchiestaonline.it ).
D. Il convegno Dharma today a cui partecipi come relatore mi pare offra una buona occasione per tentare una riflessione sulla presenza del buddhismo nel panorama culturale – accademico, e non solo – dell’Italia di oggi. Episodi significativi in tal senso non sono mancati in passato: per limitarmi agli anni Ottanta penso, ad esempio, ai seminari e alle opere di Francisco Varela che segnalavano anche nel nostro Paese l’interesse epistemologico, oltre che etico, del buddhismo.
Tu eri allora, e sei tuttora, tra i pochissimi in Italia impegnati a cogliere l’interesse teoretico di questa grande tradizione e a svolgere su tale base una originale elaborazione, che hai sistematicamente sviluppato nel corso dei decenni successivi. Le domande che vorrei porti in proposito sono molteplici: innanzitutto, vorrei chiederti che cosa ha significato l’incontro con il buddhismo per il tuo personale percorso filosofico. Ma vorrei anche interrogarti sul contesto generale in cui si colloca il convegno odierno.
R.: L’incontro col Buddhismo è stato quasi esclusivamente di tipo filosofico. A parte gli aspetti storici e sociologici, ciò che del Buddhismo ha maggiormente catturato il mio interesse è stata la libertà di pensiero: un pensiero svincolato programmaticamente da ogni dogma. Di conseguenza, mi ha sempre colpito il suo generale atteggiamento non metafisico. Straordinari mi sono poi sembrate le analisi e le osservazioni del Buddha sul processo conoscitivo. Ancora più sorprendente mi è sempre apparso il costante invito a tenere presente ed attiva la stretta connessione tra i livelli di conoscenza e i livelli di perfezionamento etico (la famosa coppia prajnā/karunā).
D. Il convegno “Dhama Today” è particolarmente importante perché si svolge in Italia, dove non vi è mai stata una manifestazione pubblica in cui studiosi di varia provenienza abbiano tentato di affrontare il tema del significato del Buddhismo in età contemporanea. Per l’intento e l’approccio generale – non certo per i temi e per i protagonisti – è un evento paragonabile a quelli organizzati, soprattutto negli USA durante gli anni ’90, dal Dalai Lama assieme a vari scienziati ed intellettuali occidentali.
Il quadro ti pare mutato, rispetto a quarant’anni fa? Vi è oggi una maggiore attenzione nei confronti del buddhismo ? E se sì , quali ne sarebbero le motivazioni?
R.: Per quanto riguarda i mutamenti avvenuti nel corso degli ultimi anni, posso parlare solo dell’Italia. Mi sembra innanzitutto che il 1985, l’anno della fondazione dell’Unione Buddhista Italiana, sia stato un evento storico che ha colmato in parte il ritardo organizzativo che contraddistingueva l’Italia rispetto a molti altri Paesi europei. In secondo luogo, è stato certamente un importante traguardo – anche se non del tutto condiviso all’unanimità – il riconoscimento dell’UBI come ente religioso.
Infine, ma non da ultimo, è di grande rilevanza che, il 14 febbraio 2022, l’UBI e la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) abbiano avviato una collaborazione finalizzata all’accoglienza di rifugiati arrivati in Italia tramite i “corridoi umanitari” aperti in paesi confinanti con l’Afghanistan nel quadro di un accordo tra la FCEI, la Comunità di Sant’Egidio, la Tavola valdese e i Ministeri dell’Interno e degli Esteri.
I motivi di un crescente interesse per il Buddhismo sono di varia natura e di vario spessore, a seconda dei bisogni e degli interessi. Il mio particolare interesse è che il Buddhismo venisse studiato nei suoi fondamenti filosofici per mostrare quanto fecondi potrebbero essere per una nuova etica planetaria basata sulla compassione (non ingenua, ma equanime), per una nuova politica internazionale basata sulla cooperazione, per una nuova economia basata non più solo sul Prodotto Nazionale Lordo.
D. Quali sono a tuo avviso le tematiche sulle quali il buddhismo può offrire un significativo contributo ai dibattiti attuali?
R. Ritengo che il maggiore apporto teoretico fornito dal Buddhismo fin dalle origini sia stato quello di aver considerato centrale e fondamentale l’idea di anattā (non sé) che consente di cogliere ogni realtà non separata ma costituita dalle altre, inaugurando in tal modo l’era dei “modelli a rete” oggi tanto di moda, soprattutto nelle riflessioni dell’ecologia. Questa idea di anattā, assolutamente innovativa già rispetto allo sfondo culturale in cui nacque il Buddhismo, continua ad avere oggi ha un enorme potenziale forza innovativa, non solo di tipo gnoseologico e ontologico, ma anche di tipo etico e politico, e persino economico.
D. Quali sono secondo te le peculiarità del buddhismo in Occidente? Ed entro tale ambito, come si caratterizza il buddhismo in Italia?
R. Ritengo che Stephen Bathelor con i suoi libri (Il Buddhismo senza fede, Confessione di un ateo buddhista, Dopo il buddhismo, Ripensare il dharma per un’epoca laica, Risveglio dell’Occidente, ecc.). abbia già detto chiaramente e a sufficienza quali sono i maggiori problemi per una Buddhismo in Occidente.
Per quanto riguarda l’Italia mi sembra che negli ultimi anni ci sia stato un notevole fervore di nuovi centri e di nuove iniziative. Tuttavia, come in molti altri paesi occidentali, il Buddhismo, dal punto di vista accademico, è inserito in Corsi di studi appartenenti ad ambiti religiosi, di Storia delle religioni o di Dialoghi interreligiosi. Anche quella che sembra essere un’eccezione, l’insegnamento di “Storia della filosofia buddhista” presente all’Università di Padova, di fatto afferisce al Corso di laurea specialistica di “Scienze delle religioni”.
Personalmente, invece, auspico da anni che il Buddhismo venga insegnato nei suoi fondamenti filosofici. Mi sembra che ciò sarebbe utile non solo a chi ritenga necessario conoscere intellettualmente il pensiero buddhista, ma anche a chi voglia viverlo compiutamente., anche come esperienza religiosa.
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