Lucio Caracciolo: La strategia americana di fronte al binomio Russia-Cina si gioca sulla crisi Ucraina
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Diffondiamo da La Stampa 9 febbraio 2021
“Quale è il piano degli Stati Uniti nella crisi ucraina? Soprattutto, ne hanno uno?” Lucio Caracciolo sulla Stampa sottolinea come “tutti ci interroghiamo sugli obiettivi russi e sui mezzi con cui intendono raggiungerli, invasione del vicino non esclusa.
Almeno altrettanto importante sarebbe stabilire che cosa voglia l’America. Specialmente per noi, che apparteniamo al suo campo strategico, come testimonia la robusta presenza di assetti militari statunitensi sul nostro territorio.
Trovare una coerenza nelle mosse e contromosse di Washington appare piuttosto arduo. Insomma – scrive l’editorialista – il piano non c’è o se c’è non funziona. L’enfasi propagandistica sull’invasione russa, che tanto preoccupa gli ucraini alle prese con una corposa fuga di capitali, non può surrogarlo. Tutto nasce da una contraddizione di fondo.
Gli Stati Uniti considerano la Cina l’unica potenza in grado di impedire che questo sia il secondo secolo americano. A sfida su scala globale dovrebbe corrispondere coerente risposta globale. L’Ucraina dimostra che non è così. Qui è maturata la strana coppia sino-russa, autocelebrata da Xi Jinping e Putin in apertura dei Giochi di Pechino. Produzione americana. Violazione della legge universale che consiste nel dividere i nemici. La coppia Cina-Russia è qui per restare. E nelle equazioni del Pentagono entra il rischio di trovarsi a combattere una guerra su due fronti, l’indo-pacifico e l’europeo.
Le incertezze di Washington nel teatro ucraino derivano dall’errore di calcolo sulle intenzioni e sulle capacità di Mosca. Abbastanza normale per la superpotenza, abituata a cercare la vittoria e solo poi a trarne le conseguenze.
Per correggere questa traiettoria negativa ed evitare una guerra non voluta ma comunque disastrosa, Washington cerca di uscire dalla trappola ucraina che Mosca le ha teso. Ciò comporta riconoscere ruolo e rango della Russia coinvolgendola in un negoziato a tutto campo sugli assetti di sicurezza paneuropei.
Per minare così le basi del suo fidanzamento con la Cina nell’unico modo possibile: dimostrandole che non ne ha bisogno. L’alternativa è infilarsi in un tunnel senza uscita del quale noi europei saremmo le prime vittime, a partire dalla prossima raffica di sanzioni e controsanzioni. Motivo in più – conclude – perché anche Roma faccia sentire la sua voce. Nulla è ancora perduto.
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