Alberto L’Abate: Grillo, il Movimento 5 stelle e la Nonviolenza

| 12 Aprile 2013 | Comments (0)

 

 

 

DOSSIER DOPO ELEZIONI 44 Alberto L’Abate è un sociologo italiano esponente autorevole dei movimenti pacifisti. La sua critica a Grillo dal punto di vista dei movimenti pacifisti è molto interessante. Attualmente insegna “Metodi di analisi e ricerca per la pace” nei corsi di Trascend (Università Internazionale on line per la teoria e la pratica della pace, fondata e diretta premio  Nobel alternativo per la Pace)

 

Grillo, durante il suo comizio elettorale finale, in Piazza San Giovanni a Roma, ha dichiarato di voler portare avanti una “rivoluzione nonviolenta”. Ed effettivamente quella che sta portando avanti è una rivoluzione senza armi, pacifica, che si collega molto bene all’appello di Stéphane Hessel, l’ispiratore del movimento degli “indignati”, rivolto a dar vita ad una “rivoluzione mondiale nonviolenta” che costruisca un futuro basato su uno sviluppo compatibile con le risorse della terra e dei popoli, e su una alternativa economica più equa, giusta, ed ecologica.

Se si va a vedere infatti il suo programma elettorale, e quanto emerge dalle sue dichiarazioni, dai suoi comizi, e dalle tante interviste ai giornalisti stranieri, a parte certe dichiarazioni contraddittorie che talvolta fanno pensare che non abbia del tutto chiare le idee e che le stia maturando giorno per giorno, non si non essere d’accordo con molte delle sue idee programmatiche. E’ quasi impossibile, per una persona che si dichiari nonviolenta, non convenire con le sue critiche, anche veementi e pungenti, contro la finanziarizzazione dell’economia, contro il predominio dei mercati, e le feroci – per i loro risultati – speculazioni delle banche. Oppure con quelle che mettono in luce l’assurdità del portare avanti i mega progetti, che distruggono il territorio, violentano le popolazioni che vi vivono, e si prestano a grandi speculazioni, spesso anche inquinate dall’intervento di forze mafiose, come il progetto della TAV in Val di Susa (Piemonte), e di tutta la programmazione ferroviaria italiana che tende a privilegiare i treni veloci, e costosi, a lunga distanza, (tra Milano, Roma e Napoli), ed a sacrificare quelli locali e regionali e quelli notturni che collegano il Sud con il Nord. E come non convenire con lui, e con le sue preziose battute, sull’assurdità di puntare ancora, da parte di molti dei nostri politici, sull’energia basata sul nucleare, o su altre fonti energetiche dure, non riproducibili (vedi rigassificatori), mentre si trascura – noi che ne siamo naturalmente forniti – le potenzialità delle fonti energetiche rinnovabili, come il sole, il vento, le maree, o quelle del risparmio energetico attraverso un buon sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, e con altri espedienti già noti?. E sull’importanza, per il futuro del nostro paese, di uno sviluppo economico basato su una sistemazione idrogeologica del nostro territorio, o sulla riparazione delle tante scuole, o strutture pubbliche, non a norma, e non sul procedere della cementificazione del territorio per la costruzione di case che restano invendute, o per il mantenimento di grandi impianti che inquinano e attaccano la salute degli abitanti che vivono accanto a questi. E come non essere d’accordo con le sue proposte di ridurre le spese del nostro apparato politico, pletorico e sprecone, e, su quelle, stimolate dal movimento pacifista italiano, di eliminare l’acquisto degli F35, cosa già fatta da vari paesi del mondo, compreso recentemente anche gli USA, o di ritirare le nostre truppe da luoghi, come l’Afganistan, dove, in teoria, dovremmo combattere contro il terrorismo, ma, in realtà, attraverso l’uccisione dei tanti civili di quei paesi, o la nostra collusione con politici locali corrotti, non facciamo che dare miccia al terrorismo stesso?1.

Ed effettivamente molti dei membri attivi dei movimenti nonviolenti italiani, persone che Capitini definirebbe “persuasi” della nonviolenza, hanno collaborato al Movimento 5 Stelle, l’hanno votato, ed alcuni di essi partecipano normalmente alle attività che, nelle varie zone del nostro territorio, questo organizza per mettere a fuoco i problemi e le iniziative più importanti da portare avanti in quella zona, in attesa di presentarsi alle elezioni locali quando queste ci saranno.

Ma detto questo, e grazie al loro strepitoso successo elettorale, che vede questo come il partito – anche se rifiuta questa definizione – più votato per la Camera dei Deputati (M5S: 8.689.458; PD: 8.400.161), se si va a vedere più a fondo i modi con i quali Grillo ed i suoi stanno cercando di portare avanti, a livello parlamentare, questi obbiettivi, i dubbi sulla definizione di questo come “nonviolento” sono molti, soprattutto se si tiene in mente l’insegnamento di Gandhi che “il seme sta all’albero come i mezzi stanno ai fini”, e cioè sulla necessaria congruenza tra mezzi e fini.

Il primo dubbio, anche se sicuramente non il più importante, nasce dallo stesso linguaggio usato da Grillo che non si limita a criticare giustamente i suoi avversari, ma li insulta a piè sospinto apostrofandoli nel peggiore dei modi possibili. E questo fa venire in mente invece l’importanza data dalla nonviolenza a quello che viene definito il linguaggio “io”, e cioè, dato che il nonviolento non cerca di distruggere l’avversario ma il suo obbiettivo di fondo è quello di convertirlo, invece di offenderlo e mettere a fuoco gli elementi negativi del comportamento dell’altro (esempio: sei disonesto, sei un ladro, ti comporti male, ecc.) cerca di fare comprendere all’avversario che il suo comportamento è dannoso per la collettività, e che mette in difficoltà anche la persona che lo critica (esempio: il tuo comportamento mi fa soffrire), e che ci sarebbero altri comportamenti, definiti dalla nonviolenza come “progetto costruttivo”, che sarebbe meglio suggerire piuttosto che offendere l’avversario e lasciarlo allo stato iniziale.

Il secondo dubbio è nel rifiuto di Grillo di riconoscere l’importanza della “coscienza individuale”, in questo caso nel suo tentativo di imbrigliare gli eletti nel suo movimento impedendo loro di votare “secondo la loro coscienza”, e non secondo quella di Grillo o di Casaleggio. L’obiezione di coscienza è una delle armi più forti ed importanti della nonviolenza che si collega all’altra arma, ancora più potente, della disobbedienza civile. Non per nulla uno dei primi insegnamenti per far capire la nonviolenza alle persone è quello di educarle a disubbidire agli “ordini ingiusti”. E’ vero che l’articolo 67 della Costituzione Italiana, che Grillo vorrebbe eliminare, o almeno emendare, è servito anche a molti parlamentari a cambiare casacca vendendosi al miglior offerente, ed è perciò comprensibile che Grillo ne abbia paura. Ma quello stesso articolo riconosce anche la libertà di coscienza del parlamentare, e c’è il rischio, eliminando quell’articolo, “di gettare il bambino con l’acqua sporca”, come dice il proverbio. Le riserve verso il riconoscimento dell’obiezione di coscienza nel nostro paese si sono sempre trincerate dietro il rischio che essa potesse dar adito a comportamenti dettati da viltà, interesse, o da paura. Eppure se si va a vedere le leggi più importanti nel settore della pace e della nonviolenza approvate dal Parlamento italiano, come, ad esempio, quella per il riconoscimento del servizio civile alternativo al servizio militare (772/1972), o quella che ha riconosciuto che il servizio militare ed il servizio civile alternativo dovessero essere di uguale lunghezza (230/1998), od ancora quella che riconosce che la difesa della patria potesse essere fatta anche senza l’uso delle armi, attraverso forme di “difesa non armata, nonviolenta” (64/2001), sono tutte leggi che sono costate mesi, e talvolta anche anni, di carcere agli obbiettori di coscienza che si rifiutavano di fare il servizio militare, i primi, o di fare il servizio civile più lungo di quello militare, i secondi, o, infine di pagare le tasse che vengono utilizzate per le spese militari, nel terzo caso; in questo ultimo con le conseguenze per gli obbiettori non di andare in prigione, ma con sequestri di mobili, stipendi, auto, o altro materiale di casa (ad esempio anche intere enciclopedie) per un valore molto superiore a quello delle tasse originarie. Ma questo atto di obiezione di coscienza non sarebbe stato sufficiente ad ottenere le leggi su citate se non ci fosse stato il ricorso alla Corte Costituzionale da parte degli avvocati difensori degli obbiettori, e sentenze storiche di questa Corte che riconoscevano questo diritto.

E qui arriviamo al terzo dubbio sulla strategia di Grillo e dei grillini sulla base dei principi e delle tecniche della nonviolenza. Chi ha lavorato maggiormente sulla costruzione di una politica nonviolenta è stato sicuramente Gandhi che viene considerato, da tutti gli indiani, come il “Padre della Patria” per il contributo fondamentale dato da lui all’ottenimento dell’indipendenza dell’India. Ma poi al governo dell’India è andato un suo collaboratore, Nerhu, che però ha portato avanti una politica che ha scimmiottato il modello di sviluppo occidentale, e che con la nonviolenza gandhiana non aveva assolutamente nulla,o poco, a che fare. Ed ancora peggio sua figlia Indira che ha addirittura messo in prigione molti dei più importanti seguaci di Gandhi, come Jayaprakash Narayan, detto familiarmente JP, che aveva avuto il coraggio di condannare apertamente il suo nepotismo, dato che Indira aveva nominato come successore suo figlio Rajv. Ma sia Vinoba che JP, i due diretti eredi del pensiero e dell’azione di Gandhi, hanno sviluppato una teoria molto importante per il ruolo della nonviolenza in un sistema democratico, e cioè “la nonviolenza come terza forza”: secondo loro cioè la nonviolenza non deve puntare né ad essere al governo né all’opposizione, ma, sulla base di un proprio programma elaborato dal movimento collettivamente, deve appoggiare sia il governo che l’opposizione per l’approvazione di leggi che vadano nella direzione desiderata dallo stesso movimento, e per opporsi alle altre. Questa impostazione è estremamente importante perché non elimina la democrazia, né svuota il Parlamento del suo ruolo, ma aiuta il governo e l’opposizione ad essere meno chiuse reciprocamente, dando vita ad un ponte tra di loro che aiuta questo dialogo. Sulla linea della nonviolenza gandhiana anche Capitini parla di aggiunta nonviolenta alla politica, prevedendo, a tutti i livelli, dal Comune al Parlamento, il ruolo della nonviolenza come controllo di chiunque sia al potere, in modo da evitare che vengano prese decisioni che vadano contro la volontà della popolazione, e fatte nell’interesse di pochi. Anche per Capitini il ruolo della nonviolenza non viene visto come gestore del potere ma come “controllo dal basso”, come “aggiunta” e non come negazione della politica. Egli non prevede affatto di eliminare il “Parlamento”, o il “Consiglio Comunale” ma di aiutarli a svolgere un ruolo più valido suggerendo loro proposte elaborate dalla base, ad esempio, nei comuni, attraverso i COS (Centri di Orientamento Sociale). Questi, che si sono estesi in molte città italiane, riunivano in assemblea le cittadinanze dei vari comuni, in genere ogni quindici giorni, per discutere e prendere decisioni, o approvare mozioni, una volta sui problemi locali e l’altra sui problemi mondiali. Ma i grandi partiti di allora, la DC da una parte ed il PC dall’altra, non avendo piacere di essere controllati dalla base, hanno fatto di tutto perché queste esperienze si chiudessero, come è successo. Ambedue queste forme di azione, la “nonviolenza come terza forza” o quella della nonviolenza come “controllo dal basso” puntavano a rendere più valido il sistema democratico arricchendolo di un’altra posizione e di altre idee. Invece certe posizioni attuali di Grillo e del suo movimento sembrano andare in direzione del tutto opposta impedendo il funzionamento del sistema democratico, non dando la possibilità al partito di maggioranza relativa (il PD), della cui coalizione fa parte anche il partito di Vendola (SEL) che ha, quest’ultimo un programma non molto dissimile dal suo, di dar vita ad un governo che faccia almeno le più urgenti riforme che permettano di andare a votare con una legge elettorale migliore, e di migliorare la situazione economica dei gruppi più poveri in grave stato di stress che non possono attendere altro tempo. Invece di appoggiare questo governo a nascere, Grillo, almeno finora, spinge perché il PD ed il PDL facciano un governo insieme, per poi accusarli di “inciucio” sperando così di screditarli del tutto ed aumentare il proprio elettorato, ed arrivare, alle prossime elezioni, a fare esso stesso il governo, per svuotare il Parlamento, dice Grillo, e dar vita ad una democrazia diretta, di tipo informatico. In termini tecnici Grillo sembra seguire la politica del “tanto peggio, tanto meglio” che è del tutto in contrasto con l’impostazione nonviolenta che è quella del “gradualismo”, del fare un passo alla volta cercando di uscire dall’attuale crisi con l’aiuto di tutti e non da soli.

L’ultimo dubbio, prima delle conclusioni finali, è quello sullo “strabismo” di Grillo, e finora anche del suo movimento, che mette esattamente sullo stesso piano “destra” e “sinistra”, senza tener in alcun conto: 1) le validissime indicazioni del compianto Norberto Bobbio, che ha mostrato come, al loro fondo, le due posizioni sono molto diverse, le destre impegnate a conservare gli squilibri sociali considerati come una molla dello sviluppo, le sinistre invece impegnate a superarli per andare verso società più ugualitarie. In questa situazione, dato che il modello di sviluppo imperante tende ad aumentare tutti i giorni lo squilibrio, già elevatissimo, tra i ricchi (come paesi e persone) ed i poveri, questa è una differenza non indifferente. Ma questo richiederebbe che la sinistra, o la cosiddetta tale, mantenga fede a questa impostazione originaria, e non si lasci sedurre dai “miracoli” del capitalismo e del libero mercato, come molti del PD, compreso lo stesso Bersani, sembrano molte volte fare ; 2) del reale andamento della storia del nostro paese nel quale tutte le più importanti innovazioni nel settore della pace, della nonviolenza, ed anche della lotta contro la mafia, si sono avuti, o come abbiamo visto, per i sacrifici di tanti obbiettori di coscienza che lottavano per una società pacifica e nonviolenta, oppure per iniziative di base di gruppi organizzati che si sono uniti, superando i propri settorialismi e egoismi, per fare forti pressioni dal basso che hanno portato alla approvazione di leggi: a) che hanno messo sotto controllo il commercio delle tante armi da noi costruite, e vendute, permettendo anche, almeno sulla carta, una riconversione dell’industria bellica in civile (la 185/1990); b) oppure quella, per iniziativa di “Libera” (l’associazione di Don Ciotti) che ha permesso di sequestrare i beni mafiosi e metterli a disposizione della società civile (la 109/1996). Ma se si va a vedere quali erano i governi che hanno accettato le pressioni degli obbiettori di coscienza e dei movimenti di base, ed hanno varato le leggi corrispondenti, si potrà vedere che erano tutti governi dei quali facevano parte partiti del centro sinistra o della sinistra (vedi L’Abate, L’Arte della Pace, in “Inchiesta on line”, gennaio 2013).

Dire perciò che i partiti di “destra” o di “sinistra” sono tutti uguali, e comportarsi sulla base di questa impostazione, ha di fatto portato a Grillo ed al Movimento 5 stelle moltissimi voti di persone di sinistra, deluse dalla politica del PD e che hanno creduto alla propaganda di Grillo, ed ha, di fatto, aiutato le destre italiane, ad esempio dando in mano ai leghisti, sia pur per pochissimi voti, il governo del Piemonte; oppure facendo vincere al Movimento 5 stelle, grazie anche ai voti delle destre, importanti comuni come quello di Parma; ed infine hanno anche contribuito ad aiutare Berlusconi a superare i grandi squilibri di voti che c’erano tra il PDL ed il PD, e ad appoggiare la sua straordinaria rimonta alle ultime elezioni che ha messo il PD ed i suoi alleati nelle attuali difficoltà a dar vita ad un governo stabile. Con questo non voglio assolutamente dire che il risultato delle ultime elezioni, e la crisi attuale del PD, non sia stato dovuto, in gran parte, anche alle posizioni equivoche ed oscillanti di Bersani (che pure aveva avuto il coraggio di fare delle primarie che hanno visto il coinvolgimento di milioni di persone), dapprima impegnato a cercare di dare continuità al governo Monti, arrivando, solo alla fine, a criticarlo ed a parlare della necessità di un profondo cambiamento. Questa indecisione di Bersani gli ha alienato molti voti, che sono andati in gran parte al Movimento 5 Stelle, ma questo passaggio è stato aiutato anche dalla propaganda di Grillo e dal suo strabismo politico, che ha avuto un peso non indifferente sulla incerta situazione politica attuale del paese e sullo stallo in cui siamo precipitati.

Eppure, da molti punti di vista, la situazione attuale, rispetto al precedente peso dei vecchi (per età e per lunghezza del periodo parlamentare) politici, è notevolmente migliorata e rinnovata: grazie al Movimento 5 stelle, ed alle primarie del PD e di SEL, c’è stato un notevole ringiovanimento del nostro Parlamento (l’età media della Camera è scesa dai 54 ai 45 anni, e quella del Senato dai 57 ai 53), e, soprattutto, è cresciuta notevolmente la presenza, tra gli eletti, del genere femminile (dal 20% al 31%); non siamo ancora alla parità, come sarebbe giusto per una reale rappresentanza del paese, ma ci siamo avvicinati. Ed una gran parte degli eletti non ha mai avuto esperienza parlamentare prima di queste elezioni. Ma queste novità non sono sufficienti a far funzionare bene la macchina politica del nostro paese. La giovinezza e la non esperienza di molti degli eletti potrebbe anche tramutarsi in una loro incapacità a fare scelte coraggiose, talvolta anche disubbidendo ad ordini ingiusti (come, ad esempio, il tentativo di Grillo di togliere loro il diritto al voto di coscienza). Ma mi auguro che non sia necessario arrivare a queste disobbedienze, e che Grillo stesso ed il suo consulente Casaleggio capiscano che, se vogliono realmente portare avanti quella rivoluzione nonviolenta promessa da Grillo, non basta basarsi sull’informatica, e nemmeno avere un programma congruente con una società nonviolenta, ma che è necessario anche utilizzare metodi di trasformazione congruenti con i dettati ed i principi della nonviolenza attiva.

Per questo sarebbe importante che sia loro, che gli eletti della loro lista, studiassero e tenessero presenti gli insegnamenti di Gandhi e di Capitini, e di tanti altri nonviolenti che hanno arricchito notevolmente la storia del nostro paese (Danilo Dolci, Don Milani, Padre Balducci, Don Tonino Bello, ecc.) . Parlando della rivoluzione nonviolenta Capitini l’ha definita come “rivoluzione aperta”, sostenendo che questa necessita una “politica aperta”, non legata agli interessi propri e del proprio gruppo, ma come “aggiunta” alla politica del Parlamento fatta attraverso organismi di base (COS: Centri di Orientamento Sociale) che formassero continuamente la cittadinanza a comprendere a fondo i meccanismi ed requisiti di una politica valida, e stimolassero e controllassero gli eletti a tutti i livelli, compreso il Parlamento, ad agire per il bene della collettività, e della pace nel mondo. Ed anche Grillo, nella sua straordinaria campagna elettorale, ha “aperto” la politica a tutta la popolazione, non solo presentando in modo estremamente colorato e comprensibile (anche se talvolta molto sboccato) , nelle piazze italiane, le sue idee su una società alternativa, ma anche accettando di discuterne con gli oppositori presenti (almeno così sembra da certe riprese televisive). Inoltre sia lui che il Movimento 5 stelle hanno deciso, a somiglianza delle proposte dei gandhiani e di Capitini, di non guardare tanto a chi sta al governo ed all’opposizione, ma di votare, a favore o contro, le singole leggi a seconda che corrispondano o meno al proprio programma elettorale. Infine sta organizzando, a livello locale, gruppi di discussione che, se aperti a tutti nel senso capitiniano del termine, possono assomigliare ai COS promossi a livello locale da Capitini, e punta molto al controllo di chi sta al potere, in tutti i luoghi in cui questo si esercita.

Cosa manca allora per far corrispondere la dichiarazione di Grillo di voler fare una rivoluzione “nonviolenta” alla sua realizzazione, nella situazione politica attuale, attraverso una metodologia ugualmente nonviolenta? Secondo la mia opinione, e secondo quanto sostenuto in questo articolo, sarebbe necessario: 1) che Grillo, ed il suo Movimento non premessero, come sembrano fare attualmente, per far emergere quell’inciucio tra PD e PDL (che anche il Presidente Napolitano sembra privilegiare) che porterebbe il paese in una situazione di stallo ancora maggiore dell’attuale, con una nuova legge elettorale probabilmente non molto migliore dell’attuale, e con forti resistenze a riforme realmente serie che riescano finalmente: a) a far pagare le tasse ai tanti evasori che attualmente costringono i poveri, ed il ceto medio, a sacrifici insopportabili; b) a scoraggiare il fenomeno della delocalizzazione del lavoro delle nostre industrie verso i paesi esteri a moneta debole ed a bassi salari, delocalizzazione che, mentre fa arricchire i cosiddetti industriali che queste industrie dirigono, fa aumentare enormemente la nostra disoccupazione, ed anche la povertà del nostro paese, giorno dopo giorno. E questo sulla base del principio espresso nell’Art. 41 della nostra Costituzione, che Berlusconi vorrebbe emendare, che “ L’iniziativa economica privata è libera” ma” non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” come di fatto sta avvenendo attraverso questo processo di delocalizzazione; 2) che lui ed il suo movimento lasciassero la libertà di coscienza ai tanti loro eletti che si sentono ancora di “sinistra”, che si oppongono all’”inciucio”, e sono disponibili a dare il proprio appoggio, soprattutto al Senato ma anche alla Camera, al Partito di maggioranza relativa ed ai suoi alleati (PD, SEL, ed altri) a mettere in vita un governo relativamente stabile che porti avanti una politica seria che vada nella direzione su citata, controllando anche che le leggi che vengono varate corrispondano al reale rinnovamento che il voto al Movimento ha sottolineato essere il profondo desiderio del popolo italiano. Se questo non avviene, e non si arriva, al più presto, a costituire un governo per fare queste cose, temo che queste elezioni, malgrado tutti gli aspetti innovativi detti prima, saranno ricordate come una sciagura nazionale, e serviranno a screditare ancor più la politica, ed a far nascere forme di protesta che con la nonviolenza non avranno nulla a che fare, nemmeno a parole.

 

Firenze, 12 aprile 2013. Alberto L’Abate ha pubblicato il 16 gennaio 2013 su www.inchiestaonline.it (nella rubrica “movimenti” ) il lungo saggio “L’arte della pace”

 

1 Un obbiettivo programmatico sul quale l’autore di questo articolo non concorda con Grillo ed il suo movimento è la sua rimessa in discussione dell’Euro. Il problema, secondo l’autore dell’articolo, non è la moneta, ma la mancanza di una Europa realmente democratica. Le decisioni prese attualmente dal Parlamento Europeo non sono infatti cogenti, e non sono portate avanti se gli Stati che aderiscono all’Europa non le accettano. Questo mostra una notevole mancanza di potere politico, e di democrazia reale, dell’Europa attuale.

 

 

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Category: Elezioni politiche 2013, Movimenti, Politica

About Alberto L'Abate: Alberto L'Abate (Brindisi, 1931) è un sociologo italiano, impegnato nella ricerca per la pace e la non violenza . Allievo di Aldo Capitini è stato collaboratore delle iniziative di Danilo Dolci nella comunità di Trappeto. Come docente universitario, ha la cattedra di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, ed è promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Università di Firenze. All'impegno accademico affianca l'attività di ricerca e di formazione nel Movimento Nonviolento e nelle Peace Research, nonché di portavoce dei Berretti Bianchi e promotore dei Corpi civili di pace. Come ricercatore e programmatore socio-sanitario, è stato anche un esperto delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina e si è impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione", importante esperienza di mediazione per la pacificazione di una zona appena uscita dalla guerra nell'ex-Jugoslavia.

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