Nello Rubattu: Sulla strage di Crotone

| 7 Marzo 2023 | Comments (0)

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La strage dei migranti di Crotone ha provocato in molti sconcerto e rabbia nei confronti di uomini dello Stato (chissà perché scriverlo maiuscolo), che hanno dato la sensazione di avere perduto qualsiasi senso di umanità (anche questo termine, forse, è troppo abusato).

La tragedia ha colpito profughi provenienti da luoghi fra i più disperati della terra: “Morti affogati a pochi passi dalle spiagge. Questa spiaggia non sarà più la stessa”, ha detto un anziano pescatore di quel piccolo paese ionico, che ha partecipato per tutta una notte alle operazioni di salvataggio.

Le voci che hanno gridato allo scandalo non sono di certo mancate. Ma, scusate se lo sottolineo, molte di quelle domande che sono state rivolte alle nostre autorità, ci sembra di averle già sentite: I soccorsi sono arrivati in ritardo. Perché? Frontex ha segnalato oppure no? Perché la guardia costiera non è intervenuta subito? E via con questo tenore.

Anche le possibili risposte da parte del Governo ormai le conosciamo, e a segnalarle ci si ripete.

Questa volta, però, a esprimere il dolore del Governo e della Nazione tutta per la tragedia, sarà una donna. Probabilmente ci metterà più sentimento.

Pensate però, che Lei, parliamo del primo ministro, come risposta a certe accuse che le verranno sicuramente rivolte, ricorderà che i cambi di marcia sui soccorsi sono partiti con Minniti. Il brutto è che ha ragione.

Infine sappiamo che quando succede una disgrazia come questa di Cutro, quelli che “si faranno a porco”, come si dice dalle mie parti, saranno tanti: a cominciare da esperti di varia natura a organi di informazione che riempiranno di tutto e di più in termini di commenti e lacrimevoli immagini.

Allora è meglio chiarire: certa sinistra è proprio insopportabile, ma l’attuale Governo veramente molto di più.

Alcuni personaggi oggi al potere, a cominciare dall’attuale ministro dell’interno –  Piantedosi – andrebbero rimossi e semmai portati a farsi curare da qualche buon professionista della memoria.

Ma sono speranze proibite: non succederà. Garantito: al massimo gli toglieranno la competenza sul dossier migranti. Altro non si può sperare succeda.

Allora qualcuno potrà pensare che la Meloni sia una cattivona, una senza cuore di cui non esiste “compagna”, come si dice dalle mie parti. Ma lei non sta facendo altro che interpretare quel ruolo che le hanno chiesto gli elettori votando: di essere colei che difende i “diritti” degli italiani in quanto tali. Per la Meloni non esistono “diritti universali”, ma solo “nazionali” e come lei nello stivalone nazionale la pensano in molti. Se ne trovano persino fra coloro che fanno parte degli schieramenti a lei avversi. Questa è la verità.

Non avete mai sentito nei negozi, al bar, nelle vostre cene fra amici, certi commenti sugli sbarchi: “sono poveracci, ma noi non possiamo accoglierli tutti”, “hanno una cultura diversa dalla nostra”, “meglio che si liberino a casa loro”, “Perché, da noi i poveri forse che non esistono?” e via cantando.

Un tempo chi la pensava così si diceva appartenesse a quella che veniva chiamata “maggioranza silenziosa”. Un riconoscibile gruppo sociale che ha sempre rappresentato per la sinistra una spada nel fianco, e per la destra, una forza importante del suo elettorato. Una forza che “silenziosamente”, senza neanche organizzare una manifestazione, è sempre stata capace di sovvertire il senso di molte leggi o addirittura di renderle inapplicabili.

Ma c’entra qualcosa tutto questo con la vigilanza delle nostre coste, o l’applicazione in Italia da parte del Governo delle regole internazionali del salvataggio in mare? Forse sì.

A spiegarlo ci pensa un ex ammiraglio, Vittorio Alessandro, che un’idea sulla questione se l’è fatta: “La vicenda è nata già male ed è finita peggio. Perché non si è fatto il soccorso? Perché c’è stata questa non valorizzazione della necessità del soccorso? Perché noi siamo reduci da anni in cui, di fatto, il soccorso è diventata l’ultima cosa da fare. Meglio evitarlo. Questo lo hanno capito le navi, lo hanno capito i pescherecci. Gli unici a non capirlo sono i volontari delle ONG che continuano a fare i soccorsi e si beccano le bastonate, le sanzioni”.

Sta esagerando? Mica tanto.

Inoltre, al discorso aggiungiamo un altro elemento: cosa sta facendo l’Unione europea e il suo Consiglio dei ministri sul famoso dossier sbarchi, sulla distribuzione in sede di accoglienza, sul salvataggio, il coordinamento e i protocolli di intesa fra le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo?

Niente.  

Gli accordi, quelli con un minimo di senso, quando ci sono, sono bilaterali. In pratica una nazione dell’Unione europea si mette d’accordo con un’altra nazione che non ne fa parte ed elaborano un protocollo sullo specifico del problema. Punto.

Ma quegli accordi sono legati a quello che sta accadendo ora. Non sono un programma a lungo termine.

Quando poi leggiamo di “storici accordi”, firmati dalla Commissione, omaggiati dalle televisioni che con dovizia riprendono – con la penna già in mano per la firma – la sorridente madame la commissaire européenne Ursula von der Leyen, sappiate che sono “Protocolli” di un generico così generico, che non coricano il pelo a nessuno: hanno la puzza di “operazioni di facciata”. Tanto per ricordare a noi cittadini che la “democratica Europa” qualcosa la sta facendo.

D’altronde qual è l’autorità della Commissione? Che lo si voglia o no è come un ministero che ha l’incarico di consigliare e seguire i dossier segnalati dal Consiglio europeo dei capi di Stato.

Perciò, rassegniamoci: la “politica estera europea” consiste nel “nulla”, e fra i nostri fratelli e cugini comunitari prevale l’idea che sul problema dei migranti ognuno “tessa la tela, ma per casa sua. Perché la casa europea su questo argomento o non c’è, o non ha il coraggio e la forza di vedere il problema. Troppo pesante affrontarlo: si rischia la baruffa continua”.

Perciò, se il mare è grosso e se si capisce che quei barconi sono sovraccarichi, non è importante intervenire, ma, tramite Frontex, semplicemente segnalare come una normale operazione di intelligence, di polizia. Tutti, la notte della tragedia di Cutro, sapevano che il tempo in mare sarebbe peggiorato, c’era il rischio per quel barcone di vedersela brutta e affondare: cosa costava avvicinarlo e distribuire giubbotti di salvataggio? Nelle “regole di ingaggio”, per le motovedette della Marina c’è solo l’avvertenza che devono segnalare i possibili sbarchi. “E’ un problema di polizia, non un caso umanitario”.

Lo ricorda l’ex ammiraglio Vittorio Alessandro che di sbarchi nella sua vita ne ha dovuto organizzare davvero molti: “L’attività della mia Guardia costiera è stata fortunata. Salvavamo centinaia di migliaia di vite umane e, nonostante il grandissimo lavoro e lo sforzo immane, per tutti noi era un vanto, un orgoglio portare a terra ogni persona. E soprattutto ti arrivava il riconoscimento, la stima di un Paese intero, persino l’invidia. Ed è stato per tutta Italia un grande arricchimento poter dire: se hai salvato una vita, hai salvato il mondo….A un certo punto le nostre motovedette sono diventate i ‘taxi del mare’, i nostri uomini da eroi sono diventati la cinghia di trasmissione, le nostre navi, come la Diciotti e la Gregoretti, che avevano fatto niente più che il loro dovere salvando i migranti in pericolo, sono state lasciate fuori dai porti italiani”.

L’amaro che provoca l’intervista è il finale:

“dall’epoca del Governo Conte I con i ministri Salvini e Di Maio… è cambiato il clima politico, ma sono cambiate anche le regole d’ingaggio ed è cambiata l’immagine stessa del Corpo.

Improvvisamente, l’attività di salvataggio dei migranti è persino scomparsa dalle foto dei calendari del Corpo”.

Perciò quando Frontex – che a quello serve – segnala un barcone, le capitanerie lo segnalano a loro volta non come arrivo di profughi o di migranti o di quello che voi volete, ma come una situazione di ordine pubblico al Ministero degli interni e da lì aspettano ordini su come comportarsi.

Le operazioni di intervento pratico avvengono a tragedie già avvenute: quando si vede il barcone affondare o la presenza di uomini in mare. Ma, come abbiamo ricordato, per iniziare i soccorsi la guardia costiera deve chiedere il permesso per intervenire.

Allora una domanda è davvero d’obbligo: secondo voi, quanto tempo passa perché la catena di comando dia il via all’operazione? E in quel momento di immobilità a quanto ammonteranno i morti?

Una buona volta diciamolo con chiarezza: Conte e quel suo primo Governo con Di Maio a fare la bella statuina (Salvini non nominiamolo neppure perché c’è un limite a tutto), hanno delle corresponsabilità su questa ultima tragedia: hanno voluto mettere le briglie alla marina e questi sono i risultati.

A questo punto però sono contenti tutti: contenti quelli dell’attuale opposizione, che così possono far dimenticare le fesserie che a loro tempo avevano combinato contro i migranti; contenta l’Unione europea che, ben sapendo che quei morti metteranno a bisticciare gli italiani per tanto tempo, non sarà costretta a mettere mano a quel pacchetto migranti di cui si vocifera e di cui non si sa a che punto si trova; contenta la nostra prima ministra che così potrà varare l’arrivo annuale di cinquecentomila persone da paesi extra europei. Come richiesto dai nostri imprenditori che sono disperati e non trovano più dipendenti per le loro aziende.

Infine: molti si sono chiesti perché quella barca non si è fermata in Grecia o in altri porti del Mediterraneo. Semplice: perché se si fermavano fra quelle isole, per raggiungere il mitico Nord europeo, avrebbero dovuto intraprendere la tragica “rotta balcanica”. Una rotta che a seconda dei flussi, passa dalla Bulgaria, la Romania, l’Ungheria, la Macedonia, il Montenegro, la Croazia e la Serbia. Una delle peggiori rotte al mondo, dove i profughi, non importa di dove o come, vengono uccisi, incarcerati, picchiati, violentati e respinti per ordine dei loro governi.

E questo è tutto.

Category: Migrazioni

About Nello Rubattu: Nello Rubattu è nato a Sassari. Dopo gli studi a Bologna ha lavorato come addetto stampa per importanti organizzazioni e aziende italiane. Ha vissuto buona parte della sua vita all'estero ed è presidente di Su Disterru-Onlus che sta dando vita ad Asuni, un piccolo centro della Sardegna, ad un centro di documentazione sulle culture migranti. Ha scritto alcuni romanzi e un libro sul mondo delle cooperative agricole europee. Attualmente vive a Bologna

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