Laura Balbo (a cura di): Imparare, sbagliare, vivere. Storie di lifelong learning
Laura Balbo: Introduzione al volume Imparare, sbagliare, vivere. Storie di lifelong learning, Franco Angeli, Milano 2013, Quaderni Griff
Il lifelong learning– una categoria concettuale da tempo al centro di importanti studi – ha cambiato la prospettiva dalla quale guardiamo all’imparare, e anche al nostro vivere.
Non vanno più bene parole come insegnamento; formazione; neppure scuola, forse.
Se ci pensiamo, è ovvio: nel mondo di cui siamo parte l ’ imparare si colloca solo molto parzialmente negli apparati e nelle fasi dell’
istruzione “ufficiale”; e certo non si conclude nel giro di alcuni anni.
Tutti, andando avanti nel vivere, continuiamo ad imparare.
Ci è richiesto -in molte circostanze- di riconsiderare, ridefinire quello che ci sta attorno. Di interrogarci sulle diverse vicende e storie che, nel corso della nostra vita, ci hanno segnato.
E di saper agire di conseguenza.
Di “attrezzarci”.
Non si tratta di esperienze di singoli individui: è una dimensione collettiva. Si è detto, anche, una “nuova mappa della vita”: e si è portata particolare attenzione all’ adult learning.
E la nostra, la learning society.
Su come si formino le conoscenze e i saperi si è molto riflettuto: sono temi al centro degli studi di diverse discipline: in particolare la sociologia, la psicologia, le scienze della formazione, le scienze cognitive. E c’è crescente attenzione, ovvio, ai dati che segnano il nostro tempo: alle nuove tecnologie della comunicazione e ai processi e ai soggetti dei “social media”. E si porta attenzione alle esperienze dei “laboratori narrativi”, alle ”narrazioni autobiografiche”.
Alcuni temi scegliamo di affrontarli; altri li lasciamo da parte, come se non ci riguardassero. Importante essere consapevoli di manipolazioni, distorsioni, silenzi, nei meccanismi della formazione e dell’informazione-.
Anche con questo ci dobbiamo confrontare nel nostro imparare.
L’imparare, un processo
Con lifelong learning si mette al centro la dimensione del processo: nel tempo le modalità, i passaggi, le occasioni. Nelle istituzioni e sedi deputate ad elaborarle e trasmetterle, le conoscenze; e utilizzando i nuovi strumenti della comunicazione oggi accessibili. Nei rapporti personali e nel vivere quotidiano, nelle esperienze del “lavoro” (e anche, teniamone conto, del “non-lavoro”), nelle molteplici e complesse pratiche della “cura”: lo sappiamo, si impara.
Ci troviamo collocati in contesti di molteplici diversità: essere donne, uomini; le diverse età e generazioni. Siamo parte, o anche coinvolti direttamente, nei meccanismi della “mobilità globale”: un mondo di soggetti plurali. E di scenari futuri in parte certo imprevedibili.
Nell’imparare, si cambia.
E’ un punto importante. Non rimango la stessa persona via via che, andando avanti, affronto esperienze e progetti che prima non erano stati parte del mio vivere (lasciati fuori, non anticipati).
I passaggi non previsti; le fasi difficili; anche, le occasioni. Gli stimoli, le difficoltà , le resistenze, nel nostro cambiare.
Svolte, incertezze, emozioni.
Frammenti delle nostre memorie che ritornano.
Essere segnati da eventi traumatici; dalla perdita dolorosa di una persona cara.
Nel percorso del vivere si modificano via via prospettive, progetti. Ci si ridefinisce. Si torna a incontri, stimoli, occasioni del passato.
E si va avanti.
O ci si ferma: anche di questo abbiamo bisogno.
Certo, fanno differenza le risorse di capitale sociale di cui si dispone. Contano le opportunità. E la “fortuna”.
Alcune chiavi di lettura: le riprendo da contributi stimolanti, molto utili.
“Si cerca, si improvvisa, si sperimenta” (Tahar Ben Jelloun).
Siamo sollecitati ad “aprirci all’occasione” (Edgar Morin).
Michel Callon: “Le risorse di cui ciascuno dispone si traducono nel vivere di ogni giorno…l’attore si forma e impara a conoscere il mondo e ad agire se interagisce, traduce, e si lascia tradurre” .
Attila Bruni e Silvia Gherardi: ” Lavorare è conoscere, e non semplicemente applicare conoscenze acquisite.. lavorando si generano conoscenze”.
Mary Catherine Bateson: nella vita si procede -le donne in particolare- “improvvisando”.
Si è portata l’attenzione sull’ “imparare invisibile”.
E la “capacità di aspirare” di Appadurai.
Forse, si può dire così: imparare è cambiare.
Sul libro.
Il percorso di questo libro si è avviato quasi per caso. Leggere il lifelong learning raccogliendo le voci di un gruppo di persone che avevano condiviso, molti anni addietro, un’esperienza comune di apprendimento: la si è vista insieme come un’occasione “sociologica” per approfondirla, questa dimensione; ma anche come un progetto “leggero” se si vuole; ma non banale, scontato. Oppure, potremmo dirlo così: un progetto friendly.
Riandare a un’occasione di incontri, collaborazioni, e amicizia, negli anni settanta e ottanta, nel contesto dell’università di Milano: il Griff, un gruppo di (giovani, allora) donne che hanno vissuto in quella fase -di cambiamenti nel contesto sociale e politico, e nella definizione di sé- un’esperienza importante.
La proposta di una comune riflessione: ricostruire i percorsi, i ricordi; narrazioni, rielaborazioni. Legami da riallacciare.
E’ andata bene. Subito si sono stabiliti contatti, e c’è stato interesse per il progetto, coinvolgimento.
Va detto anche che non tutte le persone che sono state contattate hanno potuto essere parte del progetto. E però ci sono state molte occasioni di incontri e di riflessioni. In modi diversi ci si è interrogati sui nostri percorsi di vita e di apprendimento: è stata una vicenda stimolante.
Ciascuna ha inteso a suo modo come utilizzare questa chiave di lettura; e come rileggerlo, il proprio percorso.
E’ emersa una molteplicità di vicende.
Non si tratta certo un “campione rappresentativo”.
Da un punto di partenza comune (la stessa università, la stessa città, un progetto costruito insieme e condiviso) scelte e percorsi si sono in seguito sviluppati in modi molto diversi.
Interessante poterli ricostruire.
Nelle nostre vite adulte, certo sono stati percorsi dell’ imparare .
Che cosa si cercava di fare, che cosa si è realizzato.
Comuni erano la consapevolezza e l’ impegno politico, e la presenza, in molte diverse attività, nel “sociale”: esperienze e scelte via via ripensate, messe in discussione, ridefinite.
Fondamentali, certo, i dati della nostra vita quotidiana. Eravamo le donne della doppia presenza: così si è detto allora.
E certo il confrontarsi con il patrimonio e gli stimoli del “sapere sociologico” ha significato, in quegli anni, l’aprirsi di occasioni e di prospettive nuove . Per molte, anche, la scelta di andarsi a collocare a un certo punto “altrove”, di cambiare: contesti, esperienze di studio e di lavoro, incontri.
Lo dico così: dati e analisi del viverlo, il lifelong learning. Questo raccoglie e propone il libro.
La voglia e la capacità di mettersi in gioco.
Le risorse e le sfide, nei successivi passaggi.
Si è portato lo sguardo, nel riandare ai diversi “ pezzi” del proprio percorso, in direzioni molteplici: con attenzione e consapevolezza, e con profondo coinvolgimento.
Esperienze di vita –è scontato, certo- molto diverse. E diversi i modi di ricostruirle. Si fanno emergere circostanze e fattori favorevoli; o si ritorna alle difficoltà, agli ostacoli.
Non si è guardato soltanto al “gruppo” che aveva fatto parte del Griff.
Altre voci e vicende e scelte: una parte del libro è stata costruita ripercorrendo percorsi anche molto diversi.
Ci sono storie nelle quali si sceglie di fare spazio –con convinzione, con piena immersione- all’ incontro con filoni di pensiero, di apprendimento, vissuti come fondamentali. Hanno definito gli interrogativi, le scelte, il modo di procedere. Hanno segnato le persone profondamente.
In altre, si mette in luce l’irrompere- dal di fuori- di eventi che ancora pesano. Si ritorna anche a sofferenze, a lutti, che hanno segnano il procedere nella propria vita.
O ancora, sulla base di progetti personali o di occasioni impreviste, via via scelte di studio, professionali, politiche, nei diversi contesti in cui ci si è trovate collocate.
In tutte queste vicende –che partono da una fase iniziale di esperienze e scelte comuni e poi via via si sono sviluppate attraverso aspetti e passaggi molto differenti- quello che si legge può forse essere detto così: si è imparato ad aprirsi, a cambiare, a mettersi in gioco.
A crearle, le risorse per il proprio andare avanti.
E anche questo è messo a fuoco in molte testimonianze: il doversi confrontare con fattori di un contesto che resisteva al cambiamento. Storie di giovani donne disponibili a, e capaci di cambiare: nel proprio percorso difficoltà e resistenze certo, le hanno dovuti affrontare.
Ritornarci, su resistenze e ritardi. Farsi ancora domande; e andare avanti.
Ha senso guardare alla propria vita in questa chiave .
Questo ci restituisce il libro: complessa, e insieme molto ricca, l’esperienza dell’imparare e del cambiare .
E’ stato un momento di condivisione e di reciproca attenzione; anche, di arricchimento. Per la riflessione che qui viene proposta, una “tappa” inattesa e interessante .
Potrebbe essere uno stimolo, se vogliamo chiamarlo così, a portare lo sguardo su questa fondamentale dimensione della vita, il proprio imparare a cambiare. Come ci si realizza via via; ci si adegua; ci si conosce.
Il continuare ad imparare come filo conduttore del vivere: di questo essere consapevoli.
Quali le differenti risorse, i passi avanti, le resistenze; e le difficoltà, certo.
Come impariamo, come cambiamo.
Dunque utile il progetto di ricostruirli, rileggerli, interpretarli anche, i percorsi di un particolare gruppo. In parte comuni, con obbiettivi via via segnati da e capaci di cogliere occasioni, stimoli, cambiamenti.
Ma da qui, andare avanti. L’imparare nelle diverse fasi e tappe del proprio corso di vita (i “giovani adulti”, gli “adulti adulti”: categorie e definizioni che sono in uso). Le donne e gli uomini. Anche, il nostro imparare nella fase della nostra lunga adultità, o come anche si dice, del nostro aging.
Da questo libro trarre spunti in direzioni diverse.
E’ un “luogo di transito”: un’ espressione che riprendo -perchè in questo caso la trovo davvero appropriata- da Michel de Certeau. Un momento di reciproca attenzione, di condivisione; anche, di reciproco arricchimento.
Una “tappa” inattesa e interessante.
Ma da qui in avanti tutto sarà diverso. Proprio con questa osservazione voglio concludere.
Molte volte mi sono detta che, come sociologa appunto, mi piacerebbe esserci, nei prossimi anni. E però un libro (Riccardo Luna, Cambiamo Tutto! La rivoluzione degli innovatori, Laterza 2013), che ci fa incontrare molti contributi del dibattito internazionale, sollecita una prospettiva del tutto “altra”. Ci si rende conto che, davvero, tutto sarà diverso negli anni che abbiamo davanti.
Io non sarei certo in grado di collocarmi nello scenario, nei processi che nel libro sono delineati. Meglio: non riuscirei a capire quasi niente di quello che gli “innovatori” si propongono, e che già stanno realizzando.
Dunque, un lifelong learning ancora diverso da come lo pensiamo qui?
Si ricomincia?
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