Enrico Peyretti: Alle origini del femminismo cristiano moderno
Diffondiamo la recensione di Enrico Peyretti al libro di Sarah M. Grinké: Poco meno degli angeli. Lettere sull’uguaglianza dei sessi, a cura di Thomas Casadei, Castelvecchi editore, 2016
Sarah M. Grimké (Charleston, 1792 – Hyde Park, 1873) Cresciuta nelle piantagioni della Carolina del Sud, di proprietà del padre, sviluppò fin dalla tenera età un sentimento di radicale avversione a ogni forma di schiavitù e discriminazione. Nel 1829, si unì alla comunità quacchera di Philadelphia, in seguito raggiunta dall’amata sorella Angelina (Angelina e Sarah nella immagine sopra riportata). Nel corso degli anni, Sarah si rese protagonista della battaglia per l’abolizione della schiavitù e l’eguaglianza dei sessi, impegnandosi anche nell’insegnamento scolastico. Sul finire della Guerra Civile, si schierò con la causa unionista, che le permise di vedere realizzato il sogno abolizionista.
Una bella documentazione sul primo femminismo cristiano nell’Ottocento si trova in questa raccolta di lettere di Sarah M. Grimké (Carolina del Sud,1792-Boston,1873), impegnata per l’abolizione della schiavitù (anche come scelta personale fin dall’infanzia), per i diritti politici e la parola in pubblico delle donne, sia nelle chiese sia nelle riunioni politiche. Sarah e la sorella Angelina scrissero, viaggiarono (parlarono in città e villaggi a pubblici «promiscui», fino a 40mila persone!), animarono questi movimenti. Il titolo della raccolta è un verso del Salmo 8, riferito ugualmente all’uomo come alla donna. Nel 1820 Sarah aderì alla Società degli Amici, i quaccheri, ma poi polemizzò con Joseph John Gurney, contrario al diritto di parola in pubblico delle donne, e stette col gruppo dissidente di Elias Hicks, favorevole all’eguaglianza anche nelle istanze decisionali 1.
Le lettere qui raccolte e curate da allievi di Pier Cesare Bori, che promosse questa ricerca, riguardano l’eguaglianza originaria della donna nella creazione (dimostrazione teologica dell’eguaglianza tra i sessi), la relazione sociale tra i sessi (la dignità della donna è distrutta dal fatto che essa è avvicinata dall’uomo in quanto femmina), l’intelligenza della donna, l’abbigliamento delle donne, l’incapacità giuridica delle donne, la relazione tra marito e moglie («La parola “marito” nella maggior parte dei paesi è sinonimo di “tiranno”»), il ministero delle donne («Se è dovere dell’uomo predicare le insondabili ricchezze di Cristo, è anche dovere della donna»), l’eguale colpa dell’uomo e della donna nella Caduta.
L’Autrice si impegna seriamente (pur senza conoscere l’ebraico e il greco), acutamente, e anche vivacemente, sui testi biblici più critici e più abusati contro le donne, con una ermeneutica alternativa a quella più diffusa. Raccoglie le obiezioni usuali e replica con forza. Discute decisamente i costumi sociali del suo tempo, discriminanti verso le donne: esse potevano vedere il loro nome su una pubblicazione solo due volte nella vita, il giorno del matrimonio e il giorno del funerale.
«Mi rallegro che [nelle chiese] noi siamo state le oppresse, piuttosto che gli oppressori» (p. 87). Cita Adam Clarke quando ricorda con esecrazione che rabbi Eliezer diceva: «Possano le parole della legge essere bruciate, piuttosto che siano pronunciate dalle donne». Sarah cita, tra tanti testi, la profezia di Gioele: «I vostri figli e le vostre figlie profeteranno […]», che sarebbe vana se le donne non avessero il dono e il dovere di edificare, esortare, consolare.
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