Aulo Crisma: I Declich di Riva Dante a Parenzo. Un libro di Decio Dechigi
Recensione del libro di Decio Dechigi: I DECLICH DI RIVA DANTE, Editore Alcione. Treviso 2008
La famiglia dell’avvocato Antonio Declich abitava a Parenzo sulla Riva Dante, tra il palazzo della Pretura e l’abitazione dei David, a due passi dalla sede della Società Canottiera Forza e Valore.
Ricordo che il papà a mezzogiorno usciva dallo studio a chiamare i suoi quattro figlioletti: “Annio, Decio, Orio, Mara. Il pranzo è pronto”.
E i bambini ubbidienti interrompevano i giochi che li avevano impegnati sulla breve marina davanti alla loro casa. Era una famiglia benestante quella dell’avvocato. Felice e serena.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale non portò sconvolgimenti notevoli nella vita della tranquilla cittadina. Erano angustiate le persone che avevano dei congiunti sui vari fronti delle operazioni militari.
Tutto cambiò con l’armistizio dell’8 settembre 1943. I soldati che arrivavano a Parenzo dopo aver abbandonato la Bosnia e la Croazia si spogliavano della divisa per rivestirsi di abiti civili, generosamente offerti dai parentini, ansiosi di ritornare alle loro case.
Parenzo e le altre città dell’Istria vennero invase dai partigiani di Tito. Molte persone furono prelevate di notte e fatte sparire nel nulla. Poi arrivarono i Tedeschi dispiegando i loro mezzi corazzati su tutte le strade della penisola. I drusi, i partigiani, ritornarono nei boschi. E si scoprì che le persone prelevate dai Titini erano state gettate barbaramente nelle foibe, le profonde voragini del territorio carsico.
Alla fine di aprile del 1945 i Nazisti, sconfitti su tutti i fronti, abbandonarono il Litorale Adriatico che avevano battezzato “deutsch”. E ritornarono i Titini ad occupare la nostra terra e ad infoibare numerosi altri Italiani. Si respira un’aria infida.
La gente ha paura. Tanti giovani scappano.
Si mettono in salvo anche Decio e i suoi fratelli.
La famiglia si ricomporrà in Italia nel 1947, quando, dopo il trattato di pace, possono partire anche i genitori.
Il racconto dell’autore non si limita a narrare la vita dei Declich. Si allarga alle vicende che hanno coinvolto le terre sul confine orientale d’Italia, con accenni alla loro storia bimillenaria.
A me, profugo da Parenzo come Decio Dechigi, venne rivolta da una colta persona italiana questa domanda: ”Ma lei è jugoslavo?”
Ed io, offeso, risposi: “Mi dispiace, ma lei non conosce né la storia né la geografia”.
Il libro di Dechigi, che si legge con interesse e piacere, può contribuire a far sapere a tanti Italiani che noi eravamo, forse, più italiani degli altri.
Il libro di Decio Dechigi, I Declich di Riva Dante (Alcione Editore, Treviso 2008) ha vinto il XXVII Premio Firenze per la Narrativa Edita con la seguente motivazione: “L’infanzia e l’adolescenza felici nell’Istria italiana, poi la guerra, l’amarezza ed il rimpianto per il forzato esodo. Dalla Riva Dante di Parenzo all’Italia ed a Firenze, la città di Dante. Una genuina testimonianza, quella di Decio Dechigi (il nome italiano dei Declich), dedicata agli esuli di ieri e di oggi, con la speranza che, come lui, possano trovare una nuova patria da amare.”
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