Alberto L’Abate: La rivoluzione disarmista di Carlo Cassola a oltre trenta anni dalla sua pubblicazione/2
Diffondiamo la seconda parte dell’intervento di Alberto L’Abate. Nella foto conferimento dell’Award Peace Pilgrims as Alberto l’Abate
7. Che Fare I
1) necessità di mettere in moto un processo che ci aiuti a superare la globalizzazione del Mercato e del Capitale, attraverso la globalizzazione delle lotte dei popoli del mondo che, dal basso, portino avanti una rivoluzione nonviolenta e disarmista.[22]
7.1. I padroni del mondo?
Purtroppo la situazione non è affatto rosea, con un Consiglio di Sicurezza ristretto delle Nazioni Unite, che dovrebbe cercare la pace ed aborrire la guerra, come detto nella dichiarazione formale delle Nazioni Unite, che è, invece, formato dai cinque paesi del mondo (Stati Uniti, Russia, Cina, Inghilterra, Francia) che costruiscono e vendono circa l’ 80% delle armi pesanti mondiali, ed avendo il diritto di veto, impediscono l’attuazione di risoluzioni approvate dall’ONU, ad esempio su Israele, mai fatte applicare. Emerge pertanto il vizio dei “due pesi e due misure” che mina alla base il patto di convivenza tra i popoli.
E se si va a vedere la spesa militare del mondo, i paesi del G8, insieme alla Cina e all’India, (nazioni che stanno portando avanti, alla grande, un modello di sviluppo simile a quello occidentale), con l’aggiunta dei due paesi più militarizzati del mondo, Arabia Saudita ed Israele – pur contando solo circa la metà della popolazione mondiale – spendono per eserciti ed armamenti circa l’86% del totale mondiale! Invece tutti gli altri paesi, l’altra metà del mondo, messi insieme, spendono solo circa il 14 %. Non c’è da meravigliarsi se, in queste condizioni, questi ultimi, o gruppi particolari al loro interno (vedi Al Qaeda), qualora non accettino l’impero occidentale guidato dagli Stati Uniti, con migliaia di basi militari in tutto il mondo, e la pretesa di mantenersi armi nucleari di “primo colpo”, inventino armi nuove, più a buon mercato, come i kamikaze, o gli aerei civili trasformati in bombe (come successo alle torri gemelle di New York), o che alcuni terroristi di questi paesi mettano nelle linee dei treni, o nei luoghi di maggiore frequenza di pubblico, mine ed altri ordigni bellici rendendo la vita civile del mondo occidentale, e dei suoi alleati, sempre più insicura ed incerta[23].
I paesi più ricchi, invece di provare altre strade, più pacifiche e basate sul dialogo e sul confronto, cercando di lavorare per prevenire le guerre, tendono ad armarsi sempre più, per cui aumentano gli squilibri attuali già fortissimi sul piano militare , col risultato di provocare gli avversari a fare lo stesso. Ma non è questo il solo problema, a livello internazionale, che rende difficile il raggiungimento di questo obbiettivo. L’altro è sicuramente quello del concentramento della ricchezza economica del mondo in pochissimi gruppi – le multinazionali dell’economia[24] – che sono ormai più potenti degli stessi stati, e che sono riuscite a far approvare una serie di trattati internazionali che dovrebbero garantire il libero commercio, ma che, in realtà, tolgono la libertà di scelta a tutti i paesi che ne fanno parte (spesso anche degli altri), costringendoli a seguire le direttive dei trattati. Questo grazie all’essere riuscite a fare inserire, in questi trattati di cosiddetto “libero scambio”, delle clausole che aiutano le grandi industrie straniere, che investono in quei paesi, a fare causa agli Stati, o alle regioni o gli enti locali minori, per leggi, o loro iniziative, che gli facciano perdere introiti da loro previsti. E questo sia nel campo delle energie verdi rinnovabili, sia in quelli che riguardano la tutela dell’ambiente[25], o per l’alimentazione, o la tutela dei lavoratori, ed altri settori simili, trasgredendo le legislazioni locali. Attraverso un tribunale, che risulta di “diritto pubblico internazionale”, ma che, in realtà, è del tutto privato[26], le multinazionali sono riuscite a far condannare degli Stati per averle costrette, con loro leggi, a perdere guadagni che i trattati firmati avrebbero permesso loro di avere.
I due casi più eclatanti, riportati dalla letteratura, sono uno contro la Germania, e l’altro contro il Canada.
1) In seguito all’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, nel 2011, la Germania ha approvato un piano di ridimensionamento della produzione di energia nucleare in tutto il paese che prevedeva l’interruzione della costruzione di nuovi impianti di questo tipo, e la chiusura di quelli in atto entro il 2022 . Il piano prevedeva, invece, per quello stesso periodo, un sensibile sviluppo delle energie rinnovabili. 6 industrie tedesche di impianti nucleari non hanno contestato questa decisione. Era invece coinvolta, per altre due centrali, una società svedese, la Vattenfall, che ha denunciato, tramite l’ISDS, il governo tedesco chiedendo una compensazione di 4,7 miliardi di dollari. Il piano del Governo Tedesco è stato considerato illegittimo, ed è stato stabilito che la società elettrica dovesse essere risarcita per i danni economici a lei causati. Ma c’era stato anche un precedente della stessa società contro la Germania per la costruzione di un impianto a carbone per la produzione di energia elettrica, presso la città di Amburgo. Quando l’Autorità per l’Ambiente del Comune di Amburgo aveva richiesto controlli di qualità delle acque di rifiuto immesse dall’impianto nel fiume Elba, la Vattenfall ha sostenuto, nel 2009, con una procedura ISDS, che quegli standard rendevano irrealizzabile quel progetto di investimento, ed ha richiesto alla Germania una compensazione di 1,4 miliardi di Euro. Il problema si è concluso quando il Comune di Amburgo ha accettato di abbassare i requisiti ambientali richiesti in antecedenza.
2) La Bilcon, una compagnia statunitense, voleva portare avanti un progetto minerario ed un pontale marittimo in una zona costiera del Canada, ma per ottenere l’approvazione dalle autorità provinciali e federali ha dovuto presentare un “studio di impatto ambientale” (SIA) sulle possibili conseguenze del progetto sull’ambiente naturale ed umano. A questo scopo è stato organizzato un panel di esperti per rivedere questo studio, raccogliere commenti pubblici, e dare una raccomandazione, non obbligatoria, sulla validità o meno dell’approvazione del progetto. Il panel di esperti, dopo aver esaminato la SIA, ha raccomandato di non approvarlo, dichiarando, tra l’altro, il progetto contrario a “valori comunitari importanti”. I funzionari federali e provinciali incaricati, sulla base di quella raccomandazione, hanno rifiutato il progetto. La Bilcon avrebbe potuto seguire la normale procedura ed appellarsi alla corte locale del Canada. Ma la compagnia, cercando un’opportunità per sorpassare il processo locale, ha fatto, invece, causa al Canada attraverso il processo ISDS del NAFTA[27]. Questa strategia si è dimostrata vincente. La maggioranza degli arbitri ha ritenuto che le considerazioni del panel dei consulenti sui “valori comunitari importanti” andavano oltre il loro dovere di considerare le conseguenze “sull’ambiente umano” perché tenevano conto anche “dell’economia, lo stile di vita, le tradizioni locali, e la qualità della vita” a livello locale. Perciò gli arbitri hanno deliberato che la decisione del Governo canadese di rigettare il progetto presentato dalla Bilcon, sulla base della raccomandazione degli esperti, era una violazione del NAFTA[28].
Come scrive giustamente Matteo Bortolon, uno studioso italiano che ha analizzato a fondo i vari trattati di “libero scambio”, sia quelli già approvati, che quelli attualmente in discussione (anche se per questi ultimi ci sono dei miglioramenti nei sistemi processuali questi però non cambiano la sostanza del discorso perché, anche in questi, le clausole per la protezione del lavoro e dell’ambiente sono per lo più volontarie, mentre quelle per la protezione degli investitori sono rigide, vincolanti e pienamente esecutive), criticando il sistema ISDS: “- applicare esclusivamente diritto commerciale su questioni che hanno ricadute sostanziali sul piano sociale, ambientale, ecc. significa subordinare ogni tipo di diritti agli interessi economici dei soggetti coinvolti ;- mancanza di trasparenza in materie che impattano nella sfera pubblica; – sopravanzare i tribunali nazionali per una classe di soggetti privilegiati significa costruire un sistema giudiziario parallelo al servizio degli interessi dominanti;- vincolare gli Stati ad istanze arbitrali sovranazionali significa vulnerare la loro sovranità limitando le opzioni di governo future, non in nome dei diritti umani ma nel rispetto della proprietà privata.” (p. 96). Il titolo del libro di Bortolon: “La gabbia dei Trattati. Per una riconquista della sovranità democratica”[29] è molto chiaro sia nel giudizio sui trattati, sulle loro principali funzioni, ed anche negli obbiettivi da riconquistare che, nelle parole di questo autore, sono “cercare di ricostruire una sovranità popolare democratica, cioè ridare forza e vigore alle assemblee legislative che riescano a vincolare i governi, senza ridursi ad essere i loro passacarte obbedienti. Per questo è necessario rivedere le istanze sovranazionali, in modo da vincolarle alle istituzioni democratiche veramente rappresentative…. Rivalorizzare l’apporto democratico e la base di diritti di cittadinanza. Solo ricostruendo un assetto dei poteri pubblici conforme ad essi si può dare una spallata al nuovo costituzionalismo…. che al momento tende a rendere le elezioni una gara per candidarsi a chi meglio applica i dettami dell’élite egemonica”(p. 178).
7.2 Necessità di porre fine all’attuale modello di sviluppo
Quanto visto nel paragrafo precedente, e cioè il forte intreccio tra l’attuale modello di sviluppo e gli interessi delle multinazionali (le padroni del mondo) è una conferma della necessità di non accontentarsi di leggeri, o anche meno leggeri, cambiamenti interni a questo stesso sviluppo, ma della necessità di portare avanti quella rivoluzione nonviolenta e disarmista di cui parla Cassola nel suo libro, e che sollecita, come abbiamo visto, anche la studiosa canadese Naomi Campbel nel libro “Una rivoluzione ci salverà “. D’altra parte il modello di sviluppo attuale, come scrive uno dei più importanti programmatori territoriali a livello mondiale, John Friedmann, si basa sulla teoria economica neoclassica che “è la riproposta attuale del liberismo ottocentesco di Manchester, comunemente noto come la teoria dello stato gendarme per la quale il ruolo dello stato è ridotto al suo potere poliziesco di mantenimento dell’ordine sociale e non è di intralcio al sistema dell’impresa privata lasciata libera di affermarsi in una accumulazione incontrastata”[30]. Ed infatti, se si va a vedere i risultati di questo modello di sviluppo, che si cerca di imporre a tutto il mondo, questi sono disastrosi[31]: 1) Dal grafico della distribuzione della ricchezza, cosiddetta a coppa di champagne, risulta che quasi tutta la ricchezza è in mano al quinto più ricco della popolazione, mentre tutti gli altri quinti ne hanno porzioni molto minori, fino al quinto più povero che ne ha una minima parte; e se si confrontano i dati dei calici del 1960, del 1989, e del 2007, si vede che la popolazione del quinto più povero è aumentata di quasi tre volte; 2) se si vede il grafico che riguarda proprio il periodo della crisi attuale, durante la quale molte famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese con le loro entrate usuali, il numero dei miliardari necessari per raggiungere lo stesso volume di ricchezza posseduto dal 50% più povero della popolazione mondiale, i dati sono terrificanti: mentre nel 2010 i miliardari necessari erano 388, nel 2014 ne bastano 80; 3) e se si va a vedere la mappa della malnutrizione elaborata dalla FAO nel 2009, si vede che le persone che soffrono la fame nel mondo erano, in quell’anno, 1,02 miliardi (collocati soprattutto in Asia e nel Pacifico, e nell’Africa subsahariana), e che questi, invece di diminuire, erano aumentati del 9% rispetto all’anno precedente ; 4) ed infine, se si va a vedere uno dei metodi più utilizzati dai nostri (ma non solo nostri) cosiddetti “industriali” per arricchirsi, si vede che il nostro paese risulta tra quelli con maggiori squilibri tra ricchi e poveri (al sesto posto nel mondo), ed un mezzo utilizzato dagli industriali per arricchirsi è la delocalizzazione delle loro industrie in paesi dove i sindacati sono inesistenti ed i salari molte volte anche 20 volte minori che da noi. Secondo i calcoli di uno storico italiano che ha analizzato questo fenomeno, Ignazio Masulli[32], questa che lui chiama “la tragica scorciatoia” ci era costata, al momento della stesura del libro, la perdita, nel nostro paese, di 2,6 milioni di posti di lavoro. Ma la cosa tragica che risulta analizzando questo fenomeno è quella che il governo italiano, invece di studiare e mettere in atto soluzioni per risolvere questo problema, lo appoggia addirittura economicamente!. Credo che ci siano dati a sufficienza per lavorare e lottare per eliminare dal nostro paese, e dalla terra intera, questo modello di sviluppo.
7.3. Come portare avanti la rivoluzione nonviolenta e disarmista?
Ma gli autori che ci hanno insegnato la necessità ed i modi per portare avanti questo tipo di rivoluzione sono tanti che è possibile solo dare un rapido cenno ad alcuni di essi, ed agli elementi fondamentali che ci hanno insegnato : Gandhi, insegna che dobbiamo portare avanti sia il “Satyagraha”, (tradotto in italiano da un caro amico, prete operaio dei pescatori di Viareggio, Sirio Politi, come “lotta come amore”, perché è una lotta che non cerca di distruggere l’avversario ma di convertilo, e di liberarlo dal suo ruolo attuale di oppressore o di sfruttatore), sia il “progetto costruttivo”, e cioè il dar vita da subito al tipo di società che vogliamo costruire[33]. J.P.Narajan, uno dei più importanti continuatori dell’opera gandhiana, che ha anche organizzato e diretto gli “Shanti Sena”, l’esercito di pace indiano,[34] ha parlato della necessità di una “rivoluzione totale”, e cioè sia dell’essere umano, che deve prendere coscienza dei suoi limiti e delle sue potenzialità di modificare l’ ambiente intorno a sé, che delle strutture sociali, economiche, politiche, e culturali che lo condizionano dall’esterno. Ma questo, secondo lui, andava fatto sia all’interno del Parlamento, sia a livello di base, organizzando dal basso la popolazione stessa. Capitini ha insistito sull’importanza di non accontentarsi della democrazia rappresentativa, basata sulla delega, ma di integrarla con un controllo, dal basso, dei nostri delegati negli organismi di potere (sia locali che nazionali) per dar vita ad una società “del potere di tutti”. Danilo Dolci, ci ha insegnato, tra l’altro, l’importanza di studiare e programmare la nuova società con la gente comune, con coloro che soffrono dei mali della società attuale. Don Milani e Padre Balducci, l’importanza della disobbedienza civile, e cioè di disubbidire da subito alle leggi ingiuste, subendo la condanna prevista, per dar vita e leggi più umane, più degne di una società civile.
Ma oltre a Cassola, di cui stiamo parlando in questo articolo, ci sono altri tre contemporanei, ormai purtroppo non più sulla terra, che ci hanno lasciato una eredità importante sul come fare una rivoluzione nonviolenta.
1) L’ Internazionale Resistenti alla Guerra (WRI), che ha come simbolo “le mani che spezzano il fucile”, è nata quasi 100 anni fa per difendere e promuovere l’obiezione di coscienza alla guerra e alle armi, ed è presente in oltre 40 paesi del mondo. La sua sezione italiana è il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini. L’ ex Presidente internazionale di questa organizzazione, Howard Clark, uno dei maggiori studiosi delle lotte nonviolente internazionali[35], ci ha lasciato, prima di morire, un aureo libretto su “Come fare una rivoluzione nonviolenta”. In questo mostra l’ indispensabilità, per fare una rivoluzione di questo tipo, di unire tre approcci: la rivoluzione anarchica, per liberare tutti gli esseri umani dalle strutture di potere attuali; quella femminista, per liberare le donne, ma anche gli uomini, dal “maschilismo”; quella nonviolenta, per liberare gli esseri umani dall’uso della guerra e della violenza.
2) Stéphane Hessel, tedesco, di origine ebraica, rifugiatosi e naturalizzatosi in Francia, co-estensore della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” delle Nazioni Unite, è l’ispiratore di due importanti movimenti mondiali, quello degli “Indignati” e di “Occupy Wall Street”. Per le sue attività di partigiano contro il nazismo è stato arrestato due volte, ma si è salvato dall’impiccagione prevista scappando in modo spericolato. La tesi principale dei suoi scritti, diffusi in milioni di copie in tutto il mondo, è quella della necessità di “una rivoluzione mondiale nonviolenta”, che si organizzi dal basso e riporti in auge i valori dell’impegno, della solidarietà, della libertà – ma non il sopruso – l’amore per la terra, per la “comune umanità”, della resistenza al Nazismo di cui era stato un attivo protagonista, senza però dimenticare il progetto costruttivo, perché, come scrive: “Resistere è creare. Creare è resistere…bisogna creare perché resistere non basta”. Ma prima di morire ha scritto anche, con Albert Jacquard, un altro importante libro al quale si sono ispirati i “disarmisti esigenti”, di cui abbiamo già parlato, e cioè, “Exigèz! un desarmament nucleaire totale”, tradotto anche questo in moltissime lingue[36].
3) Il terzo è un caro amico, morto purtroppo ancora giovane, pochi mesi fa, Giovanni Salio, che ci ha insegnato molte cose, ma forse la più importante è quella della necessità ed urgenza di liberarsi dall’attuale modello di sviluppo per dar vita ad uno sviluppo alternativo basato sulla semplicità volontaria[37]. Su questo argomento, recentemente, c’è stato un importante e bel convegno a Firenze, cui hanno partecipato esperti di molti paesi del mondo, ed un pubblico di oltre 1200 persone, dal titolo, L’economia della felicità[38]. In questo sono state presentate molte relazioni che hanno mostrato l’importanza, e la grande diffusione, in molti paesi del mondo, di esperienze di economia alternativa a livello locale, a basso impatto ambientale, e con l’utilizzo di energie rinnovabili. Ma alcuni dei relatori hanno addirittura detto che lo “sviluppo” ed anche la “crescita” sono parole da evitare, e che bisogna andare verso una “decrescita felice”. Ma è chiaro, e Nanni, se fosse stato in vita, e fosse stato invitato, l’avrebbe detto chiaramente, che questa impostazione è centrata sul modello di sviluppo occidentale che ora tanti paesi del mondo stanno imitando, ma che non si può chiedere a paesi dove prevale la fame e la morte per inedia (una buona parte del mondo) di rinunciare a uno sviluppo ed una crescita, diversa da quella del mondo occidentale, ma concreta. Per questo Nanni insisteva su due concetti, e due obbiettivi da raggiungere, validi sia per il mondo occidentale che per il resto del mondo, e cioè, la “semplicità volontaria”, ed il “ricongiungimento”, e cioè, da una parte il cercare di ridurre al massimo i propri bisogni (nelle parole di Gandhi: “Nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo, ma non per la sua avidità”), ma dall’altro porsi l’obbiettivo indispensabile ed urgente di lavorare perché gli attuali squilibri tra mondo ricco e mondo povero vengano superati prima possibile (questo il “ricongiungimento”), ma dato che il modello di sviluppo attualmente prevalente è strettamente legato all’uso delle armi e della guerra per controllare o conquistare le risorse energetiche di cui esso ha bisogno, questo comporta una scelta fondamentale, sottolineata da Nanni in molti suoi scritti, e cioè di eliminare, sia pur gradualmente, ma speditamente (lui propone all’incirca 5% l’anno), le spese militari ed aumentare notevolmente quelle degli interventi civili per la prevenzione dei conflitti armati, o per la loro trasformazione con la nonviolenza, interventi che per ora sono lasciati, in gran parte, alla buona volontà delle tante ONG che si impegnano in questo settore, come l’IPRI[39], le Comunità di Pace della Columbia, le PBI (Peace Brigades International), o le NPF (Nonviolent Peace Forces), ed altre, che con pochi soldi, fanno interventi fondamentali anche in zone di aperto conflitto come, ad esempio, Israele e Palestina.
7.4. Alcuni passi avanti verso questa rivoluzione
Che questa rivoluzione sia possibile ce lo dimostra la storia degli ultimi cento anni che ha visto le rivoluzioni nonviolente avere successo oltre il doppio rispetto a quelle violente[40].
In complesso, se si fa un’analisi delle lotte nonviolente del mondo molte di queste sono state estremamente efficaci nei vari settori in cui si sono applicate: 1) per superare gravi discriminazioni razziali, e l’apartheid (USA, Sud Africa); 2) per sconfiggere dittature (Polonia, Filippine, Egitto, Tunisia); 3) per raggiungere l’indipendenza di un paese (India); 4) per difendere, e salvare, una minoranza perseguitata: gli ebrei ( Danimarca, Germania); 5) per evitare, o annullare, progetti di militarizzazione del territorio (Larzac in Francia, Comiso in Italia), 6) per la difesa nonviolenta: in particolare interessante la lotta della Ruhr in Germania che è servita a difendere la popolazione locale da accordi rovinosi che ne distruggevano l’economia, dopo la fine della prima guerra mondiale[41].
Effettivamente questa globalizzazione delle lotte nonviolente dal basso sta già ottenendo risultati notevoli; ad esempio, con la Campagna contro le Mine Antiuomo, si sono messe al bando, in pochi anni, queste armi micidiali, tanto da far vincere, a questa Campagna, il Premio Nobel per la Pace; con la Campagna Internazionale contro le Armi Nucleari, ICAN, cui hanno partecipato attivamente, oltre a Alfonso Navarra (che nella sua relazione la indica quale via per uscire dal nucleare) altri membri del gruppo “disarmisti esigenti”, riuscendo a far approvare, proprio recentemente, a grandissima maggioranza, dalla Assemblea delle Nazioni Unite, un percorso per mettere al bando, entro l’anno 2017, anche i missili atomici[42]. Questo è stato possibile grazie all’iniziativa di organizzazioni di base unite alla presa di coscienza di tanti paesi periferici che non accettano più lo strapotere dei pochi paesi “padroni del mondo”. Questi paesi periferici hanno fatto sentire la loro voce, insieme alle ONG ambientaliste (tra cui i “disarmisti esigenti”), nel fare approvare, a grandissima maggioranza, in una decisione che è stata definita “storica”, alla Conferenza Internazionale sul Clima (Parigi, 30 novembre -12 dicembre 2015) un programma di riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente al fine di rallentare il riscaldamento globale.
Ma anche in Italia, con le lotte nonviolente, abbiamo ottenuto varie vittorie importanti, oltre a quella di Comiso, di cui abbiamo già parlato, ma i casi a cercarli sarebbero tanti, qui ne citiamo solo tre : 1) A Genova contro la cosiddetta “Mostra dei Mostri”(mostra per la vendita delle nostre armi) bloccando per almeno due volte, con un tappeto vivente[43], l’entrata, e facendo, in città, un serpentone cui hanno partecipato almeno 60.000 persone di tutte le età, siamo riusciti a far ridurre le nostre vendite facendo passare il nostro paese dal 6 posto nel mondo tra i venditori di armi, al tredicesimo posto. Tanto che alla fine, per riaccrescere le nostre vendite, si sono dovuti smuovere gli stessi militari per riaprire la mostra, in una nave militare, in mezzo al mare. Questo comunque ha messo in luce una delle più importanti funzioni delle nostre Forze Armate, e cioè quella di propagandare e vendere le armi costruite dalle nostre fabbriche, che hanno spesso come consulenti, ed aiuti per la vendita, nostri generali andati in pensione (mai esodati e con pensioni molto elevate)[44]. 2) A Capalbio, in provincia di Grosseto, bloccando, in circa un centinaio di persone per circa due ore la linea ferroviaria Pisa-Roma per protestare contro il progetto di costruire una Centrale nucleare, e venendo assolti nel processo di prima istanza a Grosseto (una diecina di questi che avevano dichiarato, quali testimoni in un processo precedente, di aver partecipato al blocco) per aver agito “in stato di necessità putativa” (e cioè perché credevano fosse necessario difendere la salute della popolazione minacciato dall’impianto della centrale). La notizia dell’assoluzione fece molto scalpore (con servizi in tutte le TV nazionali) perché era la prima volta che “lo stato di necessità” veniva usato non per difendere interessi privati (la difesa della propria vita o dei propri beni) ma per interessi pubblici (la salute della popolazione). Purtroppo, in modo molto insolito per la giustizia italiana, normalmente molto lenta, poco dopo fu fatto il processo d’appello, a Firenze, dove non furono nemmeno ascoltati i vari esperti chiamati dalla difesa, e gli accusati furono condannati a 6 mesi, con la condizionale, condanna confermata, molti anni dopo, dalla Cassazione. La discussione aperta in seguito a questi vari processi è sicuramente servita, dopo l’esplosione della centrale di Chernobil in Russia, a far vincere il referendum contro il nucleare, ed a far riconvertire la Centrale nucleare di Capalbio, che nel frattempo era stata costruita; 3) Ma le vittorie più importanti sono state ottenute nel settore della pace. Grazie infatti ai tanti anni di carcere sopportati dagli obiettori di coscienza al servizio militare (che chiedevano di fare un servizio anche pericoloso, utile alla comunità, ma non armato) [45] prima che venisse riconosciuta la legge, e all’appoggio dato a questi da molti avvocati (si pensi a Bruno Segre di Torino, ora novantaseienne), e da personalità culturali e religiose del paese, come Aldo Capitini di Perugia, Lelio Basso di Roma, il sindaco di Firenze Giorgio la Pira, Don Milani e Padre Balducci, sempre di Firenze, si è arrivati al riconoscimento, nel 1972, di una prima legge, la 772, che riconosceva il diritto ad un servizio civile alternativo, ma di otto mesi più lungo di quello militare. Vari obbiettori di coscienza, non contenti di questa legge per la maggiore durata del servizio civile rispetto a quello militare, hanno svolto il loro servizio civile per 12 mesi, ed hanno poi preferito passare il resto del tempo (gli otto mesi in più) in carcere, per far emergere l’ingiustizia di trattamento. Qualche anno più tardi è nata una nuova forma di obiezione di coscienza, quella alle spese militari, e cioè il rifiuto di pagare le tasse utilizzate per le spese militari chiedendo che queste fossero utilizzate, invece, per l’organizzazione di una “Difesa Popolare Nonviolenta”. Non venivano messi in carcere ma dovevano ripagare, in forme varie, anche con l’esproprio dello stipendio, o il pignoramento di mobili e di libri, la quota di tasse non pagata, più le spese necessarie per le pratiche fatte dallo Stato per riavere i soldi non pagati. Ma in tutti e due i casi, nei vari processi intentati agli obbiettori, gli avvocati difensori hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale perché giudicasse sulla giustizia di queste punizioni. E questa, in due sentenze di valore storico, ha riconosciuto la validità delle richieste degli obbiettori, nel 1985, con la sentenza n.164, che riconosceva il servizio civile come altra forma di difesa dello Stato, e nel 1989, sentenza n. 470, riconoscendo che il servizio civile non può durare più di quello militare[46]. Queste sentenze hanno preparato il terreno per la legge di riforma dell’obiezione di coscienza (n. 230 del 1998) che riconosce la parità tra servizio civile e militare, organizza un Ufficio Nazionale per il Servizio Civile presso la Presidenza del Consiglio[47] con il compito di “istruzione e sperimentazione di una ‘Difesa Civile Non-armata e Nonviolenta’”. Nel 2004, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, veniva istituita un’apposita Commissione ministeriale incaricata di questo compito composta da 16 persone (6 delle istituzioni – di cui 2 delle FF.AA. ed uno del Ministero degli Interni-) gli altri di importanti ONG che si occupano di questi temi.
7.5 Lo strapotere dei militari
Comunque l’ipotesi che ai militari italiani questa “vittoria istituzionale” dei movimenti nonviolenti non sia molto piaciuta può forse spiegare il fatto del perché, da vari anni, in particolare dal tempo del governo Monti, tale Commissione non sia stata più convocata. Altri fatti simili di ostacolo ad attività parlamentari da parte delle Forze Armate sono stati: 1) il Parlamento italiano, discutendo sul problema dell’acquisto degli aerei F35, aveva deciso di soprassedere all’acquisto di questi aerei per ridiscutere, in una sessione specifica, più approfonditamente, sull’opportunità di procedere o meno con questo programma. Ma le Forze Armate, grazie al fatto che il loro Capo è il Presidente della Repubblica, in questo caso Giorgio Napolitano, hanno fatto sapere che il Parlamento non poteva decidere e che l’unico autorizzato a prendere decisioni era il governo stesso che ormai aveva già deciso a favore del’acquisto. 2) Una cosa simile era successa anni prima riguardo all’approvazione, da parte del Parlamento, di una legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare (1992). In quel caso il presidente di allora, Cossiga, ha annullato la decisione parlamentare senza che si potesse ridiscutere il problema perché la legislatura era terminata. 3) Ma peggio ancora è stato per il cosiddetto “Nuovo Modello di Difesa”, presentato, in un libro bianco di 250 pagine , alla Commissione Difesa nel novembre 1991, che, malgrado la richiesta, in Commissione, dell’Onorevole Raniero La Valle, di discuterne in Parlamento perché trasgrediva in gran parte la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, non è stato mai discusso né approvato dal Parlamento, ma è stato di fatto introdotto nella legislazione delle Forze Armate, nei bilanci della difesa e nelle scelte dei governi (si veda la relazione di La Valle, on line, su “La verità del Referendum” alle Comunità Parrocchiali di Bitonto, il 18 ottobre 2016). Che il “nuovo modello di difesa” sia completamente al di fuori di quanto previsto dall’ art. 11, che prevede solo la difesa del territorio italiano, la sua popolazione e le sue istituzioni, da eventuali attacchi o invasioni, risulta dal fatto che esso prevede anche la “difesa degli interessi nazionali, nell’accezione la più vasta di tale termine [vedi “il controllo delle riserve energetiche esistenti nell’area”] ovunque esso sia necessario”. Sulla base di questo modello, come scrive Enrico Peyretti (in, “Denuncia del Nuovo Modello di Difesa”, al Convegno sul, Nuovo modello di Difesa Italiano, Museo del Risorgimento, Torino, 1 giugno 2000) dato che in questo testo si dice anche che, caduto il muro Est -Ovest, il nuovo confronto è nell’area mediterranea “tra una realtà culturale ancorata alla matrice islamica ed i modelli di sviluppo del mondo occidentale…..si difende con la ferocia delle armi la violenza strutturale del Nord sul Sud”, oppure come scrive La Valle nel testo citato: “Si direbbe che l’Occidente il cui sistema economico e politico è entrato in una profonda crisi essendosi mostrato incompatibile con l’ordine del mondo, cerchi nell’incremento delle armi, nell’estensione del dominio e nella disseminazione delle guerre una risposta alla sua angoscia riguardo al futuro; ed è come se noi dovessimopartecipare a tutte le guerre di un capitalismo sfrenato, invece di operare, come dice il generale dei Gesuiti, ‘per superare la povertà, l’ineguaglianza e l’oppressione[48]‘”.E facendo poi riferimento al prossimo referendum istituzionale La Valle sostiene che se passa il SI, dato che questa riforma tende a concentrare il potere di fare la guerra in un governo eletto solo da una piccola minoranza degli elettori : “il popolo non avrà più alcuna garanzia costituzionale di non essere trascinato in una guerra non sua”.
Di fronte a questi casi viene il dubbio: ”Viviamo in una democrazia parlamentare o in un regime militare?”.
Secondo A. Drago le vittorie che abbiamo visto anche a livello istituzionale dei movimenti nonviolenti, in particolare per l’approvazione della legge 230 dell’8/7/1998, che riconosce la parità tra servizio civile e militare e prevede “l’Istruzione e la sperimentazione di una difesa Civile Non-armata e Nonviolenta” “hanno fatto incontrare non solo la resistenza delle istituzioni, ma anche le loro contromosse a livello più alto; tra queste…. certamente ha avuto un ruolo centrale quella dei militari (intendendo con essa il complesso militare-industriale e la sua lobby parlamentare” ( op.cit. p.246). Ciò non solo per questa e le altre leggi che abbiamo visto, ma anche perché, dopo il riconoscimento giuridico dell’OdC, i giovani che sceglievano il servizio civile rispetto a quello militare sono andati progressivamente crescendo (nel 2001 erano 110.000) tanto da mettere in dubbio anche la copertura dei soldati prevista dalla leva (260.000), per queste ragioni, scrive Drago: “Quando gli obbiettori hanno incominciato a rappresentare l’esigenza di un’altra difesa…. allora i militari hanno trovato l’accordo con il Governo per promulgare una legge che sospendeva il servizio di leva (comma 1 dell’art. 7 del D.lgs. n. 215 del 2001) e che così faceva passare l’esercito a quello solo professionale” (op. cit. p. 246).
Sospendendo il servizio di leva veniva a cadere anche l’obiezione di coscienza al servizio militare e si creava un vuoto nel settore sociale assistenziale, per le varie ONG che utilizzavano gli obbiettori in servizio civile, ed anche perché, come sostiene Drago, nel testo citato, per il fatto che il servizio civile degli obbiettori di coscienza si era dimostrato così utile ed accettato positivamente sia dalla popolazione in generale, sia in particolare dai giovani (il 3 agosto 1999, in un sondaggio commissionato dal Governo a Datamedia, il 66% dei giovani intervistati si dichiarava a favore del servizio civile rispetto a quello militare)[49] è stata approvata, nel 2001, la legge 64, del 3 marzo 2001, che istituiva il “Servizio Nazionale Volontario per la Difesa della Patria con “mezzi e attività non militari”, aperto a giovani, sia maschi che femmine. Che questa legge sia una vittoria della nonviolenza è almeno dubbio, infatti come scrive lo stesso Drago in altri suoi testi, questo passaggio da militari di leva a militari stipendiati è stato fatto per primi dagli USA per superare la “sindrome del Vietnam”, e cioè la sostanziale sconfitta degli USA di fronte al piccolo paese vietnamita, sconfitta dovuta, da una parte, al coraggio dei vietnamiti nel difendersi contro il colosso americano, ma dall’altra, anche all’altissimo numero di giovani statunitensi coscritti, chiamati ad andare in Vietnam, che hanno disertato o sono scappati in vari paesi del mondo, soprattutto in Canada, o hanno trovato altri escamotage per non partire. Da questa “sindrome” la decisione degli USA di ricorrere ai militari professionisti, cui hanno risposto soprattutto i poveri del paese, tra i quali molte persone di colore, decisione gli USA che hanno poi esportato anche nei paesi da loro dipendenti come l’Italia attraverso, appunto, il “nuovo modello di difesa”.
7.6. Come lavorare per superare la violenza strutturale?
Comunque non dobbiamo dimenticare le vittorie di cui abbiamo parlato che hanno portato ad importanti cambiamenti legislativi dovuti agli obbiettori di coscienza. Ma un altro importante cambiamento legislativo come la legge 185/1990, per la limitazione ed il controllo della vendita di armi del nostro paese (che prevede anche un fondo per la riconversione delle industrie di armi in industrie civili – fondo, per quanto ne sappiamo, poco o niente utilizzato) è stato approvato grazie ad una forte organizzazione di base di movimenti cattolici come Mani Tese, ACLI, ed altri. Lo stesso è avvenuto per le leggi contro la Mafia (ad esempio la legge 109/1996 per la confisca dei beni mafiosi) per portare avanti le quali Don Ciotti ha dovuto organizzare una sua associazione ”Libera” che è riuscita a coinvolgere vari giudici antimafia e moltissimi cittadini, sia cattolici, che non cattolici.
Queste vittorie ci dicono che è possibile cambiare la società intorno a noi attraverso un impegno personale (ad esempio il carcere per gli obbiettori di coscienza) ed una valida organizzazione di base.
Ma un problema particolare di cui abbiamo già parlato, è quello della concentrazione del potere, a livello internazionale, in alcuni Stati particolari, ma anche, e soprattutto, in un certo numero di multinazionali (i padroni del mondo) che ormai sono diventate più importanti degli Stati, e che sono riuscite a fare approvare trattati internazionali, che, con le loro clausole e con i loro tribunali, riescono ad intimidire e condannare anche gli Stati. Questo fa emergere con forza il problema della “violenza strutturale”, sottolineato da tempo da uno dei principali studiosi dei problemi della pace e direttore di Transcend, che, tra le varie attività, ha anche una “Università, on line, sulla Teoria e la Pratica della Pace”, Johan Galtung, .
Purtroppo, mentre si notano i morti in guerra (soprattutto, e spesso, se sono nostri), quelli dovuti alla violenza strutturale (per fame, per malattie varie, per migrazioni forzate, per carenze di cure, ecc.) che uccide all’incirca 100 volte di più della violenza diretta, sono meno evidenti, almeno alle persone semplici che soffrono di più di questi squilibri sociali che stanno alla base di questo tipo di violenza.
Per superarli le istruzioni di Galtung sono:
1) coscientizzare le vittime; e far loro comprendere le vere ragioni degli squilibri e delle loro povere condizioni[50];
2) aiutarle ad organizzarsi ed a creare reti con tutte le altre persone che subiscono la stessa violenza;
3) far loro conoscere e sperimentare la lotta nonviolenta (che comporta conoscere sia le tecniche dell’azione diretta nonviolenta – Sharp ne ha individuate 198 – sia l’importanza del progetto costruttivo, e cioè sapere dove si vuole arrivare e come arrivarci, superando le proprie carenze);
4) quando queste persone, attraverso queste lotte, e queste azioni, sono in grado di riequilibrare il conflitto e di confrontarsi alla pari con l’avversario, avendo preso coscienza del proprio potere;
5) aiutarle a contrattare e prendere accordi con l’ex avversario per eliminare le cause del conflitto e cercare soluzioni che vadano a vantaggio della stessa umanità (esempio: Accordo INF tra Reagan e Gorbaciov per eliminare missili di primo colpo come quelli che erano stati impiantati a Comiso negli anni 80).
Tutto questo non è facile, ma funziona, come hanno dimostrato le tante lotte vincenti di cui abbiamo parlato.
8. Che fare II
La mia seconda asserzione è questa :
2) possibilità di vivere senza esercito, concentrando i risparmi sull’istruzione e sull’ambiente, prosperando economicamente, e difendendosi, se necessario, con la Difesa Popolare Nonviolenta:
Come abbiamo già visto questo è ciò che Carlo Cassola, negli anni ’80, avrebbe voluto che facesse il nostro paese, lui che, come si è detto, oltre ad essere uno scrittore di romanzi famosi, ha dedicato molti anni della sua vita alla lotta per la pace e per il disarmo. Al contrario il nostro paese, invece di pensare al disarmo, ha privilegiato le armi e le Forze Armate, tanto da risultare, nel 2012, al decimo posto, nel mondo, per spesa militare in assoluto, ma al quinto, tra i paesi occidentali, per spesa militare pro capite. Ma questo l’ha fatto a scapito delle spese sociali. Infatti nel 2011, l’Italia risultava all’ultimo posto, in Europa, per spese per la cultura, ed al penultimo posto (poi viene la Grecia) per le spese per l’istruzione. Eppure queste due voci sarebbero state fondamentali per un valido sviluppo socio-economico del nostro paese. E l’Italia è anche agli ultimissimi posti (0,13 % rispetto al PIL del 2012), anche per le spese per il raggiungimento degli obbiettivi di sviluppo del “Millennium” delle Nazioni Unite, che è una delle poche iniziative per cercare di superare gli altissimi e crescenti squilibri economici- sociali mondiali che portano, necessariamente, a ribellioni, guerre civili, guerre internazionali, fughe e migrazioni di massa e morti. Se si pensa alle spese che noi facciamo per difenderci dai terremoti – che nel nostro paese sono molto frequenti – dedichiamo a questo, in un anno, meno di tre giorni di spesa militare, cioè circa 80 milioni di Euro al giorno[51]. E prevediamo di spendere 14 miliardi di Euro, in totale, per l’acquisto di 90 aerei F35 – incostituzionali perché di attacco e non di difesa – che risultano inoltre insicuri e dal costo sempre crescente – tanto che vari paesi che li avevano ordinati hanno ormai disdetto il loro acquisto-. Se eliminassimo quest’impegno con questi soldi potremmo realizzare una buona parte dei lavori necessari per la sistemazione idro-geologica del nostro paese, che lamenta, di continuo, inondazioni e morti in varie parti del paese.[52]
Quello che Cassola avrebbe voluto che facesse l’Italia, l’ha fatto, in America Centrale, il Costa Rica, tra il Nicaragua ed il Panama, un paese di circa 5 milioni di abitanti. Nel 1948, da marzo a maggio, a causa dell’annullamento delle elezioni presidenziali dovuto all’incendio, di origine sconosciuta, delle schede dei risultati elettorali, i candidati alla presidenza si misero in guerra tra di loro, ciascuno con l’appoggio di una parte dell’esercito, provocando all’incirca 1800 tra morti e feriti. Alla fine del conflitto, dopo nuove elezioni, fu deciso di dar vita ad una nuova Costituzione che non prevedeva l’esercito e che decideva di utilizzare i fondi risparmiati per elevare il livello di istruzione (l’analfabetismo è praticamente inesistente), e di migliorare l’ambiente tanto che questo ha permesso di trasformare il paese in un paradiso naturale, molto ricercato dai turisti. Questo ha portato il paese anche ad uno sviluppo economico notevole, tra i più elevati del Centro e Sud America, con un livello di felicità della popolazione che è risultato il più elevato del mondo. Inoltre, da un articolo della rivista GAIA (ecologia, nonviolenza, tecnologia appropriate), veniamo a sapere che nel 2015 il Costa Rica ha raggiunto il 99% di energia dalle fonti rinnovabili.[53] Il paese è anche sede di una Università per la Pace delle Nazioni Unite, e di un Centro di Ricerche sui Diritti Umani di tutta l’America Latina. Da allora il Costa Rica non ha avuto più guerre, ma ha invitato varie volte i migliori esperti di Difesa Popolare Nonviolenta mondiali ad andare nel paese per preparare la popolazione ad una eventuale difesa di questo tipo.
Eppure, questi risultati del Costa Rica erano prevedibili. Infatti è ampiamente risultato, da numerose ricerche, che i soldi impiegati nel settore civile portano molto più lavoro e molto più benessere alla popolazione (ma non ai costruttori e venditori di armi!) di quelli invece impiegati nel settore militare. Non per niente le tre nazioni perdenti dell’ultima guerra, Giappone, Germania, ed Italia, alle quali era stato vietato, dal trattato di pace, di mettere su eserciti, grazie a questo ed al dover investire i soldi solo nel civile, hanno avuto nel dopo guerra uno sviluppo economico notevole tanto da suggerire ai vincitori di fare eliminare, sotto loro stretto controllo, quell’impedimento, per non essere sorpassati da loro sul piano economico.
Comunque i ricercatori nonviolenti hanno elaborato due teorie che permetterebbero anche al nostro paese di andare verso il risultato del Costa Rica: quella delle “armi solo difensive” e quella del “transarmo”. La proposta di passare dall’uso di armi offensive, ad armi solo di difesa (quindi a breve raggio utilizzabili solo in caso di invasione) si adatta molto bene al nostro paese anche per l’Art. 11 della Costituzione, ed è stata presentata pochi anni fa dal suo ideatore (J.Galtung) in una audizione al Senato Italiano[54]. Quella del “transarmo” prevede che l’eliminazione degli eserciti vada di pari passo alla costruzione ed allo sviluppo di forme di difesa civile nonviolenta. Il progetto di legge di iniziativa popolare per il quale sono state raccolte 53.000 firme, denominato “Un’altra difesa è possibile” che prevede la costituzione di un “Dipartimento della Difesa Civile non Armata e Nonviolenta”, incardinato nelle Commissioni degli Affari Costituzionali e della Difesa della Camera dei Deputati, va esattamente in questa direzione. In un documento dei promotori della campagna[55] si dice : “Un’altra difesa è possibile, e con il servizio civile, la protezione civile, i corpi civili di pace[56] è già in atto. Ora chiediamo anche il riconoscimento di legge, politico, giuridico, per poter stornare fondi dalla difesa armata e trasferirli al Dipartimento della Difesa Civile, così da attuare politiche di difesa nonviolenta del nostro paese (difesa della libertà, dei diritti, del lavoro, del territorio, dei più svantaggiati, delle istituzioni, della solidarietà). Speriamo che la discussione di questo progetto di legge, se la legislatura dovesse proseguire, possa portarne all’approvazione.
9. Che fare III
La terza asserzione deriva dagli insegnamenti tratti, questa estate, dalla riflessione su quello che le lotte di Comiso contro i missili ci hanno insegnato per la società attuale:
3) mantenere fede all’insegnamento del grande maestro Piero Calamandrei che ci invitava, non a modificare la nostra Costituzione, ma a realizzare concretamente i vari ed importanti diritti da questa riconosciuta. Da qui deriva la necessità di dire NO nel referendum istituzionale che ci porterà a votare, ai primi di dicembre, sulle riforme volute da Renzi, che modifica molti del articoli della Costituzione diminuendo i poteri della popolazione per incrementare quelli del potere centrale.
La lotta contro i missili di Comiso è stata vincente perché sono state realizzate, per molti anni, e da tante persone, l’azione diretta nonviolenta(secondo Gandhi “lotta con la forza della verità”, ben definita in italiano, “lotta come amore” perché non cerca di distruggere l’avversario ma di convertirlo); il progetto costruttivo, per dar vita ad uno sviluppo che non abbia bisogno della guerra per sostenersi, ma cerchi la pace e la solidarietà; la partecipazione popolare (in alcune manifestazioni eravamo anche 100.000 persone); il collegamento internazionale (alla lotta hanno partecipato persone di tutto il mondo, e le lotte contro questa scelta sono state fatte in moltissimi paesi); ma una particolare importanza ha avuto la difesa dell’Art. 11 della nostra Costituzione che rifiuta la guerra di offesa, perché i missili Cruise impiantati a Comiso erano missili di primo colpo (simili a quelli che purtroppo si riserva ancora la NATO), e cioè da lanciare prima di quelli dell’avversario, perciò di attacco e non di difesa (infatti sono stati tolti dopo l’accordo INF tra Reagan e Gorbaciov, determinato, in gran parte, da queste lotte). Ora, grazie a queste, al posto dei missili c’è un aeroporto civile. Uno dei nostri maestri è stato Piero Calamandrei, uno degli estensori, con La Pira, ed altri, della nostra Costituzione, che è sicuramente una delle migliori del Mondo, che riconosce molti diritti, come quello al lavoro, alla rimozione degli ostacoli alla partecipazione, o alla limitazione della proprietà privata per il benessere della comunità, non ancora concretizzati. Inoltre, come abbiamo già visto, anche l’Art.11, pur non eliminato, è stato in gran parte svuotato dall’approvazione (di fatto) del ”Nuovo Modello di Difesa”, e va, perciò, ripristinato nel pieno della sua dizione, mettendo in pratica, in una prima fase, la difesa difensiva proposta da Galtung, ed applicando il transarmo. Per questo, in ricordo di Calamandrei, dobbiamo dire NO a questo referendum che invece di concretizzare questi diritti ne elimina altri, e rende la partecipazione popolare quasi impossibile, concentrando, in sostanza, tutto il potere in mano a chi governa.
Diciamo quindi NO al prossimo Referendum, e forse ci libereremo anche di Renzi, e delle forze che sostengono questo modello di sviluppo, a lui alleate, che sicuramente, come abbiamo visto, sono contrarie alla giustizia, alla libertà (quella vera non quella del denaro),ed alla pace nel mondo !
[1] Il suo libro più noto si intitola “Gli apprendisti stregoni. Storia degli scienziati atomici, Einaudi, Torino, 1976.
[2] Di lui si legga, R.Gardner, Mission: Italy. Gli anni di piombo raccontati dall’Ambasciatore Americano a Roma: 1977-1981, Mondadori, Milano, 2004.
[3] Si veda il suo: Toward nuclear abolition. A history of the World Nuclear Disarmament Movement, Stanford University Press, Stanford, 2003; ed anche il suo articolo: “Did Reagan’s military build-up really lead to the victory in the cold war?”, in , History News Network, ripreso anche in, Znet–Foreign Policy, 29 gennaio 2004.
[4] Per le citazioni di questo paragrafo si veda il mio saggio, Per un futuro senza guerre. Dalle esperienze personali a una teoria sociologica per la pace, Liguori Editore, Napoli, 2008, pp. 149-153.
[5] Vedi il mio libro a p. 151.
[6] Ibid., p. 151.
[7] L’idea dell’”opzione zero” che era lo slogan dei movimenti antinucleari, secondo Wittner, Reagan l’aveva presa proprio da questi movimenti tanto che egli cita una frase di un intervento fatto da Reagan proprio ad una delle manifestazioni pacifiste: “A quelli che protestano contro la guerra nucleare, posso solo dire ‘Io sono con voi’” (Ibid. p.151). Come si può vedere la differenza tra questo Reagan, e quello dell’impero del male precedente, è notevolissima, e questo cambiamento, secondo Wittner , è in grande parte dovuto proprio alle lotte dei movimenti antinucleari occidentali.
[8] Ibid., p.151.
[9] Langer A., “Dialogare la pace: contro la guerra cambia la vita”, in, Terra Nuova Forum, 1991. Ci sarebbe da aggiungere, a quanto scritto da Alex, il ruolo fondamentale che hanno avuto le lotte nonviolente delle popolazioni dell’ Est Europa nel far crollare i regimi comunisti di quell’area. Su queste si veda, tra i molti studi che le analizzano, l’antologia curata da Howard Clark, People Power. Unarmed Resistance and Global Solidarity, Pluto, London, 2009. Utile anche l’importante libretto di Clark, anche se scritto prima delle lotte del 1989, Making Nonviolent Revolution, Peace News Pamphet, n. 1, London, 2a ediz., 1981, pp. 19-23.
[10] Alcuni tra questi : La Ragazza di Bube, Oscar Mondadori, 2010 (e’ questo sicuramente il suo libro più conosciuto anche grazie al film di Comencini, con Claudia Cardinale come protagonista); Fausto ed Anna, Oscar Mondadori, 2012; Il cacciatore, Oscar Mondadori ,2015 ;Tempi memorabili, Oscar Moderni, 2016.
[11] Sui risultati delle nostre ricerche si vedano, oltre al libro citato su “Per un futuro senza guerre”, anche, Giovani e pace. Ricerche e formazione per un futuro meno violento, Pangea Edizioni, Torino, 2001; e, Metodi di analisi nelle scienze sociali e ricerca per la pace:una introduzione; in coedizione di Transcend University Press, Basilea, e Mult/Image, di Firenze, 2008, di cui è in via di pubblicazione la seconda edizione riveduta e corretta.
[12] Sui risultati dell’assemblea e per i link sui documenti principali che la riguardano: verbale, nuovi manifesti, rassegna stampa, si veda il numero di ottobre-novembre 2016 di “Fuori Binario”, il giornale di strada di Firenze, che ci ha dedicato un inserto di 5 pagine.
[13] I comproprietari di questo terreno sono, ufficialmente, circa 1000, tra cui tre movimenti (il Campo Internazionale per la Pace – chiusosi qualche anno fa -, Il Movimento Nonviolento (MN), ed il Movimento Internazionale per la Riconciliazione (MIR). La Lega per il Disarmo Unilaterale (LDU) di Cassola, oltre ad essere stata molto attiva per la Marcia Catania-Comiso, (da cui ha tratto la foto per la copertina del suo libro), ha partecipato, con la Lega Obbiettori di Coscienza (LOC), al lancio della Campagna per l’acquisto del metro quadro di terra (che ha portato, appunto, a quei circa 1000 proprietari ufficiali), ma hanno ambedue lasciato che la proprietà, anche quella della Campagna OSM cui partecipavano anche loro, venisse intestata al MN ed al MIR. Di fatto, visto che una buona parte dei fondi per acquistarlo e per una sua prima sistemazione, sono stati dati da due campagne di obiezione di coscienza alle spese militari (OSM, 1982-1983) alla quale, in quel periodo della prima guerra del Golfo, partecipavano circa 10.000 persone, i proprietari non-ufficiali della Verde Vigna risultano molti di più. Per questo si sta pensando ad una gestione di questo Centro come “Bene Comune”, ed il custode di questo centro, Vladimiro, è venuto recentemente, a Firenze, anche per gemellarsi con una esperienza importante, portata avanti n questa città “Mondeggi Bene Comune”.
[14] Il titolo della relazione è lo stesso del libro scritto da Alfonso Navarra, insieme a Mario Agostinelli, e Luigi Mosca, e pubblicato dalla Casa Editrice Mimesis, di Sesto San Giovanni (Mi.), nel 2016. Il link per estrarre e vedere la relazione è https://albertolabate.wordpress.com/2016/11/08/la-follia-del-nucleare-di-alfonso-navarra/
[15] La fonte di questa informazione, citata da Navarra, è un articolo intitolato: “L’eroe dimenticato che salvò il mondo da una apocalisse nucleare”, di Dragosei, apparso su “Il Corriere della Sera”, del 20 giugno 2016. Più recentemente lo stesso Petrov è stato invitato a Milano per una presentazione pubblica del film a lui dedicato, e l’associazione “Disarmisti Esigenti”, cui hanno dato vita gli autori del libro presentato a Comiso da Navarra, hanno chiesto alla Presidente del Senato Italiano, Laura Boldrini, di farlo presentare anche a Roma, di cercare di dargli un premio per la sua azione, e di organizzare anche un convegno sui rischi ancora attuali di ecatombe nucleare. Sapremo, in futuro, se questo avverrà. L’Associazione “Disarmisti esigenti”, che ha curato la stesura e la pubblicazione del libro citato, è nata per portare avanti il monito finale di Stéphan Hessel, il noto autore del libro “Indignatevi!”, tradotto in moltissime lingue e di cui sono state vendute oltre un milione di copie, che è servito a dar vita ai movimenti internazionali degli “Indignati” e di ”Occupy Wall Street”. Questi, prima di morire, insieme ad Albert Jacquard, ha scritto il suo testamento spirituale “Exigez! Un dèsarmament nucleaire total”, Ed. Stock, Parigi, 2012.
[16] Il CD pubblicato dall’Associazione per i diritti umani “Terre Libere.it”, si intitola”Memoria Comiso. La Sicilia contro la guerra”, forse ancora scaricabile dal sito <www.terrelibere.it/memoriacomiso>.
[17] Su questo argomento vedi l’approfondimento successivo.
[18] Bloch E., Il Principio Speranza, Garzanti, Milano, 2005, 2a ed.
[19] La relazione di Fabio Bussonati, col titolo la “Marcia del Sole”, si può trovare nella pagina 5 dell’inserto dedicatoci da “Fuori Binario”, citato. Tutte le altre, pur video-registrate dallo stesso Bussonati, non abbiamo avuto la possibilità, né il tempo, di deregistrarle e farle conoscere.
[20] La relazione di Palermo è scaricabile a questo link https://albertolabate.wordpress.com/2016/09/26/riflessioni-del-2016-dopo-comiso/
[21] La mia relazione a questo incontro si può scaricare e leggere qui: https://albertolabate.wordpress.com/2016/11/08/canzoni-contro-la-guerra-intervista-ad-alberto-labate-del-6-novembre-2016/
[22] Importante anche il contributo, a questo tema, di Naomi Klein. Questa nel suo libro,Una rivoluzione ci salverà . Perché il capitalismo non è sostenibile (Rizzoli, Milano, 2015) , dedicato alle lotte per la salvaguardia della terra dai problemi del cambiamento climatico e dell’inquinamento ambientale, definisce questa rivoluzione come “la rivoluzione dell’amore”, si veda il capitolo 10, “L’amore salverà questo posto”, pp. 451-487. E nella sua introduzione cita il fatto che nei circa 10 anni di elaborazione del suo testo le organizzazioni ed i gruppi che partecipano a questa rivoluzione sono enormemente aumentati. E questo è un elemento importante di appoggio a quanto sosterremo in questo paragrafo.
[23] Si veda, su questo, il mio libro già citato, Per un futuro senza guerre, p. 66, ed anche il mio, Metodi di analisi nelle scienze sociali e ricerca per la pace: una introduzione, citato, Prima ediz.,2008, in particolare nella parte dedicata all’analisi del processo di costruzione del terrorismo, p. 401.
[24] Si veda , tra l’altro, l’articolo di Duccio Facchini, “I padroni del mondo: l’economia ai piedi delle multinazionali. Chi sono i giganti che minacciano uguaglianza e democrazia”, in , AltrEconomia,Ottobre 2016, pp. 10-16.
[25] In rapporto alla tutela dell’ambiente, si veda il libro di Naomi Klein, Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile, citato. L’autrice mostra, in un capitolo intitolato: “Soldi che scottano. Come il fondamentalismo del libero mercato ha contribuito al surriscaldamento del pianeta” (pp. 95-136), come in realtà le trattative a livello mondiale per migliorare le condizioni del pianeta attraverso la riduzione delle emissioni che inquinano l’atmosfera siano state modificate, e peggiorate, per non disturbare gli interessi delle grandi industrie interessate, attraverso il libero commercio, a costruire ed esportare il loro prodotti altamente inquinanti.
[26] Infatti questo tribunale, nella sua forma più diffusa definito “Investor to State Dispute Settlement”(acronimo ISDS, in italiano, Risoluzione delle Controversie tra Investitore e Stato), è costituito da tre membri, di cui uno funge da giudice, scelti da un elenco internazionale di avvocati aziendali, che sono nominati dalle due parti in causa, e che portano avanti il processo in sessioni del tutto chiuse al pubblico, e senza alcuna possibilità di appello. Secondo l’UNCTAD – un organismo delle Nazioni Unite – il 60% delle dispute si sono chiuse a favore delle imprese. I critici sostengono perciò che i giudici non risultano indipendenti dal momento che solo le imprese possono far causa, e non gli stati, quindi le persone che giudicano, che in altre cause possono essere anche avvocati difensori di una delle due parti, hanno interesse a tenersi cari i loro possibili datori di lavoro (essendo loro pagati circa 3000 dollari al giorno).
[27] La NAFTA è un accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti, il Canada ed il Messico. Sulla base di questo accordo il Messico ha visto peggiorare sensibilmente le proprie condizioni generali, mentre gli altri due paesi, ma soprattutto gli USA, ne hanno tratto notevoli vantaggi.
[28] http://www.globaljustice.org.uk/blog/2015/apr/30/eyes-wide-shut-isds-implications-bilcon-vs-canada-case. La studiosa di commercio che riporta questo caso, nel sito sopra indicato, si chiama Lise Johnson. Essa sostiene che in realtà le decisioni degli arbitri dell’ISDS hanno interpretato male gli accordi del NAFTA, ma che ormai, dato che queste decisioni sono senza appello, il Governo del Canada non può far nulla per farle rivedere. L’autrice mette perciò in guardia dall’idea di utilizzare questo meccanismo processuale per gli altri trattati attualmente in discussione a livello internazionale, come il “Transatlantic Trade and Investment Partnership agreement with the EU” (TTIP) , o il “Trans-Pacific Partnership” (TPP).
[29] Editrice Dissensi, s.l., 2015.
[30] Si veda il suo”Rivisitando Empowerment. Principi per uno sviluppo umano”, 2005, p.1, fascicolo allegato al volume, dello stesso autore, Empowerment, verso il “potere di tutti”.Una politica per lo sviluppo alternativo, Edizioni Quale Vita, Torre dei Nolfi, (Aq.), 2004.
[31] Per vedere i grafici su cui si basa questa illustrazione si vada a https://albertolabate.wordpress.com/2016/11/08/canzoni-contro-la-guerra-intervista-ad-alberto-labate-del-6-novembre-2016/
[32] Si veda, di questo autore, Chi ha cambiato il mondo?, Editrice Laterza, Bari, 2014.
[33] Devo dire che, studiando Gramsci, mi ha molto colpito una sua frase che ricorda l’insegnamento di Gandhi sull’importanza del progetto costruttivo, frase che è anche alla base della teoria gramsciana sulla centralità, nel cambiamento sociale della società contemporanea, della “guerra di posizione” e cioè : ”E’ distruttore -costruttore chi distrugge il vecchio per mettere alla luce, far affiorare, il nuovo che è diventato necessario ed urge implacabilmente al limitare della storia. Perciò si può dire che si distrugge in quanto si crea”, in , Quaderni dal carcere, Einaudi, Torino, 1975, vol. II, p. 708.
[34] Per conoscere le attività degli Shanti Sena indiani soprattutto nell’ azione nonviolenta contro le lotte razziali, si veda la mia intervista a Narayan Desai, il collaboratore più stretto di J.P. (così veniva chiamato dal popolo indiano) nella direzione degli Shanti Sena indiani, in, A. L’Abate, L. Porta, a cura di, L’Europa ed i conflitti armati. Prevenzione, difesa nonviolenta, e corpi civili di pace , Firenze University Press, 2008, pp. 323-363.
[35] Il testo principale, da lui curato, su questo tema, è, People Power: Unarmed Resistance and Global Solidarity, citato. Anche il libretto qui indicato è stato già citato nella stessa nota.
[36] L’edizione francese, è pubblicata da Stock nel 2012, quella italiana, a cura di M. Agostinelli, L.Mosca, e A.Navarra, è pubblicata dalle Edizioni Ediesse, di Roma, nel 2014.
[37] Tra i vari articoli e libri pubblicati da Giovanni Salio si veda, in particolare, il capitolo “Elementi di una economia nonviolenta”, nel libro , da me curato, Italia: una Repubblica fondata sulle armi? Idee e progetti per la prevenzione dei conflitti armati, con testi di H. Arendt, Lord Beveridge, A. Dubcek, G. Gozzini, A. Gramsci, S. Hessel, F. Leoncini, E. Peyretti, G. Salio. Purtroppo il libro, già pronto da vari anni, non ha trovato ancora un editore disponibile a pubblicarlo. Paura dei militari, c’è da chiedersi ?
[38] Le relazioni presentate al convegno possono essere viste attraverso questo link: <www.economiadellafelicita.it>, i cui atti sono anche in corso di stampa.
[39] L’IPRI (Italian Peace Research Institute), sezione di una associazione mondiale di ricercatori per la pace, è stato fondato in Italia, nel 1977, a Napoli, da Mario Borrelli, il prete che raccoglieva dalla strada gli scugnizzi di Napoli, specializzatosi poi nella educazione alla pace. Alla fondazione ha partecipato anche Antonino Drago, che ha portato avanti, per anni, con questo istituto, e grazie a fondi dell’ Obiezione di Coscienza alle Spese Militari (OSM), la ricerca e la pubblicazione di libri e quaderni sulla “Difesa Popolare Nonviolenta” cui hanno contribuito tutti i ricercatori nonviolenti del nostro paese. L’IPRI, nel 2006, si è fuso con la Rete Corpi Civili di Pace che riuniva varie associazioni italiane che intervenivano, in vari paesi del mondo (Iraq, Kossovo, Palestina, Columbia,ecc.) per prevenire, o trasformare con la nonviolenza, i conflitti armati, attraverso la metodologia della “ricerca-azione”.
[40] Si veda, su questo, il libro di Antonino Drago, Le rivoluzioni nonviolente dell’ultimo seconlo: i fatti e le interpretazioni, Ediz. Nuova Cultura, Roma, 2010.
[41] Per una analisi di queste lotte si veda di Gene Sharp, in particolare, Waging Nonviolent Conflict. 20th century practice and 21th century potential , Porter Sargent Publishers, Boston (Ma.), 2005; ed anche il libro di Peter Ackerman e Jack Duvall, A force more Powerful. A Century of Nonviolent Conflict, Palgrave, New York, 2001. Questi ultimi hanno curato anche un CD, tradotto anche in italiano, intitolato, Una forza più potente, nel quale vengono presentate, con interviste molto interessanti a protagonisti/e di queste lotte, la marcia del sale di Gandhi in India, dei neri nord americani, ispirate da M.L.King, contro le discriminazioni razziali, dei neri del Sud Africa per l’eliminazione dell’apartheid, in Danimarca per la salvaguardia degli Ebrei, in Cile per la caduta di Pinochet ed il ritorno alla democrazia, in Polonia le lotte di Solidarnosc contro il regime comunista. IL CD, con traduzione italiana sottotitolata è distribuito, in Italia, dalla rivista del Movimento Nonviolento, Azione Nonviolenta, con sede a Verona.
[42] E’ da prendere nota che l’Italia ha votato contro questa decisione, il che conferma il ruolo fondamentale delle nostre Forze Armate nelle decisioni politiche del nostro paese. Ma non possiamo illuderci che la battaglia contro le armi nucleari sia ormai vinta. Come l’Italia, hanno votato contro questa decisione molti dei paesi che posseggono armi nucleari (ma si sono astenuti, Cina, India, Pakistan), o le hanno nel loro paese, come l’Italia, (con la cosiddetta doppia chiave, che permetterebbe anche al loro Capo di Stato di usarle), ed essendo svariati di questi paesi anche muniti di diritto di veto possono riuscire a far mettere nel dimenticatoio anche una eventuale decisione ufficiale delle Nazioni Unite nella conferenza specifica che si aprirà, a New York, nel marzo 2017. Quindi, probabilmente, finché non avremo delle Nazioni Unite realmente democratiche, senza privilegi verso alcuni dei paesi più potenti, che sono, come abbiamo già visto, più interessati alla costruzione ed alla vendita di armi che ad una seria ricerca della pace, il problema non sarà risolto. Comunque ogni passo avanti è sempre benvenuto, o prima o dopo anche questa battaglia sarà vinta. C’è da dire comunque che la decisione sulle armi nucleari presa dall’Assemblea delle Nazioni Unite era stata anticipata alle Nazioni Unite di Ginevra dall’ “Open Ended Working Group” (gruppo di lavoro a composizione aperta), cui pure hanno partecipato varie ONG, come il MIR, nella sua sezione austriaca, ed anche i “disarmisti esigenti”; gruppo di lavoro, quello citato, che ha portato avanti le discussioni dal febbraio all’agosto 2016. La raccomandazione finale di questo gruppo (il 19 agosto 2016, votata a larghissima maggioranza -107 voti contro 24) ha richiesto di far partire, nel 2017, una Conferenza dell’ONU che negozi l’interdizione delle armi nucleari, raccomandazione poi confermata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 27 ottobre 2016, con il 76% dei voti a favore. Interessante il fatto che, poche ore prima della votazione dell’ONU, anche il Parlamento Europeo aveva votato a favore dell’ apertura di questa Conferenza, anche qui a grande maggioranza. Si veda, su questo, l’articolo di Luigi Mosca (dei “disarmisti esigenti”) su “Un Trattato di interdizione delle armi nucleari” nel giornale, on line, Massacritica.eu, del 7 novembre 2016. .
[43] E’ una forma di blocco molto usato dai nonviolenti. Mettono i loro corpi, bene intrecciati l’uno con l’altro in modo da rendere difficile alla polizia il distrigare il gruppo, sdraiati per terra di fronte all’entrata, in quel caso della mostra. Le persone venute per acquistare le armi, se volevano entrare, dovevano passare sui corpi del blocco vivente, ma nessuno di loro ha avuto il coraggio di farlo.
[44] Una delle caratteristiche delle nostre Forze Armate è quello della pletora dei generali o ammiragli, che , nel nostro paese, hanno un rapporto con i semplici soldati (o marinai) tra i più bassi del mondo. In Italia il rapporto è di 1/378, negli USA 1/1500, in Germania 1/1000.
[45] Si veda l’appello per il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza al servizio militare lanciato, nel 1962, da due riviste fiorentine (il Ponte e Testimonianze) e da varie organizzazioni di base della città, firmato da oltre 20.000 persone, presentato pubblicamente a Roma e consegnato al Parlamento italiano. Su questo si veda A. L’Abate, “Pagine fiorentine di storia dell’obiezione di coscienza, in, Guida pratica al servizio civile, a cura dell’Assessorato alla Sicurezza Sociale della Provincia di Firenze, 1988, 2a ediz., pp.5-8.
[46] Una terza sentenza della Corte Costituzionale, la 228 del 2004, di fronte alla Provincia Autonoma di Trento che riteneva che il servizio civile fosse di propria esclusiva competenza, confermava invece che essendo uno dei compiti principali del servizio civile quello della difesa non-armata della Patria, questo non poteva essere delegato perché compito esclusivo dello Stato.
[47] Mentre prima era gestito dal Ministero della Difesa, in modo molto autoritario e togliendo anche fondi previsti per questo settore per usarli per i militari. Vedi su questo la relazione di Antonino Drago, dell’Università di Napoli, che è stato il primo presidente della Commissione Nazionale per la Difesa Non-Armata Nonviolenta: “Introduzione ai lavori delle Commissione ‘La Difesa Popolare Nonviolenta tra Movimento e Istituzioni. DPN, Peacekeeping e interventi nonviolenti in area di conflitto armato’”, in A. L’Abate, L. Porta a cura di, L’Europa ed i conflitti armati. Prevenzione, Difesa Nonviolenta e Corpi Civili di Pace, Firenze University Press, 2008, pp. 237-256.
[48] La Valle fa riferimento alla nomina, il 14 ottobre 2016, del Padre generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano Arturo Sosa, che il giorno successivo, nella messa di ringraziamento, ha detto che : ”dobbiamo avere l’audacia di intraprendere ‘l’improbabile e l’impossibile’…. E la cosa che oggi sembra impossibile, per quando sia necessaria – continua La Valle citando le parole di Sosa – , è di fare ‘una Umanità riconciliata nella giustizia, che vive in pace in una casa comune ben curata, dove c’è posto per tutti ‘ …. – e prosegue Sosa che è necessario, per questo“ operare ‘per superare la povertà, l’ inuguaglianza e l’oppressione”.
[49] Vedi relazione citata di A. Drago, p. 246, nota 9.
[50] Si veda per questo l’importanza degli insegnamenti del grande pedagogista sud americano Paolo Freire, ed in particolare del suo libro, Pedagogia degli oppressi, A. Mondadori, Milano, 1971.
[51] Sul problema della mancata prevenzione dei terremoti nel nostro paese si veda l’articolo di Luca Mercalli, “Di fronte ai disastri naturali, la nostra debolezza più grande è la mancanza di prevenzione”, in, Gaia, autunno 2016, p. 7.
[52] Come abbiamo già visto questa scelta, che il Parlamento avrebbe voluto ridiscutere, ci è stata imposta dalle Forze Armate grazie al loro Capo Giorgio Napolitano.
[53] si veda l’articolo: “Costa Rica da record. Nel 2015 il 99% dell’energia dalle rinnovabili”, di Adam Epstein, in, Gaia, estate 2016, p.8.
[54] Per la proposta della difesa difensiva si veda il libro di Johan Galtung, Ci sono alternative!,Edizioni Gruppo Abele,Torino, 1986.
[55] Questi sono, Interventi Civili di Pace, il Comitato Nazionale degli Enti di Servizio Civile CNESC; il Forum Nazionale di Servizio Civile, Sbilanciamoci, La Rete della Pace, la Rete per il Disarmo.
[56] Importante, in questo settore, l’approvazione dell’emendamento del senatore Giulio Marcon, del SEL, alla finanziaria del 2014 (vedi Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 2015) che prevede uno stanziamento di 9 milioni di Euro per l’istituzione di un contingente di 500 giovani in servizio civile, per la sperimentazione di azioni non-governative di pace in situazioni di conflitto o di pre-conflitto, secondo le indicazioni di Alex Langer per attuare dei Corpi Civili di Pace che lavorassero con la nonviolenza nella prevenzione dei conflitti armati, approvate ripetutamente dal Parlamento Europeo. Ma a causa delle tante difficoltà apposte alla presentazione dei progetti, al 4 agosto 2016, risultava approvato solo l’impiego di 106 giovani volontari (rispetto ai 500 previsti dalla legge). Speriamo che la sperimentazione di questo primo contingente, e l’eliminazione di cavilli burocratici, forse voluti, apra le porte alla piena attuazione della legge.
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