Alberto L’Abate: La rivoluzione disarmata di Carlo Cassola a oltre trenta anni dalla sua pubblicazione/1

| 31 Gennaio 2017 | Comments (0)

 

 

 

1. Il libro di Cassola

Il libro La rivoluzione disarmista di Carlo Cassola (Rizzoli, 1983) parte  dai quattro cavalieri dell’apocalisse che, nella Bibbia, annunziano quattro flagelli per l’umanità: la fame, la peste, la guerra e la morte. Scrive, a questo proposito, Cassola: “I due flagelli biblici della peste e della fame sono stati domati in epoca moderna (quello della fame solo in Europa) con sollievo generale. Il flagello biblico della guerra continua ad esistere con sopportazione generale(sottolineatura del recensore), malgrado il rischio  di  portarci, con  una guerra atomica, alla fine del mondo.  E’ per scuotere l’opinione pubblica del nostro, e di altri paesi del mondo, da questa “sopportazione generale”, ed invitare le persone  a darsi  da fare attivamente per evitare questo rischio che Cassola scrive questo libro, che è praticamente il suo testamento politico-intellettuale.

Trattando poi il tema delle rivoluzioni  avvenute, quella cristiana, quella francese, e quella russa, e facendo una storia anche piuttosto dettagliata di queste,  parla di “rivoluzioni incompiute”, in quanto tutte, pur partendo  da scopi bellissimi, la prima per dare vita ad un mondo pieno di amore, la seconda per superare la società  autoritaria e dar vita ad una vera democrazia, e la terza per dare vita ad una società socialista, basata sull’uguaglianza di tutti i cittadini, hanno tutte dimenticato i loro obbiettivi di fondo. E questo perché il Cristianesimo, che era inizialmente contro tutte le guerre  e rifiutava gli eserciti, a causa dell’accordo con l’imperatore  Costantino, ha rinunciato a tale impostazione, accettando sia il potere statuale sia gli eserciti;  la Rivoluzione francese,  che si poneva gli obbiettivi di “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” li ha dimenticati tutti, con Danton,  per dar vita ad un regime dispotico che  tagliava le teste a tutti coloro che non la pensavano come lui; e quella Russa, che voleva dar vita ad un regime  socialista, basato sulla pace e la convivenza tra i popoli, perché, con Stalin, ha dimenticato l’internazionalismo proletario, cercando di creare il socialismo  solo all’interno della  Russia, ed usando  anch’egli  la violenza di stato per far fuori tutti i dissidenti politici del suo regime. Da questo Cassola deduce che per portare avanti gli obbiettivi validi ma dimenticati di queste rivoluzioni perché tutte  finite nell’accettazione della guerra e della violenza, è necessaria  un’altra rivoluzione, quella disarmista (che definisce anche nonviolenta) che rimetta in auge un obbiettivo di fondo della rivoluzione comunista, e cioè l’”internazionalismo”, ovvero la “fratellanza fra i popoli” (vedi p. 52). A questo proposito scrive Cassola : ”la rivoluzione è la scopa della storia. Deve spezzare via il vecchiume in tutte le sue forme, cominciando dalla divisione del mondo in tanti Stati” (p. 54). E precisa, altrove, che  per far questo una delle prime cose da mettere in atto  è l’ abolizione di quegli  strumenti  che sono all’origine di tutte le guerre e di tutte le violenze, l’esercito e le armi, perché scrive:  ” Due cose sono certissime: 1) armi = guerra; se vogliamo evitare la guerra, dobbiamo distruggere le armi: non esiste una terza possibilità; 2)  armi atomiche = fine del mondo. Vogliamo stare con le mani in mano ad aspettare che gli statisti facciano i loro calcoli sbagliati? Dopo che il previsto  sterminio parziale si sarà trasformato in sterminio totale, sarà troppo tardi per intervenire. Dobbiamo intervenire adesso, subito….Una volta tanto il senno del poi  non sarà possibile. Dobbiamo avere il senno del prima” (p.116). E spera che il nostro paese, che lui ama  profondamente, possa essere il primo ad iniziare questo processo, perché, scrive :”E’ certo che, disarmato, il nostro Paese non sarebbe soltanto molto più prospero e civile: anche molto più sicuro” (p. 136).

 

2. Fine del mondo a causa delle armi nucleari?

Prima di affrontare questo problema, e quello che si potrebbe e  dovrebbe fare, nel nostro paese, dato che la nostra Costituzione, all’art. 11,  “ripudia la guerra come arma di offesa”, per portare avanti quella rivoluzione  nonviolenta e disarmista predicata da Cassola, ritengo importante affrontare  un altro tema, anche questo sostenuto  da Cassola, e cioè il rischio della fine del mondo a causa di una guerra nucleare.

Cassola, nel suo libro, non è molto ottimista, e facendo sue le previsioni  di Robert Jungk, un famoso futurologo austriaco[1], prevedeva che, se non fosse cambiata la politica a livello mondiale, la sopravvivenza del pianeta sarebbe stata di circa  30 anni; e cioè,  non molto oltre il 2013. Li abbiamo già passati da qualche  anno, e malgrado che la rivoluzione disarmista non sia avvenuta (tranne il caso del Costa Rica di cui parleremo più tardi), il pianeta è ancora vivo, anche se pieno di guerre (che Papa Francesco  ha definito “la terza guerra mondiale a pezzi”). Hanno  sbagliato Jungk e Cassola, o è avvenuto qualcosa che ha modificato la storia?

Quel qualcosa importante è stato sicuramente l’accordo INF tra Reagan e Gorbaciov che, nel 1987, ha deciso di eliminare i  missili a media portata, puntati gli uni contro gli altri,  sia dell’Est che dell’Ovest. E’ stato quest’accordo che ha portato anche allo smantellamento dei missili Cruise che erano stati impiantati  a Comiso, e  che il libro di Cassola ricorda riportando   nella copertina, la foto di uno dei manifestanti ad una marcia  contro questa installazione.

Ma sul come siamo arrivati a questo accordo c’è stato, e c’è tuttora, una polemica aperta tra i pacifisti, che rivendicano l’importanza delle loro lotte contro l’impianto di questi missili, ed i governi USA ed italiani, che rivendicano invece,  come motivo principale dell’accordo, proprio  l’impianto  stesso di questi missili, polemica  di  cui cercheremo di rendere conto.

A sostenere l’importanza dell’installazione dei missili Cruise in Italia, e Pershing 2 in Germania, per il raggiungimento dell’accordo tra USA ed URSS per la riduzione dei missili a lunga  gettata, è stato Richard  N. Gardner, che era l’ambasciatore  USA mandato in Italia proprio per fare accettare al nostro paese questi missili [2]. La sua tesi è molto chiara: i sovietici, con Breznev, avevano superato i missili precedenti impiantandone dei nuovi, molto più potenti, gli SS20, che minacciavano l’Europa. L’impianto dei nuovi missili in Italia ed in Germania avevano ristabilito l’equilibrio e convinto i  russi a trattare. Questa tesi è stata appoggiata, e sostenuta, anche da due importanti giornalisti italiani,  Arrigo Levi e Adriano Sofri. Levi, che ha scritto anche l’introduzione al libro di Gardner, dice: “Il bilancio dei fautori degli   euromissili è netto. Essi costrinsero i sovietici a tirarsi indietro, li portarono al negoziato sul disarmo ed alla fine allo smantellamento reciproco dei due sistemi, firmato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov, vigilia dello sfaldamento dell’impero militare sovietico”. Anche  Adriano Sofri, in un articolo su “La Repubblica”, del 28 settembre 2004, intitolato :”La grande illusione del pacifismo”, sostiene  che l’installazione dei missili in Italia e Germania  è stata fondamentale per arrivare a quell’accordo. Scrive Sofri, dopo aver tacciato di ingenuità i “pacifisti”, tra i quali annovera sé  stesso: “Quella nostra decisione [cioè, quella del governo  di accettare l’installazione dei missili] contribuì in modo straordinario, forse persino decisivo,  alla caduta dell’impero sovietico ed alla fine del comunismo”.

La tesi opposta, a sostegno dell’efficacia delle lotte, non solo in Italia ma in tutto il mondo, contro l’impianto dei missili Cruise e Pershing2,   per il raggiungimento di quell’accordo, è sostenuta invece da uno storico dell’Università di Stato di  New York, Lawrence Wittner[3] , che ha scritto tre volumi  sull’importanza delle lotte antinucleari per la politica del suo paese. La tesi di Wittner  è quella  che la politica aggressiva di Reagan, ed il suo discorso del marzo 1983, che definiva l’Unione Sovietica “l’impero del male“, avevano  portato ad un incremento degli armamenti atomici in Russia, anche perché, secondo un membro dello Stato Maggiore Sovietico: “ i militari, le Forze armate, lo utilizzarono come pretesto per iniziare una preparazione molto intensa ad un nuovo stato di guerra…iniziammo a fare  importanti esercitazioni a carattere strategico…Potemmo anche sperimentare la situazione in cui una guerra convenzionale può trasformarsi in una guerra nucleare” [4]. E Wittner  accenna poi, come  quel clima di scontro totale portò, nel novembre del 1983, durante l’esercitazione NATO definita “Able Archer”, vicina ai confini dell’Unione Sovietica, a far credere  al governo sovietico: “che sotto le apparenze di una esercitazione si stava preparando un attacco militare americano contro l’Unione Sovietica. Di conseguenza, furono allertate le forze nucleari sovietiche… e furono preparate per l’azione”[5]. Perciò, in complesso, a causa della politica aggressiva verso L’Unione Sovietica tenuta fino a quel momento  da Reagan il ”mondo fu esattamente sull’orlo  dell’abisso nucleare[6]. Per fortuna i servizi segreti inglesi si accorsero di quel fatto, avvisarono gli USA,  le  esercitazioni furono interrotte e  la guerra nucleare fu evitata.

Ma a cosa si deve, allora, secondo Wittner, la fine della guerra fredda e la firma dell’accordo tra Reagan e Gorbaciov? Secondo lui i movimenti antinucleari occidentali  hanno avuto un ruolo non secondario nel far modificare la linea dura del primo Reagan. Scrive: “colpito dalle proteste antinucleari, ostacolato dal Congresso, disturbato da alleati non facili, e confrontato con una ostinata leadership sovietica, Reagan finì per ammorbidire la sua linea dura. La sua amministrazione iniziò dei negoziati sul controllo degli armamenti, sostenne l’opzione zero per gli euromissili[7], venne a compromessi sulle armi nucleari strategiche, e rispettò i limiti del mai ratificato trattato SALT II”[8]. Nel proseguo della sua argomentazione Wittner porta vari altri elementi, tra cui documenti da parte sovietica, a favore dell’importanza del movimento antinucleare ai fini della firma del trattato  INF non solo per Reagan, ma anche per Gorbaciov stesso.

Personalmente concludo con questa frase il paragrafo, citato,   da me scritto su questo tema: “Anche la partecipazione di Gorbaciov al funerale di Papa Woitila, che, come polacco, aveva molto contributo alla caduta del comunismo nel suo e negli altri paesi dell’ex Unione Sovietica, è una conferma di quanto scritto da Alex Langer che ‘Radio Free Europe o Radio Vaticana hanno fatto probabilmente di più per la destabilizzazione dei regimi dell’Est che non le divisioni della NATO’”[9].

In complesso, dopo aver letto quanto scrive Wittner, e vista la sua documentazione, molto completa, che tiene conto  anche di quella di parte sovietica, mi sembra del tutto confermato il ruolo importante, anche se non unico e decisivo, delle lotte nonviolente sia di  Comiso, che di  molte altre parti del mondo, contro l’impianto dei missili in Europa, per il raggiungimento dell’accordo INF tra Reagan e Gorbaciov.  

 

3. L’impegno per la Pace di Cassola

Ma tornando a Cassola, questi è sicuramente uno dei grandi scrittori italiani del 900 (Roma, 1917- Montecarlo di Lucca, 1987) che, per i suoi racconti e romanzi, ha vinto quasi tutti i più importanti premi letterari del nostro paese,  i cui i libri sono stati tradotti  in molte lingue, alcuni dei quali hanno avuto un notevole successo  di pubblico  (oltre 100.000 vendute), e del quale vengono ristampati vari testi anche attualmente[10]. Ma è sicuramente meno noto per la  sua attività di pacifista alla quale  ha dedicato molto impegno, soprattutto dal 1976 alla morte. Nel 1976, il 2 novembre, invitato  a Napoli al Congresso del Partito Radicale Italiano, fa un intervento su, Per il disarmo unilaterale dell’Italia; nel 1978, il 30 aprile,  fonda a Firenze la “Lega per il Disarmo Unilaterale”. Di questa faranno parte anarchici come Mazzucchelli di Carrara, cattolici come Padre Ernesto Balducci, e membri del Movimento Nonviolento, come Pietro Pinna. Ma sull’argomento del disarmo, oltre alla Rivoluzione disarmista, di cui stiamo parlando,  è stata pubblicato anche, a cura di D. Tarizzo, Carlo Cassola: letteratura e disarmo. Intervista e testi, Mondadori, Milano, 1978; C. Cassola, Contro le armi, Ciminiera, Marmirolo (Reggio Emilia), 1980; C. Cassola, Il diritto alla sopravvivenza, con introduzione di Roberto Guiducci, EurostudioPocket, Torino, 1982; C.Cassola e  A.Gaccione,  a cura di A.Zanotti, Disarmo o barbarie, New Magazine, Trento, 1984;  C. Cassola, Letteratura e disarmo, atti di un convegno tenuto a Firenze, al Palazzo Vecchio,  nel 1987, pubblicati dalla Lega per il Disarmo Unilaterale, Massarosa Offset, Lucca, 1988. Come si vede anche da questi scritti il suo è stato  un impegno non episodico ma profondo, che ha avuto molto meno spazio ed attenzione –  vedi   gli editori spesso marginali di  molti di questi testi – rispetto ai suoi scritti letterari. Ma questo non vuol dire affatto che siano di minor valore degli altri. Solo che il pubblico italiano era meno interessato a conoscere il suo pensiero su questi temi che a leggere i suoi racconti o i suoi romanzi. Questo, del resto, corrisponde molto bene ai risultati delle nostre ricerche dalle quali risulta che la maggior parte delle persone intervistate si dichiara, a parole,  “nonviolenta”, ma se si va a vedere i loro reali comportamenti,  la percentuale si restringe moltissimo, ed infine se si cerca di capire cosa la gente pensa della “nonviolenza”, si vede che c’è una grande confusione:  molti la considerano l’equivalente  del riformismo, cioè dell’accettazione delle regole della democrazia nella quale viviamo (o dovremmo vivere), e l’idea  della “disobbedienza civile”, che è una delle armi  più efficaci della lotta nonviolenta, non è per niente compresa; inoltre la maggioranza delle persone, giovani o anziani, alla domanda come si comporterebbero di fronte  ad un avversario che agisse contro di loro con violenza, risponde che si sentirebbero costrette ad usare anche loro la violenza, altrimenti si sentirebbero  vigliacche[11]. Come si vede,  la lontananza del pensiero del pubblico normale rispetto alla proposta di Cassola di una rivoluzione disarmista e nonviolenta è molto elevata.

 

4. Il rischio di morte nucleare è sempre attuale?

Eppure,  questo libro di Cassola sulla Rivoluzione disarmista, di cui stiamo parlando, è di una attualità spaventosa, come è emerso anche questa estate, a Comiso, in un incontro per riflettere sull’importanza delle lotte di Comiso per la situazione attuale del nostro paese. L’incontro, presso la Fondazione Bufalino, al centro di Comiso, si è svolto  nelle ore serali rispetto  all’assemblea dei comproprietari della Verde Vigna (svolta, di mattina, nel suo boschetto).   La Verde Vigna è l’unico dei Campi per la Pace ancora esistente a Comiso:  i gruppi locali che hanno partecipato alle lotte contro i missili, tra i quali  sono anche dei comproprietari di questo terreno,  hanno chiesto che non venga né smantellato né venduto, come era stato proposto, ma trasformato in un “Centro di Document/Azione e Form/Azione alla Nonviolenza e ad uno Sviluppo  Eco-sostenibile”.[12] Una delle relazioni agli incontri serali, molto informata e documentata, è stata quella di Alfonso Navarra (giornalista di Milano,  comproprietario di questo terreno con alloggio)[13] che è l’attuale segretario nazionale  della Lega per il Disarmo Unilaterale.  Essa si intitola:  “La follia del nucleare. Come uscirne”. La relazione completa, in power point, può esser e scaricata dal link inserito nella nota. Dato però che questa ha una stretta attinenza al libro di Cassola, ed è una dimostrazione concreta della sua attualità, cercherò qui di darne, una sia pur veloce, presentazione[14].

Tra i rischi di esplosione della guerra nucleare, Navarra  cita, oltre  al caso dell’esercitazione “Able Archer”, avvenuto nel novembre 1983,  già visto  nel testo di Wittner,  anche un fatto, quasi del tutto sconosciuto fino a poco tempo fa , avvenuto prima, e cioè nel 26 settembre 1983. In quel giorno un colonnello russo, Stanislav Petrov, addetto ai sistemi di sorveglianza elettronica  del suo paese, pur avendo visto nel computer cinque missili diretti contro Mosca, convinto che fosse un errore del computer stesso, non ne ha dato notizia ai suoi superiori. E così ha salvato il mondo da una catastrofe nucleare. Le Nazioni Unite sono venute a conoscenza di questo caso ed, in suo onore,  hanno dedicato il 26 settembre  di ogni anno  alla prevenzione delle guerre. E sul caso Petrov è stato fatto anche un film, nel quale il colonnello è interpretato da Kevin Costner, intitolato: “The man who saved the world”[15] .

Ma Navarra , nella sua relazione, fa vedere come il problema, malgrado l’accordo INF che ha portato alla eliminazione dei missili a raggio  intermedio  ed alla diminuzione delle testate  da 100.000 a 20.000,  sia sempre presente, e cita almeno altri quattro casi in cui  il rischio di ecatombe nucleare si è ripetuto. Sostiene anche come  il Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1 luglio 1968, non funzioni  bene. Questo  prevede che i paesi che hanno bombe nucleari (9 attualmente)  si impegnino a non fornire aiuto ad altri paesi per farle,  ma nello stesso  dovrebbero  darsi da fare per eliminare le loro, cosa che invece non fanno, preoccupati solo che non nascano altri paesi nucleari. Il trattato, inoltre,  che si dovrebbe rivedere ogni 5 anni, ha visto  l’ultimo incontro, del  maggio 2015, fallire  miseramente. E questa preoccupazione che si limita a cercare di evitare nuovi paesi nuclearizzati (malgrado il fatto che ne siano nati altri come il Bangladesh e l’India), senza darsi da fare  per eliminare le proprie  armi di questo tipo,   aumenta il distacco tra chi ha la bomba e chi non  l’ha ancora, e rende la situazione mondiale sempre incerta ed estremamente pericolosa. Infatti le bombe nucleari attuali, soprattutto le 2000  sempre in stato di allerta permanente,  ognuna delle quali   30 volte più potenti di quelle di Hiroshima e Nagasaki, possono essere  lanciate in meno di 15 minuti  per ordine di un Capo di Stato, con l’idea prevalente che chi la lanci per primo vinca, lasciano il mondo in stato di continuo pericolo. La relazione di  Navarra, come dice nel titolo, indica anche le strade per uscire dalla follia del nucleare, ma questo lo vedremo più tardi dopo aver accennato ad un’altra relazione, presentata quella stessa sera, da uno degli studiosi  più accreditati  della militarizzazione della Sicilia (e non solo di questa regione), Antonio Mazzeo. Questi, che è stato  molto attivo anche  nelle lotte contro i missili a Comiso, ne ha raccolta la documentazione principale: si veda di lui “Memoria Comiso”, un CD con foto, articoli di giornali, e documenti vari su quelle lotte[16].  Mazzeo ha fatto presente, che malgrado   la vittoria contro i  missili di Comiso, la militarizzazione della Sicilia è andata avanti  tanto da rendere questa isola  una “ immensa portaerei superarmata nel cuore del mediterraneo”.

Uno di questi nuovi insediamenti è la collocazione, a Niscemi, a circa 19 km da Comiso, di una stazione di telecomunicazioni satellitari della marina militare statunitense, il M.U.O.S. (Mobil User Objective System). Il Muos dovrà assicurare il collegamento tra le varie parti della rete militare USA (tra queste anche i droni , aerei senza piloti, che sono considerati le armi del futuro) moltiplicando per 10 la velocità e la quantità delle informazioni trasmesse nell’unità di tempo “rendendo sempre più automatizzati e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Con la conseguenza di accrescere sempre più il rischio di guerra …anche per un mero errore di elaborazione da parte dei computer”.

L’impianto è collocato all’interno della Riserva Naturale della Sughereta di Niscemi, un sito di interesse comunitario per la salvaguardia degli alberi da sughero in processo di estinzione. In questa, secondo il Piano territoriale della Provincia di Caltanisetta: “Non è concesso realizzare nuove costruzioni e infrastrutture, compresa l’installazione di antenne e tralicci”. La collocazione di questo impianto è considerato, dagli esperti, insostenibile per l’ambiente rischiando di provocare “danni gravi e permanenti alle persone incidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km.”, danneggiando anche gravemente la fauna del luogo. Inoltre le onde elettromagnetiche hanno pesantissimi effetti sul traffico aereo, in particolare su quello dell’aeroporto di Comiso, provocando : “gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente”, e nei riguardi di aeroporti militari, non troppo distanti, dai quali partono aerei con missili ed altre bombe: “le interferenze generate dalle antenne del MUOS possono arrivare ad innescare accidentalmente gli ordigni trasportati”.

Anche grazie all’importante contributo di alcuni dei principali attori delle lotte di Comiso, come lo stesso  Mazzeo  (di Messina), Pippo Gurrieri (anarchico di Ragusa), e Turi Vaccaro (protagonista di tante  spericolate iniziative non solo in questa zona) il movimento si è venuto organizzando fin dal 2008, ed ha dato vita, nel 2012, al Coordinamento dei vari comitati NoMuos, costituitisi in varie località siciliane,  che hanno portato avanti una molteplicità di iniziative (organizzazione di un presidio di fronte alla base, manifestazioni di massa, marce, blocchi stradali, due invasioni della base in tempi diversi, ecc., che hanno suscitato  reazioni molto diverse: da parte della polizia, botte ed arresti, da parte della magistratura : il TAR nel febbraio 2015,  dichiara abusivo il MUOS per assenza di autorizzazione valide, e ne fa fermare i lavori; la Pretura di Caltagirone il 1 Aprile 2015,  sequestra l’impianto della base, sequestro confermato dal Tribunale del Riesame di Catania, convalidato il 25 gennaio 2016 dalla Cassazione. Ma il Consiglio di Giustizia Amministrativa (CGA) della Regione Siciliana, il 6 maggio 2016,  annulla di fatto la delibera del TAR,     è riesce a fare  riaprire il MUOS,  mentre molti dei manifestanti (compreso Tury Vaccaro, che è addirittura salito in cima al  MUOS  martellandone alcune transenne)  sono ancora sotto processo per le loro azioni. I legali del movimento si sono appellati contro la  decisione del CGA, secondo loro molto lacunosa ed incompleta; quindi il problema è sempre aperto:  potrà il movimento di base sconfiggere gli interessi militari degli USA  di cui l’Italia è un alleata molto sottomessa e succube? I dubbi sono molto alti a meno di una forte ripresa delle  lotte contro questo strumento di morte non solo da parte dei siciliani,   ma anche a livello italiano , europeo  e mondiale  come è accaduto per la lotta contro i missili di Comiso. Come ha sottolineato, infatti, con forza Mazzeo nella  sua relazione,  questo strumento  rende estremamente più rischioso il futuro dell’ intera umanità, visto  i rischi già attuali ed i tanti   errori verificatisi  di elaborazione e trasmissione di dati informatici. Per queste ragioni i movimenti siciliani che hanno lottato, e stanno ancora lottando,  contro questo “mostro” Usa nel loro territorio, chiedono l’aiuto del Movimento per la Pace Italiano, ed Europeo,  che, finora, li hanno lasciati soli.

 

5. La lotta di Comiso  e le altre lotte nonviolente italiane

Dall’incontro, e dalle  mostre sulle lotte di Comiso, presentate in quella occasione, é emerso  un collegamento molto stretto tra queste lotte e quelle portate avanti in altre parti d’ d’Italia, sia dai NOTAV della Val  di Susa, e  di altre parti d’Italia (come, ad esempio, a Firenze); sia per le lotte  di Vicenza contro l’ampliamento della base militare USA (Dal Molin), sconfitte per il momento dato   che la base USA si è ingrandita, ma che hanno ottenuto,   almeno,   una parte del territorio  per dar vita ad  un “Parco della  Pace” all’interno del quale è prevista anche la costruzione e l’istituzione di un Centro per la Formazione di Corpi Civili di Pace, da utilizzare per la prevenzione dei conflitti armati; sia   infine,  la lotta contro il MUOS.  Molti dei    protagonisti sono gli stessi che lottavano a Comiso. Infatti  molti comproprietari  della Verde Vigna, sia individuali che collettivi, sono impegnati anche in queste altre lotte, inoltre i metodi nonviolenti utilizzati sono o simili a quelli di Comiso (ad esempio per l’acquisto di terreni a  metro quadro,  per la sorveglianza dei lavori, per  il ruolo delle donne).  L’importante ruolo avuto dalle donne della “Ragnatela” a Comiso,  è simile a quello  delle “Mamme NOMUOS”, ed a quello che a Firenze stanno portando avanti le “Mamme non inceneritore”.  C’è inoltre una somiglianza  tra  gli obbiettivi di fondo di tutte queste  lotte,  non  solo  evitare un danno per il proprio territorio, ma anche   rimettere in discussione tutto il modello di sviluppo del mondo occidentale  che sta arricchendo i pochi, sia come persone che come paesi, ed impoverendo, ed affamando, tutti gli altri, e che è estremamente responsabile  delle guerre perché considera  “difesa”, non tanto l’evitare che altri invadano il proprio territorio, ma anche che venga reso difficile, o impedito, l’accesso a fonti energetiche dure (come il petrolio, il gas, il coltan – per gli strumenti informatici – ecc.) di cui l’attuale  sviluppo occidentale (ormai non solo tale dato che sia l’India che la Cina l’hanno assunto come proprio)  ha bisogno  per mantenere il proprio stile di vita[17].

 

6. Che fare?

La risposta alla  domanda sul “che fare?” è sempre la più problematica. Si rischia di cadere o su affermazione banali, ormai scontate, oppure di lanciare  proposte utopistiche, mai realizzabili. Per evitare questi due  estremi cercherò  di attenermi a quella “utopia concreta possibile”  che ci ha insegnato Ernst Bloch[18]:   la speranza è quella che ci apre la porta verso l’ “utopia possibile”, che ci indica la strada da percorrere per raggiungere  un obbiettivo lontano ma conseguibile. Speranza  quindi come creatrice della storia, anticipatrice di questa, ma soggetta al rischio, all’incertezza, perché deve continuamente lottare per un futuro “nuovo”, e  stare sempre “al fronte”, basata, com’ è, sull’”ottimismo militante”.

Le considerazioni di questa parte si concretizzano in tre importanti asserzioni, ognuna delle quali cercherò di illustrare nei dettagli, per non lasciare, nel lettore, dubbi sulla possibilità, di realizzarle. Le tre asserzioni sono: 1)  necessità di mettere in moto un processo  che ci aiuti a superare la globalizzazione del Mercato e del Capitale, attraverso la globalizzazione delle lotte dei popoli del mondo che, dal basso, portino avanti una rivoluzione nonviolenta e disarmista; 2) possibilità di vivere senza esercito, concentrando i risparmi sull’istruzione e sull’ambiente, prosperando economicamente, e difendendosi, se necessario, con la Difesa Popolare Nonviolenta; 3) mantenere fede all’insegnamento del grande maestro Piero Calamandrei che ci invitava, non  a modificare la nostra Costituzione,  ma a  realizzare concretamente  i vari ed importanti diritti da questa riconosciuta. Ne deriva la  necessità di dire  NO nel referendum istituzionale che ci porterà a votare, ai primi di dicembre, sulle riforme volute da Renzi, che diminuiscono i poteri della popolazione per incrementare quelli del potere centrale.

Ma prima di illustrare queste tre asserzioni devo dar atto del processo che mi ha portato  ad elaborarle. Tra i momenti più recenti, cui abbiamo già  accennato, è stato il convegno di questa estate  a Comiso: “Le lotte contro i missili a Comiso e in Europa insegnano qualcosa per la nostra situazione attuale?. Di questo convegno abbiamo già accennato alle relazioni di Navarra e di Mazzeo. Ma di Navarra dobbiamo ancora accennare alle proposte, fatte da lui   con i  “disarmisti esigenti”, sui modi come uscire dalla follia del nucleare. Altri contributi a questa riflessione sono venuti da Roberto Cotti, cittadino eletto al Parlamento (per il Movimento 5 stelle) che ha parlato su “Governo, Parlamento ed industrie: retroscena delle politiche di difesa”; Renato Accorinti, sindaco di Messina, che ci ha parlato, via telefono, sui problemi della gestione, da nonviolento, di un comune come il suo, incoraggiandoci nel nostro percorso; Luciano Benini, su ”La possibilità di superamento del nucleare e lo sviluppo delle energie alternative”; Fabio Bussonati, sul “Perché e come  lavorare per la riduzione dei consumi energetici nelle nostre case[19] ; Enzo Sanfilippo, su “Superamento del sistema mafioso e costruzione di comunità: un percorso in costruzione”. L’ultima relazione prevista era la mia, intitolata “Che fare? Un tentativo di conclusione della nostra riflessione”. Ma non molto tempo  dopo l’incontro di Comiso del 4-6 Luglio,  i “Disarmisti Esigenti”,  con la sezione del MIR di Palermo e varie altre organizzazioni pacifiste italiane, hanno organizzato, a Palermo, il 23 settembre 2016, un convegno su   “Pace, Difesa e Sicurezza nel Mediterraneo: la proposta dei nonviolenti” che mi hanno chiesto di introdurre. E, pur non potendo partecipare all’incontro per ragioni di salute, ho scritto, ed inviato,  una  relazione, arredata di molti grafici,  dal titolo: “Riflessioni del dopo Comiso:  gli insegnamenti delle lotte nonviolente vincenti, e delle ricerche per la Pace, per un futuro meno pieno di guerre e di violenza”[20]. Infine  la Fondazione Ernesto De Martino di Firenze, con l’ANPI fiorentino, la CGIL, il Comitato Fermiano la Guerra, e vari gruppi di cantanti, mi hanno chiesto di intervenire allo spettacolo “Canzoni contro la guerra”,  il 6 novembre (ricordando il 4 novembre, cosiddetta festa delle Forze Armate)   parlando della militarizzazione del  nostro paese e di come superarla, dato che l’incontro  vuole “riaffermare, senza se e senza ma,……il valore  di un articolo della Carta Costituzionale  troppo spesso dimenticato,l’art. 11 che ‘Ripudia la guerra’![21].          Sono tutte queste le basi più recenti di questa mia conclusione sul “Che Fare”.

Ma vediamo ora, una per una le tre asserzioni prima indicate (segue)

 

 

Category: Culture e Religioni, Guerre, torture, attentati, Libri e librerie, Movimenti, Storia della scienza e filosofia

About Alberto L'Abate: Alberto L'Abate (Brindisi, 1931) è un sociologo italiano, impegnato nella ricerca per la pace e la non violenza . Allievo di Aldo Capitini è stato collaboratore delle iniziative di Danilo Dolci nella comunità di Trappeto. Come docente universitario, ha la cattedra di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, ed è promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Università di Firenze. All'impegno accademico affianca l'attività di ricerca e di formazione nel Movimento Nonviolento e nelle Peace Research, nonché di portavoce dei Berretti Bianchi e promotore dei Corpi civili di pace. Come ricercatore e programmatore socio-sanitario, è stato anche un esperto delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina e si è impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione", importante esperienza di mediazione per la pacificazione di una zona appena uscita dalla guerra nell'ex-Jugoslavia.

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