Massimo Serafini: Si se puede!
di Massimo Serafini – Un senso di liberazione ed entusiasmo ha accompagnato l’annuncio della presidente della camera, Batet, che il socialista Pedro Sanchez sarà il prossimo presidente del consiglio spagnolo. Non c’è stato dunque nessun ribaltone, sebbene le pressioni minacciose delle destre e per soli due voti, 167 a 165, Pedro Sanchez presiederà il primo governo di coalizione nella storia di Spagna.
Non sarà, quella dell’esecutivo progressista, una navigazione tranquilla. Le destre ricorreranno ad ogni mezzo per impedire che questa esperienza decolli e si affermi. La maggioranza di cui dispone Sanchez è esigua, dispersa in tante forze, a cominciare proprio da quelle protagoniste della crisi territoriale catalana. Dovrà soprattutto misurarsi con una destra che ha fatto capire a quali tensioni e scontri è disposta a sottoporre il Paese pur di far fallire il governo di sinistra. L’egemonia dello schieramento conservatore e reazionario è sempre più chiaramente di Vox, il partito neofranchista, antifemminista e omofobo.
I toni dei discorsi di questa destra oscillano dalle accuse di tradimento a Sanchez alle demenziali dichiarazioni di colei che presiede la più importante regione spagnola, quella madrilena, la Aiuso che negano il cambio climatico e sostengono che respirare aria insalubre non ha mai ammazzato nessuno.
Tanta aggressività è sicuramente figlia del clima generale che sta dilagando in Europa e nel mondo, ma ad alimentarla contribuisce il fatto che qui prende corpo un governo delle sinistre, con un programma di cambiamento molto radicale e in controtendenza con l’impianto liberista. Quello di Sanchez e Iglesias è un governo che indica con sufficiente chiarezza chi paga i costi del cambiamento e quindi tassa i redditi oltre i 130.000 euro e dà risorse ai poveri. Un governo che derogherà la legge sul lavoro delle destre; che derogherà la ley mordaza (la legge bavaglio); che farà decollare una lotta seria contro il cambio climatico; che rispetterà il diritto alla casa bloccando gli sfratti; che legherà le pensioni al costo della vita; che si impegnerà a combattere la violenza machista e a promuovere l’uguaglianza, non solo salariale.
Siamo di fronte a un cambiamento profondo, che ovviamente i poteri forti, europei e soprattutto spagnoli, vogliono bloccare sul nascere. La posta in gioco è elevatissima. Servono ora fatti che dimostrino a spagnole e spagnoli che la volontà di cambiare di questo governo non è solo propaganda, ma si concretizza in scelte reali, cominciando dalla legge di bilancio per il 2020, in cui concretizzare buona parte del programma, sottoscritto da Sanchez e Iglesias. Ovviamente nessuno si nasconde che la prova più ardua che da subito il governo di sinistra dovrà affrontare sarà la crisi catalana. Non perché fra crisi ambientale, sociale e territoriale vi siano ordini di priorità. Al contrario su tutti e tre i terreni il governo dovrà agire, ma non c’è dubbio che avere sottratto la questione territoriale catalana dalla duplice morsa che la rendeva ingovernabile e cioè l’unilateralismo delle forze indipendentiste da un lato e la risposta giudiziaria e repressiva dall’altro, obbliga a concretizzare in alcune misure la riapertura del dialogo, riproponendo la plurinazionalità come asse su cui ricostruire l’unità della Spagna. Insomma l’euforia e l’entusiasmo sono comprensibili, ma servono rapidamente risultati e un’azione di governo non chiusa in se stessa, ma capace di stimolare partecipazione e mobilitazione sociale.
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