Rafael Marquez: I sindacati e la lotta di classe in Brasile dopo la vittoria di Dilma
Diffondiamo da “Inchiesta” aprile-giugno 2015
Rafael Marquez, presidente del sindacato dei metalmeccanici brasiliani, intervistato da Sandra Pareschi di Nexus indica i compiti che, in una situazione di lotta di classe più difficile, deve affrontare il sindacato dei metalmeccanici brasiliani.
All’inizio di maggio, durante una riunione sindacale, abbiamo registrato una riflessione di Rafael Marques, presidente dello SMABC, il sindacato dei metalmeccanici brasiliani affiliato alla CUT [1], della più importante area industriale del Brasile, conosciuta come l’ABC paulista.
Il Brasile passa attraverso un’intensificazione della lotta tra le classi. La disputa elettorale per le presidenziali dello scorso anno è stata durissima. Dilma, che rappresentava il nostro progetto ha rischiato di perdere almeno due volte. Alla fine del lungo processo elettorale quel progetto è risultato vincente ma con un margine molto ristretto, il più ridotto dell’epoca Lula-Dilma [Dilma Rosseff è stata rieletta nell’ottobre 2014 alla presidenza del Brasile con il 51,6% dei voti contro il 48,3% del suo avversario Aécio Neves]. Si sono agglutinati settori delle classi imprenditoriali, della classe medio alta del Brasile e persino di un segmento di lavoratori, perché Força Sindical [2] ha appoggiato il candidato della destra Aécio insieme anche a segmenti sindacali scontenti con il tipo di dialogo implementato da Dilma durante il suo primo mandato.
Ma, infine, abbiamo vinto le elezioni. Il secondo turno ha simboleggiato bene quello che sta accadendo adesso in Brasile. L’intensificarsi di una lotta di classe, ragione che ha portato Dilma a fare affermazioni come nem que a vaca tussa [3] i diritti dei lavoratori brasiliani saranno colpiti, un messaggio molto forte e l’impegno assunto, in caso di rielezioni, di migliorare il dialogo con la società civile, riconoscendo esservi state carenze in particolare con il movimento sindacale.
Però la luna di miele è durata poco. Oggi i settori conservatori sono meglio organizzati di quelli popolari e la massa dei lavoratori così come quelle meno abbienti non hanno risorse per condizionare i media, reti sociali, il parlamento e il potere giuridico….. una combinazione di settori nel Paese che vuole sconfiggere il nostro progetto. Questi settori non ci sono riusciti lo scorso anno, sono finiti al tappeto, ma ci riprovano.
Dilma ha vinto e loro cercano di annullare la vittoria attraverso l’impeachment, tema che ha condizionato fortemente l’inizio del calendario del 2015. I settori che hanno perso le elezioni non hanno voluto accettare quel risultato, sono scesi per strada, mobilitando la popolazione attorno al tema della corruzione…
Ora, dobbiamo riconoscere che mai in Brasile si è appurata, è stata accertata tanta corruzione come durante i governi Lula e Dilma; mai la polizia ha fatto tante indagini, i procuratori hanno fatto tante denunce, la giustizia è stata libera di fare il proprio lavoro e le istituzioni stanno funzionando…. dobbiamo altrettanto riconoscere che in Brasile c’è molta corruzione, come in altri paesi del mondo.
Solo che qui, la corruzione, è stata usata come motto dalle classi medio alte e dai settori più conservatori per fare una campagna contro il PT [4], cosicché gran parte delle mobilitazioni di strada hanno questo risvolto. Si assomiglia molto alle inchieste Mani Pulite degli anni ’90 in Italia.
Allora dobbiamo sostenere totalmente la lotta alla corruzione che il governo e le istituzioni stanno facendo, sapendo tuttavia che i media brasiliani stanno manipolando questa lotta contro il PT, quando, nella realtà le indagini che hanno coinvolto la Petrobras [5] evidenziano che gli esponenti del PMDB [6] sono molto più coinvolti, così come i rappresentanti del PP [7], per non parlare degli scandali di São Paulo che coinvolgono prevalentemente esponenti del PSDB ma di tutto questo nulla si appura e tutto viene nascosto sotto il tappeto, non si indaga. Così penso che il Brasile sia lontano dal vivere una piena democrazia, e invece viva una democrazia selettiva, con indagini selettive, che diventano pubbliche solo quando coinvolgono settori del PT. Se riguarda altri partiti tutto viene silenziato o abbandonato….
E’ anche evidente che Dilma, che ha vinto con un margine ridotto, ha iniziato il mandato commettendo un errore fondamentale: ha inserito nel programma la riformulazione del diritto all’accesso al seguro desemprego [8] e alle pensioni, alla previdenza.
Sono persino convinto che si dovessero fare delle correzioni ai benefici attualmente disponibili, che sono cresciuti secondo le stesse regole di vent’anni fa, accompagnando in proporzione la crescita dei salari minimi, i quali sono molto molto aumentati. L’errore consiste nel non aver provveduto nell’ora giusta e di averlo fatto in quella sbagliata, esattamente come prima azione di governo e dopo una campagna elettorale che aveva assicurato il contrario. Insomma, Lula ha iniziato il suo secondo mandato di governo con il PAC, il programma per l’accelerazione della crescita del paese, mentre Dilma ha iniziato con una riforma fiscale iniqua e tagliando i diritti ai lavoratori….
Tutto questo come azione di governo, attraverso un decreto legge e senza consultare i sindacati, senza dialogo sociale. Dilma prima ha fatto, poi ha deciso di parlare con il sindacato per aprire una fase negoziale, ma niente è andato per il verso giusto. Alla fine la comunicazione formale è arrivata ai sindacati il giorno prima dell’approvazione delle misure provvisorie, con tutto il carico di contrarietà che ne è derivato. Nel frattempo la Volkswagen aveva licenziato ottocento lavoratori, il sindacato era già in sciopero da due settimane con manifestazioni di piazza e il Parlamento brasiliano continuava a proporre un’agenda di destra che non poteva che paralizzare il paese….
Stiamo anche vivendo un periodo economico difficile, frutto della crisi iniziata nel 2009 che tanto ha colpito gli Stati Uniti e l’Europa e che comincia a coinvolgere anche il Brasile, finora al riparo date le misure efficienti che i governi avevano approntato…. Adesso però anche il Brasile e i conti del governo sono giunti al limite. Concordo col fatto che si dovevano prendere delle misure, ma coi tempi giusti della politica. Iniziare subito col prendere misure impopolari, che pare adesso coinvolgano anche il mondo l’imprenditoriale, fuori da ogni negoziazione e all’inizio del secondo mandato, invece, ha creato molta perplessità, davvero un momento difficile…
Tutto questo sta succedendo in questo momento in Brasile: una crisi politica in parlamento, una crisi politica con coloro che hanno perso le elezioni e insistono a non riconoscere quel risultato, una certa amarezza nel movimento sindacale che non avrebbe voluto essere bersaglio di misure antipopolari….e tutto concentrato negli ultimi cinque mesi!
E poi è arrivata la crisi economica. Anche se penso sia più forte la crisi politica di quella economica, che vanta ancora una certa forza visto che in aprile i dati dell’occupazione risultavano ancora positivi, nonostante l’industria attraversi un momento difficile con contrazione di impiego e investimenti. Anche questo si può in parte spiegare come esito di alcune scelte operate dal governo, dall’aumento del prezzo del combustibile, dell’energia elettrica, le difficoltà nel rifornimento idrico. Ecco, in particolare la crisi dell’acqua non è mai stata grave come attualmente. I lavoratori si ritrovano con una rete elettrica a bassa capacità e il rifornimento idrico gravemente compromesso in particolare nei centri urbani…
Si può riassumere che stiamo vivendo un momento astrale infernale, a causa degli errori del governo, della società civile, della politica, e a causa, ritengo, di un’intensificazione della lotta tra le classi.
Per tute queste ragioni i sindacati vanno alla lotta, persino per il bene del governo Dilma. Dobbiamo fare la pressione necessaria affinché il governo non venga catturato dagli interessi del sistema finanziario, già ben rappresentato nel governo dal ministro della finanza Levy. Rispettiamo il ministro che è persino migliorato rispetto a prima [9], oggi più sensibile alle cause sociali, più maturo, ma sempre uomo del sistema finanziario….Il sindacato deve scendere in lotta contro le misure che il governo vuole adottare, soprattutto contro la terziarizzazione di tutti i settori economici, misura che rappresenterebbe un sicuro impoverimento della classe lavoratrice, con conseguenze nefaste per l’economia…
Ecco, la lotta alla precarizzazione è in agenda, così come la pressione affinché il governo volti più a sinistra, proprio come Dilma si era impegnata a fare durante la campagna presidenziale…. ma credo anche che queste lotte inizino ad avere un esito positivo. Il primo dei quali è stato contro il tentato golpe dell’impeachment…. visto che i settori dell’élite che lo richiedevano sono in ritirata….
Questa sequenza di scioperi proclamati è positiva perché dimostra la capacità dei lavoratori brasiliani di resistenza contro le malefatte e anche per uscire da una crisi che è sia reale sia inflazionata dai mezzi di comunicazione… il secondo semestre sarà, credo, più soave dell’attuale!
[1] Central Única dos Trabalhadores, Centrale Unica dei Lavoratori, il sindacato più rappresentativo, fondato nel 1983, durante la dittatura militare.
[2] Organizzazione Sindacale fondata nel 1991 con l’obiettivo di contrapporsi alla CUT, legata al Partito dei Lavoratori.
[3] nemmeno se la vacca tossisse, cosa impossibile per l’appunto, modo di dire in portoghese che significa “nemmeno per sogno”.
[4] PT, Partido dos Trabalhadores, Partito dei Lavoratori, progressista e di sinistra, fondato da Luiz Inácio Lula da Silva, il 10 febbraio 1980, nel pieno della dittatura militare.
[5] Petróleo Brasileiro S.A – Petrobras è la compagnia di ricerca, estrazione, raffinazione, trasporto e vendita di petrolio.
[6] PMDB, Partido do Movimento Democrático Brasileiro , Partito del movimento democratico brasiliano, di area centrista e con istanze sociali.
[7] Partido Progressista, Partito Progressista, quarto partito del Brasile per numero di iscritti, conservatore.
[8] disoccupazione sicura, ritenuto uno dei più importanti tra i diritti dei lavoratori brasiliani, che riconosce in caso di licenziamento un risarcimento che varia da tre a cinque mensilità salariali.
[9] Joaquim Levy ha ricoperto ruoli diversi durante i governi di Fernando Henrique Cardoso e di Luiz Inácio Lula da Silva
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