Salviamo il murale di Giuseppe di Vittorio e altre storie

| 22 Novembre 2014 | Comments (1)

 

 

 

STORIA DEI RAPPORTI TRA CAPITALE E LAVORO. Mentre soffia il vento del “moderno” renzismo antisindacale  si può essere controcorrente anche solo raccontando tre storie che hanno come protagonista Giuseppe di Vittorio. In una di queste storie la Cgil di fronte a un atto vandalico scrive: “non basta un martello per distruggere la memoria”. E’ vero,  ma il vento antisindacale e neoliberista che penetra in ogni scuola, abitazione e luogo di lavoro  è sicuramente più pericoloso di una martellata su un cippo.

 

 

1. Salviamo il murale “Giuseppe Di Vittorio e la condizione del mezzogiorno”

 

Questa storia mi è stata segnalata da Daniele Leardini e si tratta di un’iniziativa autogestita  organizzata dal “Circolo del Manifesto” di Avellino e dal gruppo spontaneo pugliese “Salviamo il Murale Giuseppe Di Vittorio!” con la collaborazione dell’Archivio Storico della Cgil di Avellino e la Camera del Lavoro della Cgil di Cerignola. Il “Murale Di Vittorio”, opera artistica complessa realizzata nel 1975 dal Centro di Arte Pubblica Popolare di Fiano Romano, giace da circa trenta anni in stato di abbandono e di parziale devastazione in un deposito del Comune di Cerignola. Come scrive  Giovanni Rinaldi nel blog Salviamo il murale Giuseppe Di Vittorio:  “C’era una volta un’opera d’arte che si chiamava Giuseppe Di Vittorio e il 3 novembre, anniversario della morte di Di Vittorio, un nonno poteva portare i propri nipoti lì sulla piazza per raccontargli le storie di Peppino e dei lavoratori che guidava, in quell’opera raffigurate. L’opera originale giace abbandonata nello stesso deposito comunale dove la feci ‘raccogliere’ dopo il ritrovamento nel 2008. Sono passati ‘solo’ 6 anni, per la politica sono ‘un battito d’ali’. Si può quindi parlare di un Murale che non c’è,  un luogo immaginario in cui agisce il personaggio di Giuseppe Di Vittorio, inventato nel 1892 dal popolo di lavoratori cerignolani. Oggi solo i giovani possono accedervi (in possono accedere in particolare gli studenti del Liceo Artistico e della Scuola Media P. Pio di Cerignola guidati dai loro docenti), grazie alla loro immaginazione e passione, seguendo la seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”.

Il murale Giuseppe Di Vittorio e la condizione del Mezzogiornodel Centro di Arte Pubblica Popolare di Fiano Romano fu progettato ed eseguito  a Cerignola nel 1975  da Ettore de Conciliis, Rocco Falciano, Wendy Feltman, Pio Valeriani, con l’assistenza tecnica per il montaggio dell’arch. Giorgio Stockel. Negli anni ’80 l’opera viene rimossa a causa dei lavori di ristrutturazione della piazza dove era collocata. Non sarà mai più recuperata. Una parte dei pannelli che la componevano sono collocati negli scantinati del Municipio. Ecco come sono descritti nel blog i progettisti e gli esecutori:

ETTORE DE CONCILIIS nasce nel 1941 ad Avellino. Studia Architettura all’Università di Napoli e di Roma dal 1958 al 1963. Nei successivi dieci anni si dedica alla pittura di murali, ricevendo committenze in città italiane come Avellino, Mantova, Modena, Reggio Emilia, Bari ed in Sicilia. Proprio in Sicilia, realizza al Borgo di Dio di Trappeto – l’Università Popolare di Danilo Dolci – le pitture murali contro la repressione, il potere mafioso e la cultura della morte. Nel 1971 va in Messico per approfondire la sua conoscenza sulle tecniche della pittura murale con David Alfaro Siqueiros. Ritorna in Italia nel 1972 e fonda il Centro Arte Popolare a Fiano Romano, dove si dedica alla pittura murale. Nel 1975 realizza con il Centro l’innovativo murale dedicato a Di Vittorio, a Cerignola. Nel 1979 risiede a New York City per un anno. Si distacca dalle pitture di grande dimensione dei murali, per concentrarsi su una più intima esplorazione del paesaggio e della natura morta. Ettore de Conciliis attualmente vive e lavora a Fiano Romano.

ROCCO FALCIANO nasce a Potenza nel 1933. Trasferitosi a Roma negli anni Sessanta, non tarda a stringere un intenso legame d’amicizia e di collaborazione con lo scultore Marino Mazzacurati e con il pittore Ettore De Conciliis, con il quale fonda il Centro di Arte Pubblica Popolare a Fiano Romano. Il sodalizio, nel 1965, lo condurrà a partecipare alla creazione del «Murale della pace-Bomba atomica e coesistenza pacifica» nella chiesa di S. Francesco ad Avellino: un’ opera innovativa, che suscita vivaci polemiche, perché per la prima volta i temi della guerra e della pace sono rappresentati in una chiesa. […] Con Levi, Treccani, ma soprattutto con De Conciliis realizza opere murali di grande impatto emotivo in diverse città italiane. Con Dolci partecipa inoltre a dibattiti in cui si mescolano le aspirazioni a un rinnovamento della società e la passione politica. Dopo una permanenza a New York e a Toronto, si conclude l’esperienza dell’ arte collettiva: abbandonate le illusioni di un’ arte ideologica, Falciano ritorna a una pittura del paesaggio e delle nature morte. […] La sua scomparsa [2012] segna la fine di un’ amicizia che ci ha legati dell’ adolescenza, oltre ad essere una perdita incolmabile per il mondo dell’arte. (Russo Giovanni – Corriere della Sera)

 

 

 

 

2. Distruzione e restauro del cippo che ricorda il primo luogo di lavoro del giovanissimo bracciante Giuseppe di Vittorio

 

Come segnalato da Foggia to day. it  il 28 aprile 2014 è stato distrutto con un atto vandalico.  il cippo che in un pezzo di terra tra Cerignola e Orta Nova ricordava il primo luogo di lavoro di Giuseppe Di Vittorio. La Cgil di Foggia commentando il fatto ha scritto “Non basta un martello per distruggere la memoria”. Giuseppe Inserra nel suo blog “Lettere meridiane” ha scritto: “Quel pezzo di memoria, seppure ferito, è tornato a vivere, grazie alla Flai Cgil – l’organizzazione di categoria dei lavoratori agricoli – che a tempo di record ha ricostruito e risistemato il cippo. Ecco la foto, che mi è stata inviata dal segretario della Flai, Daniele Calamita, accompagnata da un commento laconico ma quanto mai significativo: “Il cippo recuperato, non cancellerete mai la nostra storia e la nostra memoria.” Su quel pezzo di terra tra Cerignola e Orta Nova c’è una storia molto significativa (non so se sia effettivamente accaduta o è una invenzione drammaturgica, ma è bella e ve la riferisco comunque).

Su www.lanotiziaweb.it del 28 aprile 2014 viene ricordato  un testo  di Francesco Giasi che fa parte del progetto “Dialoghi di storie interrotte”, progetto varato qualche anno fa da Fabrizio Barca, Leandra D’Antone e Renato Quaglia per celebrare la memoria dei padri fondatori .

Di Vittorio dialoga con Luciano Romagnoli, segretario della Federbraccianti, all’indomani dello strappo con il PCI, sui fatti d’Ungheria. Il grande sindacalista ricorda la sua infanzia a Cerignola, e parla proprio di quel pezzo di terra dove molti anni prima aveva cominciato a lavorare, come bracciante:

“Avevamo undici o dodici anni. Con un mio amico, un altro bambino della mia età, avevo iniziato a lavorare a giornate in una grande masseria. La masseria era immensa e decine e decine erano gli ettari incolti, come in tutti i latifondi. Dopo qualche mese, a tre, quattro chilometri  dai caseg­giati, scoprimmo  una piccola fonte di acqua che si perdeva in un canne­to. Ritagliammo là intorno un pezzo di terra di poche decine di metri quadri e ci piantammo un po’ di cose. Avevamo conquistato un pezzo di terra dei padroni, nascosto dalla macchia e dalle canne, vicino a una fon­te di acqua sorgiva. Via via il pezzo si ingrandì e né il massaro né i guardiani riuscirono  mai a scoprirlo. E noi coltivammo, peperoni,  zucchine, fagiolini. Io avevo ritagliato una striscetta per mettere semi di fiori. Così potevo regalare dei fiori profumati a Carolina, la mia fidanzata. E lei mi chiedeva «Ma da dove prendi questi fiori?». «Dalla terra», le rispondevo. Me lo ricordò una volta a Parigi, sorridendo, quando stava or­ mai nel letto e non riusciva più ad alzarsi. Era  poi diventato grande quel pezzo di terra e cominciammo a «socializzarlo»,  ma solo tra i ra­gazzini. Temevamo che i grandi condannassero la nostra «usurpazione». Poi quella terra «conquistata» fu abbandonata. Ambrogio un nostro ami­co di tredici anni fu ucciso dalla truppa insieme ad altri tre manifestanti durante un grande sciopero. Fondammo allora il circolo giovanile socia­lista. Un circolo che ben presto si ritrovò ad avere più di 400 iscritti. Per quanto riguarda il nostro pezzo di terra, una delle prime vol­te che sono tornato a Cerignola, dopo la guerra, l’ho cercato. Hanno pian­tato del grano e hanno distrutto tutta la macchia intorno.”

 

 

3. La vita di Giuseppe Di Vittorio a fumetti (1958)

E’ una storia a fumetti pubblicata dalla Sezione Stampa e Propaganda del Pci in occasione delle elezioni del 1958 e diffusa, pare, in 250-300.000 copie nel Sud d’Italia. Il fumetto è stato pubblicato -in bianco e nero- nel fascicolo (a cura di M. L. Betri, F. Coggiola, G. Rinaldi) allegato al disco “Il sole si  è fatto rosso, Giuseppe di Vittorio”, a cura di M. L. Betri e F. Coggiola, Edizioni Bella Ciao/Dischi del Sole, Milano 1978. La grafica del fumetto e l’appello finale a votare comunista fanno parte della nostra memoria.

 

 

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Category: Arte e Poesia, Dibattiti, Lavoro e Sindacato, Osservatorio Sud Italia

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

Comments (1)

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  1. Roberto Cipriani ha detto:

    caro Vittorio,
    che bella sorpresa leggere del tuo interessamento per Di Vittorio e Cerignola (mia patria d’adozione).
    Ciao. Un abbraccio. Roberto Cipriani

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