Roberto Alvisi: Trenta anni. Storia e proposte per progetti di vita di persone disabili o svantaggiate
– Apprezzabile e puntuale la Documentazione presentata e lo studio dell’Ervet sulla situazione nella sua serie storica, 2013-2017.
– Molto interessanti e con parecchi stimoli le tre Comunicazioni presentate dai tre Gruppi Tematici inter-pro-fessionali preparator e le Idee progettuali. Qualora le conclusioni finali e le varie proposte operative risultino il programma della Agenzia del Lavoro sulla problematica del Collocamento Mirato nel prossimo futuro, esse rappresentano una buona base per lo sviluppo delle azioni di governo della RER su questa materia.
1989-2018 – Trenta anni. Una esperienza con molte sollecitazioni culturali e di promozione sociale, con tanti straordinari tentativi di affermazione dei diritti e delle opportunità di realizzazione dei progetti di vita delle persone disabili o svantaggiate. L’Italia ha il miglior impianto legislativo e normativo a livello europeo e non solo, seppure con le contraddizioni degli interessi diversi e delle difficoltà di costruire i percorsi necessari.
Trenta anni fa entrai nella Agenzia per l’Impiego, dopo un primo precedente periodo di collaborazione, come sindacalista, alla elaborazione della struttura che avrebbe dovuto essere caratterizzata da una forte autono-mia operativa e con una concezione prevalentemente privatistica delle iniziative promozionali a realizzare il diritto al lavoro delle persone disabili. Questo era prevalentemente l’indirizzo voluto dai giuslavoristi che avevano progettato la Agenzia. Si registrò subito un Impatto frenante molto forte con la struttura burocratica Ministeriale. Faticosa costruzione della struttura della Agenzia e della sua operatività, fino alla integrazione completa nell’Apparato Regionale.
1999 – Legge 68. Ottima impostazione normativa della Legge. Buona la predisposizione delle basi tecnico-operative (in particolare i Prospetti e le procedure previste). Pesante il condizionamento burocratico sia della precedente esperienza degli Ispettorati e della concezione della “addizionale di manodopera”, come obbligo con conseguente rallentamento degli inserimenti. La proposta di operare con “le reciproche convenienze” tra datori ed Agenzia, per l’affermazione di percorsi possibili e positivi, sostanzialmente non viene recepita. Non scatta la collaborazione virtuosa con le imprese per le verifiche diffuse degli ambiti potenzialmente più favorevoli agli inserimenti e quindi non sono attivate in modo adeguato le necessarie azioni di sviluppo delle conoscenze del tessuto produttivo (salvo alcune interessanti esperienze) e le convergenze con le diverse potenzialità professionali disponibili.
2009 – Crisi. Sostanziale inversione di tendenza con propensioni aziendali alla emarginazione delle figure professionali più deboli e con la contestuale espulsione di parecchie persone nei casi aziendali di crisi e di ristrutturazione. Qualche esperienza positiva (es a Bologna Csapsa Coop e inniziative dei sindacati, Ivano Pioppi), ma in definitiva hanno prevalso, largmente, le azioni di carattere difensivo e in qualche modo quali-ficate o giustificate dall’obbligo. Questo sia nel settore privato che in quello pubblico delle Imprese.
2019 – Algoritmi. Dalla ripresa dell’economia nel mondo, dalla fisica quantistica, dalle nuove tecnologie informatiche escono ormai progettazioni molto significative, nelle varie realtà produttive e dei servizi, che hanno nella velocità di esecuzione la caratteristica più rilevante e che intervengono pesantemente e nel profondo sulle organizzazioni dei lavori e delle professionalità, nonché sulla loro formazione. Questa velocità operativa caratterizza anche nascita e cessazione rapida delle procedure formalizzate (algoritmi) e dei criteri della assunzione o della sostituzione della manodopera nelle aziende e nelle filiere di sub-fornitura collegate. Obsolescenza di molti profili professionali in tempi rapidi (es. centralinisti non vedenti e operatori di ufficio e di officina), difficoltà ad affrontare la conoscenza delle nuove caratteristiche della domanda nelle realtà im-prenditoriali più dinamiche; difficoltà ad affrontare tutte le varie implicazioni di un sistema pubblico che fatica a misurarsi con queste evoluzioni (dal quadro dei Prospetti ex L.68/1999 e delle scoperture emerge con chiarezza che nelle prime dieci/venti aziende aventi maggior dovere, una notevole presenza è data dalle Aziende pubbliche: RER, Università, Comuni, Aziende ASL e collegate).
Cresce quindi la esigenza di misu-rarsi “anche” con le sconvolgenti prospettive delle robotizzazioni crescenti e delle nuove tipologie delle varie organizzazioni dei lavori e delle produzioni di beni e servizi, nonché sulle esigenze di conoscenza e di nuove professionalità richieste anche alle persone disabili, senza peraltro scordarsi della larga prevalenza di PMI che continuano ad operare nelle logiche tradizionali e che richiedono soluzioni sempre molto personalizzate, seppure in un ambito di crescenti richieste di modificazione degli approcci professionali e delle conoscenze che, in primis, coinvolge l’insieme dei lavoratori (come nel complesso rapporto tra scuola e lavoro).
Come affrontare queste nuove esigenze? Emergono alcune criticità prevalenti (peraltro esaminate ed affrontate in gran parte anche nella documentazione presentata dai gruppi tematici della Conferenza), tra le quali ne sottolineiamo due:
1. Il versante socio-sanitario, sulle problematicità della persona disabile, nel suo percorso di vita,
2. La conoscenza delle organizzazioni del lavoro delle aziende e delle loro evoluzioni; in sostanza la carenza di uno studio più approfondito delle imprese nel loro territorio (distretti e filiere).
Sulla prima questione, contraddizione mai risolta definitivamente e in positivo, l’Agenzia e gli Uffici preposti al Collocamento Mirato possiedono molte informazioni statistiche relative alle persone disabili aventi diritto a norma di legge, nonché tutte le disposizioni normative cogenti, con molte annotazioni integrative sulle poten-ziali professionalità, ma – proprio per un gap della Non-Comunicazione sistematica e diffusa fra il Sociale e il Sanitario – restano abbastanza in ombra i bisogni e le potenzialità che possono essere rilevate e specificate solo dalla dinamica del progetto di vita di ciascuno, nonché dalla evoluzione/involuzione dinamica delle sue caratteristiche psico-fisiche a causa della propria disabilità. Questo monitoraggio permanente può essere ora affrontato con le nuove tecnologie e con procedure appropriate. Da un lato convince la proposta della valo-rizzazione dei CAAD e del Centro Regionale Ausili (e dell’Ausilioteca di Bologna), anche se richiede un rac-cordo molto stretto, sui singoli casi, con le direzioni della Medicina Territoriale ed i loro referenti. Peraltro, occorre passare dalla conoscenza, più o meno parziale, dei singoli casi pilota a sistema. Era una positiva e convincente intuizione e convinzione dell’Assessore Mariangela Bastico nella 1° Conferenza regionale.
La seconda questione investe il sistema delle imprese ed il loro divenire. Le Imprese con le loro strutture di Ricerca e Sviluppo (R&S), l’Università, con il Dipartimento delle Scienze Aziendali, le Associazioni datoriali territoriali e di settore o filiera (ed anche i sindacati dei lavoratori), le stesse strutture operative della RER (come Ervet, Aster, Quasco) dispongono di Uffici Studi e di Ricercatori che affrontano quotidianamente le problematiche di questo tipo, sia sul piano Finanziario (cfr. TOP 500 di Unibo e PWC a Bologna e in Emilia-Romagna) che su quello della Progettazione sui prodotti-servizi e della competizione sui mercati. La nostra Regione ha ottime potenzialità e risultati convincenti. Peraltro, il collegamento fra queste potenzialità e le quotidiane operatività degli operatori dell’Agenzia del Lavoro e degli Uffici del Collocamento Mirato mi pare ancora abbastanza problematico e insufficiente. Interessante la recente presentazione delle Borse triennali di dottorato per una economia digitale da parte dell’Assessore Regionale al Lavoro e Formazione, Patrizio Bianchi, utile non solo per il mercato esterno ma anche per il miglioramento interno.
Si tratta quindi di raccordare i 40.000 casi, censiti come obblighi di legge (al 21 dic. 2017), con le 7.000 sco-perture in pari data, senza sottovalutare per nulla tutti gli inserimenti effettuati, le convenzioni, i tirocini, i per-corsi personalizzati e quant’altro messo il campo dagli operatori che, spesso, sulla quotidianità locale hanno conoscenze molto approfondite di molti singoli casi, sia delle persone che delle imprese.
Contestualmente quindi alla gestione della quotidianità, che deve continuare al meglio, necessità investire nello studio di come affrontare le criticità evidenziate e le dinamiche (procedure e strumenti, software) che si rendono necessarie in ricercatori (interni) o software-house (esterne) con investimenti mirati consistenti in R&S (Ricerca e Sviluppo) che consentano sia la identificazione delle azioni per affrontare le criticità, sia per aumentare la “produttività” della struttura operativa della Agenzia del Lavoro (e della RER) che deve posi-zionarsi sempre di più su una professionalità collettiva e condivisa che sulle performance, pur necessarie, delle competenze e professionalità personali dei vari operatori e dirigenti.
Nel mondo delle imprese private quelle che hanno maggior successo a livello nazionale e internazionale sono quelle che investono dal 4-5% al 7/8% del loro fatturato in R&S e quindi nel lavoro dei loro ricercatori.
E questo non solo per le imprese di maggiori dimensioni, ma in tutte quelle che hanno successo con i loro prodotti-servizi e sui mercati.
Intervento per la Terza Conferenza Regionale per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, Bologna 18-19 giugno 2018
Category: Economia solidale, cooperativa, terzo settore, Lavoro e Sindacato, Osservatorio Emilia Romagna, Welfare e Salute